Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 191 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 191 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21250-2023 proposto da:
COGNOME , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 265/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/06/2023 R.G.N. 76/2022;
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N. 21250/2023
COGNOME
Rep.
Ud.05/12/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, in sede di rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 33380 del 2021, ha dichiarato estinta per rinuncia la domanda che rivendicava la qualificazione come subordinato del rapporto di lavoro fra l’Arch. NOME COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE Liquidazione Coatta Amministrativa e che impugnava il licenziamento intimato nel marzo 2012; ha respinto nel merito la domanda della RAGIONE_SOCIALE che rivendicava voci di compenso e risarcimento del danno in relazione alla risoluzione anticipata dell’accordo oggetto della lettera di affidamento di incarico professionale del 15 settembre 2011; ha respinto anche la domanda di pagamento di €. 354.890,84 per compensi di progettazione relativi al periodo dicembre 2007 -settembre 2011; ha, invece, accolto la domanda di rimborso dei canoni del noleggio auto per €. 12.720,00, oltre accessori;
la Corte territoriale, in estrema sintesi e per quanto qui ancora rileva, ha interpretato la lettera di incarico del settembre 2011, negando sia il corrispettivo per il mancato conferimento degli incarichi di progettazione, sia il risarcimento del danno per la risoluzione anticipata del rapporto; ha anche respinto, per mancanza di prova, le pretese di compensi avuto riguardo al dettaglio degli incarichi professionali oggetto di contesa;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la soccombente con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimato consorzio in L.C.A.; le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo le sintesi formulate in rubrica dalla stessa parte ricorrente:
1.1. il primo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3 in relazione all’art. 12 delle ‘Disposizioni sulla legge in generale’ preleggi al c.c. -Carenza di istruttoria e difetto di motivazione.’ ;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3 in relazione agli artt. 1362, 2237, 1375, 1175, 1341 c.c. ed art. 115 c.p.c. Carenza di istruttoria e difetto di motivazione.’; si cri tica la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato ‘le domande dell’Arch. COGNOME relativamente al corrispettivo dovuto in forza del contratto di cui alla lettera di incarico del 15 settembre 2011 e al risarcimento del danno per la risoluzione an ticipata del detto contratto.’;
1.3. il terzo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3 in relazione agli artt. 2222 e ss. 1375 e 1175 c.c., della legge 143/1949, artt. 14, 17, 24 e 33 del DPR 207/2010, dell’art. 115 c.p.c., -Carenza di istruttoria e difetto di motivazione.’; si chiede l’annullamento della sentenza gravata per avere respinto la richiesta dei compensi spettanti alla RAGIONE_SOCIALEper l’attività di progettazione resa a favore del CTC dal dicembre 2007 al settembre 2011 in forza di incarichi di volta in volta affidati alla stessa dal Consorzio in parallelo ed in aggiunta all’attività di
consulenza (avente ad oggetto la effettuazione di studi di fattibilità delle iniziative commerciali di interesse della committente) prevista dai contratti di affidamento di incarico professionale succedutisi dal 15/9/2006 alla cessazione del rapporto’;
2. il ricorso è inammissibile;
2.1. rispetto al primo motivo è intervenuta rinuncia, da parte del difensore della ricorrente, nella memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c., per cui detta rinuncia rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tale censura, ed essa è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso (Cass. n. 414 del 2021; Cass. n. 22269 del 2016; Cass. n. 12638 del 2011; Cass. n. 11154 del 2006);
2.2. il secondo motivo è inammissibile;
nella sostanza di propone una diversa interpretazione dell’accordo di conferimento dell’incarico, ma, come noto, l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006; da ultimo, conf. Cass. n. 22318 del 2023); tali valutazioni del giudice di merito in proposito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente
( ex plurimis , Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 20634 del 2018; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., di una motivazione che valichi la soglia del cd. ‘ minimum costituzionale’; inoltre, per risalente insegnamento, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia di vizi motivazionali esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della insanabile contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (per tutte: Cass. n. 10131 del 2006);
inoltre, nella specie, chi ricorre neppure specifica adeguatamente i canoni interpretativi violati e contesta ragioni di fatto che fungono da presupposto all’esegesi patrocinata, proponendo una indebita rivalutazione del merito;
2.3. parimenti inammissibile il terzo mezzo di gravame;
nonostante si evochi la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nella sostanza si pretende una diversa ricostruzione fattuale, contestando la valutazione probatoria operata dai giudici del merito, evocando impropriamente il vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., che presuppone un accertamento della vicenda storica incontestato; le Sezioni unite di questa Corte hanno più volte ribadito l’inammissibilità di censure che ‘sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione’, così travalican do ‘dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti’ (cfr. Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020);
pertanto, il ricorso deve essere deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso, con spese regolate secondo soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la soccombente al pagamento delle spese liquidate in euro 10.000,00, oltre esborsi per euro 200,00, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 dicembre