Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25783 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25783 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17962/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE di APRUZZESE NOME ciascuna in persona del legale rappresentante, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliate presso lo studio del medesimo
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, e per essa quale mandataria RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in INDIRIZZO INDIRIZZO
Pec:
contro
ricorrentinonché contro RAGIONE_SOCIALE QUALE MANDATARIA DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1761/2022 depositata il 24/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE, premesso di aver stipulato in data 29/3/2011 un contratto di leasing immobiliare con la società RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto un fabbricato industriale ad uso capannone da essa acquistato al solo scopo di concederlo in locazione finanziaria e che l’utilizzatrice non aveva adempiuto all’obbligazione di pagamento di canoni mensili, propose ricorso ex art. 702 bis c.p.c. nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (rispettivamente quale utilizzatrice dell’im mobile concesso in leasing dalla banca e quale conduttrice del medesimo) per ivi sentir accertare e dichiarare l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto di leasing immobiliare, e per sentir condannare entrambe le società alla restituzione del bene immobile;
nella resistenza delle convenute il Tribunale di Milano accolse le domande, accertò l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing alla data dell ‘ 11/3/2016 e condannò entrambe le società al rilascio dell’immobile ;
a seguito di appello delle soccombenti la Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 1761 del 2022, pubblicata in data 24/5/2022, ha rigettato il gravame;
avverso la suindicata sentenza della corte di merito le società soccombenti propongono ora ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi;
resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
depositano atto di intervento RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e per esse RAGIONE_SOCIALE assumendo di essere cessionarie dei crediti la società RAGIONE_SOCIALE;
Considerato che
Va pregiudizialmente dichiarata l’inammissibilità dell’intervento spiegato in questa sede dalla RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e per esse dalla società RAGIONE_SOCIALE, atteso che come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nel giudizio di cassazione, mancando un’espressa previsione normativa che consenta al terzo di prendervi parte con facoltà di esplicare difese, è inammissibile l’intervento di soggetti che non abbiano partecipato alle pregresse fasi di merito, fatta eccezione per il successore a titolo particolare nel diritto controverso, cui tale facoltà deve essere riconosciuta ove non vi sia stata precedente costituzione del dante causa ( v. Cass., 1°/3/2022, n. 6774; Cass., 10/10/2019, n. 25423 ).
Ipotesi quest’ultima invero non verificatesi nella specie, atteso la resistenza con controricorso spiegata nella specie dalla cedente società RAGIONE_SOCIALE.
Va altresì dichiarato che l’atto denominato ‘Memoria per le ricorrenti’ non può considerarsi tale, difettandone i requisiti di legge .
Con il primo motivo (art. 360 co 1 n. 5 cpc) le ricorrenti deducono quanto segue: Nella sentenza impugnata si è omesso l’esame di un
fatto decisivo ai fini della decisione della controversia, in quanto, nell’elaborato peritale del ctp delle ricorrenti, versato in atti in limine litis erano indicati i criteri di calcolo, con esplicitazione della formula, per la rideterminazione dei rapporti di dare ed avere, rideterminazione contenuta nella tabella allegato Tab 1 al detto elaborato. Non considerandosi la circostanza si è ritenuta non intellegibile la tabella e, così, non ammessa la CTU e respinto l’appello;
con il secondo motivo (art. 360 co 1 n. 5 cpc) (motivo proposto per il caso di mancato accoglimento di quello che precede) prospettano la seguente censura: La motivazione della sentenza impugnata è apparente o, comunque, affetta da irriducibile contrasto tra affermazioni inconciliabili relativamente alla valutazione di non intelligibilità dell’elaborato peritale di parte in punto di calcolo del tasso di leasing, essendosi valutata come non intellegibile la tabella n.1 allegata a detto elaborato senza considerarla alla luce del contenuto del “corpo” dell’elaborato al quale era allegata, senza che il giudice avesse (nella sentenza non risulta indicato) competenze di matematica finanziaria;
con il terzo motivo (art. 360 co 1 n. 5 cpc) deducono: Nella sentenza impugnata si è omesso l’esame di un fatto decisivo ai fini della decisione della controversia, in quanto, nel non ammettere la CTU in ragione della mancanza della prova della erroneità del tasso, nella sentenza di secondo grado si ometteva di considerare che nel contratto di leasing é precisato che si indica come tasso di leasing il TAN e non il TIR, talché vi é la prova documentale che è indicato un tasso errato;
con il quarto motivo (art 360 co 1 n. 4 cpc) (motivo proposto per il caso di mancato accoglimento di quello che precede) deducono: sono nulli procedimento e sentenza per violazione degli artt. 115 co. 1 cpc e 183 co. 7 cpc, per avere il Giudice di secondo grado non ammesso la
CTU (percipiente) in mancanza di prova di ciò che la stessa CTU avrebbe dovuto dimostrare, ovvero la erroneità del tasso di leasing;
con il quinto motivo (art. 360 co 1 n. 5 cpc) (Motivo proposto per il caso di mancato accoglimento dei due motivi che precedono) deducono quanto segue: La motivazione della sentenza é affetta da intrinseca illogicità e contraddittorietà, irriducibile contrasto tra affermazioni inconciliabili, relativamente alla valutazione di non ammissibilità della CTU, sul presupposto che dalla CTP versata in atti in limine litis dagli odierni ricorrenti non emergeva un principio di prova della fondatezza della eccezione secondo la quale era erroneo il tasso di leasing indicato in contratto, quando invece non é necessario un principio di prova perché una prova, o una CTU percipiente, sia ammessa.
