Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2156 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2156 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7905/2021 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, anche quali eredi di NOME, elettivamente domiciliati in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall ‘ avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI MESSINA, in persona del Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in ROMA al INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di MESSINA n. 942/2019 depositata il 17/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/12/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME in una con la madre, NOME COGNOME poi deceduta, convenivano in giudizio, nell ‘ anno 2005, dinanzi al Tribunale di Messina, il Comune della detta città chiedendo di accertare e dichiarare la responsabilità per fatto illecito, ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c., dell ‘ ente pubblico convenuto per tutti danni subiti dagli immobili di loro proprietà, ubicati nell ‘ isolato 339 del reticolo urbano comunale a causa di copiose infiltrazioni d ‘ acqua nei locali terranei, dovute a lavori effettuati dal Comune e ne chiedevano la condanna a porre in essere tutti i lavori necessari ed urgenti, nonché al risarcimento dei danni.
Al giudizio proposto dai COGNOME e dalla COGNOME venivano riuniti, per ragioni di connessione parzialmente soggettiva ed oggettiva, altri due giudizi recanti le medesime domande, proposti da altre persone fisiche che pure assumevano di avere subito danni a causa dei lavori fatti effettuare dal Comune di Messina nell ‘ ambito dello stesso isolato o in quelli vicini.
Il Tribunale, ritenuta la responsabilità ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c. del Comune, con sentenza n. 1047 del 12/04/2017, condannava quest ‘ ultimo a realizzare le opere indicate nella relazione del consulente tecnico di ufficio COGNOME, nonché al risarcimento dei danni, quantificati, sulla base della stessa consulenza tecnica di ufficio, per i Basile in euro 134.543,40 per i danni subiti dal bene di proprietà esclusiva, in euro 161.700,00 per il danno derivante dal mancato utilizzo del bene in proprietà esclusiva e in euro 62.925,50 per i danni di carattere generale, questa somma in favore di tutte le parti attoree e quindi anche per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed al rimborso delle spese di lite.
Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello NOME e NOME COGNOME anche nella qualità di eredi della madre NOMECOGNOME
Il Comune di Messina proponeva appello incidentale.
Si costituivano nella fase d ‘ impugnazione di merito anche gli eredi degli altri attori e comunque le diverse parti attrici in primo grado, aderendo al primo ed al secondo motivo dell ‘ appello principale dei Basile e domandando la riforma della sentenza anche nei propri confronti.
La Corte d ‘ appello di Messina, con sentenza n. 942 del 17/12/2019, qualificava tale costituzione un appello incidentale tardivo e ne dichiarava l ‘ inammissibilità; rigettava, quindi, sia l ‘ appello principale che quello incidentale, con spese compensate.
Avverso la detta sentenza propongono ricorso per cassazione NOME e NOME COGNOME con atto affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Messina.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME alle quali il ricorso è stato pure notificato, non hanno svolto attività difensiva.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
I ricorrenti hanno depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 4/12/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione e il collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti propongono i seguenti motivi di ricorso:
I) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., con riferimento alle risultanze delle diverse consulenze tecniche di ufficio svolte sia dinanzi al Tribunale di Messina, anche nell ‘ ambito del procedimento cautelare ai sensi dell ‘ art. 700 c.p.c., oltre che nella fase di merito e nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale,
r.g. n. 7905 del 2021;
ad. 4/12/2024; estensore: C. valle
sezione staccata di Catania: i ricorrenti sostengono che la Corte territoriale ha travisato il contenuto delle risultanze probatorie e non ha ricostruito in maniera esatta i fatti di causa e, pertanto, non ha proceduto alla corretta quantificazione dei danni cagionati al momento della loro effettiva verificazione risalente all ‘ anno 1984, come accertato dal consulente tecnico di ufficio;
II) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., con riferimento alla consulenza tecnica di ufficio espletata nel giudizio di primo grado da parte dell ‘ ingegnere COGNOME;
III) violazione dell ‘ art. 2043 c.c. in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., con riferimento in merito alla quantificazione del danno subito dagli immobili e tanto per non avere preso in considerazione il carattere permanente del danno con conseguente rilevante errore di calcolo.
I primi due motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto intimamente connessi ed entrambi proposti in riferimento ai parametri di cui ai nn. 3 e 5 dell ‘ art. 360 del codice di rito processuale civile.
