Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23658 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23658 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
Oggetto: Contratto di durata – Locazione – Domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento – Adempimento successivo – Conseguenze.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08985/2024 R.G., proposto da
Nunzio NOME COGNOME rappresentato e difes o dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura rilasciata il 2 aprile 2024; con domiciliazione digitale ex lege ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente – per la cassazione della SENTENZA della CORTE d’ APPELLO di CATANIA n. 104/2024, depositata il 24 gennaio 2024, notificata il 30 gennaio 2024;
udìta la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con atto notificato il 13 luglio 2021, Nunzio NOME COGNOME intimò alla RAGIONE_SOCIALE sfratto per morosità da ll’immobile ubicato in Zafferana Etnea, alla INDIRIZZO concessole in locazione con contratto del 1° dicembre 2017 per essere adibito ad uso bar, sul presupposto che la locatrice si era resa inadempiente all’obbligazione di pagamento dei canoni dal mese di gennaio 2021, risultando così debitrice della somma di Euro 10.800,00;
ricevuta la contestuale citazione per la convalida dinanzi al Tribunale di Catania , l’intimata si oppose, facendo presente di aver provveduto a saldare il debito successivamente alla notifica dell’atto di citazione;
il T ribunale, preso atto, negò l’ordinanza di rilascio e, disposto il mutamento di rito, con sentenza 4 aprile 2022, n.1520, rigettò la domanda di risoluzione del contratto proposta da NOME NOME COGNOME sul rilievo della mancanza, nella fattispecie, del presupposto della ‘ gravità ‘ dell’ inadempimento di cui all’art. 1455 cod. civ. ; compensò le spese tra le parti;
la decisione del Tribunale di Catania è stata confermata dalla Corte d’appello della stessa città, la quale, con sentenza 24 gennaio 2024, n. 104, ha rigettato l’ impugnazione proposta dal locatore, condannandolo alle spese del grado;
la Corte territoriale ha osservato che, se, da un lato, il tardivo pagamento dei canoni non escludeva l’inadempimento della conduttrice (atteso che, in tema di locazione per uso diverso, non trova applicazione la disciplina della sanatoria della morosità di cui all’art. 55 della legge n. 392/1978, la cui operatività è circoscritta alle locazioni per uso abitativo), dall’altro lato, tuttavia, neppure trovava applicazione, in ordine al giudizio di gravità di cui all’art.1455 cod. civ. ,
la regola di ‘predeterminazione’ della ‘non scarsa importanza’ dell’ inadempimento contenuta nell’art.5 legge n. 392/1978, pure essa applicabile unicamente alle locazioni ad uso abitativo;
ciò posto, la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale (è stata citata, in particolare, Cass. n.24207/2006) secondo cui, in tema di risoluzione per inadempimento, non trova applicazione, con riferimento al contratto di locazione, quale negozio di durata, la regola secondo cui la proposizione della domanda di risoluzione comporta la cristallizzazione delle posizioni delle parti contraenti fino alla pronuncia giudiziale definitiva, atteso che esso, al contrario, è disciplinato dalla diversa regola secondo cui il conduttore può adempiere anche dopo la proposizione della domanda e tale adempimento tardivo, quantunque non valga a sanare o diminuire le conseguenze dell’inadempimento precedente, tuttavia può rilevare ai fini della valutazione della relativa gravità;
sulla base di tali premesse in iure , la Corte d’appello ritenuto di dover valutare la gravità dell’ inadempimento della conduttrice anche alla stregua del contegno da essa tenuto successivamente alla proposizione della domanda da parte del locatore -ha condiviso, de facto , il giudizio espresso dal primo giudice;
in particolare, la Corte di merito ha reputato che, in ragione del pur tardivo adempimento, da un lato, sotto il profilo oggettivo, la protratta mancata esecuzione della prestazione di pagamento dei canoni di locazione non avesse inciso in misura apprezzabile sul sinallagma contrattuale e sull’economia complessiva del rapporto; dall’altro lato, sotto il profilo soggettivo, neppure avesse potuto concretamente menomare la fiducia del locatore sul fedele rispetto dei futuri impegni contrattuali da parte della conduttrice, la quale aveva sempre corrisposto puntualmente i canoni di locazione sin dall’inizio del rapporto, dovendosi verosimilmente ascrivere il ritardo verificatosi nel primo semestre del 2021 all’ eccezionale situazione creatasi per effetto
della pandemia da Covid-19, la quale notoriamente aveva avuto l’effetto di ridurre l a capacità di guadagno delle imprese operanti nel settore della ristorazione (c omprese quelle esercenti l’attività di bar) , non solo nel periodo interessato dalle misure restrittive adottate nel 2020, ma anche nel periodo immediatamente successivo alla riapertura dei locali;
secondo il giudice d’appello, inoltre, la valutazione prognostica positiva circa il futuro puntuale adempimento della conduttrice non era menomata dalla circostanza -genericamente prospettata dal locatore con le note conclusive depositate il 21 novembre 2023 -che la RAGIONE_SOCIALE, dopo la sentenza di primo grado, si era resa nuovamente morosa, corrispondendo solo parzialmente il canone di locazione;
per un verso, infatti, a fronte di tale generica affermazione avversaria, la conduttrice aveva documentalmente dimostrato di avere invece continuato a pagare regolarmente i canoni mensili dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e nel corso del giudizio d’appello , mentre l ‘inadempienza, verificatasi a distanza di tempo dalla prestazione ritardata e priva di sostanziale incidenza sull’equilibrio sinallagmatico del contratto, concerneva l’unicamente l’ aggiornamento del canone convenzionalmente stabilito e restava irrilevante ai fini del giudizio di gravità dell’inadempimento ;
per altro verso, la prospettazione contenuta nelle note del 21 novembre 2023 integrava la deduzione di un nuovo fatto di inadempimento, diverso da quello da cui aveva tratto origine il diritto azionato, il quale, esulando dall’oggetto del giudizio, non poteva trovarvi ingresso, tanto meno in grado d’ appello;
per la cassazione della sentenza della Corte etnea, ricorre NOME COGNOME sulla base di due motivi;
risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ.;
il Pubblico Ministero presso la Corte non ha depositato conclusioni scritte;
il solo ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
preliminarmente va rigettata l’ eccezione di inammissibilità ( recte : di improcedibilità) del controricorso sollevata, in memoria, dal ricorrente , sul presupposto che l’atto sarebbe stato depositato dopo la scadenza del termine di 40 giorni dalla notificazione del ricorso, stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ.;
invero, risulta dagli atti -e trova conferma nelle stesse deduzioni di parte ricorrente -che il ricorso è stato notificato il 2 aprile 2024; pertanto il termine di 40 giorni per il deposito del controricorso scadeva, non già il giorno 12 maggio 2024 (domenica), ma il giorno 13 maggio 2024 (lunedì);
poiché non è controverso -e risulta dagli atti -che il controricorso è stato depositato proprio in quest’ultima data, esso deve ritenersi procedibile, per essere stato rispettato il termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ.;
passando al merito del ricorso, con il primo motivo viene denunciata « violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell’art. 1455 c.c.; erronea interpretazione/applicazione del principio di diritto secondo cui l’emergenza Covid 19 non sospende il pagamento dei canoni in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. »;
il ricorrente evidenzia che il giudice d’appello avrebbe violato il principio di diritto, diffusamente affermato dalla giurisprudenza di merito, secondo cui l’e mergenza da Covid-19 non avrebbe legittimato la sospensione del pagamento dei canoni di locazione da parte della RAGIONE_SOCIALE, atteso che nessuna norma emanata nel periodo emergenziale avrebbe mai autorizzato i conduttori di immobili locati a sospendere o rifiutare il pagamento del c anone nell’ipotesi in cui
l’attività svolta nell’immobile fosse stata interdetta dai provvedimenti restrittivi e di contenimento;
