Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7386 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1009/2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE con sede in Avezzano (AQ), alla INDIRIZZO in persona del Presidente del Consiglio di Gestione e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME EMAIL, presso il cui studio elettivamente domicilia in Avezzano (AQ), alla INDIRIZZO
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimata –
avverso la sentenza, n. cron. 1532/2023, della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA , pubblicata il giorno 30/10/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
14/03/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Avezzano accolse la domanda ex art. 2901 cod. civ. proposta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche, breviter , RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) contro RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE così dichiarando l’inefficacia, nei confronti del menzionato Consorzio, del verbale di assemblea straordinaria del 27 dicembre 2016, con cui la prima di dette società aveva conferito alla seconda il ramo di azienda costituito dai beni immobili ivi specificamente indicati.
Il gravame promosso contro questa decisione da RAGIONE_SOCIALE fu respinto dalla Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 30 ottobre 2023, n. 1532, resa nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia di Marsicana RAGIONE_SOCIALE
2.1. Per quanto qui di residuo interesse ed in estrema sintesi, quel giudice rimarcò che: i ) « Sul versante in fatto, l’atto dispositivo è intervenuto allorquando RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE già vantava legittimamente una pretesa creditoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE »; ii ) « Con il verbale del 27 dicembre 2016, RAGIONE_SOCIALE ha disposto l’aumento del proprio capitale (da € 10.000 ad € 90.000,00) mediante il conferimento del ramo di azienda da parte di RAGIONE_SOCIALE In tal modo, quindi, a fronte di tale conferimento e dell’aumento del capitale sociale, RAGIONE_SOCIALE ha in definitiva perso la disponibilità di una considerevole parte del proprio patrimonio »; iii ) neppure emergono dubbi « in ordine alla sussistenza degli altri elementi (oggettivo e soggettivo) dell’azione pauliana ». Invero, quanto
all’ eventus damni , secondo i principi di ordine generale in tema di riparto dell’onere della prova, spettava al debitore fornire la dimostrazione dell’esistenza di ulteriori beni idonei a soddisfare le ragioni creditorie: onere, nella specie, rimasto non assolto. Circa, invece, il profilo soggettivo, vertendosi in fattispecie di credito anteriore all’atto dispositivo, doveva considerarsi sufficiente la conoscenza ( rectius : la consapevolezza) del pregiudizio arrecato con l’atto alla pretesa creditoria, da ri tenersi sussistente sia quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE sia con riguardo alla RAGIONE_SOCIALE
Per la cassazione di questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidandosi ad un motivo. Ha resistito, con controricorso, il RAGIONE_SOCIALE Neppure in questa sede ha svolto difese RAGIONE_SOCIALE
3.1. È stata formulata, da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Soltanto il Consorzio predetto ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico, formulato motivo di ricorso, rubricato « Violazione di legge; violazione art. 2901 c.c.; art. 2697 c.c.; violazione art. 115 c.p.c.; omessa contraddittoria ed apparente motivazione su un punto determinante della controversia; violazione art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. », ascrive alla corte territoriale di non aver fatto corretta applicazione dei principi sanciti da questa Corte ( cfr . Cass. n. 7767/2007; Cass n. 1896/2012; Cass. n. 1902/2015; Cass. n. 13172/2017). « Ed infatti l’atto impugnato, anche e soprattutto a detta della controparte, con affermazioni da considerare ‘confessorie’, riguardava beni colpiti da iscrizione ipotecaria per oltre € 3.403.528,00 . A fronte di una operazione che comprendeva beni (ipotecati) di valore di circa € 900.000,00 , vi era un credito fiscale assistito d a ipoteca legale per oltre € 3.000.000. Dunque l’atto impugnato non poteva essere oggetto dell’azione ex art. 2901 c.c. poiché mancava e
manca il presupposto del consilium fraudis: non vi sono infatti possibilità di recupero della somma azionata da parte resistente e non vi è certo una ‘mera’ difficoltà di recupero, come pretende la stessa ».
2. Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore: « L’unico, formulato motivo di ricorso si rivela inammissibile per plurime ragioni. Ess o, invero, in primo luogo, prospetta genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex aliis, Cass. n. 4979 del 2024; Cass. n. 30878 del 2023; Cass. n. 28385 del 2023; Cass. n. 26789 del 2023; Cass. n. 14593 del 2023; Cass. n. 4528 del 2023; Cass. n. 35832 del 2022; Cass. n. 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. n. 19761, n. 19040, n. 13336 e n. 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. n. 26018 e n. 22404 del 2014). È sicuramente vero, peraltro, che, ‘ In tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati ‘ (cfr., in termini, Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si rinviene nel motivo di ricorso in esame, il quale, per come concretamente argomentato, non consente di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al
fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse ». Quanto, poi, al denunciato vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la medesima proposta ne ha rimarcato la non invocabilità, essendosi al cospetto, nella specie, di una sentenza di appello recante l’integrale conferma della decisione di primo grado (cd. ‘ doppia conforme ‘). In proposito, infatti, ha ricordato che questa Corte ha da tempo chiarito che « il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. ‘doppia conforme’ in facto» e che quest’ultima ricorre, con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., « non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice », sicché la parte ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( cfr . Cass. n. 5436 del 2024; Cass. nn. 35782, 26934 e 5947 del 2023; Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 26860 del 2014): onere rimasto, invece, assolutamente inadempiuto stando alle argomentazioni concretamente rinvenibili nella doglianza de qua . Inoltre, -si legge ancora nella medesima proposta -« l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. -nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 30 ottobre 2023) -riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie,
irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 17021, 6127 e 2607 del 2024; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015). Quanto, infine, al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (pure specificamente invocato dalla ricorrente), è doveroso premettere che la corte distrettuale, ha esaustivamente spiegato le ragioni per cui ha ritenuto sussistente la prova degli elementi oggettivo e soggettivo dell’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. esperita dal CAM s.p.a. Non resta, dunque, che prendere atto dei relativi accertamenti compiuti dalla corte predetta, chiaramente di natura fattuali, rispetto ai quali le argomentazioni della censura in esame, appaiono sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 15033 del 2024; Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, ‘ In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute
nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ‘ ); ii) un’autonoma questione di malgoverno del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si pone esclusivamente ove il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di un’eventuale incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 15032 e 10794 del 2024; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 11963 del 2022; Cass. nn. 17313 e 1634 del 2020; Cass. nn. 26769 e 13395 del 2018; Cass. n. 26366 del 2017; Cass nn. 19064 e 2395 del 2006), da rapportarsi, peraltro, al già richiamato testo novellato di cui alla citata norma e con il rispetto (qui mancato) degli oneri di allegazione sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014; iii) un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 115 cod. proc. civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure precisato che ‘ è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. ‘ ); iv) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn.
1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 16118 e 17201 del 2024) ».
Il Collegio reputa affatto esaustive e condivisibili tali argomentazioni, che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì rimarcando che: i ) a fronte di esse, il difensore della società ricorrente, pur avendo chiesto la decisione del ricorso ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ., nulla ha dedotto, nemmeno depositando una memoria ex art. 380bis .1, comma 1, secondo periodo, cod. proc. civ.; ii ) nessuna concreta incidenza assume, nella specie, -stante quanto si è riferito circa le plurime ragioni di inammissibilità dell’unico formulato motivo la recente decisione resa da Cass., SU, n. 1898 del 2025 in materia di azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto un atto di disposizione anteriore al sorgere del credito.
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024).
Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 5.000 ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% , agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna la medesima ricorrente al pagamento della somma di € 5.000,00 in favore della costituitasi controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile