Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7678 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7678 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
RAGIONE_SOCIALE
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 17/2022 del la Corte d’Appello di Ca gliari, depositata il 13.6.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16768/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa d agli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Lanusei dichiarò il fallimento di RAGIONE_SOCIALE su richiesta del Pubblico Ministero, contestualmente alla dichiarazione di inammissibilità del concordato preventivo proposto dalla società ai suoi creditori.
RAGIONE_SOCIALE propose contro la dichiarazione di fallimento reclamo, che venne respinto dalla Corte d’Appello di Cagliari .
Contro la sentenza della corte territoriale la società ha proposto ricorso per cassazione articolato in dodici motivi.
La curatela fallimentare si è difesa con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con i motivi primo, secondo e terzo -oggetto nel ricorso di un ‘unic a illustrazione comune -si denunciano: «1) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. con riferimento all’art. 162 L. Fall. 2 ) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; 3) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
La ricorrente si duole che, nel motivare l’inammissibilità della proposta di concordato preventivo, il Tribunale di Lanusei abbia valorizzato profili di criticità che non le erano stati indicati nel decreto con cui , ai sensi dell’art. 162, comma 1, legge fall. , era stato concesso un termine per «apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti». Secondo la ricorrente ciò avrebbe determinato in lei «l’affidamento che al di là dei profili oggetto di rilievo la domanda di concordato non aveva ulteriori
aspetti censurabili che ne avrebbero potuto determinare l’inammissibilità».
1.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, la censura è rivolta alla sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Lanusei e non alla sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, qui impugnata. Né nel ricorso si precisa se, e in che termini, la medesima censura fosse stata fatta oggetto anche di uno specifico motivo di reclamo. A pag. 31 del ricorso si fa indiretto riferimento a una generica lagnanza («appare assai singolare che il Tribunale con il suddetto provvedimento non abbia richiesto di formulare chiarimenti in ordine agli altri profili»), che non è di per sé un motivo di reclamo.
In secondo luogo, la critica non è completata da alcuna argomentazione giuridica a sostegno, essendo evidente che l’ esercizio della facoltà concessa al tribunale dall’ art. 162, comma 1, legge fall. non limita certo l’ambito della cognizione riservata allo stesso giudice in sede di decisione sulla domanda di concordato. Qualora risultino motivi ostativi all’ammissione, il tribunale ha sempre il dovere di emettere un provvedimento negativo, quale che fosse il contenuto del decreto interlocutorio con cui era stato concesso il termine per l’integrazione della domanda.
In particolare, priva di indicazione di qualsiasi copertura normativa è l ‘invocazione dell’«affidamento» che sarebbe stato indotto nella proponente dal contenuto dei rilievi evidenziati nel decreto interlocutorio.
I motivi quarto, quinto e sesto sono così rubricati: «4) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n.
3, c.p.c. con riferimento all’art. 2426, 1° comma , n. 4 c.c. e gli artt. 161 e 162 L. Fall.; 5) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; 6) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
Oggetto di attenzione con questi motivi è l’apprezzamento della corte d’appello in merito al ritardo con cui sarebbe stata rilevata a bilancio la svalutazione della partecipazione totalitaria al capitale sociale di altra società, proprietaria di un compendio immobiliare che era stato pignorato e sul quale era in corso il procedimento di espropriazione forzata. La ricorrente osserva, da un lato, che la perizia di stima del consulente del giudice dell’esecuzione giustificava -prima delle aste andate deserte -il mantenimento inalterato del valore della partecipazione sociale; dall’altro lato, che tale valore era stato comunque già azzerato al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, sicché il (pur negato) ritardo nella svalutazione non avrebbe comunque avuto effetti negativi sulla chiarezza e sul contenuto della proposta rivolta ai creditori.
2.1. Anche questi motivi sono inammissibili, perché non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata.
2.1.1. La Corte d’Appello di Cagliari ha dichiarato di condividere il giudizio del Tribunale di Lanusei sul ritardo nella svalutazione della partecipazione societaria, ma solo per svolgere una preliminare considerazione di carattere generale sulla «opacità e non attendibilità dei bilanci di RAGIONE_SOCIALE». L’inammissibilità della domanda di concordato è stata poi motivata con riguardo ad altri aspetti attinenti, in modo
specifico, al contenuto della proposta e alle lacune del piano. La critica non può pertanto scalfire il fulcro della decisione del giudice del reclamo.
2.1.2. Ciò fermo restando che non può essere condiviso il semplicistico ragionamento secondo cui la perizia svolta in sede esecutiva sull’immobile della società partecipata avrebbe addirittura imposto , ai sensi dell’art. 2426 , comma 1, n. 4, c.c., di mantenere inalterato il valore a bilancio della partecipazione. È infatti evidente che, trattandosi del valore a bilancio di una partecipazione sociale -e non di un bene immobile -il fatto che la società partecipata fosse stata sottoposta ad espropriazione forzata, senza immediate prospettive di pagare i debiti verso i creditori esproprianti (tant’è che al pignoramento seguirono gli esperimenti di vendita), avrebbe richiesto perlomeno qualche approfondita riflessione al fine di rappresentare «in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società» (art. 2423, comma 2, c.c.).
