Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3980 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3980 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23339/2023
promosso da
COGNOME Angelo COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’av v. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore pro tempore ;
– intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1011/2023, pubblicata l’08/0 9/2023, notificata l’11/09/2023 ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 22/02/2021 la RAGIONE_SOCIALE ha impugnato davanti alla Corte d’ appello di Catanzaro il Lodo arbitrale parziale emesso il 25/01/ 2021 dall’arbitro unico avv. NOME COGNOME che, per quello che qui interessa, ha accolto alcune delle domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, nulla disponendo in ordine all ‘azione di responsabilità formulata nei confronti di NOME COGNOME per la quale ha adottato un provvedimento interlocutorio volto alla prosecuzione dell’istruttoria.
In tale giudizio di impugnazione del Lodo arbitrale, instaurato nei confronti del solo NOME COGNOME quest ‘ultimo si è costituito resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto.
Con provvedimento del 24/11/2021 la Corte d’appello, dato atto della intervenuta dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato l’interruzione del giudizio.
Con ricorso depositato il 22/01/ 2021 NOME COGNOMEin proprio e nella qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di volere proseguire il giudizio, chiedendo la fissazione dell’udienza.
Fissata udienza, NOME COGNOME ha depositato note di trattazione nelle quali ha eccepito l’inammissibilità della riassunzione del giudizio proposta da NOME COGNOME e ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio , per non essere stato il procedimento riassunto nel termine di tre mesi dal Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, evidenziando, peraltro, che la mancata riassunzione corrispondeva ad una precisa scelta processuale degli organi della procedura fallimentare.
Precisate le conclusioni, la Corte d’appello ha pron unciato la sentenza impugnata, dichiarando l’estinzione del giudizio e l’inammissibilità dell’intervento di NOME COGNOME
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a tre motivi di impugnazione.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso, mentre il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 221 c .p.c., ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di appello ritenuto inammissibile la querela di falso proposta incidentalmente da NOME COGNOME prima del deposito della comparsa conclusionale – in quanto è stato considerato come termine ultimo per la proposizione della querela di falso l’udienza di precisazione delle conclusioni, mentre invece, il richiamato art. 221 c.p.c. stabilisce che la querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 302 c .p.c. e dell’art. 43 l.fall. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso la legittimità dell’intervento spiegato da NOME COGNOME nonostante l’inerzia della Curatrice del Fallimento nella prosecuzione del giudizio di appello.
Secondo il ricorrente, l’ intervento è pienamente legittimo, stante l’interesse di quest’ultimo ad evitare che quanto risultante dal Lodo parziale conduca a una sua imputazione per bancarotta impropria per falso in bilancio.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione: – degli artt. 816 e 829, comma 1, n. 9, e comma 2, c.p.c. (vigenti alla data del 30/ 06/2005), nonché dell’art. 816 bis c.p.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c.;
artt. 2468 e 2475 c.c., nonché degli artt. 112, 115 c.p.c. e 2697 c.c., co riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.;
degli artt. 2086 e 2745 c.c., nonché degli artt. 112, 115 e 829, comma 1, n. 9, e comma 2, c.p.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.;
degli artt. 2468, comma 3, c.c., 2086 e 2475 c.c., con riferimento all’ar.t 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.;
in conseguenza del mancato esame delle ragioni di appello contenute nell’atto di riassunzione proposto da NOME COGNOME
Secondo il ricorrente, l’a vere preliminarmente – ed illegittimamente deciso circa la inammissibilità della riassunzione da lui proposta e circa la tardività della querela di falso civile ha prodotto l’illegittima omissione d ell’esame di tutte le ragioni presentate a sostegno dell’appello promosso da RAGIONE_SOCIALE in bonis prima, e della riassunzione presentata da COGNOME Angelo poi, che, invece, meritavano l’integrale accoglimento.
Per evidenti ragioni di ordine logico-giuridico, occorre preliminarmente esaminare il secondo motivo di ricorso, che attiene alla ammissibilità dell’intervento di COGNOME NOME nel giudizio di impugnazione del Lodo parziale, promosso da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME mediante presentazione dell’istanza per la prosecuzione del giudizio a seguito dell ‘interruzione operata in conseguenza della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni.
