Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3774  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4730/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore  delegato,  NOME  COGNOME,  elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato  NOME  COGNOME  (CODICE_FISCALE)  che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
ZKB  COGNOME  KRASKA  BANKA  TRST  GORICA  ZADRUGA  –  ZKB RAGIONE_SOCIALE,  già  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Presidente  e  legale rappresentante in carica, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso  lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  procuratore speciale,  NOME COGNOME,  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
-intimati- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  RAGIONE_SOCIALE  n. 750/2019 depositata il 19/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE,  titolare  del  RAGIONE_SOCIALE  oggetto  del  decreto ingiuntivo n. 651/2012, dell’importo di euro 457.856,96, conveniva,  dinanzi  al  Tribunale  di  RAGIONE_SOCIALE,  la  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE  del  RAGIONE_SOCIALE,  la  RAGIONE_SOCIALE  S.p.A.  e  la  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALEp.ARAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE, chiedendo: i)
in via principale, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, pari all’ammontare del RAGIONE_SOCIALE vantato nei confronti dell’ingiunto, NOME COGNOME, per concessione abusiva di RAGIONE_SOCIALE; ii) in via subordinata, la declaratoria di inefficacia, ex art. 2901 cod.civ, e di nullità – per difetto di legittimazione alla vendita e per illiceità dell’oggetto del contratto con cui il 15 gennaio 2008 il debitore aveva trasferito, per il prezzo di euro 3.300.000,00, l’unico bene della RAGIONE_SOCIALE, costituito da un immobile costruito per uso alberghiero che contestualmente era stato concesso in locazione finanziaria alla RAGIONE_SOCIALE;
il  Tribunale  di  RAGIONE_SOCIALE,  con  la  sentenza  n.  807/2015,  rigettava tutte le domande:
quella di concessione abusiva di RAGIONE_SOCIALE per difetto di allegazione e prova, al momento dell’erogazione del finanziamento, della  condizione  di  insolvenza  dell’impresa,  del  carattere  abusivo del  finanziamento  e  del  nesso  causale  tra la  concessione  di finanziamento e il danno lamentato;
 quanto  alla  domanda ex art.  2901  cod.civ.,  perché  non  era stata  chiamata  in  giudizio  la  RAGIONE_SOCIALE  ,  il  cui  patrimonio  era distinto da quello del suo socio ed amministratore;
quanto alla domanda di nullità dei contratti, per la mancata citazione in giudizio della RAGIONE_SOCIALE, l’irrilevanza dei vizi delle delibere del 15 gennaio 2008 e del 14 marzo 2008 in quanto non impugnate e perché non vi erano i presupposti per ritenere che fosse stato stipulato un contratto di sale and lease back in contrasto con il divieto del patto commissorio, osservando che il contratto di sale and lease back presuppone l’identità tra venditore ed utilizzatore e comunque la sussistenza di un rapporto obbligatorio tra le parti della compravendita;
la  Corte  d’ Appello  di  RAGIONE_SOCIALE,  con  la  sentenza  n.  750/2019, pubblicata  in  data  19  novembre  2019,  ha  accolto  l’eccezione  di inammissibilità del gravame,  sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE  di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE  del  RAGIONE_SOCIALE,  da  RAGIONE_SOCIALE  e  da  RAGIONE_SOCIALE, per omessa indicazione dei motivi di impugnazione ex art. 342  cod.proc.civ.  e  per  non  aver  svolto  l’appellante  specifiche censure  né  replicato  alle  puntuali  argomentazioni  del  Tribunale addotte  a  giustificazione  del  rigetto  delle  domande  attoree  e, quindi, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta;
la società RAGIONE_SOCIALE ricorre, formulando un unico motivo, articolato in più submotivi, per la cassazione di detta sentenza;
resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE ) , RAGIONE_SOCIALE, Zkb Zadružuna Kraška Banka Trst Gorica RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE;
non  hanno  svolto  attività  difensiva  in  questa  sede  RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, rimasti intimati;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
