SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4781 2025 – N. R.G. 00002705 2024 DEPOSITO MINUTA 04 08 2025 PUBBLICAZIONE 04 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Nelle persone dei seguenti giudici, riunita in camera di consiglio,
Dr. NOME COGNOME Presidente
Dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
Dr. NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio rubricato al numero 2705/2024 R.G. e pendente
TRA
(C.F. e P.IVA ) in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME per delega in atti P.
reclamante
E
Procedura di liquidazione giudiziale della società in persona del curatore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per delega in atti
reclamata
, Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE
, contumaci
reclamati
OGGETTO: reclamo ex art. 51 CCII.
Conclusioni: i procuratori delle parti costituite rassegnavano le conclusioni come da rispettivi atti introduttivi, conclusioni da intendere qui richiamate.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
La società ha impugnato la sentenza n. 245/2024 emessa dal Tribunale di Roma in data 19.4.2024, con la quale era stata dichiarata aperta la sua liquidazione giudiziale, e il correlato decreto di inammissibilità della proposta di concordato preventivo liquidatorio dalla stessa formulata.
La reclamante ha censurato il decreto di inammissibilità del concordato sulla base dei seguenti motivi:
i) l’erroneità della pronuncia nella parte in cui riteneva irrituali le istanze inviate ai creditori tributari, previdenziali e assistenziali, in quanto asseritamente non rispettose delle prescrizioni di contenuto dettate dall’articolo 88 comma I CCII: il raffronto tra il soddisfacimento proposto di tali crediti e l’alternativa liquidatoria era stato ampiamente ed esaustivamente rappresentato in quella sede, anche con riferimento al ‘bene o diritto passivamente interessato dalla prelazione’ , considerato non esisteva alcuna prelazione immobiliare degli enti sul bene rappresentante l’attivo della società, trattandosi nella specie di previlegi mobiliari; la percentuale offerta non risultava poi inferiore a quelle garantite ai creditori muniti di privilegio di grado inferiore o a quelli aventi posizione giuridica ed interessi economici omogenei; era infine erronea la tesi che l’art. 88 CCII richiedesse la redazione di una separata attestazione, distinta da quella redatta a corredo del piano e della documentazione allegata alla proposta di cui all’art. 87, comma 3, del codice della crisi, e l’assunto c he le due relazioni dovessero necessariamente essere redatte da professionisti diversi;
ii) l’erroneità dell’assunto relativo alla mancata produzione della relazione di cui all’art. 84 comma 5 CCII, quale ulteriore ragione di inammissibilità della domanda: anche sotto questo profilo doveva ritenersi, ad avviso della reclamante , che l’ attestazione suddetta potesse essere compresa in quella ex art. 87 comma 3 CCII;
iii) l’infondatezza delle censure afferenti al merito dell’attestazione, posto :
-che il professionista, solo nell’ultima version e della relazione aveva potuto compiutamente esaminare la documentazione messa a disposizione dalla società, non avendo avuto in precedenza il tempo necessario in ragione della mancata concessione della richiesta proroga;
che in quella sede lo stesso aveva compiutamente attestato la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del concordato e quindi, contrariamente a quanto addotto dal Tribunale, l ‘attestazione risultava idonea all’assolvimento delle proprie finalità tipiche;
-che del resto il commissario giudiziale, il quale aveva reso parere favorevole circa la convenienza del concordato, nel rendere la prescritta relazione ai creditori, ai sensi e per gli effetti degli artt. 103, 104, 105 e 106 CCII, avrebbe potuto opportunamente integrare e/o modificare le situazioni prospettate, sì da porre i creditori nella piena conoscenza della situazione economica e finanziaria della società proponente e garantire il corretto ed efficiente andamento del concordato;
̀
iv) l’omessa valutazione dell’ammissibilità della proposta e della fattibilità del piano, intesa come non manifesta inattitudine del medesimo a raggiungere gli obiettivi prefissati; a tal fine il Tribunale avrebbe dovuto verificare:
che la proposta assicurasse il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari, che venisse apportato almeno il 10% in più delle risorse disponibili e che la proposta fosse conveniente per i creditori, rispetto alla apertura di liquidazione giudiziale, requisiti che erano tutti sussistenti nel caso di specie;
-che il piano fosse coerente con la proposta e che non fosse manifestamente irrealizzabile, essendo poi rimessa ogni ulteriore valutazione ai creditori, legittimati a valutare la convenienza economica della proposta.