Analogamente collegati tra di loro sono i motivi settimo, ottavo e nono: «7) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 161 e 162 L. Fall.; 8) violazione art. 360, n. 5, c.p.c. : omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; 9) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
Con questi motivi si censura il giudizio espresso dalla corte territoriale sulla manifesta inattuabilità del piano di concordato, che prevedeva una iniziale e provvisoria continuità aziendale e, all’esito di questa, la liquidazione atomistica del patrimonio sociale. Si contesta al giudice del merito di essersi ingerito
nell’apprezzamento sulla convenienza della proposta, che la legge riserva esclusivamente ai creditori, ai quali -a causa della dichiarazione di fallimento -venne negata l’opportunità di esprimere il proprio gradimento al concordato.
3.1. I motivi sono inammissibili.
3.1.1. La co rte d’ appello ha correttamente indicato il contenuto e i limiti del controllo del giudice sull’ammissibilità della proposta di concordato, con particolare riguardo alla « ‘effettiva realizzabilità della causa concreta’, da intendersi come ‘obiettivo specifico perseguito dal procedimento’ », che impone la « verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati » (Cass. nn. 9061/2017 e 15338/2020, citate dal giudice a quo , cui adde , ex multis , Cass. nn. 4790/2018; 5825/2018; 21175/2018; 11522/2020; 11216/2021; 21190/2021; 17103/2023; 1393/2024).
A tale corretta premessa in diritto è seguita la valutazione, nel merito, sul piano predisposto dalla ricorrente a corredo della proposta rivolta ai creditori; piano che -ricalcando il giudizio del Tribunale di Lanusei -è stato motivatamente ritenuto affetto da «una serie di profili di criticità», non superati neppure in sede di reclamo.
Le critiche mosse dalla ricorrente alla sentenza impugnata non attengono, in realtà, all ‘individuazione e all’applicazione delle norme di diritto che regolano il sindacato del giudice in sede di decisione sull ‘ ammissibilità del concordato preventivo, rivolgendosi invece al giudizio di merito sulla fattibilità in concreto del piano e sulla pregnanza dei rilevati profili di criticità che, nel loro insieme, hanno indotto la c orte d’ appello ad
esprimersi nei termini di una manifesta inattitudine a raggiungere l’« obiettivo specifico perseguito dal procedimento ».
3.1.2. Né si può sostenere che la sentenza sia priva di motivazione (fermi restando i restretti limiti in cui la carenza di motivazione assurge a vizio censurabile in sede di legittimità: v. Cass. S.U. n. 8053/2014), essendo al contrario piuttosto lacunoso il ricorso, laddove non prende in considerazione alcune delle numerose criticità rilevate dal giudice (tra le quali, la mancanza di una qualsiasi discontinuità organizzativa rispetto alla precedente gestione; la mancanza di indicazioni sullo stato di esecuzione di due contratti d’appalto pendenti già da molto tempo e di cui risultava già incassata una parte non marginale del compenso; la previsione del pagamento del fabbisogno concordatario «mediante apporti del debitore»).
A ciò si aggiunga che il business plan relativo alla provvisoria continuità aziendale, oltre a essere stato ritenuto inadeguato dalla corte territoriale, mai avrebbe potuto giustificare la riforma della decisione del tribunale e la revoca del dichiarato fallimento, se non altro perché «prodotto ex novo nel presente grado» ( id est : in fase di reclamo, come conferma la stessa RAGIONE_SOCIALE a pag. 52 del ricorso per cassazione).
Infine, i motivi decimo, undicesimo e dodicesimo sono volti a censurare «10) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 5, 161 e 162 L. Fall.; 11) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; 12) violazione art. 360, n. 5, c.p.c.: motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
Si sostiene, con questi motivi, che non si sarebbe potuto dichiarare il fallimento della società, in mancanza del presupposto oggettivo dell’insolvenza. Si fa notare che nessun creditore ne aveva fatto richiesta, essendosi attivato il solo Pubblico Ministero.
4.1. Anche questi motivi sono inammissibili.
La Corte d’Appello ha osservato, in modo semplice e lineare, che la società ricorrente «con la proposta di concordato aveva ammesso il proprio stato di insolvenza», ovverosia l’impossibilità «di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (art. 5, comma 1, legge fall.) , tant’è che aveva proposto ai creditori pagamenti dilazionati nel tempo e ampiamente ridotti rispetto all’ammontare dei loro diritti.
A fronte di tale semplice e pertinente rilievo -riferito alla situazione in essere al momento della dichiarazione di fallimento -nessuna rilevanza può essere attribuita all ‘esito della verifica dello stato passivo, il quale, comunque, come riferito nel ricorso, ha determinato l’ammissione di crediti per circa € 2.000.000 .
Nessun’altra specifica critica è contenuta nel ricorso in ordine alla sussistenza di entrambi i presupposti per la dichiarazione di fallimento.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Ricorrono inoltre gravi motivi perché di tali spese risponda in solido , ai sensi dell’art. 94 c.p.c., il legale rappresentante della società dichiarata fallita, giacché questi, pur non assumendo la veste di parte nel processo, ha esplicato,
anche se in nome altrui, un ‘ attività processuale caratterizzata dalla mancanza di normale prudenza (cfr. Cass. nn. 9203/2020; 20878/2010). Infatti, le doglianze sollevate, come sopra rilevato, sono risultate tutte inammissibili, perché prive finanche dell’ indicazione di una giustificazione giuridica (motivi 1, 2, 3, 10, 11 e 12), avulse rispetto alla ratio decidendi (motivi 4, 5 e 6) oppure palesemente riferite alla valutazione del merito (motivi 7, 8 e 9).
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna in solido la società ricorrente e il suo legale rappresentante, NOME COGNOME COGNOME al pagamento, in favore del fallimento RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge; dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del