Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11084-2018 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P. IVA e C.F. P_IVA), in persona dei suoi legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente fra di loro dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME del Foro di Prato e dall’AVV_NOTAIO del Foro di Firenze, ed elettivamente domiciliata presso e nello studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME del Foro di ROMA, in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo curatore pro tempore dottAVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di Firenze, domiciliato in Roma INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO.
-controricorrente e
ricorrente incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Firenze, depositato in data 8.3.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/6/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con il decreto qui oggetto di ricorso per cassazione e sopra indicato in epigrafe il Tribunale di Firenze, decidendo sull ‘ opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE avanzata da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, ha parzialmente ammesso il credito insinuato per la somma di euro 49.545,00 in via chirografaria, respingendo per il resto la pretesa avanzata dalla predetta società creditrice.
L’originaria domanda di insinuazione al passivo della RAGIONE_SOCIALE, non accolta dal g.d. ed oggetto della predetta opposizione ex art. 98 l. fall., si fondava sul contratto di appalto stipulato con la società in bonis in data 26 ottobre 2017 e sul dedotto inadempimento contrattuale della società appaltatrice poi fallita, che aveva determinato, secondo gli assunti della società committente, un credito risarcitorio pari ad euro 1.614.864,40.
Il Tribunale ha osservato, per quanto qui ancora rileva, che: (i) l ‘ eccezione di nullità della Ctu era infondata in quanto l’ordine di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio costitui va attività discrezionalmente apprezzabile dal giudice del merito e sulla quale non risultava neanche necessaria una risposta motivazionale; (ii) l’ulteriore eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi d’opera ex art. 1667 c.c. era invece fondata, in quanto, a fronte della sollevata eccezione di tardività nel rilievo dei vizi dell’opera, sarebbe stato onere di RAGIONE_SOCIALE provare la tempestività della relativa denuncia, prova invece non fornita ed anzi smentita dalle stesse difese della società committente i lavori; (iii) era stata invece fornita la prova della non integrale esecuzione delle opere, con conseguente diritto alla insinuazione al passivo per il relativo credito pari ad euro 49.545,00; (iv) non era invece dovuta la somma richiesta quale penale per il ritardo nella consegna dell’opera, in quanto dalla documentazione in atti ( ed in particolare dalla ‘dichiarazione di
fine lavori e certificazione di conformità dell’opera realizzata ai titoli abilitativi rilasciati’ ) si evinceva che i lavori erano effettivamente terminati alla scadenza stabilita, rivestendo tale dichiarazione valenza confessoria sui punti in contestazione tra le parti; (v) anche l’ulteriore posta risarcitoria ‘sui danni per mancati introiti’ non poteva essere riconosciuta in mancanza della relativa prova.
Il decreto, pubblicato l’ 8.3.2018, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, col quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.
La società ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta ‘ vizio di motivazione su un fatto decisivo per la decisione del giudizio per violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115, 116, 194, 196 e 201 c.p.c. anche in relazione all’art. 2697 c.c., comma 1, n. 3, per non aver il Tribunale disposto il rinnovo della CTU, travisamento dei fatti ed illogicità della sentenza per erroneità e contraddittorietà della consulenza tecnica d’ufficio, sulle specifiche censure mosse alla sentenza di primo grado e, in particolare, per la mancata rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, necessaria alla luce delle gravi carenze riscontrate nella consulenza stessa ‘.
1.1 Il motivo così proposto è inammissibile.
1.1.1 Le doglianze sono, invero, inammissibili perché, per un verso, si risolvono in una richiesta di nuovo apprezzamento del merito della decisione (come tale inibito alla Corte di legittimità), e perché, per altro verso, le stesse neanche obbediscono al requisito di autosufficienza necessario per la loro utile allegazione in questo giudizio, in quanto non risulta specificato da parte della ricorrente, come era invece suo onere, su quali elementi critici – indicati (come e quando) e soprattutto assistiti da dati concreti – la c.t.u. avrebbe dovuto essere rinnovata.
1.1.2 A ciò va aggiunto che, nel motivo di ricorso qui in esame, la società ricorrente omette di precisare quale fosse il profilo di decisività degli elementi
di apprezzamento dei dati tecnici di cui lamenta, al tempo stesso, il mancato corretto esame da parte del consulente tecnico, così rendendo le censure vieppiù generiche e dunque inammissibili.
1.1.3 Senza contare che, per consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, ‘ rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione ‘ (così espressamente, Cass., Sez . 2, Ordinanza n. 21525 del 20/08/2019, vedi anche: Cass. n. 2103 del 2019; Cass. n. 15666 del 2011).
Con il secondo mezzo si deduce ‘ in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e
5, II.I violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 e 1669 Codice Civile, in ordine alla tempestiva denunzia dei vizi e II.II Violazione e falsa applicazione dell’art. 261 c.p.c. (carenza/assenza) di motivazione in merito alla mancata ammissione delle prove testimoniali che ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia posto che la prova non ammessa era idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza l’efficacia delle altre risultanze che hanno determinato il convincimento del giudice del merito ‘.
2.1 Anche il secondo motivo è in realtà inammissibile.
2.1.1 Osserva il Collegio che, sebbene il Tribunale non avesse preso in considerazione le prove orali, risulta comunque evidente che lo stesso aveva tratto il suo convincimento da altri elementi (di natura documentale) e da ulteriori considerazioni logiche, per come sopra riportate e ricordate in premessa, nella descrizione della vicenda processuale.
Orbene, occorre qui solo ricordare che appartiene alla discrezionalità valutativa dei giudici del merito lo stabilire se dare rilevanza o meno ad alcune prove ovvero ad altre dinanzi a elementi desunti da elementi specifici, così risultando le doglianze qui proposte dalla società ricorrente inammissibili, a fronte di una valutazione da parte del Tribunale degli elementi di prova già sopra descritti non implausibile e dunque, come si ripete, non più sindacabile in questo giudizio di legittimità.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato per ‘ omessa, contraddittoria e comunque illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia in merito alla riferibilità a RAGIONE_SOCIALE dei vizi e ritardi che hanno giustificato il danno correlato agli accordi preso con la soc. RAGIONE_SOCIALE.
3.1 La doglianza è inammissibile, questa volta perché le relative censure riguardano esplicitamente affermazioni rese ad abundantiam e dunque neanche integranti una ratio decidendi impugnabile (cfr. fol. 7, decreto impugnato) e comunque formulate al di fuori del paradigma applicativo delineato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per come perimetrato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
Il quarto mezzo denuncia ‘ in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, IV.I violazione e falsa applicazione dell’art. 1321 e 1322 in relazione all’art. 1655 e 1665 del Codice Civile; IV.II violazione e falsa applicazione dell’art. 261 c.p.c. (carenza/assenza) di motivazi one in merito alla mancata ammissione delle prove testimoniali che ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia posto che la prova non ammessa era idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza l’efficacia delle altre risultanze che hanno determinato il convincimento del giudice del merito ‘.
4.1 Anche il quarto motivo è inammissibile.
4.1.1 Le doglianze riguardano, infatti, la questione della penale per il ritardo nella consegna dell’opera. Sul punto, la società ricorrente sostiene che non sarebbe corrispondente al vero che si volesse far applicare al caso di specie il d.l. n. 136/2006 (contratti pubblici), ma solo che le parti avessero voluto recepire negozialmente nel contratto tale normativa. Sostiene, poi, che il
certificato di regolare esecuzione sarebbe atto ‘ sostitutivo ‘ del certificato di collaudo.
4.1.2 Ritiene il Collegio che la prima parte delle doglianze sopra ricordate è inammissibile per difetto di autosufficienza, non emergendo né dalla lettura del provvedimento impugnato né dal ricorso per cassazione ove la questione della ‘ inserzione ‘ nel contratto di appalto della normativa ‘ pubblicistica ‘ del collaudo fosse stata dedotta, come argomento di discussione, nel giudizio di opposizione allo stato passivo e risultando dunque la questione nuova nell’odierno giudizio per cassazione.
4.1.3 Le ulteriori censure articolate dalla ricorrente (in ordine alla accettazione immediata dell’opera – che comporterebbe, secondo gli assunti, anche la liberatoria dai vizi -e alle modalità dell’accettazione stessa) risultano formulate in modo inammissibile perché riguardano, al solito, apprezzamenti di merito, come tali non sindacabili in questo giudizio di legittimità.
A ciò va anche aggiunto che le censure risultano comunque formulate in modo generico, senza l’indicazione (in ordine alle prove di cui si lamenta la mancata ammissione) della decisività delle stesse, così la ricorrente avendo condannato le relative doglianze a sicuro insuccesso.
La ricorrente propone infine un quinto motivo col quale denunzia ‘ vizio di motivazione su un fatto decisivo per la decisione del giudizio per violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115, 116, 194, 196 e 201 c.p.c. anche in relazione all’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) per non aver il Tribunale motivato il pedissequo ed acritico accoglimento delle conclusioni del CTU ‘.
5.1 Anche il quinto ed ultimo motivo è inammissibile.
5.1.1 Sostiene, cioè, la ricorrente che vi sarebbe un obbligo di motivazione, non adempiuto dal Tribunale, in ordine alle censure mosse all’elaborato peritale, perché le contestazioni a quest’ultimo sarebbero intervenute dopo il suo deposito.
5.1.2 Ritiene il Collegio che le doglianze così proposte sono inammissibili, da un lato, in ragione della loro evidente genericità di formulazione e, dall’altro, anche perché è comunque sempre consentito al giudice del merito far
riferimento, a livello argomentativo, alla condizione dell’analisi e delle conclusioni del c.t.u. per giustificare la decisione della causa.
6. La dichiarazione di inammissibilità determina l’assorbimento delle questioni proposte nel ricorso incidentale condizionato che, per vero, si limitano ad integrare solo una richiesta di correzione della motivazione della sentenza qui impugnata.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito quello incidentale condizionato; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2024