 C on  l’unico  motivo    viene  dedotta  la  violazione  dell’art.  342 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto non indicate, da parte della società RAGIONE_SOCIALE, le ragioni di impugnazione in modo da consentire l’identificazione delle censure di fatto e di diritto sulla scorta  delle  quali  chiedeva  la  riforma  della  sentenza  di  primo grado;
ex  adverso ,  la  società  ricorrente  sostiene  di  avere  criticato  in maniera specifica la pronuncia del Tribunale, lamentando:
 che  il  giudice  di  prime  cure  non  avesse  attribuito  adeguata rilevanza  alla  mancata  convocazione  di  tutti  i  soci  e  al  fatto  che l’alienazione dell’immobile avesse determinato un mutamento dell’oggetto sociale, con ciò criticando la sentenza del Tribunale per aver ritenuto irrilevante la nullità del verbale dell’assemblea ai fini
della  configurabilità  della  nullità  dell’atto  di  compravendita,  in quanto l’amministratore aveva il potere di compiere in autonomia l’atto dispositivo;
-l’omesso esame dell’identità di fatto della società RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, ex art, 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., perché il Tribunale si sarebbe concentrato esclusivamente sull’aspetto formale della vicenda, cioè sul fatto che le ‘banche e leasing non hanno concesso alcun RAGIONE_SOCIALE al signor COGNOME, ma al limite alla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE‘, omettendo di considerare che il debitore cercava di ripagare i debiti con la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE e che aveva utilizzato lo schermo delle società per trovare il modo di reperire i fondi necessari, che RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE si erano interfacciate consapevolmente con società prive di struttura e potenzialità utilizzate come schermi fittizi da NOME COGNOME;
-l’errata interpretazione dell’art. 2901 cod.civ. quanto alla domanda  di revocatoria, perché non era stata accertata la sostanziale identità tra i soggetti debitori, omettendo di considerare che  la  RAGIONE_SOCIALE  era  stata  utilizzata  come  mero  strumento  da NOME  COGNOME  e  che  erano  sussistenti  tanto  l’ eventus  damni quanto la scientia damni ;
-l’errata interpretazione dell’art. 2480 e dell’art. 2744 cod.civ., in relazione alla nullità della vendita impugnata, perché la Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare l’inesistenza della delibera assembleare, in quanto la convocazione era irregolare, l’assemblea ordinaria non poteva deliberare la vendita dell’immobile in cui si svolgeva l’attività sociale, l’aggiramento del divieto del patto commissorio, stante l’impossibilità di adempiere da parte della neocostituita RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe dovuto indurre a ritenere che l’accordo delle parti era volto ad assicurarsi la proprietà dell’immobile, ‘consentendo così al leasing di entrare in possesso di
un  bene  che  aveva  già  pagato  un  30%  in  meno  del  valore  a bilancio’;
-l’omessa valutazione di elementi di prova, perché i documenti prodotti in appello, con nota del 16 ottobre 2018, avrebbero dovuto considerarsi ammissibili, in quanto solo il 14 agosto 2018 aveva avuto accesso al fascicolo riguardante il processo penale a carico di NOME COGNOME per reati connessi alla gestione della RAGIONE_SOCIALE, da cui era emerso che nel 2007 NOME COGNOME era stato condannato come gestore effettivo della società per l’omesso pagamento di contributi ai dipendenti, che la contabilità della RAGIONE_SOCIALE era ferma al 2006, pertanto, sia per il lessor che per le banche era stato impossibile effettuare verifiche, che RAGIONE_SOCIALE aveva nascosto alla Guardia di finanza il deposito di euro 1.035.000,00 intestato a NOME COGNOME posto a garanzia del debito di COGNOME verso RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto osservato che il ricorso risulta basarsi sostanzialmente  su  un  solo  motivo  introdotto  al  punto  3.2.1.  (p. 11), seguito, ai punti 3.2.33.2.5, dall’illustrazione delle doglianze formulate in appello, volte a dimostrare (ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.) la violazione dell’art. 342 cod.proc.civ. da parte della Corte territoriale.
