Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5212 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5100/2019 R.G. proposto da :
COGNOME E COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
TABLE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 1247/2018 depositata il 29/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.-La società RAGIONE_SOCIALE ha concesso in locazione finanziaria un bene immobile alla società COGNOME RAGIONE_SOCIALE, a cui favore, quanto all’impegno di corrispondere i canoni, era stata prestata garanzia dai soci NOME COGNOME e NOME COGNOME. La società concedente ha ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti sia della concessionaria che dei garanti, in quanto alcuni canoni del leasing non sono stati corrisposti, per un ammontare di 32.193,03 euro.
2.- Gli ingiunti hanno proposto opposizione, avanzando anche una domanda riconvenzionale basata sull’assunto che il contratto di
leasing doveva ritenersi nullo, in ragione del tasso usuraio praticato dal concedente.
3.Il Tribunale di Biella ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo e, con essa, la domanda riconvenzionale.
Medesima decisione ha assunto la Corte di Appello di Torino, che ha dunque confermato il primo grado.
4.- La società debitrice ed i suoi garanti hanno proposto ricorso per Cassazione basato su cinque motivi, illustrati da memoria, cui ha fatto seguito il controricorso di RAGIONE_SOCIALE
E’ stata inizialmente formulata proposta di definizione accelerata del procedimento, cui si sono opposti i ricorrenti.
Ragioni della decisione
Va preliminarmente chiarito che è principio di diritto quello secondo cui: <> (Cass. Sez. Un. 9611/ 2024).
1.- Con il primo motivo si prospetta violazione degli articoli 99, 112, 115, 116 c.p.c.
La censura è la seguente.
Inizialmente i ricorrenti hanno sostenuto che la Corte di Appello non ha reso pronuncia sulla domanda di accertamento del tasso di usura, praticato dalla società di leasing, e dunque sulla violazione da costei commessa delle norme antiusura nei confronti dei medesimi ricorrenti.
Violazione che avrebbe riguardato la somma portata da 19 cambiali che la società concedente si sarebbe fatta consegnare.
Con la memoria, fatta anche per replicare alla proposta di definizione, i ricorrenti hanno ribadito che la censura di omesso esame (o di omessa pronuncia, anche questo non è ben chiaro) si riferiva non già al tasso di interesse pattuito nel contratto di leasing, ma, per l’appunto, a quello pattuito a fronte della consegna delle cambiali.
Su tale tasso avrebbe dovuto pronunciarsi la Corte di Appello e non lo ha fatto.
Il motivo è inammissibile.
Lo è in quanto la Corte di Appello, chiaramente (pagine 12-15) ha inteso che la questione della natura usuraia degli interessi era riferita al contratto di leasing, e cioè che, nel lamentarsi del superamento del tasso soglia, i ricorrenti si riferivano agli interessi convenuti nel contratto e non a quelli (ma poi quali?) scaturenti dalla consegna delle 19 cambiali.
Chiaramente l’accertamento della Corte di Appello è in quel senso: a pagina 13 i giudici di merito precisano che il motivo di appello relativo agli interessi faceva chiaro riferimento a quelli convenuti in contratto ed anzi, postulava che si sommassero, tra quelli per l’appunto pattuiti, i compensativi ai moratori.
Dunque, il motivo di appello relativo al superamento del tasso soglia è stato inteso dai giudici di merito come avente ad oggetto gli interessi pattuiti in contratto, ed è stato inteso come un motivo che faceva valere il superamento del tasso soglia per effetto della sommatoria di moratori e corrispettivi.
Questa ratio non è mai stata impugnata né messa in discussione.
Ossia, non c’è censura sul fatto che i ricorrenti avevano fatto questione di interessi basati sulle cambiali, anziché sul contratto. Per cui quel capo di decisione rimane. Resta cioè fermo che la questione del superamento del tasso soglia aveva ad oggetto gli interessi pattuiti in contratto, poiché in tal senso la domanda è stata intesa dai giudici di merito, e poiché tale interpretazione della domanda non è stata impugnata qui con alcuno dei motivi di ricorso.
