Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15309 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28035/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, CINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME
–
intimati
–
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1449/2020 depositata il 03/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 26/11/2008 NOME COGNOME conveniva in giudizio dinnanzi al Tribunale di Trani – Sezione Distaccata di Andria, NOME COGNOME, nella qualità di titolare dell’omonima impresa edile individuale, per sentir accogliere nei suoi confronti la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato il 1° giugno 2006 e sentire, conseguentemente, condannare il promittente venditore alla restituzione della somma di € 200.000,00, versata in ac conto sul prezzo pattuito, e al pagamento della penale di € 116.000,00, prevista dall’art. 9 del preliminare, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento dei danni per esborsi sostenuti per opere eseguite nell’appartame nto promesso in vendita, oltre agli interessi legali dalla domanda al soddisfo e al maggior danno da svalutazione monetaria su tutte le somme dovute.
L ‘attore premetteva di aver stipulato il 1° giugno 2006 un contratto preliminare di vendita dell’appartamento posto al secondo piano dell’edificio in costruzione sito in Andria, tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, con box auto pertinenziale al piano interrato, per il complessivo prezzo di € 350.000,00, di cui € 310.000,00 per l’appartamento ed € 40.000,00 per il box.
Deduceva, inoltre, che nella compravendita era compresa anche la quota proporzionale di un’area pertinenziale esterna, al
piano terra, del valore di € 10.000,00, non conteggiata nel prezzo perché il venditore aveva concesso uno sconto di pari importo. Affermava inoltre di aver corrisposto, allo stato della domanda, la somma di € 200.000,00, come convenuto in contratto.
Asseriva, tuttavia, che l’impresa costruttrice si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte, non avendo consegnato l’immobile entro il termine previsto nel preliminare (dicembre 2007), avendo realizzato la rampa di accesso al box auto con pendenza superiore a quella massima, pari al 20%, prevista dal regolamento edilizio del Comune di Andria, ed avendo concesso ad altro condomino l’uso esclusivo dell’area pertinenziale; in ragione di quanto innanzi, aveva rifiutato di addivenire alla stipula del definitivo.
Si costituiva in giudizio il convenuto, deducendo la imputabilità del ritardo nella consegna alle nuove ed ulteriori richieste di modifiche formulate dal promissario acquirente, e la sanatoria -a mezzo di pagamento della sanzione amministrativa di € 2.064 ,00 -della irregolare pendenza della rampa, con conseguimento della agibilità. Chiedeva, pertanto, in via riconvenzionale, il trasferimento ex art. 2932 c.c. dell’immobile, previo pagamento del saldo prezzo di € 150.000,00, oltre alla condanna dell’attore al pagamento della penale pari ad € 116.000,00, in ragione dell’inadempimento dell’attore medesimo. Chiedeva, infine, di essere autorizzato a chiamare in giudizio l’AVV_NOTAIO, che doveva ritenersi responsabile del difetto costruttivo, perché lo tenesse indenne in caso di condanna.
Costituitosi in giudizio, l’ingCOGNOME contestava gli assunti di entrambe le parti, concludendo per il rigetto delle stesse.
Chiedeva, in caso di soccombenza, di chiamare in garanzia la RAGIONE_SOCIALE per la responsabilità professionale.
Autorizzata la chiamata, si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
All’esito dell’istruttoria il Tribunale, fondando la propria decisione sulla non gravità dell’inadempimento e sulla fondatezza della domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto ex art. 2932 c.c., rigettava le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, dichiarava assorbita ogni altra domanda e questione connessa con la domanda principale e disponeva il trasferimento dell’immobile dalla COGNOME RAGIONE_SOCIALE a COGNOME NOME ex art. 2932 c.c.
NOME COGNOME proponeva appello avvero la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva all’appello e proponeva altresì appello incidentale.
Si costituivano in appello anche l’AVV_NOTAIO COGNOME, l’arch. COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’Appello accoglie va il gravame e, in riforma della sentenza appellata, accoglieva la domanda di risoluzione del contratto formulata da NOME COGNOME e condannava NOME COGNOME alla restituzione al COGNOME, delle somme versate a titolo di acconto, maggiorate di interessi dal giorno della domanda all’effettivo soddisfo oltre al risarcimento del danno da inadempimento, quantificato come nella penale nell’importo di € 116.000,00, oltre interessi dal giorno della mora all’effettivo soddisfo. La Corte rigettava l’appello incidentale .
9.1 Per quel che ancora rileva la Corte d ‘ Appello riteneva, in primo luogo, esservi stato inadempimento da parte del COGNOME e, in secondo luogo, che il suddetto inadempimento non era di scarsa importanza ai fini della risoluzione del contratto domandata dal COGNOME. Infatti, il bene era effettivamente inutilizzabile, essendo la percorrenza della rampa estremamente difficoltosa per un conducente di media abilità, anche nella più agevole delle situazioni (laddove il mezzo sia, ad esempio un ‘ suv ‘ ), e con alcuni veicoli oggettivamente impossibile. Ne derivava l’inutilizzabilità del garage senza eccezionali sforzi, che certo non potevano pretendersi dall’acquirente, per l’uso cui era destinato. Per di più, considerata la elevata pendenza, dovevano ritenersi estremamente difficoltosi anche eventuali usi alternativi del vano (ad esempio, quale deposito), considerato che a causa di una pendenza variabile tra il 29% ed il 38% risultava anche difficilmente percorribile a piedi, soprattutto per l’uso pedonale con eventuali carichi.
Non erano condivisibili neppure le osservazioni sub b ) relative alla ‘sanatoria’ intervenuta sul manufatto, a seguito del pagamento della sanzione amministrativa da parte del COGNOME.
Invero, pur tenendo presente la giurisprudenza di legittimità (v., ex multis , Cass., II, ord. 30950 del 27/12/2017) circa il fatto che l’eventuale sanatoria delle difformità riscontrate sull’immobile non è di per sé idonea ad escludere la rilevanza dell’inadempimento: rileva va, sotto questo punto di vista, il profilo sostanziale dell’effettiva utilizzabilità del bene, in relazione alle concrete esigenze di utilizzo, costituendo invece il profilo formale ( i.e. l’assenza di violazioni amministrative) condizione necessaria ma non sufficiente ad escludere l’inadempimento. L’idoneità
sostanziale del bene doveva, tuttavia, escludersi, in ragione delle considerazioni svolte. Né poteva ritenersi che il bene, essendo intervenuta la sanatoria dell’irregolarità, non fosse sottratto alla circolazione giuridica, essendo evidente che -sotto un profilo sostanziale e funzionale -un bene inutilizzabile non era certamente appetibile sul mercato
A i fini della valutazione della rilevanza dell’inadempimento, nell’economia del contratto, non d oveva tenersi conto del mero dato economico, dovendosi invece commisurare la gravità dell’inadempimento all’interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del negozio. Il garage era di fatto inutilizzabile -a meno di notevolissimo ed inesigibile sforzo per l’acquirente per la finalità d’uso, e d era difficilmente utilizzabile anche solo come deposito in virtù dell’eccessiva pendenza ; b) la rilevanza, nell’economia di un contratto di vendita immobiliare, del garage, emergeva anche dalla volontà del legislatore, ( l. n. 765/1976 l’art. 41 -sexies della l. 1150/1942); c) l’importanza dell’inadempimento, tenuto conto dell’interesse della parte non inadempiente, a norma dell’art. 1455 c.c., poteva cogliersi -al di là del mero aspetto economico relativo al prezzo -nella funzione del box auto in correlazione al bene-casa, alla luce, in particolare, del contesto socio-economico; d) la rilevanza del garage nella complessiva economia del contratto, poteva rilevarsi anche dal contegno processuale del promittente COGNOME, il quale, a fronte delle contestazioni di controparte, aveva in ogni caso chiesto l’esecuzione in forma specifica dell’intero contratto -anche con riferimento alla cessione del box auto -così confermando la rilevanza complessiva ed unitaria, del garage e
dell’appartamento, nella generale economia del negozio ; e) la rilevanza del complessivo inadempimento era, peraltro, aggravata dall’ulteriore inadempimento contestato al COGNOME, consistente nell’aver ceduto a terzi spazi comuni, così depauperando ulteriormente il valore complessivo del bene acquistato.
Gli elementi di fatto sopra considerati conducevano, pertanto, a valutare in termini positivi la rilevanza dell’inadempimento, che si era spinto oltre la soglia di tolleranza imposta al creditore dal principio di solidarietà ex art. 2 Cost.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
NOME COGNOME COGNOME resistito con controricorso
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza in relazione all’art. 360, co.1, n.4), c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c.