Le  doglianze  vengono espressamente  riproposte  ‘in  forma  di motivi  di  impugnazione’  (così  a  p.  14),  ricondotti  alla  categoria giuridica dei vizi ex art. 360 cod.proc.civ.;
le  censure  sono  peraltro  rivolte  in  parte  avverso  la  sentenza pronunciata dal Tribunale (punto 3.2.2.: violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.; punto 3.3.3 : violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.) e in parte avverso la sentenza della Corte d’Appello (punto 3.2.4 : violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.; 3.2.5: violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.);
il vizio denunziato dall’odierna ricorrente implica che questa Corte prenda cognizione del fatto processuale, sempre però che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità “alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della corte” (Cass., Sez. un., 22/05/2012, n. 8077) e, quindi, anche nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, consacrato dall’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ.;
4.1) nel caso di specie non può farsi a meno di rilevare che il ricorso non risulta formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co., c.p.c.., il quale può considerarsi rispettato ove il ricorrente dimostri che le censure alla pronuncia di prime cure erano state articolate in modo da contrapporsi, in virtù di compiute argomentazioni, alla motivazione della sentenza impugnata, mirando ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, secondo un principio di simmetria nel raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di gravame.
Il  motivo  di  ricorso,  invece,  in  tutte  le  sue  articolazioni,  non consente di verificare e valutare la rispondenza al modello paradigmatico prefigurato dall’ art. 342 cod.proc.civ. dell’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale.
La ricorrente richiama le pp. 810 dell’atto di appello sostenendo di aver ivi a p. 8 indicato ‘le motivazioni per il rigetto da parte del Tribunale’ , e di avere quindi analizzato le omissioni del Tribunale in relazione alle difese; sostiene di avere a p. 11 contestato la decisione sui mezzi istruttori, e a p. 13 denunciato il carente esame dei fatti, deducendone la conseguenza che ‘l’atto di appello si pone in relazione critica con la sentenza che va a impugnare, evidenziandone le lacune e -soprattutto -le omissioni, specificamente indicando quali siano le problematiche sottese al ragionamento del giudice di prime cure’ (punto 3.2.1.); alloquando
passa ad esaminare ai punti successivi le critiche alla sentenza del Tribunale (punti 3.2.2 e punto 3.2.3) formula il motivo di ricorso come se a dover essere cassata debba essere la decisione del Tribunale, senza indicare come ha nell’atto di appello censurato la sentenza del giudice di prime cure; anche considerando solo il punto 3.2.1 non può ritenersi che la violazione dell’art. 342 cod.proc.civ. ivi argomentata sia idonea, in quanto con detta doglianza la ricorrente si limita ad affermare, mediante una soggettiva valutazione, che l’appello era specifico, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte territoriale, senza individuare e indicare l’errore alla medesima ascrivibile (Cass. 07/06/2023, n.16028);
4.2) anche ad ammettere che i punti 3.2.4 e 3.2.5 siano autonomi motivi  di  ricorso  avverso  la  sentenza  d’appello  (piuttosto  che sottoarticolazioni di un unico motivo) il ricorrente non ha interesse a  dedurre  la  violazione  dell’art.  2480  e  dell’art.  2744  cod.civ. (3.2.4) e l’omessa valutazione dei mezzi di prova (3.2.5);
il  giudice a quo ,  infatti,  ha  dichiarato  inammissibile  l’appello  per violazione  dell’art.  342  cod.proc.civ. ,  e  con  tale  statuizione  si  è spogliato della potestas iudicandi;
trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui, se il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità con la quale si spogli della ” potestas iudicandi ” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha interesse né l’onere di impugnare le ragioni di merito, ragion per cui mentre rimane ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale, cioè quella di inammissibilità, è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata ( ex multis cfr. Cass. 10/02/2023, n. 4249);
5) le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE; in complessivi euro 8.200, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE ); in complessivi euro 8.200, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente Zkb Zadružuna Kraška Banka Trst Gorica RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE ).
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 22/11/2023 dalla Terza