I motivi sono inammissibili, avuto riguardo alle censure mosse ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., poiché chiedono un diverso accertamento di fatto, non si confrontano con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale è preclusa la rivalutazione del materiale istruttorio e incorrono nei limiti posti dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 16598 del 2016 e, quindi, tra molte, Sez. U n. 20867 del 30/09/2020 Rv. 659037 – 02), secondo la quale, per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è
inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.
I due primi motivi del ricorso sono, inoltre inammissibili in quanto recanti censure in fatto e non in diritto, in ordine alla valutazione delle plurime consulenze tecniche di ufficio svolte, peraltro anche in giudizi diversi da quello in esame e per le quali non viene indicato come e quando le censure stesse siano state ritualmente acquisite agli atti del processo civile di merito; e tanto senza considerare che le dette consulenze, inoltre, appaiono lette in guisa da rendere plausibile la collocazione cronologica dei danni sin dal 1984, pur in assenza dell ‘ accertamento di una eziologia certa, come ammettono gli stessi ricorrenti a proposito della relazione del consulente tecnico COGNOME
I due motivi sono, inoltre, ampiamente preclusi per inammissibilità da cd. doppia conforme, in quanto proposti anche per omesso esame di fatto decisivo, ai sensi quindi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. e quindi cadono sotto l ‘ applicazione dell ‘ art. 348 ter , quarto e quinto comma, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis , ora abrogato a seguito dell ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 149 del 10/10/2022, ma il cui contenuto precettivo è ora inserito nell ‘ art. 360, quarto comma, c.p.c.), non avendo i ricorrenti indicato fatti diversi da quelli presi in considerazione dai giudici di merito con apprezzamento del tutto conforme. Inoltre, non si incentrato su un singolo fatto inteso in senso naturalistico o fenomenico, secondo quanto delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 e quindi successivamente Cass. n. 23828 del 20/11/2015 Rv. 637781 – 01), ossia su un fatto storico (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 – 01), bensì su valutazione di fatti e atti, quali, appunto le consulenze tecniche di ufficio.
Il terzo motivo, relativo alla liquidazione del danno, poiché la Corte territoriale ha assunto a base della liquidazione un valore locativo inadeguato per difetto, non precisa dove e quando nell ‘ ambito delle fasi di merito, la questione della congruità dei valori presi a base per la liquidazione del danno da mancata disponibilità degli immobili terranei venne posta e inoltre, laddove viene censurato dai ricorrenti il valore di riferimento, e comunque la liquidazione effettuata dal Tribunale (pag. 19 del ricorso), non è indicato specificamente in quali termini la questione venne riproposta in fase d ‘ impugnazione di merito.
Le censure mosse nella prima parte del terzo motivo, relative alla mancata liquidazione dei danni con riferimento all ‘ epoca del loro accertamento, in quanto risalente all ‘ anno 1984, sono inammissibili, poiché la Corte territoriale ha, con valutazione adeguata delle risultanze testimoniali e documentali di causa, escluso, alle pagg. 11 e 12 -laddove afferma non potersi tenere conto della consulenza tecnica d ‘ ufficio redatta dagli ingegneri COGNOME e COGNOME, in quanto svolta in diverso procedimento, né delle incerte lamentele dei «non meglio individuati fratelli COGNOME» -che l ‘ accertamento dei danni potesse essere fatto risalire al detto anno invece che all ‘ anno 2005.
Con riferimento al protrarsi della situazione dannosa, peraltro, non è adeguatamente censurata l ‘ affermazione della sentenza d ‘ appello laddove è evidenziata, in considerazione della condanna del Comune di Messina ad effettuare i lavori volti a evitare la reiterazione dell ‘ evento di danno, l ‘ esperibilità di forme di tutela in sede esecutiva e comunque attuativa, oltre che di quella risarcitoria.
Le ragioni di inammissibilità del terzo motivo precludono l ‘ esame delle censure relative alla natura ingravescente del danno.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e, tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
Nulla per le spese nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME che non hanno svolto attività difensiva.
All ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione consegue che deve attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell ‘ impugnazione) di cui all ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002, per il cd. raddoppio del contributo unificato, da parte dei ricorrenti e in favore del competente Ufficio di merito, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di