Il ricorrente preliminarmente richiama i consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in materia di ultrapetizione, sotto il profilo della mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, con prospettazione, in concreto, della intervenuta pronuncia da parte della Corte di Appello di Bari su una domanda non proposta. Infatti, nella “esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” di primo grado sarebbe correttamente messo a fuoco il thema decidendum e la domanda avanzata dall’attore sarebbe di risoluzione del contratto preliminare, sottoscritto con l’impresa RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto un
appartamento e un box auto, con condanna al pagamento della penale oltre agli ulteriori danni sulla base del preteso inadempimento della stessa impresa.
Il ricorrente riporta il contenuto dell’atto introduttivo: “Asseriva (ndr: il COGNOME) che tuttavia l’impresa costruttrice si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte non avendo consegnato l’immobile entro il termine previsto nel preliminare (dicembre 2007) e avendo realizzato la rampa d’accesso o/ box auto con pendenza superiore a quella massima. pari al 20%. Prevista dal regolamento edilizio del Comune di Andria (circostanza che avrebbe impedito il rilascio dell’agibilità. ed avendo concesso ad altro condomino l’uso esclusivo del l’ ‘area pertinenziale; e che per tali gravi inadempimenti aveva rifiutato di addivenire alla stipula del definitivo, fissato per il 21 maggio 2008 dinanzi al AVV_NOTAIO (cfr. pag. 3 della sentenza di primo grado).
Il ricorrente evidenzia che analoga e quasi testuale descrizione delle ragioni del preteso inadempimento dell’impresa sono contenute nella sentenza della Corte di Appello di Bari gravata.
Dunque, il giudice di primo grado si sarebbe pronunciato sulla base di tali presupposti di fatto e di diritto oggetto della domanda all’esito del contraddittorio tra le parti e dell’attività istruttoria espletata in corso di causa, compresa una C.T.U. ritenendo, motivatamente e coerentemente, nella piena corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art 112 c.p.c., la infondatezza della domanda attorea per mancanza di gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c.
Il COGNOME, attore nel giudizio di primo grado, non avrebbe mai prospettato alcunché e/o svolto domande sulla inutilizzabilità del
box auto oggetto del preliminare di compravendita a causa della pendenza della rampa di accesso al garage per giustificare l’inadempimento dell’impresa.
Secondo il ricorrente, proprio sul concetto di inutilizzabilità del bene, con evidente ultrapetizione, sarebbe costruita del tutto illegittimamente l’intera pronuncia di appello al fine di connotare di gravità l’inadempimento dell’impresa, contrariamente a quanto fatto dal giudice di primo grado. Il concetto di inutilizzabilità del bene non sarebbe mai stato ritualmente introdotto dall’attore e non poteva essere preso in considerazione dalla Corte di Appello perché oltre la domanda proposta.
In altri termini, la nullità della sentenza per ultrapetizione discenderebbe dalla circostanza, dirimente, che la Corte di Appello di Bari ha impostato tutta la sua decisione sulla pretesa inutilizzabilità del bene (box auto) per inutilizzabilità della rampa di accesso al garage a causa della sua pendenza, che, invece, non ha mai formato oggetto della domanda formulata dall’attore in primo grado e che violerebbe il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato finendo per condurre la decisione su un binario diverso da quello che gli è proprio.
In pratica, il giudizio ed il sindacato della Corte di Appello di Bari avrebbe dovuto essere circoscritto a quanto richiesto in primo grado (come correttamente ha fatto il Tribunale di Trani) e giammai avrebbe dovuto estendersi alla inutilizzabilità del box e della rampa ai fini della valutazione della rilevanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c..
Il motivo di ricorso è infondato.
Con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito posto a fondamento della pronuncia di accoglimento un fatto diverso da quello fatto valere dalla controparte a fondamento della propria pretesa risarcitoria e precisamente così riportato testualmente nel ricorso: di non aver consegnato l’immobile entro il termine previsto nel preliminare (dicembre 2007) e di aver realizzato la rampa d’accesso o/ box auto con pendenza superiore a quella massima. pari al 20%, prevista dal regolamento edilizio del Comune di Andria (circostanza che avrebbe impedito il rilascio dell’agibilità), ed avendo concesso ad altro condomino l’uso esclusivo dell”area pertinenziale.
