Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25078 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Versamento del canone Inadempimento Supposto rifiuto di offerta di pagamento Inammissibilità dei motivi di ricorso
R.G.N. 14932/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 17/4/2025
sul ricorso 14932-2022 proposto da:
Adunanza camerale
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, Dott. NOME COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 471/2022 d ella Corte d’appello di Venezia, depositata in data 17/03/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 17/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 471/22, del 17 marzo 2022, della Corte d’appello di Venezia, che accogliendo il gravame esperito da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 1361/21, del 25 giugno 2021, del Tribunale di Verona -ha dichiarato risolto, per grave inadempimento dell’odierna ricorrente, il contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo del 21 gennaio 2015, condannandola al pagamento di € 2.500,00 a trimestre, fino all’effettivo rila scio
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essere subentrata ad altra società nel contratto da questa stipulato il 21 gennaio 2015, in forza del quale NOME COGNOME aveva locato alla stessa una porzione di lastrico solare per consentire l’installazione di una stazione radio base per telecomunicazioni. Il contratto, di durata novennale, prevedeva un canone annuale di locazione di € 10.000,00, da corrispondersi in quattro rate trimestrali di € 2.500,00, ad eccezione delle prime cinque annualità, versate anticipatamente e in un ica soluzione, per l’importo di € 50.000,00.
Sul presupposto della morosità di Cellnex nel pagamento proprio della prima rata trimestrale da corrispondersi dopo l’inziale quinquennio di durata del rapporto (ed esattamente, quella relativa al periodo dal 30 aprile al 29 luglio 2020), la COGNOME adiva l’autorità giudiziaria, intimando sfratto alla conduttrice. Questa, costituitasi in giudizio, si opponeva alla domanda, assumendo che il pagamento era stato regolarmente
effettuato mediante bonifico bancario, non andato, però, a buon fine -all’esito di controlli fatti eseguire da essa Cellnex appena tre giorni dopo la ricezione della missiva del 25 settembre 2020, con cui NOME COGNOME, per la prima volta, aveva lamentato il mancato pagamento -per problematiche relative al conto di accredito.
L’esito del primo grado di giudizio consisteva nel rigetto della domanda, poiché, secondo il Tribunale scaligero, la società RAGIONE_SOCIALE aveva ‘dimostrato che il ritardo nel pagamento del canone trimestrale scaduto il 10 maggio 2020, non era a lei imputabile, poiché determinato dal cambio di istituto bancario’, ed inoltre perché, ‘una volta accertato tale mancato pagamento’ essa ave va ‘effettuato un bonifico per l’intera annualità aprile 2020 -aprile 2021 per complessivi € 10.000,00’.
Esperito gravame da NOME COGNOME il giudice d’appello lo accoglieva, sul presupposto che la locatrice avesse ‘trattato con negligenza il problema, dapprima disinteressandosene completamente e successivamente addossando sulla locatrice l’onere di risolverlo’; in particolare, la società conduttrice non avrebbe spiegato ‘quale intervento della locatrice fosse necessario prima del gennaio 2021 per consentire il pagamento’, né avrebbe specificato ‘quali fossero stati in concreto i tentativi di ripetere il pagamento prima di quello eseguito in data 6 gennaio 2021’, allorché COGNOMEaveva accumulato una morosità pari a tre canoni di locazione’.
Avverso la sentenza della Corte lagunare ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base -come detto -di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1220 e 1453 cod. civ.
La sentenza impugnata sarebbe incorsa in tale vizio per avere ritenuto sussistente l’inadempimento del conduttore, nonostante la causa del mancato pagamento del canone, eseguito tramite bonifico, fosse imputabile a problematiche relative al conto corrente di accredito della locatrice, e nonostante il procrastinarsi del ritardo fosse stato la conseguenza dell’illegittimo rifiuto opposto dalla locatrice stessa all’offerta di adempimento reiterata dal conduttore.
Ribadisce COGNOME di aver dato tempestivo riscontro -dopo appena tre giorni -alla richiesta pervenutale il 25 settembre 2020, con la quale veniva lamentato il mancato pagamento del canone, comunicando che, all’esito di controlli da essa fatti espletare, risultava che ciò era da addebitarsi allo storno operato dalla banca per problematiche relative al conto di accredito della locatrice. Ciò nonostante, ‘la locatrice ebbe ad opporre un netto rifiuto, essendosi la stessa limitata a ribadire il contenuto della propria precedente comunicazione’ (quella , appunto, del 25 settembre 2020), e cioè che l’inadempimento non era più sanabile e che il contratto, pertanto, doveva considerarsi risolto per causa imputabile alla conduttrice.