con il sesto motivo (art. 360 co 1 n. 3 cpc) denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 117, commi 4 e 7 TUB, avendo la sentenza impugnata ritenuto che la errata indicazione del tasso di leasing non poteva essere sussunta nelle fattispecie prevista dal comma 4 della menzionata norma in ragione di una errata interpretazione della norma medesima. Ciò che comportava anche l’inapplicabilità del comma 7 della stessa norma. Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la norma de qua non prevede fattispecie di indeterminatezza o mancanza dell’oggetto del contratto, ma il dovere di indicazione del tasso di interesse effettivamente applicato;
con il settimo motivo (art. 360 co 1 n. 4 cpc) denunziano nullita della sentenza in ragione della omessa pronuncia sulla parte del I motivo di appello nel quale si censura il mancato accoglimento della eccezione di nullità della previsione del tasso di leasing contrattuale per violazione del comma 8 dell’art. 117 TUB, con conseguente violazione dell’art. 112 cpc. Le disposizioni della Banca d’Italia citate
nel motivo prevedono l’obbligo di indicazione del tasso leasing e detto comma 8 prevede il potere di Banca d’Italia di imporre contenuti del contratto e la nullità del contratto in caso di violazione di tali disposizioni di Banca d’Italia;
i primi cinque motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili sotto plurimi profili; innanzitutto, afferendo tutti alla mancata ammissione della CTU, con essi le ricorrenti censurano una valutazione discrezionale del giudice di merito: va al riguardo ribadito il consolidato principio affermato da questa Corte secondo cui ‘l a consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio ( e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice ‘ (Cass., 1, n. 15219 del 5/7/2007; Cass., L, n. 9461 del 21/4/2020; Cass., 6-1, n. 326 del 13/1/2020);
in secondo luogo viene con essi denunziata la violazione dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. nei confronti di una pronuncia cd. ‘ doppia conforme ‘; la corte d’appello ha infatti confermato la pronuncia di primo grado secondo cui l’eccepita nullità della clausola contrattuale era stata allegata dai resistenti ma rimasta sfornita di un principio di prova che potesse giustificare la CTU contabile, nessun rilievo potendo essere al riguardo attribuito alla perizia di parte; né il perito ha spiegato quali valori abbia concretamente raffrontato, tenuto anche conto del fatto che il tasso leasing previsto in contratto era qualificato quale tasso nominale; a fronte di una motivazione della sentenza d’appello del tutto
speculare a quella di primo grado la ricorrente non ha ottemperato alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui ( ex multis Cass., 3, n. 5947 del 28/02/2023) ‘Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra l oro diverse’;
ulteriore ragione di inammissibilità deriva dal fatto che i motivi neppure si correlano alla seconda e per certi versi assorbente ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui l’eccezione di nullità non avrebbe potuto essere accolta neppure in astratto, e cioè a prescindere dalla mancata ammissione della CTU, per inapplicabilità dell’art. 117, 4° e 7° co. TUB in quanto le predette norme afferenti alla indeterminatezza del tasso e alle sanzioni conseguenti non hanno alcuna pertinenza al caso di specie nel quale risultano pacificamente indicate in modo chiaro tutte le condizioni economiche dell’operazione finanziaria conclusa dalle parti tra cui la durata contrattuale, il corrispettivo complessivo, l’importo di ciascun canone e del prezzo per l’esercizio dell’opzione di acquisto; né in definitiva dice la corte si può invocare la nullità prevista dal co. 6 del medesimo art. 117 TUB per i tassi di interesse in quanto il tasso leasing non è un tasso di interesse ma l’indicatore del costo dell’operazione fina nziaria avente funzione di corretta informazione nei confronti del cliente utilizzatore; l’obbligo di indicare il tasso leasing corrisponde a finalità di trasparenza e pubblicità che le parti non hanno mai allegato né hanno mai allegato che, se avessero co nosciuto l’effettivo tasso applicato e quindi le reali condizioni dell’operazione finanziaria conclusa , non avrebbero proceduto alla stipula del contratto;
questa ratio decidendi resiste anche al sesto e al settimo motivo di ricorso con cui si contesta, rispettivamente, l’errata interpretazione delle suddette disposizioni in quanto afferenti al tasso soglia e la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di a ppello con cui si invocava l’applicazione dell’art. 117, co. 8 TUB;
tali motivi sono inammissibili perché formulati in violazione al requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366 , 1° co. n. 6, c.p.c., non risultando dalle ricorrenti nemmeno debitamente riportati nel ricorso gli atti e i documenti per la parte strettamente d’interesse -posti a fondamento delle mosse censurealtresì nemmeno ‘localizzati’ ( v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882 );
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 28/3/2024
Il Presidente NOME COGNOME