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Inammissibilità ricorso cassazione: il caso leasing

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da due società contro un istituto di credito in una controversia su un contratto di leasing immobiliare. Le società lamentavano la mancata ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per verificare l’erroneità del tasso di leasing. La Corte ha respinto il ricorso per diverse ragioni procedurali, tra cui l’applicazione della regola della “doppia conforme”, la natura discrezionale dell’ammissione della CTU da parte del giudice di merito e la mancata specificità dei motivi di ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti.

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Inammissibilità ricorso cassazione: discrezionalità sulla CTU e regola della “Doppia Conforme”

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel contenzioso bancario e finanziario, confermando principi consolidati in materia di inammissibilità ricorso cassazione. La vicenda riguarda un contratto di leasing immobiliare e la richiesta, respinta nei gradi di merito, di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per verificare presunte irregolarità nel calcolo del tasso di interesse. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da un contratto di leasing immobiliare stipulato tra un istituto di credito e una società. L’oggetto del contratto era un fabbricato industriale concesso in locazione finanziaria. A seguito del mancato pagamento di alcuni canoni, l’istituto di credito ha agito in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione dell’immobile.

Le società utilizzatrici si sono difese sostenendo, tra le altre cose, l’erroneità del tasso di leasing indicato nel contratto e hanno chiesto al Tribunale di disporre una CTU contabile per accertare tale presunta anomalia. Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte d’Appello hanno respinto questa richiesta e accolto le domande dell’istituto di credito, confermando la risoluzione del contratto e l’obbligo di restituzione del bene.

Il Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

Contro la sentenza d’appello, le società hanno proposto ricorso per cassazione, basandolo su sette motivi. I primi cinque motivi, in particolare, criticavano la decisione dei giudici di merito di non ammettere la CTU, ritenendola essenziale per provare l’illegittimità del tasso applicato. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile.

La questione della CTU e la discrezionalità del giudice

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la Consulenza Tecnica d’Ufficio è un mezzo istruttorio affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito. Non è un diritto della parte ottenerla. Il giudice può negare la CTU se ritiene che gli elementi di prova già presenti in atti siano sufficienti per decidere, o se la richiesta appare esplorativa, ovvero volta a cercare prove non fornite dalla parte. La motivazione del diniego può anche essere implicita nel contesto generale della sentenza. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto che le società ricorrenti non avessero fornito un principio di prova sufficiente a giustificare un approfondimento tecnico.

L’ostacolo della “Doppia Conforme” e l’inammissibilità del ricorso cassazione

Un altro motivo cruciale per l’inammissibilità ricorso cassazione è stata l’applicazione della regola della “doppia conforme”. Poiché la sentenza della Corte d’Appello aveva confermato integralmente quella del Tribunale, basandosi sulle stesse ragioni di fatto, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione era precluso ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. Le ricorrenti non hanno dimostrato che le ragioni di fatto delle due sentenze fossero diverse, rendendo inammissibile la censura.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha articolato le ragioni dell’inammissibilità su più fronti.

In primo luogo, ha evidenziato che i motivi di ricorso non si confrontavano adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza d’appello. La Corte territoriale, infatti, aveva stabilito che l’eccezione di nullità del tasso era infondata a prescindere dalla CTU, poiché le norme invocate (art. 117 TUB sull’indeterminatezza del tasso) non erano pertinenti al caso. Il contratto specificava chiaramente tutte le condizioni economiche (durata, importo dei canoni, prezzo di opzione), e il “tasso leasing” non è un tasso di interesse in senso stretto, ma un indicatore del costo complessivo dell’operazione con finalità informative e di trasparenza.

In secondo luogo, la Corte ha rilevato che gli ultimi due motivi di ricorso erano inammissibili per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c. Le ricorrenti non avevano riportato specificamente nel ricorso gli atti e i documenti su cui si basavano le loro censure, né ne avevano indicato la precisa collocazione processuale, impedendo alla Corte di valutarne la fondatezza.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un’importante conferma di diversi principi procedurali. Insegna che per evitare una declaratoria di inammissibilità ricorso cassazione, non è sufficiente lamentare la mancata ammissione di una CTU. È necessario, fin dal primo grado, fornire elementi concreti (un “principio di prova”) a sostegno delle proprie tesi. Inoltre, il ricorso in Cassazione deve essere formulato con estremo rigore, attaccando specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata e rispettando i requisiti di autosufficienza, soprattutto in presenza di una “doppia conforme”. Questa decisione sottolinea come il processo civile sia un percorso a tappe, dove le omissioni e le carenze probatorie nei primi gradi di giudizio difficilmente possono essere sanate in sede di legittimità.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per una serie di motivi: 1) I primi cinque motivi erano inammissibili perché contestavano la mancata ammissione della CTU, che è una decisione discrezionale del giudice, e perché si scontrarono con la regola della “doppia conforme”, non avendo le ricorrenti dimostrato una diversità nelle ragioni di fatto tra la sentenza di primo grado e quella d’appello. 2) I motivi non si correlavano alla ratio decidendi della sentenza impugnata. 3) Gli ultimi motivi violavano il principio di autosufficienza del ricorso, non avendo riportato né localizzato i documenti essenziali.

Il giudice è obbligato a disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) se una parte la richiede?
No. La Corte ha ribadito che la CTU è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice. La sua nomina rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, e il diniego può essere motivato anche implicitamente dal contesto delle argomentazioni della sentenza, specialmente se la parte richiedente non ha fornito un adeguato principio di prova a sostegno della sua richiesta.

Cosa significa la regola della “doppia conforme” e come è stata applicata in questo caso?
La regola della “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., stabilisce che se la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulle stesse ragioni di fatto, il ricorso in Cassazione per il motivo di vizio di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.) è inammissibile. In questo caso, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale, e le ricorrenti non hanno dimostrato che le due decisioni si fondassero su ricostruzioni dei fatti differenti, facendo scattare tale preclusione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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