2.1 Il Collegio ritiene opportuno, preliminarmente, ripercorrere la motivazione della sentenza impugnata circa il grave inadempimento del promittente venditore tale da giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto. La Corte territoriale ha accertato che il box era effettivamente inutilizzabile, essendo la percorrenza della rampa estremamente difficoltosa per un conducente di media abilità anche nella più agevole delle situazioni (laddove il mezzo sia, ad esempio un suv ), e con alcuni veicoli oggettivamente impossibile. Ne derivava l’inutilizzabilità, senza eccezionali sforzi che certo non potevano pretendersi dall’acquirente, del garage per l’uso cui era destinato. Per di più, considerata la elevata pendenza, dovevano ritenersi estremamente difficoltosi anche eventuali usi alternativi del vano (ad esempio, quale deposito), considerato che una pendenza variabile tra il 29% ed il 38% risultava anche difficilmente percorribile a piedi, soprattutto per l’uso pedonale con eventuali carichi.
La gravità dell’inadempimento doveva rapportarsi all’interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del negozio. Il garage era di fatto inutilizzabile -a meno di notevolissimo ed inesigibile sforzo per l’acquirente -per la finalità d’uso, ed era difficilmente utilizzabile anche solo come deposito in virtù dell’eccessiva pendenza.
Su tali presupposti, data la rilevanza complessiva ed unitaria del garage nella generale economia del negozio, la sua eccessiva pendenza tale da renderlo inutilizzabile rappresentava un grave inadempimento, spinto oltre la soglia di tolleranza imposta al creditore e aggravato dall’ulteriore inadempimento consistente nell’aver ceduto a terzi spazi comuni, così depauperando ulteriormente il valore complessivo del bene acquistato.
2.2 Tutto ciò premesso deve osservarsi come sia consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto secondo cui, in termini generali, incorre nella violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato il giudice che, esorbitando dai limiti della mera qualificazione giuridica della domanda, sostituisca la causa petendi dedotta in giudizio con una differente, fondata su un fatto diverso da quello allegato (cfr., tra le innumerevoli, Cass. nn. 3980 del 2004, 9087 del 2006, 2746 del 2007, 27648 del 2011); che, nell’ambito di tale principio generale, si è chiarito che, in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, così come il principio del tantum devolutum quantum appellatum , non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed
all’applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall’istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del ” petitum ” e della ” causa petendi “, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (Sez. 6-L, Ord. n. 513 del 2019; Sez. 3, Sent. n. 20652 del 2009).
Alla stregua dei principi esposti, la sentenza impugnata è immune dalle censure mosse dal ricorrente.
Peraltro , nel caso di specie l’inutilizzabilità del garage di cui il ricorrente lamenta il carattere di ultrapetizione è dovuta alla eccessiva pendenza della rampa, circostanza che risulta dedotta dal COGNOME sin dal primo atto introduttivo come può leggersi persino nel passo di tale atto riportato nel ricorso.
Dunque, nella specie vi è stata solo una diversa qualificazione in termini di gravità dell’inadempimento del medesimo fatto che l’odierno controricorrente aveva dedotto a fondamento della propria pretesa.
Ciò precisato, non può che ribadirsi in tema di risoluzione per inadempimento da un lato che: il giudice, per valutarne la gravità, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale ( ex plurimis Sez. 3, Sentenza n. 7187 del 04/03/2022, Rv. 664394 – 03) e dall’altro che: la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce
questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito ( ex plurimis Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 12182 del 22/06/2020, Rv. 658455 – 01).
Infine, con specifico riferimento al caso di specie, è utile richiamare il seguente precedente che, sia pure sotto il diverso profilo delle norme di sicurezza antincendi, è comunque riferito alla necessaria praticabilità di un garage parametrata alla normale capacità di guida di un conducente: «In tema di preliminare di vendita di un garage, ove il promissario acquirente chieda la risoluzione del contratto per inadempimento, stante l’inutilizzabilità del bene per l’impossibilità della manovra di accesso, il criterio della facile manovrabilità, di cui agli artt. 3.6.3. e 3.7.2. del d.m. 1° febbraio 1986 del Ministero dell’interno, recante norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse, non è soddisfatto dal semplice rispetto dei minimi dimensionali di ampiezza e va collegato al dato oggettivo della dimensione del veicolo rapportato alla ristrettezza degli spazi, nonché alle difficoltà che incontra un qualunque conducente dotato di normale abilità» (Sez. 2, Sentenza n. 13979 del 24/06/2011, Rv. 618321 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 5000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione