Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24300 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24300 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7904/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, e rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, e rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1235/2022 depositata il 27 settembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato quanto segue.
Con citazione notificata il 28 maggio 2003 RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Tribunale di Salerno RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per ottenerne il risarcimento dei danni derivatile dall’inadempimento dei contratti di consulenza fiscale, contabile e previdenziale tra loro intercorsi, con importo risarcitorio non inferiore ad euro 25.000.
Si costituivano rispettivamente le parti convenute, tutte resistendo. Svolta l’istruttoria, con sentenza n. 1208/2013 veniva rigettata ogni pretesa attorea.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui resistevano NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Con sentenza n. 1235/2022 la Corte d’appello di Salerno, accogliendo il gravame, condannava le due società appellate a corrispondere alla società appellante la somma di euro 7.391,44 e condannava NOME COGNOME, quale consulente del lavoro, a corrispondere alla società appellante la somma di euro 15.772,51, ogni importo maggiorato degli interessi legali, con conseguente condanna di tutti gli appellati a rifondere a controparte le spese processuali di primo e secondo grado.
NOME COGNOME e NOME COGNOME quest’ultimo dichiarandosi legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e ‘della già RAGIONE_SOCIALE, hanno proposto ricorso, sulla base di due motivi. Controparte si è difesa con controricorso.
Essendo stato proposta, con provvedimento del 20 dicembre 2023, la definizione del ricorso nel senso della inammissibilità, i ricorrenti hanno depositato il 27 febbraio 2024 istanza per la decisione del giudizio ‘ai sensi di legge’. Peraltro, in precedenza, con atto definito ‘istanza di revoca dell’ordinanza del 20. 12. 2023’ la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, affermata l’inesistenza delle condizioni per l’applicabilità dell’articolo 380 bis c.p.c., aveva comunque chiesto la revoca del provvedimento del 20 dicembre 2023 ‘e l’adozione dei provvedimenti necessari al prosieguo del giudizio senza l’applicazione dell’art. 380 -bis c.p.c.’, istanza, questa, rigettata con provvedimento del 26 febbraio 2024 del Presidente Coordinatore.
Considerato quanto segue.
È necessario scindere, per quanto si verrà a rilevare infra , la posizione di NOME COGNOME dalla posizione di NOME COGNOME quale preteso legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e di Treddy.
Quanto alla posizione di NOME COGNOME occorre illustrare i motivi del ricorso, che sono stati presentati – è opportuno subito rilevare anche nell’interesse delle altre due pretese ricorrenti, per cui il contenuto descritto non può non investirle affinché possa venire compreso.
2.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., ‘omesso esame degli atti di causa: risultanze probatorie disattese’, aggiungendo altresì la violazione dell’articolo 116 c.p.c. in tema di valutazione delle prove e la violazione dell’articolo 2697 c.c. in tema di onere probatorio.
Si sostiene che il giudice d’appello avrebbe commesso ‘errore di percezione sul contenuto oggettivo della prova’, e avrebbe pure ‘errato sul contenuto della prestazione espletata dal consulente (pagg. 8 e 9 sentenza di secondo grado impugnata), avendo ritenuto che l’attività svolta dal professionista in favore dell’impresa fosse consistita nella consulenza professionale contabile, fiscale e
tributaria, in assenza di un contratto di prestazione d’opera intellettuale e/o lavoro autonomo’, mentre nel caso in esame, ad avviso della ricorrente, sussiste ‘un contratto di appalto di servizi’ e ‘non è mai stato conferito alcun mandato ai ricorrenti per l’espletamento dell’attività di consulenza di cui si discorre’.
Si argomenta poi sulle attività riservate al consulente del lavoro per sostenere che ‘non risulta da alcun elemento che le società ricorrenti abbiano svolto attività di redazione e tenuta dei libri e delle scritture contabili e di predisposizione dei bilanci di esercizio’, considerato il contenuto di due missive e delle fatture emesse. Ne deriverebbe la natura erronea del convincimento del giudice d’appello ‘sia in tema di valutazione delle prove … che di onore ( sic ) probatorio’, l’attività dei ricorrenti non potendosi intendere come inclusiva di ‘competenze che restavano in capo al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE‘ e comunque la consulenza tecnica d’ufficio disposta essendo stata solo esplorativa. In particolare, poi, non emergerebbe dalla documentazione prodotta che NOME COGNOME abbia prestato ‘attività di consulenza e assistenza’: soltanto ‘nei modelli di rettifica DM10 compare l’indicazione di COGNOME NOME‘, per cui ‘non risulta … nessun legame tra le ( sic ) società appellata e la presunta attività di consulenza’; e il consulente del lavoro ‘per avere un rapporto con il CED deve avere un mandato specifico’.
2.2 Il secondo motivo, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., lamenta ‘omesso esame degli atti di causa’ in relazione a preteso ‘errore di percezione sul contenuto oggettivo della prova’ con violazione dell’articolo 115 c.p.c.
Si richiama il passo della sentenza impugnata ove si afferma che il contratto di consulenza non esige la forma scritta, nonché l’interpretazione dell’articolo 115 c.p.c. quanto all’errore percettivo sul contenuto della prova – qui richiamando Cass.37382/2022, la cui giurisprudenza, si nota per completezza, è ora superata da S.U.
5792/2024 , per sostenere che ‘non sussiste alcun contratto di consulenza sottoscritto tra le parti, né vi è mai stato conferimento di mandato ai fini dell’espletamento dell’attività di consulenza’: pertanto vi sarebbe ‘la errata percezione (e la conseguente utilizzazione) … di prove inesistenti’ e mai prodotte.
2.3 Queste due censure sono state condivisibilmente disattese nella proposta di definizione ex articolo 380 bis c.p.c., poiché la loro reale sostanza, pur tentando le argomentazioni di schermarla, è conforme ad un gravame, in quanto persegue un accertamento fattuale del tutto diverso da quello che è stato svolto -e accuratamente motivato, si nota per inciso dal giudice d’appello.
3. Passando alla posizione che nel ricorso si attribuisce alle due pretese società, è condivisibile, alla luce degli allegati A e B del controricorso di RAGIONE_SOCIALE, il rilievo, già ivi presente, della loro inesistenza all’epoca del presente giudizio di legittimità, essendo state entrambe cancellate. Non è dato sapere se gli ex soci di entrambe le società (la prima, COGNOME, peraltro figura come società di fatto fino alla cancellazione, lasciando intendere che è stata sostituita dalla seconda C.F.P.) sono NOME COGNOME e NOME COGNOME ma quel che qui rileva è che NOME COGNOME ha agito dichiarando di essere il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, mentre questa società è una persona giuridica inesistente.
NOME COGNOME pertanto, è incorso in un assoluto abuso processuale, qualificandosi claris verbis, nel ricorso all’esame, legale rappresentante di un soggetto che non esiste dal 2012, e non ex socio di questo soggetto, caso in cui si sarebbe dovuto provvedere ad integrare il litisconsorzio processuale con gli altri eventuali ex soci. Inammissibile è quindi il ricorso che in tal modo egli ha proposto, assorbitone ogni altro profilo.
4. In conclusione, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni già evidenziate dal provvedimento proposto ex articolo 380 bis c.p.c.; per quanto per
ragioni diverse va dichiarato inammissibile anche il ricorso proposto da NOME COGNOME nella dedotta qualità.
Entrambi vanno condannati (COGNOME Paolo in proprio, avendo proposto il ricorso in scrutinio quale legale rappresentante di una società inesistente dal 2012), per soccombenza nel rispettivo ricorso, a rifondere alla parte controricorrente le spese processuali, liquidate come da dispositivo. Inoltre, nei confronti di entrambi (COGNOME NOME, in proprio) – non ritenendo che incida la diversità delle ragioni di disattendimento bensì che sia applicabile il combinato disposto degli articoli 96, terzo e quarto comma, e 380 bis , quarto comma, c.p.c., poiché quel che rileva per costituire la conformità alla proposta è l’esito d’inammissibilità del giudizio conclusivo -, devono pronunciarsi le condanne di cui al citato articolo 96, terzo e quarto comma, c.p.c., anch’esse liquidate come in dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti (NOME COGNOME, in proprio) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME nella dedotta qualità; condanna NOME COGNOME a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 2. 500, oltre a € 200 per esborsi e agli accessori di legge; condanna NOME COGNOME, in proprio, a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 2 . 500, oltre a € 200 per esborsi e agli accessori di legge.
Condanna NOME COGNOME a corrispondere alla controricorrente ex articolo 96, terzo comma, c.p.c. la somma di € 2 .000, e a versare
alla Cassa delle ammende ex articolo 96, quarto comma, c.p.c. la somma di € 1 .000.
Condanna NOME COGNOME in proprio, a corrispondere alla controricorrente ex articolo 96, terzo comma, c.p.c. la somma di € 2.000, e a versare alla Cassa delle ammende ex articolo 96, quarto comma, c.p.c. la somma di € 1 .000.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (NOME COGNOME, in proprio), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025