più in generale, il locatore deduce che l’evento pandemico non avrebbe determinato l’impossibilità sopra vvenuta della prestazione che formava oggetto della obbligazione della conduttrice, la quale, in quanto obbligazione pecuniaria, non poteva reputarsi estinta per l’ oggettiva impossibilità della sua esecuzione;
infine, il ricorrente contesta il giudizio della Corte d’ appello circa l’ irrilevanza, ai fini della valutazione d ella gravità dell’inadempimento della conduttrice, dell ‘inadempimento successivo (non limitato al solo aggiornamento del canone) da essa posto in essere nelle more del giudizio, mediante corresponsione, dal mese di luglio del 2023, della somma mensile di Euro 1.800,00, in luogo di quella convenuta di Euro 2.100,00;
3. il motivo è inammissibile;
3.1. esso, nella parte in cui recrimina sulla presunta inosservanza del principio di diritto secondo cui l’e mergenza da COGNOME non avrebbe sospeso l’ obbligazione di pagamento dei canoni -nonché nella parte in cui richiama l’ulteriore principio secondo cui l’impossibilità sopravvenuta della prestazione non sarebbe ravvisabile in relazione alle obbligazioni pecuniarie -non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata;
quest’ultima , infatti, non ha affatto affermato che, per effetto della pandemia, la RAGIONE_SOCIALE era autorizzata a sospendere il pagamento dei canoni, né ha affermato che era divenuta impossibile la prestazione che essa doveva eseguire, con conseguente estinzione della sua obbligazione;
ben al contrario, la Corte di merito ha posto come premessa delle sue argomentazioni proprio il rilievo circa la sussistenza dell’ inadempimento della conduttrice, la cui prestazione doveva quindi
considerarsi possibile e attuale, senza possibilità di invocarne la sospensione o addirittura l’estinzione per impossibilità sopravvenuta ;
rilevata, dunque, la sussistenza dell’ inadempimento della RAGIONE_SOCIALE (non suscettibile di venir meno neppure per l’operatività del meccanismo di sanatoria di cui all’art. 55 della legge n. 392/1978, circoscritto alle locazioni abitative), la Corte di merito ha tuttavia ritenuto che, ai fini del giudizio di gravità dello stesso, potesse tenersi conto del contegno serbato dalla debitrice dopo la proposizione della domanda da parte del creditore e ha motivatamente concluso che la ritardata esecuzione della prestazione, benché relativa al rilevante lasso temporale di sei mesi, rivestisse tuttavia scarsa importanza in relazione all’interesse della parte non inadempiente ;
avuto riguardo alla ratio decidendi della statuizione impugnata, le censure in esame sono inammissibili per difetto di specificità in relazione al tenore della medesima;
questa Corte ha ripetutamente affermato che la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure non pertinenti rispetto al decisum della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, c od. proc. civ. (Cass. 3/08/2007, n. 17125; Cass. 18/02/2011, n. 4036);
l ‘esigenza di specificità del motivo di ricorso esige , infatti, la sua riferibilità alla decisione di cui si chiede la cassazione, non essendo ammissibili nel giudizio di legittimità doglianze non aventi specifica attinenza alle ragioni che sostengono la sentenza sottoposta ad impugnazione (cfr., in tema, Cass. 31/08/2015, n. 17330 e Cass. 24/09/2018, n. 22478);
3.2. per ragioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle appena enunciate, il motivo in esame è inammissibile anche nella parte in cui critica la sentenza impugnata per non avere tenuto conto, in funzione del giudizio di gravità dell’inadempimento della conduttrice , della
successiva mancata parziale corresponsione del canone convenuto tra le parti, con decorrenza dal luglio 2023;
invero, la Corte territoriale -accertato che l’inesatto adempimento successivo posto in essere dalla RAGIONE_SOCIALE dopo la sentenza di primo grado e nelle more del giudizio d’appello, oltre ad essersi verificato « a distanza di tempo dalla prestazione ritardata », era circoscritto all’« aggiornamento del canone nella misura convenzionalmente stabilita » -ne ha escluso la rilevanza sulla base di due distinte rationes : l’una, di merito , fondata sulla sostanziale non incidenza del fatto sull’ equilibrio sinallagmatico del contratto e quindi sul giudizio di gravità dell’inadempimento ; l’a ltra, di rito , fondata sulla configurazione del nuovo fatto di inadempimento come fatto diverso da quello che aveva dato origine al diritto azionato e che era stato posto a fondamento della originaria domanda di risoluzione del contratto, il quale non poteva quindi trovare ingresso nel giudizio, tanto meno in grado d’appello ;
