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Inammissibilità concordato: i requisiti essenziali

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava la liquidazione giudiziale di una società e l’inammissibilità della sua proposta di concordato preventivo. La decisione si fonda su molteplici e gravi carenze della proposta, tra cui l’assenza di relazioni obbligatorie, una attestazione professionale viziata da nullità assoluta perché redatta da un professionista non qualificato, e la mancata corretta valutazione dell’attivo e del passivo. La Corte ha rigettato il reclamo della società, sottolineando l’importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali e sostanziali per l’accesso alle procedure concorsuali.

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Inammissibilità Concordato: Quando la Forma Diventa Sostanza

L’accesso alle procedure di risoluzione della crisi d’impresa, come il concordato preventivo, è subordinato al rispetto di requisiti rigorosi. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma offre un chiaro esempio di come la violazione di tali requisiti porti inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità del concordato, con la conseguente apertura della liquidazione giudiziale. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale della correttezza documentale e della qualificazione dei professionisti coinvolti.

I Fatti del Caso

Una società, dopo aver visto respingere la propria domanda di concordato preventivo liquidatorio dal Tribunale, ha subito la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. La società ha quindi presentato reclamo alla Corte d’Appello, contestando la decisione di primo grado. Le sue argomentazioni si basavano su una presunta erronea valutazione da parte del Tribunale riguardo a diversi aspetti della proposta: la comunicazione ai creditori fiscali, la necessità di una relazione specifica ex art. 84 CCII, la validità dell’attestazione del professionista e la valutazione sulla fattibilità del piano.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente il reclamo, confermando sia il decreto di inammissibilità della proposta di concordato sia la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale. La decisione si fonda su una pluralità di motivi, ciascuno di per sé sufficiente a giustificare il rigetto. I giudici hanno sottolineato come le carenze della proposta non fossero mere formalità, ma vizi sostanziali che ne compromettevano la validità fin dall’origine.

Le Motivazioni: Analisi dell’Inammissibilità del Concordato

La Corte ha esaminato punto per punto le criticità emerse, confermando e addirittura ampliando le censure del Tribunale. Grazie all’effetto devolutivo pieno del reclamo, sono state considerate anche le eccezioni sollevate per la prima volta in appello dalla curatela della liquidazione giudiziale.

La Nullità Assoluta dell’Attestazione

Il punto più dirimente è stata la scoperta che il professionista incaricato di redigere l’attestazione sulla veridicità dei dati e sulla fattibilità del piano, pur essendo iscritto all’albo dei revisori legali, non era iscritto all’albo dei gestori della crisi. Questo requisito, previsto dall’art. 2 lettera o) del Codice della Crisi, è inderogabile. La sua assenza ha reso l’attestazione affetta da nullità assoluta, come se non fosse mai stata prodotta (tamquam non esset). Senza una valida attestazione, l’intera domanda di concordato è priva di un suo presupposto fondamentale.

Ulteriori Gravi Carenze Documentali e Sostanziali

Oltre al vizio capitale dell’attestazione, la Corte ha evidenziato altre mancanze:

* Assenza della relazione ex art. 84, comma 5, CCII: Mancava la relazione di un professionista indipendente che certificasse la convenienza della proposta per i creditori privilegiati parzialmente soddisfatti rispetto all’alternativa liquidatoria.
* Inattendibilità dell’attestazione: Il professionista aveva attestato positivamente ben tre diverse versioni del piano, che differivano tra loro per aspetti rilevanti, minando la credibilità delle sue valutazioni.
* Occultamento dell’Attivo e Sottostima del Passivo: La curatela ha dimostrato che la società reclamante era titolare di beni non dichiarati nel piano e di un potenziale credito significativo verso l’Anas. Inoltre, il passivo reale era superiore di circa due milioni di euro rispetto a quello rappresentato nel piano. Questi elementi hanno reso la proposta non solo incompleta, ma anche ingannevole.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nel diritto della crisi d’impresa: la via del concordato preventivo richiede trasparenza, completezza e rigore assoluti. L’inammissibilità del concordato non è una sanzione sproporzionata, ma la logica conseguenza di una proposta che non fornisce ai creditori e al tribunale tutti gli elementi necessari per una valutazione corretta e consapevole. La scelta di professionisti qualificati e l’accurata redazione di tutta la documentazione, in particolare dell’attestazione, non sono opzioni, ma requisiti imprescindibili per poter sperare di accedere a strumenti di risoluzione della crisi alternativi alla liquidazione giudiziale. La decisione serve da monito per le imprese in crisi: tentare di percorrere scorciatoie o nascondere informazioni si traduce inevitabilmente nel fallimento della procedura e nell’aggravamento della propria posizione.

Perché la proposta di concordato è stata dichiarata inammissibile?
La proposta è stata dichiarata inammissibile per una serie di gravi vizi, tra cui: la nullità assoluta dell’attestazione perché redatta da un professionista non iscritto all’albo dei gestori della crisi; la mancanza di una relazione obbligatoria per la soddisfazione parziale dei creditori privilegiati; l’occultamento di beni nell’attivo e una significativa sottostima del passivo.

Qual è la conseguenza principale se l’attestazione del professionista è nulla?
La conseguenza è che l’attestazione si considera come mai prodotta (tamquam non esset). Poiché l’attestazione è un presupposto essenziale della domanda di concordato, la sua nullità rende l’intera domanda irricevibile e comporta la dichiarazione di inammissibilità del concordato.

È possibile sollevare nuovi motivi di inammissibilità durante la fase di reclamo?
Sì. La Corte ha chiarito che il reclamo contro la sentenza di liquidazione giudiziale ha un “effetto devolutivo pieno”. Questo significa che il giudice d’appello ha il potere e il dovere di riesaminare tutte le questioni relative all’ammissibilità del concordato, incluse quelle non rilevate dal giudice di primo grado ma sollevate per la prima volta in appello dal curatore o da altre parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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