3.1. Come più volte affermato da questa Corte, la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un ‘ non motivo ‘ (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9450 del 09/04/2024).
Il motivo di impugnazione è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. Tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
In altre parole, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018).
3.1.1. L a Corte d’appello , nel capo della decisione censurato, ha statuito come segue: « Rileva la Corte che l’istanza di riassunzione proposta da NOME COGNOME va diversamente qualificata in relazione alla diverse posizioni in essa spesa ‘ in proprio e in qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE ‘ Sotto il primo profilo non può che essere qualificata alla stregua di un intervento di terzo, tale essendo senz’altro NOME COGNOME rispetto ad un giudizio che riguarda esclusivamente il lodo emesso tra RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME: senonché con tale intervento NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni rassegnate dalla RAGIONE_SOCIALE onde la qualificazione dovrebbe essere quella di un intervento adesivo per il quale, tuttavia, difetta in radice il requisito
dell’interesse ad agire il che, a prescindere da ogni altra considerazione processuale, vale a determinarne l’inammissibilità. In ogni caso in difetto della domanda di prosecuzione del giudizio da parte dell’attore principale, la richiesta formulata dall’i nterveniente assume un valore non adesivo ma sostitutivo delle prerogative spettanti alle parti confermando sotto altro profilo l’inammissibilità dell’intervento. Nella parte in cui viene spesa la qualità di socio pare adombrarsi invece la spendita di una rappresentanza processuale della società che è parimenti inammissibile, non solo perché nella RAGIONE_SOCIALE la rappresentanza spetta all’amministratore e non al singolo socio, ma soprattutto perché la dichiarazione di fallimento determina la sopravvenuta incapacità processuale del fallito e il trasferimento di tutti i relativi poteri in capo al curatore fallimentare. In definitiva l’unico soggetto legittimato a proporre una istanza di prosecuzione nell’interesse della società era il curatore che, per come documentato dalla difesa di NOME COGNOME ha consapevolmente deciso di non coltivare il giudizio.»
3.1.2. Il ricorrente non ha illustrato le ragioni della ritenuta infondatezza degli argomenti spesi nella statuizione impugnata, affermandone esclusivamente l’erroneità , per poi rappresentare le ragioni che, a prescindere dalle ragioni della decisione impugnata, nell’ottica del ricorrente, giustificavano la sua partecipazione in giudizio, in particolare, rappresentando che, essendo stato legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, aveva interesse alla prosecuzione del giudizio, considerato che – se fosse rimasta la rappresentazione dei fatti resa dall’Adamo e fatta propria dall’Arbitro nel Lodo parziale del 25/01/2023 -egli avrebbe rischiato di incorrere in una imputazione per bancarotta impropria da falso in bilancio, quale amministratore che aveva firmato riconoscimenti di debiti per centinaia di migliaia di euro senza, poi, inserirli in bilancio.
In applicazione del principio sopra illustrato, la censura deve pertanto essere dichiarata inammissibile, tenuto conto che non si confronta con le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, finendo per operare deduzioni che non costituiscono quello specifico motivo di censura richiesto dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
3.2. La stessa parte, inoltre, nell’illustrare le ragioni che lo hanno spinto a proporre l’istanza per la prosecuzione del giudizio ha rappresentato, peraltro in modo estremamente generico, circostanze riferite al rischio di imputazione per il reato di falso in bilancio che non ha dedotto di avere illustrato anche davanti alla Corte d’appello, così accennando ad argomenti che, in assenza di diversa allegazione, devono ritenersi nuovi.
Come più volte affermato da questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui, come nella specie, non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, in modo tale da consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima ancora di esaminare il merito della suddetta questione, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018).
L’inammissib ilità dell’intervento in giudizio del COGNOME, non validamente censurata in questa sede, comporta l’inammissibilità degli altri
motivi di ricorso che attengono al l’oggetto del giudizio di impugnazione a cui il Cimino non può validamente partecipare.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente , liquidate nella somma di € 10.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile