Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11050 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7204/2021 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
NOME COGNOME AE PHOTONICS GMBH IN FALLIMENTO
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2282/2020 depositata il 10/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
L’avv NOME COGNOME conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Venezia NOME COGNOME, il fallimento RAGIONE_SOCIALE ed il notaio NOME COGNOME al fine di dichiarare la nullità della scrittura privata autenticata con la quale aveva trasferito ad RAGIONE_SOCIALE la propria quota del 20% del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE e di adottare i provvedimenti conseguenti.
Il Tribunale con sentenza nr 555/2017 dichiarava il difetto di legittimazione passiva del notaio e dichiarava inammissibili ed infondate le domande proposte nei riguardi del fallimento RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME
Avverso tale sentenza NOME COGNOME proponeva appello chiedendo la riforma della pronuncia.
Si costituivano il notaio NOME COGNOME e la curatela fallimentare chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza nr 2282/2020 la Corte di appello rigettava il gravame osservando che legittimati passivi rispetto all’azione di
trasferimento delle quote sociali erano le parti contraenti non il notaio che aveva autenticato le sottoscrizioni in calce alla scrittura privata contenente la scheda contrattuale.
Rilevava poi che non sussisteva la dedotta invalidità della scrittura per la pretesa violazione degli articoli 54 e 55 della L.N..
Osservava che non vi erano elementi per affermare, in disparte della questione relativa alla sua maggiore o minore padronanza della lingua italiana, che la parte contraente COGNOME non fosse consapevole del contenuto dell’atto sottoscritto in proprio e quale legale rappresentante della cessionaria.
In proposito sottolineava che era lo stesso appellante a chiedere di provare che all’atto di cessione il Lamsouger era assistito da un tale dott COGNOME in qualità di interprete e traduttore sicchè non vi era ragione di dubitare che egli fosse in grado di conoscere e valutare il testo dell’atto sottoscritto presso lo studio notarile, atto che non risultava fosse stato disconosciuto o contestato in quanto non conforme all’effettiva e comune volontà dei contraenti.
Sotto altro e distinto profilo osservava che le disposizioni degli art 54 e 55 L.N. non si estendono alle scritture private, redatte dalle parti nella lingua che esse ritengono conforme ai propri interessi rispetto ai quali l’intervento notarile è limitato al controllo dell’autenticità della scrittura.
Rilevava poi che, quanto sin qui esposto, era sufficiente ad impedire l’accoglimento del gravame, aggiungeva tuttavia per completezza che correttamente il Tribunale, senza con questo violare il disposto dell’art 112 c.p.c., aveva affermato che il tema controverso era costituito tanto dalle domande attoree quanto dalle eccezioni sollevate dal convenuto.
Ciò posto il giudice di appello osservava che la transazione intervenuta fra COGNOME, COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE a composizione di una precedente controversia vertente anch’essa sulla cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE, richiamata in via di eccezione da quest’ultima in sede di costituzione in primo grado, era stata qualificata di carattere novativo dal Tribunale, il quale aveva ritenuto che il pagamento della somma ivi stabilito in favore del COGNOME integrava adempimento della transazione e non condizione di efficacia sopravvenuta e che quest’ultimo aveva agito giudizialmente per conseguire l’adempimento pervenendo alla conclusione dell’inammissibilità dell’azione esperita in quanto diretta a far valere situazione superate dall’accordo transattivo.
Passaggi motivazionali che secondo il giudice del gravame, erano idonei a fondare il rigetto della domanda nei confronti di COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in quanto non erano stato oggetto di specifica critica in violazione dell’art 342 c.p.c.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui ha resistito il notaio NOME COGNOME con controricorso illustrato da memoria, mentre RAGIONE_SOCIALE e il fallimento RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art 100,102,112,113,115 e 116 c.p.c. e dell’art 1421 in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto che il capo della sentenza impugnata riguardante gli effetti della transazione intervenuta fra COGNOME e COGNOME e il fallimento RAGIONE_SOCIALE non era stato attinto con sufficiente specificità in violazione dell’art 342 c.p.c..
Con un secondo motivo si deduce la violazione degli articoli 113,115, e 116 c.p.c. , dell’art 1421, dell’art 2697 c.c e degli art 54,55,58 della L.N. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per non avere la Corte di appello rilevato la nullità della scrittura fondata sulla mancata comprensione da parte del Lamsouger della lingua italiana che avrebbe reso necessaria la nomina di un interprete.
Da qui la violazione delle norme contenute nella legge notarile riportate in rubrica e la nullità dell’attività prestata dal notaio che non avrebbe tenuto conto della necessità dell’intervento di un traduttore.
Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti in relazione agli articoli 112, 113,115, e 116 c.p.c. , dell’art 1421, dell’art 2697 c.c e degli art 54e 58 della L.N in relazione all’art 360 primo comma nr 5 c.p.c. per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata con cui era stata dedotta la nullità del distinto atto di autentica delle sottoscrizioni apposte dalle parti alla scrittura privata del 5.11.2010.
Il primo motivo è inammissibile.
Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte (Ordinanza n. 36481/2022), sul tema dei requisiti di ammissibilità dell’atto di appello, in relazione alle prescrizioni di cui all’art. 342 cod. proc. civ., hanno affermato che gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una
parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata. Ove sia denunciato – come nella specie -un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, E’ stato, altresì, chiarito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato – come nella specie – un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.
Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dell’atto di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale
statuizione del giudice di appello e di trascrivere, o allegare specificamente al ricorso, il contenuto delle censure proposte dall’appellante, per poi argomentarne la genericità e il difetto di specificità in relazione al contenuto della decisione di primo grado.
Nella sostanza il ricorrente, al fine di dimostrare la dedotta specificità dell’appello, negata espressamente e motivatamente dalla Corte territoriale, avrebbe dovuto spiegare come e perché, al contrario, il motivo di appello fosse specifico.
Per far ciò, avrebbe dovuto evidenziare con la necessaria chiarezza e completezza la censura articolate con l’appello e le corrispondenti statuizioni del Tribunale con esse censurate, ciò che non è nella specie avvenuto, essendovi nel motivo in esame riportata la censura formulata in sede di gravame senza però trascrivere il capo della decisione del primo giudice che secondo la Corte di appello non sarebbe stato attinto con sufficiente specificità.
In tal modo non si fornisce a questa Corte utili indicazioni per vagliare la fondatezza della doglianza articolata col primo motivo di ricorso, qui in esame.
Va peraltro aggiunto che il tema in merito alla transazione era stato affrontato dalla Corte territoriale solo ad abundantiam avendo ritenuto che le argomentazioni già esposte fossero di per sé sufficienti al rigetto del gravame.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Il ricorrente lamenta che la mancata presenza di un interprete non avrebbe consentito al COGNOME di comprendere il contenuto della scrittura in questione e ciò avrebbe determinato un vizio di nullità dell’atto ai sensi degli articoli 54 e 55 della L.N.
La censura nei termini in cui è stata dedotta non attinge ad una delle due ratio decidendi.
La Corte di appello ha, da un lato, rilevato che non vi erano elementi per sostenere che il COGNOME non fosse in grado di conoscere il contenuto dell’atto valorizzando a tal fine la stessa capitolazione dedotta dall’appellante e dall’altra ha escluso l’applicazione delle norme invocate dal Grosso a sostegno dell’invalidità della scrittura alle scritture private.
Quest’ultima ratio non è stata in alcun modo scalfita dal motivo.
Orbene, è orientamento consolidato di questa Corte che, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 18641/2017; vedi anche Cass. n. 13880/2020).
Il terzo motivo è inammissibile perché nella sua illustrazione non riesce a delineare i connotati di una censura di omessa esame di un fatto decisivo ex art art 360 nr 5 c.p.c. ciò in quanto nessuna delle deduzioni è svolta al fine di individuare il fatto o i fatti decisivi dei quali la sentenza impugnata avrebbe omesso esame. Per di più, sussiste la preclusione di cui all’art. 348-ter co. 5 cod. proc. civ., che si applica ratione temporis alla fattispecie perché la sentenza di appello ha confermato la sentenza di primo grado con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
La relativa declaratoria è imposta non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul
medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 2, n. 7724 del 9 marzo 2022; Sez. 6-3, n. 15777 del 17 maggio 2022; Sez. L, n. 24395 del 3 novembre 2020).
In ogni caso anche a voler inquadrare la censura come vizio di omessa pronuncia in relazione all’art 360 nr 4 c.p.c. va ricordato che tale vizio è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni.
Nel caso di specie la Corte di appello ha escluso che la scrittura in questione fosse affetta da qualsiasi vizio di nullità e tale statuizione ha inevitabilmente comportato l’implicito rigetto della domanda subordinata diretta a far valere un preteso vizio dell”autentica notarile’.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore della parte costituita NOME COGNOME in dispositivo.
Nessuna determinazione in punto spese in favore del fallimento RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME che sono rimasti intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore di NOME COGNOME delle spese di legittimità
liquidate in complessive € 6000,00 oltre € 200,00 per esborsi ed al 15% per le spese generali ed Iva e c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, nel testo introdotto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 17.04.2025