Il motivo è altresì del tutto privo di autosufficienza, proprio perché non indica in che termini la questione è stata posta e se veramente vi è stata domanda di accertamento di interessi diversi da quelli su cui vi è stata poi una pronuncia.
2.- Con il secondo motivo si prospetta violazione degli articoli 1815 c.c. e 644 c.p., oltre che violazione delle norme antiusura.
La tesi della ricorrente è che la Corte avrebbe inteso la domanda come di accertamento della usura sopravvenuta, e su tale presupposto avrebbe rigettato anche i mezzi istruttori, compresa la consulenza tecnica. Invece, era stato chiesto che si accertasse l’usura originaria, quella emergente già al momento della stipula, che era documentata da una perizia di parte e meritava istruttoria. Il motivo è inammissibile.
Infatti, secondo i giudici di merito, la domanda di accertamento del tasso era relativa ai soli periodi di insoluto, e non al tasso pattuito sin dall’origine.
Questo accertamento, che ha condotto poi i giudici di merito a rigettare la domanda ritenendola come relativa alla usura verificatasi in quel momento, ossia al momento dell’insoluto, non è qui sufficientemente contestato.
I ricorrenti affermano apoditticamente di avere fatto riferimento alla usura originariamente pattuita, ma non allegano alcun passo dell’atto di appello, o comunque alcuna argomentazione difensiva,
a dimostrazione del chiaro oggetto della loro domanda: che peraltro è stata intesa come l’ha intesa il giudice di appello anche da quello di primo grado.
La restante parte del motivo è volta, attraverso una serie di calcoli, a dimostrare che il tasso di usura è stato effettivamente superato. Censura anche essa inammissibile, poiché richiede un accertamento in fatto qui non ammesso.
3.- Con il terzo motivo si prospetta violazione degli articoli 1283 e 1284 c.c., oltre che 132 c.p.c.
La tesi è la seguente.
Si era sin dal primo grado eccepito che agli interessi era stato applicato il meccanismo dell’ammortamento alla francese, non pattuito in contratto, e che invece la Corte di appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile.
Anche questo motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha scritto che il giudice di primo grado ha escluso ammortamento alla francese, e che solo per un equivoco le parti lo hanno ritenuto tale.
Secondo i giudici di merito tale ratio decidendi non è stata dettagliatamente contestata in appello, in quanto i ricorrenti (allora appellanti) si sono limitati ad allegare una sentenza di merito, da cui si poteva desumere l’illegittimità del detto metodo di calcolo.
Il motivo di censura è inammissibile in quanto non dimostra che quella ratio decidendi del primo grado (che non si trattava di ammortamento alla francese) è stata impugnata in modo specifico.
Piuttosto la contestazione specifica di quella ratio è fatta qui per la prima volta, con questo motivo di censura, con il quale si riportano i calcoli fatti e le conclusioni raggiunte dal consulente di parte a dimostrazione del fatto che si è trattato di un ammortamento alla francese.
Ma, la censura qui non solo è tardiva- occorreva, si ripete, dimostrare che era stata svolta adeguatamente in appello- ma è
inammissibile poiché è censura di un accertamento di fatto quale è quello sul meccanismo di computo degli interessi effettivamente praticato.
4.- Il quarto motivo prospetta violazione di una serie di norme, ed in particolare degli articoli 1418 c.c. e 2043 e ss. c.c, ed è volto a dimostrare che alcuni motivi di appello sono stati dichiarati assorbiti dalla Corte di secondo grado illegittimamente.
Il motivo è qui assorbito a sua volta.
Posto che l’accoglimento di quei motivi di appello presupponeva l’accoglimento di quelli rigettati, ne consegue che, confermato qui il rigetto di questi, segue l’assorbimento di quelli.
5.- Il quinto motivo prospetta violazione degli articoli 91 e ss. c.p.c. Ci si duole della condanna alle spese in secondo grado a cagione della fondatezza della domanda.
Trattasi di un ‘non motivo’, limitandosi i ricorrenti meramente ad ipotizzare l’accoglimento della domanda, che viceversa non è stata accolta.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento delle somme, liquidate come in dispositivo, ex artt. 96, 3° co., c.p.c. e 96, 4° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 5.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96, 4° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/1/2025