Alla luce di tali considerazioni ha concluso per la revoca degli impugnati provvedimenti e l’ammissione alla procedura di concordato preventivo liquidatorio con assuntore.
La procedura di liquidazione giudiziale della società si è costituita contestando il fondamento degli avversi motivi di reclamo, a suo avviso inidonei a superare le esaustive e condivisibili considerazioni svolte dal Tribunale a fondamento del provvedimento di inammissibilità della proposta di concordato.
In ogni caso, rilevando la natura devolutiva piena del reclamo, ha evidenziato la sussistenza di ulteriori e dirimenti motivi di inammissibilità della proposta concordataria ed ha per l’effetto concluso per il rigetto del reclamo.
Il reclamo è infondato e va pertanto rigettato.
I rilievi posto dal Tribunale a fondamento del decreto di inammissibilità della proposta di concordato presentata dalla società non sono superati dalle considerazioni svolte nel reclamo.
A titolo esemplificativo, tra i vari profili di inammissibilità, si evidenziano le seguenti rationes decidendi , ciascuna di per sé atta a sorreggere la pronuncia di inammissibilità della proposta, non smentite dalla reclamante:
i)volendo in tesi prescindere da ogni considerazione sulla validità e completezza dell’attestazione resa agli effetti di cui all’art. 88 CCII (da confermare anche in ragione delle dirimenti considerazioni di cui si dirà), è rimasto incontestato il rilievo dell’omesso invio, ai creditori tributari, previdenziali e assistenziali, di un interpello integrativo ‘ per poter validamente introdurre nel contesto concordatario e nel rispetto di quanto sancito dall’articolo 88 comma 1 CCII la prospettata ulteriore ipot esi di loro definizione ‘, interpello che si rendeva necessario in ragione del fatto nella versione definitiva del piano il debito verso tali creditori qualificati era assurto ‘ alla somma di euro 2.182.325,85 rispetto al minor importo di euro 1.796.953,09 in relazione al quale erano state redatte le relative (seppur irrituali) proposte spedite agli enti titolari delle corrispondenti poste attive ‘ ;
ii) la pacifica assenza della relazione di un professionista indipendente che certificasse che il ricavato dalla eventuale liquidazione del bene gravato dalla garanzia non avrebbe consentito una maggiore soddisfazione , secondo quanto stabilito dall’articolo 84 comma 5 CCII , indispensabile a fronte della prevista parziale soddisfazione dei creditori privilegiati;
iii) le palesi carenze dell’attestazione, ictu oculi desumibili dal fatto che il medesimo professionista aveva espresso valutazioni positive in relazione alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del concordato con riguardo a tre eterogenee versioni della proposta di concordato (che tra loro differivano in relazione a molteplici rilevanti aspetti), rilievo tale da rendere inattendibile la suddetta attestazione, anche volendo prescindere dalle analitiche censure formulate dal Tribunale in relazione al suo contenuto.
A tali considerazioni, già di per sé idonee a sorreggere l’impugnato decreto, debbono essere aggiunte le ulteriori e dirimenti criticità evidenziate dalla procedura di liquidazione giudiziale della società all’atto della sua costituzione nella presente fase di reclamo, rilievi ammissibili in questa sede.
