Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24064 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16214-2023 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– resistente con procura – avverso la sentenza n. 1014/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 13/06/2023 R.G.N. 1170/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Obblighi di assistenza
R.G.N. 16214/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Palermo, con sentenza pubblicata il 13 giugno 2023, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME volta a far accertare l’inadempimento di quest’ ultima rispetto agli obblighi di assistenza e cura della COGNOME assunti in cambio della cessione della nuda proprietà di un appartamento;
in estrema sintesi la Corte ha ritenuto con il primo giudice che, diversamente da quanto allegato nell’atto introduttivo del giudizio dalla Pendolino, la prova orale avesse ‘categoricamente smentito’ l’inadempimento ‘già dal 2015’ delle obbligazioni assunte dalla Nicolosi;
la Corte ha anche considerato non rilevante la circostanza che dal dicembre 2017, per due mesi, la COGNOME non avesse ottemperato agli obblighi assunti ‘ in quanto, da un lato, tale fatto non appare alla stessa imputabile, dall’altro, l’assistenza risulta essere stata assicurata (…) dalla nipote quale frutto di una libera scelta della stessa Pendolino e, come tale, ostativa dell’assolvimento degli obblighi contrattuali’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con due motivi; l’intimata ha depositato solo una procura e una successiva irrituale memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. il primo denuncia: ‘Vizio di motivazione e violazione dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui la sentenza afferma che sarebbe spettato alla ricorrente fornire la prova dell’inadempimento’; si eccepisce che, ove il beneficiario di prestazioni di tipo assistenziale, costituenti il corrispettivo della cessione di un immobile, agisca per la risoluzione, questi deve solo provare la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione dell’inadempimento altrui, mentre è il debitore ad essere gravato della pro va dell’avvenuto adempimento;
1.2. il secondo motivo denuncia, ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., un vizio di motivazione e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., lamentando che i giudici del doppio grado abbiano ritenuto non grave l’inadempimento della COGNOME nonostante fosse pacifico che non avesse reso la prestazione di assistenza ‘per almeno due mesi’;
2. il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. il primo motivo è infondato perché la sentenza impugnata non ha violato il criterio di riparto dell’onere probatorio in materia di inadempimento delle obbligazioni, atteso che non ha affatto deciso la controversia sul criterio residuale posto dall’art. 2697 c.c., avendo piuttosto ritenuto, così come il primo giudice, che dalla prova orale fosse emerso l’adempimento da parte della Nicolosi degli obblighi di assistenza per il periodo successivo al 2015, contrariamente a quanto sostenuto dalla Pendolino e dalla nipote NOMECOGNOME ciò che la Corte territoriale ha ritenuto fosse onere provare in capo all’appellante era piuttosto ‘l’asserita telefonata di fine dicembre 2017 durante la quale la COGNOME avrebbe comunicato alla stessa COGNOME l’intenzione di non vol er più provvedere agli obblighi di assistenza nei confronti della COGNOME‘, circostanza dedotta da quest’ultima ed
eventualmente valutabile solo ai fini della complessiva ricostruzione della vicenda storica;
2.2. il secondo motivo è inammissibile;
si evoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019);
inoltre, la censura non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che sul punto, con un accertamento di fatto non rivedibile in questa sede di legittimità, ha escluso l’inadempimento della Nicolosi per due mesi a partire dal dicembre 2017 in quanto era stata la stessa COGNOME a decidere unilateralmente di farsi assistere dalla nipote in tale periodo;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso; nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’intimata che ha depositato una memoria irrituale in quanto non preceduta da idoneo controricorso (cfr. Cass. n. 2599 del 2024);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 18 giugno