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Inadempimento grave e risoluzione del contratto

Una sentenza del Tribunale di Venezia ha dichiarato la risoluzione di un contratto d’appalto per inadempimento grave da parte dell’impresa esecutrice. A seguito della posa di una pavimentazione risultata doppiamente difettosa, prima in magnesite e poi in resina, il giudice ha condannato l’appaltatore a risarcire integralmente i committenti, coprendo i costi per il rifacimento dell’opera, le spese peritali e quelle legali.

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Inadempimento Grave: Quando un Lavoro Mal Eseguito Porta alla Risoluzione del Contratto

Quando si commissiona un lavoro, specialmente in ambito edilizio, la fiducia nell’impresa appaltatrice è fondamentale. Ma cosa accade se l’opera finale non solo non rispetta gli standard pattuiti, ma presenta vizi talmente seri da renderla inservibile? Una recente sentenza del Tribunale di Venezia fa luce sulle conseguenze di un inadempimento grave in un contratto d’appalto, confermando la piena tutela per il committente.

Il Caso: Un Pavimento Difettoso e la Fiducia Tradita

I protagonisti della vicenda sono due privati cittadini che avevano commissionato a un’impresa la fornitura e posa di una pavimentazione in magnesite per la loro abitazione. Fin da subito, i lavori si sono rivelati inadeguati: il pavimento non presentava le caratteristiche di durezza e resistenza richieste.

Di fronte alle lamentele, l’impresa ha proposto una soluzione alternativa: realizzare la pavimentazione con una resina epossidica. I committenti, sperando di risolvere il problema, hanno accettato e saldato un importo di oltre 29.000 euro. Purtroppo, anche questo secondo tentativo si è rivelato un fallimento, con la nuova pavimentazione che presentava vizi altrettanto evidenti.

Dopo aver inutilmente richiesto la restituzione di quanto pagato, i committenti hanno avviato un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). Il perito nominato dal Tribunale ha confermato in pieno le loro ragioni: l’opera non era stata eseguita a regola d’arte e l’unica soluzione possibile era il suo completo rifacimento, con un costo stimato di 36.000 euro.

La Decisione del Tribunale per Inadempimento Grave

Il Tribunale, di fronte alle prove schiaccianti e alla contumacia dei convenuti (l’impresa e il suo socio accomandatario, che non si sono presentati in giudizio), ha accolto in toto le richieste dei ricorrenti.

La sentenza ha sancito:
1. La risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento grave dell’appaltatore.
2. La condanna in solido dell’impresa e del suo socio illimitatamente responsabile al risarcimento di tutti i danni subiti dai committenti.

Il risarcimento non si è limitato al solo costo necessario per il rifacimento del pavimento, ma ha incluso anche il rimborso di tutte le spese sostenute dai committenti per far valere i propri diritti, tra cui:
* Le spese per il consulente tecnico nominato dal Tribunale (CTU).
* Le spese per il proprio consulente di parte (CTP).
* Le spese legali e i costi vivi per l’intero procedimento giudiziario, compresa la fase cautelare.

Le Motivazioni della Sentenza

Il giudice ha basato la propria decisione sull’articolo 1668 del Codice Civile, che disciplina la garanzia per vizi e difformità dell’opera. La norma stabilisce che se i vizi sono tali da rendere l’opera del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

Nel caso specifico, la relazione del CTU è stata decisiva. Ha dimostrato in modo inequivocabile che la pavimentazione, pur avendo un aspetto simile a quella promessa, non era stata eseguita secondo le regole dell’arte e presentava difetti non eliminabili con interventi parziali. Questo ha integrato la fattispecie dell’inadempimento grave, in quanto l’opera era funzionalmente inservibile. La prova del danno era quindi raggiunta, legittimando sia la risoluzione del contratto sia la richiesta di risarcimento completo.

Le Conclusioni: Tutela del Committente e Conseguenze per l’Appaltatore

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela di chi commissiona un’opera: l’appaltatore non è solo tenuto a completare il lavoro, ma a farlo a regola d’arte, garantendo un risultato conforme alle aspettative e idoneo alla sua funzione. Quando questo non avviene, e i difetti sono gravi, la legge offre strumenti efficaci per ottenere giustizia. Il committente ha diritto non solo a sciogliersi da un contratto non rispettato, ma anche a essere pienamente ristorato di tutti i costi diretti e indiretti che ha dovuto sostenere a causa dell’inadempienza altrui. Per l’impresa, le conseguenze di un lavoro mal eseguito possono essere devastanti, comportando non solo la perdita del compenso ma anche l’obbligo di risarcire un danno ben superiore.

Quando un difetto nell’opera può essere considerato un inadempimento grave che giustifica la risoluzione del contratto?
Un difetto costituisce un inadempimento grave quando rende l’opera del tutto inidonea alla sua destinazione. Nel caso esaminato, la pavimentazione non presentava le caratteristiche di resistenza e durezza richieste, rendendola inservibile e giustificando così la risoluzione del contratto.

Cosa può fare il committente se l’appaltatore, dopo aver eseguito male un lavoro, non rimedia ai vizi?
Il committente può agire in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. Come dimostra la sentenza, può ottenere la restituzione di quanto pagato e il rimborso di tutti i costi necessari per il rifacimento dell’opera, oltre alle spese legali e peritali sostenute.

L’appaltatore inadempiente deve rimborsare anche le spese per le perizie tecniche?
Sì. Il Tribunale ha stabilito che le spese sostenute dai committenti per l’Accertamento Tecnico Preventivo, incluse le parcelle del consulente del giudice (CTU) e del proprio consulente di parte (CTP), costituiscono un danno emergente e devono essere integralmente rimborsate dall’appaltatore responsabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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