Come noto, ‘ l ‘ effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione negativa sulla domanda di ammissione al concordato, perché parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale della stessa crisi, sicché, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando, innanzitutto, la decisione del tribunale di revoca dell’ammissione al concordato ‘ (o, come in questo caso, la declaratoria della sua ammissibilità) ‘ il giudice del reclamo … è tenuto a riesaminare – anche avvalendosi dei poteri officiosi previsti dall’art. 18, comma 10, l.fall., nonché del fascicolo della procedura, che è acquisito d’ufficio – tutte le questioni concernenti la predetta revoca ‘ (ovvero, come in questo caso la declaratoria di inammissibilità) , ‘ pur attinenti a fatti non allegati da alcuno nel corso del procedimento innanzi al giudice di primo grado, né da quest’ultimo rilevati d’ufficio, ed invece dedotti per la prima volta nel giudizio di reclamo ad opera del curatore del fallimento o delle altre parti ivi costituite ‘ (in qu esti termini, Cass., ord., 19.12.2023, n. 35423; nello stesso senso, Cass., ord., 28.4.2021, n. 11216).
Tanto premesso in rito, in esito alla costituzione della curatela è emerso che il professionista che ha redatto l’attestazione ex art. 87 CCII è privo dei requisiti indicati all’art. 2 lettera o) del codice della crisi, di modo che la suddetta relazione è affetta da nullità assoluta.
La resistente ha invero evidenziato come il dr. il quale ha redatto l’attestazione, benché iscritto all’albo dei revisori legali non sia invece iscritto all’albo dei gestori della crisi ; la circostanza non è stata in alcun modo contestata dalla reclamante, talché deve ritenersi pacifica.
L’attestazione versata in atti a supporto della domanda di concordato è dunque tamquam non esset .
Per quanto ancora necessario, la resistente ha dato conto di ulteriori criticità della proposta di concordato, anch’esse affatto contestate dalla reclamante, consistenti nel l’occultamento di alcune voci dell’attivo e nella sottostima del passivo, e segnatamente:
i)il fatto che, in esito agli accertamenti svolti dal curatore, è emerso che la società è titolare di ulteriori beni non valorizzati nel piano, né contemplati nella relazione del professionista indipendente (come da certificazione notarile prodotta in atti);
ii) che nel piano non è stato valorizzato nemmeno il potenziale attivo costituito da un’indennità di occupazione dovuta da ll’ Anas (oggetto di un giudizio tuttora pendente ed allo stato in fase di rinvio a seguito della pronuncia n. 33943/2023 emessa dalla Corte di Cassazione); anche tale posta creditoria non è stata in alcun modo menzionata nella proposta e nella relazione dell’attestatore, quand’anche come credito eventuale ;
iii) che il piano ha fornito un ‘ errata rappresentazione del passivo concordatario, risultato inferiore per circa due milioni di euro rispetto a quello accertato in sede di verifica dello stato passivo delle domande tempestive.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il decreto di inammissibilità della proposta di concordato non può che essere confermato.
Analogamente è a dirsi quanto alla sentenza che ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione giudiziale di pronuncia che non è stata attinta da alcuna censura ad opera della reclamante.
La pronuncia sulle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.
La palese infondatezza dei motivi di reclamo consente di ritenere integrata l’ipotesi di cui all’art. 51, comma 15, C.C.I.I., di modo che il legale rappresentante della società reclamante che ha conferito la procura, signora è obbligata in solido alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, ed al pagamento del doppio del contribuito unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando sul reclamo rubricato al n. 2705/2024 R.G., ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattese, così provvede:
rigetta il reclamo e, per l’effetto, conferma gli impugnati provvedimenti;
condanna la società reclamante, in solido con il legale rappresentante che ha conferito la procura, sig.ra alla rifusione delle spese della presente fase di giudizio in favore della Procedura di liquidazione giudiziale della società che liquida in complessivi euro 8.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali al 15%, Iva e c.p.a. come per legge;
dichiara la società reclamante, in solido con il legale rappresentante che ha conferito la procura, tenuta al pagamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, il 20 luglio 2025.
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente
dr. NOME COGNOME
dr. NOME COGNOME