poiché la censura veicolata dal ricorrente con il motivo in esame riguarda soltanto la prima delle due rationes decidendi , essa deve essere dichiarata inammissibile, in applicazione del principio, assolutamente pacifico e consolidato, secondo il quale, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l ‘ omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo passata in giudicato la ratio decidendi non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l ‘ annullamento della sentenza (Cass. 27/07/2017, n. 18641; Cass. 06/07/2020, n. 13880; Cass. 14/08/2020, n. 17182);
in definitiva, il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile;
4. con il secondo motivo viene denunciata « violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell’art. 1453 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. »;
il ricorrente, sul presupposto che il meccanismo di sanatoria di cui all’art. 55 legge n. 392/1978, non opera per le locazioni aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso a quello abitativo, sostiene (richiamando Cass. n. 21156/2013) che il giudizio di gravità dell’ inadempimento del conduttore deve effettuarsi rispetto al momento in cui il locatore è costretto ad adire il giudice per ottenere il pagamento;
critica, pertanto, la sentenza impugnata per avere attribuito rilevanza al tardivo pagamento dei canoni effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE successivamente al ricevimento della notifica dell’intimazione di sfratto per morosità;
5. il motivo è infondato;
secondo il prevalso orientamento di questa Corte -cui il Collegio intende dare ulteriore continuità -nel contratto di locazione, quale contratto di durata, non trova applicazione la regola generale stabilita in tema di risoluzione per inadempimento (arg. ex art. 1453 cod. civ.), secondo cui la proposizione della domanda di risoluzione comporta la cristallizzazione delle posizioni delle parti contraenti fino alla pronuncia giudiziale definitiva -nel senso che, come è vietato all ‘ attore di pretendere la prestazione, così non è consentito al convenuto di eseguirla -atteso che in tale contratto, invece, vale il differente principio per il quale il conduttore può corrispondere il canone anche dopo la presentazione della detta domanda (Cass. 14/11/2006, n. 24207; Cass. 26/11/2019, n. 30730);
in tal caso, il pagamento tardivo, pur non sanando né diminuendo le conseguenze dell ‘ inadempimento precedente, rileva tuttavia ai fini della valutazione della relativa gravità: a fronte di una domanda di risoluzione del contratto di locazione per morosità del conduttore, il
giudice, infatti, deve tener conto, nella formulazione del giudizio sull’importanza dell ‘ inadempimento, del suo comportamento anche successivo alla proposizione della domanda, dal momento che, non potendo il locatore sospendere a sua volta l ‘ adempimento della propria obbligazione (trattandosi di un contratto di durata), permane in capo allo stesso l ‘ interesse alla percezione del corrispettivo convenuto, dovutogli, ai sensi dell ‘ art. 1591 cod. civ., fino al momento della riconsegna del bene (Cass.29/12/2023, n. 36494);
la Corte di merito , nell’ esprimere il giudizio de facto di ‘ non gravità ‘ dell’ inadempimento della RAGIONE_SOCIALE tenendo conto del pagamento da essa eseguito successivamente alla notifica della citazione effettuata da NOME NOME COGNOME si è conformata a tali princìpi, per modo che il secondo motivo di ricorso -con cui è stato richiamato un precedente di questa Corte rimasto isolato -deve essere rigettato;
in conclusione, il ricorso proposto da NOME COGNOME COGNOME va rigettato per essere inammissibile il primo motivo e infondato il secondo;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
s ussistono, infine, i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte rigetta il ricorso;
condanna NOME NOME COGNOME a rimborsare alla RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, le spese generali e gli accessori di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione