Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24126 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26247-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 800/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 01/07/2019 R.G.N. 967/2016;
Oggetto
Contratto di prestazione professionale autonoma
R.G.N.26247/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 527/2016, che, oltre a respingere la domanda riconvenzionale della convenuta RAGIONE_SOCIALE, aveva respinto le domande dell’attore, volte ad ottenere la condanna di detta società al pagamento della complessiva somma di € 254.265,76, sull’assunto di aver lavorato per la RAGIONE_SOCIALE in base a due contratti di prestazione professionale autonoma (uno per il periodo dall’1 gennaio al 31 dicembre 2007 e il secondo per il periodo dall’1 luglio 2008 al 30 giugno 2009).
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva tra l’altro: che il ricorrente aveva addebitato alla controparte, in via principale, la violazione delle obbligazioni scaturenti da quei contratti e, in via subordinata, aveva chiesto il pagamento della stessa somma a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento.
2.1. La Corte territoriale, quindi, disattendeva il primo motivo di gravame, con il quale l’appellante si doleva della decisione istruttoria con cui il Tribunale: a) aveva stralciato quella parte della memoria di risposta alla domanda riconvenzionale avversaria, contenente allegazioni integrative del ricorso, che, come tali, non erano state giudicate conferenti a quella domanda riconvenzionale; b) aveva ritenuto
inammissibile, perché tardiva, la correlata produzione documentale.
2.2. Giudicava infondato il secondo motivo, con il quale l’appellante denunciava ‘ error in procedendo -carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, in violazione degli artt. 132 e 134 c.p.c. -violazione degli artt. 210 e 213 c.p.c.’.
2.3. Disattendeva il terzo motivo, a mezzo del quale l’appellante censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato ‘la domanda relativa all’adempimento del pagamento del corrispettivo dovuto per il progetto di telesoccorso’, sul rili evo che tale censura non attingeva una delle rationes decidendi del primo giudice a riguardo, e ritenendo comunque non condivisibili i rilievi dell’appellante sul punto.
2.4. Ancora, considerava infondato il quarto motivo con cui si censurava la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva negato le provvigioni rivendicate per ‘le prestazioni sanitarie’ che la società allora appellata aveva fornito all’RAGIONE_SOCIALE.
2.5. Giudicava infondato per due ordini alternativi di ragioni anche il quinto motivo, con il quale l’appellante censurava la stessa sentenza nella parte in cui aveva rigettato ‘la domanda di accertamento della condotta in violazione dei canoni di lealtà, correttezza e buona fede, nell’ambito del progetto RAGIONE_SOCIALE‘.
2.6. Riteneva infondato il sesto motivo che si appuntava sul capo di sentenza che aveva negato al ricorrente ‘il diritto al
compenso ex art. 1748, comma 3, cod. civ. per l’attività inerente l’RAGIONE_SOCIALE‘.
2.7. Infine, respingeva anche l’ultimo motivo d’appello riguardante il mancato accoglimento della ‘domanda di indebito arricchimento’, che in ricorso era stata proposta in via subordinata.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., relativamente agli artt. 1748 cod. civ., art. 210 cod. proc. civ.’. Lamenta che la Corte d’appello ‘prende in considerazione e motiva la sentenza esclusivamente in virtù dell’efficacia probatoria dei mezzi sia documentale sia testimoniale -prodotti dall’odierno ricorrente’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. relativamente agli artt. 1748 cod. civ., art. 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ.’. In base alle considerazioni svolte, al ricorrente ‘non sembra avventato ritenere che la sentenza appellata debba essere riformata per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui rigetta la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle provvigioni poste a corrispettivo delle attività
svolte nell’ambito delle forniture e contratti stipulati con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, almeno in misura pari al 2,5% del fatturato, come sarà esplicitato nella domanda proposta nelle seguenti conclusioni’.
Con il terzo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., relativamente agli artt. 1742, 1748 cod. civ. e artt. 1362 e ss. cod. civ.’. Deduce che ‘la sentenza impugnata deve essere cassata là dove ha omesso una congrua attività interpretativa del contratto e/o ha omesso di prendere in considerazione elementi di fatto rilevanti e sui quali le parti hanno discusso ed espone un contenuto contraddittorio’.
Con un quarto motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., relativamente agli artt. 1742, 1748, 1218, 1372, 2042 cod. civ. ed al D.lgs. 163/2006’. Si duole il ricorrente che la Corte d’appello ab bia rigettato per altro verso la domanda da lui introdotta là dove coinvolge la conclusione di contratti con la p.a., per i quali non si può ipotizzare l’opera dell’intermediario, giacché si porrebbe in contrasto con la disciplina di evidenza pubblica, per ché l’interpretazione della Corte era ‘davvero singolare, oltre che contraddittoria e in contrasto con quanto affermato in altri punti della sentenza’. Inoltre, la Corte d’appello aveva trascurato che il contratto contemplava una prestazione complessa.
Con un quinto motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., relativamente agli artt. 1742, 1748 cod. civ. ed all’Accordo Economico Collettivo Rapporti di Agenzia del 20 marzo 2002’.
I motivi così riassunti sono inammissibili.
Giova anzitutto ricordare che, secondo le Sezioni unite di questa Corte, il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’a rt. 360, comma 1, c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (così Cass., sez. un., 8.11.2021, n. 32415).
Ebbene, il primo ed il secondo motivo di ricorso in rubrica si riferiscono al mezzo di cui all’art. ‘360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.’, ma non vi è dedotto, anche nello sviluppo di ambedue le censure, un ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, previsto dal n. 5 di tale comma primo. Del resto, sempre le rubriche di tali due motivi si riferiscono piuttosto ad una ‘violazione e falsa applicazione di legge’.
8.1. Quanto, in particolare, al primo motivo, deve notarsi che non è precisamente individuato il capo dell’impugnata sentenza che s’intende censurare. In ogni caso, tale doglianza, per la parte in cui vi è dedotta (anche) la violazione dell’art. 210 c.p.c. in tema di ordine di esibizione, non si confronta assolutamente con il passo di motivazione in cui la Corte territoriale, come già riferito in narrativa, aveva giudicato infondato il secondo motivo d’appello che si riferiva, tra l’altro, alla dedotta violazione degli artt. 210 e 213 c.p.c. (cfr. pagg. 78 della sua sentenza).
Circa il secondo motivo, poi, salvo quanto già osservato, oltre alla violazione e falsa applicazione di legge, vi sono dedotte
anche delle anomalie motivazionali, assumendosi, tra l’altro, che è ‘decisamente carente la motivazione esposta nella decisione impugnata’ (così a pag. 16 del ricorso), ma anche che ‘la mancanza di valutazione comparativa tra l’oggetto del contratto e le risultanze probatorie e la mancata considerazione di tutte le circostanze di fatto dedotte e provate dall’odierno ricorrente hanno indotto il Giudice di Appello ad una errata interpretazione degli elementi probatori in ognuna delle vicende contrattuali, relative, in via esemplificativa, al progetto di telesoccorso ed alla fornitura conclusa (con l’RAGIONE_SOCIALE nelle quali, l’avvenuta esecuzione delle prestazioni assunte da parte del Sig. COGNOME sono state pienamente provate, in ordine al ruolo svolto dall’odierno ricorrente e delle singole attività svolte sia nell’ambito delle attività commerciali, prodromiche alla conclusione degli accordi, sia nell’ambito operativo’.
9.1. Non sono, però, considerate dal ricorrente le parti motivazionali dedicate dalla Corte di merito, rispettivamente, al tema di ‘progetto di telesoccorso’ e alla vicenda relativa all’RAGIONE_SOCIALE.
9.1. Più nello specifico, la Corte, come pure già accennato in narrativa, aveva argomentatamente disatteso il terzo motivo d’appello con il quale si censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui rigetta ‘la domanda relativa all’adempimento del pagamento del corrispettivo dovuto per il progetto di telesoccorso’.
Non si considera, in particolare, che nella sentenza di secondo grado detto motivo era stato ritenuto inammissibile perché non vi era censurata una delle rationes decidendi del
primo giudice a riguardo (cfr. pag. 9 dell’impugnata sentenza e la nota 1) in calce).
9.2. Analogamente, il ricorrente non si confronta con la parte di motivazione in cui la Corte distrettuale aveva giudicato infondato il quarto motivo d’appello in cui era censurata la sentenza del Tribunale nella parte in cui gli aveva negato le rivendicate pro vvigioni per ‘le prestazioni sanitarie’ che la società appellata ha fornito dell’RAGIONE_SOCIALE (cfr. pagg. 11-12 della stessa sentenza).
Piuttosto, propone una propria rivisitazione delle risultanze processuali (cfr. in particolare pagg. 14-16 del ricorso), non consentita in questa sede di legittimità.
Nel terzo motivo, concepito in rubrica esclusivamente in chiave di violazione di norme di diritto ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., si addebita anche alla Corte d’appello di aver ‘omesso di considerare elementi decisivi ai fini di una corretta i nterpretazione della vicenda’ (così a pag. 19 del ricorso, ma v. nello stesso senso pag. 21, dove si accenna all’omessa ‘considerazione di elementi di fatto rilevanti e sui quali le parti hanno discusso’); il che parrebbe muoversi nella direzione del mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.
10.1. In ogni caso, tale censura riguarda la questione ‘della mancata prova in ordine alla avvenuta redazione di 12 report mensili’, ma non considera che la Corte di merito, come già notato nell’esaminare il secondo motivo di ricorso, aveva reputato in via principale inammissibile il terzo motivo d’appello, sul rilievo che (così sempre a pag. 9 dell’impugnata sentenza).
10.2. Senza censurare specificamente tale declaratoria d’inammissibilità, il ricorrente comunque deduce genericamente la violazione dei canoni ermeneutici legali di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., senza, peraltro, precisare se le sue considerazioni siano riferite al primo o al secondo contratto inter partes o a entrambi, contratti dei quali dei quali non sono trascritti, o richiamati, almeno i passi o clausole reputati rilevanti.
Il quarto motivo difetta di specificità, non tenendo conto anzitutto della completa motivazione in punto di diritto resa dalla Corte d’appello intorno al tema della compatibilità del contratto di agenzia rispetto alla specifica disciplina dell’attività contrattuale della p.a. (cfr. pagg. 10-11 e § 10.2. a pag. 15 dell’impugnata sentenza).
La doglianza, inoltre, si fonda su una diversa lettura delle risultanze processuali (cfr. pag. 23 del ricorso).
E’ infine inammissibile sotto diversi profili il quinto motivo, che dichiara di riguardare il capo in cui ‘La Corte d’appello ha rigettato la domanda proposta dal sig. COGNOME in ordine al progetto c.d. FIGC’.
Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, qualora con il ricorso siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per no vità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al
principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (così, tra le altre, Cass., sez. un., 27.1.2020, n. 1718).
14. Nel censurare, peraltro cumulativamente, i ‘due ordini alternativi di ragioni’, per i quali la Corte di merito ha piuttosto giudicato infondato il quinto motivo d’appello circa il rigetto in primo grado della ‘domanda di accertamento della condotta in violazione dei canoni di lealtà, correttezza e buona fede, nell’ambito del progetto RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. in extenso pagg. 13-14 dell’impugnata sentenza), il ricorrente si riferisce a norma, invero imprecisata, dell’ ‘Accordo Economico Collettivo del 20 marzo 2002 (disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale nel settore della piccola e media industria)’, sostenendo che esso Accordo ‘prevede che se il contratto individuale non determina espressamente il termine per comunicare l’accettazione o i l rifiuto, la proposta non rifiutata dal preponente entro il sessanta giorni dal suo ricevimento si intenderà accettata, ai soli fini della provvigione’.
Secondo il ricorrente, infatti, ‘La previsione determina la conseguenza che, in caso di applicazione al rapporto del contratto collettivo, l’agente non sarà tenuto, per provare il diritto alla provvigione, a provare anche l’avvenuta conclusione dell’affare, e, soprattutto, che l’incaricato avrà diritto alla provvigione, anche se l’affare non sarà andato a buon fine’.
15. Ebbene, il ricorrente neanche ha dedotto di aver posto in tali termini una questione cui non si fa cenno nella sentenza di secondo grado; trattasi, perciò, di questione del tutto nuova
in fatto e in diritto, sicché il motivo è inammissibile perché investe una questione non compresa nel tema del decidere del giudizio d’appello (cfr. ex plurimis Cass. n. 11468/2022).
Invero, il ricorrente, come già notato, accenna ad una norma non specificata di un AEC, che peraltro non ha prodotto in questa sede di legittimità e non allega se, come e quando sia stato prodotto nei gradi di merito, e tanto in violazione anche dell’art. 366, comma primo, n. 6), e dell’art. 369, comma secondo, n. 4), c.p.c.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 6.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 12.6.2024.