Ciò posto, risulterebbe evidente l’erroneità della sentenza impugnata, dato che, ai sensi dell’art. 1220 cod. civ., il debitore che abbia fatto tempestivamente offerta, anche non formale, della prestazione dovuta, non può essere considerato in mora, se il creditore non abbia alcun motivo legittimo per rifiutarla.
Orbene, la Corte veneziana -nel configurare una situazione di colpevole inerzia della conduttrice, nonostante l’offerta di adempimento da quest’ultima formulata e, al contempo, nonostante l’assenza di alcun motivo legittimo per il locatore di
rifiutarla ovvero di sottarsi ad un onere di cooperazione -sarebbe incorsa in un vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1220 cod. civ., il quale, in presenza delle sopra citate condizioni, preclude, invece, al giudice di accertare e dichiarare una (inesistente) morosità del debitore.
Non solo, la sentenza impugnata sarebbe incorsa in violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1228 e 1453 cod. civ. per avere affermato la responsabilità del conduttore pur in assenza di alcun inadempimento a quest’ultimo imputabile, il quale, a propria volta, costituisce il presupposto indefettibile (ma mancante nel caso di specie) per pronunciare la risoluzione del contratto.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1374, 1375 e 1453 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per avere accolto la domanda di risoluzione proposta dalla locatrice, pur non avendo essa fornito la cooperazione necessaria per accertare la causa del mancato buon fine del precedente pagamento, così da consentire alla conduttrice di poter adempiere alla propria prestazione. Tale condotta, contraria agli obblighi di buona fede contrattuale, connota la locatrice quale soggetto inadempiente o comunque responsabile di una condotta illecita, precludendogli l’esperibilità del rimedio solutorio.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, NOME COGNOME chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La controricorrente ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Il ricorso è inammissibile.
8.1. I due motivi -da scrutinarsi congiuntamente, data la loro connessione -non colgono né contrastano la ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata, donde la loro inammissibilità (cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01; Cass. Sez. 2, ord. 9 aprile 2024, n. 9450, Rv. 670733-01).
Difatti, secondo la sentenza impugnata, dall’istruttoria celebrata non è affatto ‘emerso che la locatrice dovette concretamente attivarsi per rendere possibile il successivo pagamento’, rilievo , questo, che intende rimarcare -al pari di quello, sempre espresso dalla Corte territoriale, secondo cui ‘la società conduttrice non spiega quale intervento della locatrice fosse necessario prima del gennaio 2021 per consentire il pagamento’ l’assenza di impedimenti al pagamento. La sentenza, inoltre, sottolinea c ome l’inadempimento, dal maggio 2020, si sia protratto fino al gennaio 2021 (e, dunque, per otto mesi), aggravando, così, la morosità, avendola estesa a tre canoni di locazione.
A fronte, dunque, di simili rilievi resta del tutto inconferente la tesi della ricorrente, relativa ad un supposto rifiuto dell’offerta di pagamento del (solo) canone concernente il trimestre fino al luglio 2020, dal momento che, dopo tale offerta, l’inadempimento
si è addirittura aggravato; a maggior ragione, resta irrilevante la verifica della causa del mancato buon fine di tale pagamento, visto, oltretutto, che la Corte territoriale mostra di ritenere che la conduttrice non abbia, in realtà, provato l’esistenza di alcun reale impedimento e che, in ogni caso, esso non abbia ostacolato il successivo (ritardato) pagamento del gennaio 2021.
Le censure di violazione/falsa applicazione di legge -contenute nei due motivi -muovono da una ricostruzione dei fatti di causa del tutto diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata, così ponendosi fuori dalla previsione di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., se è vero che il vizio di legittimità contemplato da tale norma ‘consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di l egittimità’ (‘ ex multis ‘, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549-02). Difatti, il ‘discrimine tra l’ipotesi di violazi one di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo e vidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la società RAGIONE_SOCIALE a rifondere, a NOME COGNOME le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 1.5 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della