Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8025 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8025 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
LOCAZIONE AD USO DIVERSO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27385/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC de i propri difensori
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1518/2021 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA, depositata il 3 agosto 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIOigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con contratto del 1° dicembre 2010, la società RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: COGNOME) concesse in locazione alla RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: COGNOME), un’u nità immobiliare sita nel Comune di Parma ad uso magazzino generale per l’attività di RAGIONE_SOCIALE e spedizione formaggi e prosciutti, assumendo altresì ulteriori obbligazioni (in particolare, assicurare le prestazioni lavorative di dipendenti) finalizzate all’u tilizzo convenuto del cespite.
Verificatosi il mancato pagamento del canone , la locatrice notificò due distinte intimazioni di sfratto per morosità (una nell’anno 2013, un’altra nell’anno 2015), alle quali si oppose la conduttrice eccependo plurimi inadempimenti delle obbligazioni gravanti sulla controparte e domandando, in via riconvenzionale, il ristoro dei danni patiti.
Mutato il rito e riunite le controversie, all’esito del giudizio di prime cure il Tribunale di Parma rigettò la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice e dichiarò non dovuti i canoni per il periodo da febbraio 2015 a luglio 2015 per inutilizzabilità dei locali; condannò poi la locatrice al pagamento in favore della conduttrice della somma di euro 95.916,90, a titolo di ristoro costi di trasporto, movimentazione e deposito dei prodotti presso altri magazzini nonché della somma di euro 178.506,57, a titolo di rimborso di altre spese sostenute, con rigetto di ogni ulteriore domanda formulata dalle parti.
Definendo i contrapposti appelli dispiegati dalle parti (in via principale, dalla COGNOME; in via incidentale, dalla COGNOME), la decisione in epigrafe indicata, atteso il rilascio spontaneo dell’immobile avvenuto lite pendente, ha dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda della locatrice di risoluzione contrattuale e di rilascio dei locali
ed ha ridotto gli importi delle statuizioni condannatorie in favore della conduttrice, compensando tra le parti le spese del grado.
Ricorre per cassazione la COGNOME, affidandosi a due motivi, cui resiste, con controricorso, la COGNOME.
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia « violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.), in particolare quanto agli artt. 1362 e segg. cod. civ. (interpretazione del contratto) ed agli artt. 1455, 1460, 2037 e 2041 cod. civ. (gravità dell’inadempimento) ».
Assume l’impugnante che la Corte d’appello abbia male inteso il significato del testo contrattuale – dal quale sorgevano obbligazioni reciproche ad un facere ulteriore rispetto alla mera disponibilità dei locali -e, per conseguenza, errato nella valutazione della gravità dell’inadempimento, non considerando adeguatamente il contegno della conduttrice (di ostacolo all’accesso della locatrice ai locali ed allo svolgimento delle pattuite attività di controllo della sicurezza e della sorveglianza dei locali) ed ignorando il materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio.
Il secondo motivo, richiamando le medesime argomentazioni ora sintetizzate, lamenta omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.), per non avere il giudice territoriale preso posizione sulle contestazioni sollevate dalla COGNOME in ordine alla corretta esecuzione del contratto.
I motivi – da scrutinare congiuntamente, attesa la stretta connessione che li avvince -sono inammissibili.
3.1. In primo luogo, la doglianza relativa alla asserita trasgressione delle disposizioni in tema di interpretazione del contratto si appalesa
del tutto generica (financo non corredata dalla puntuale allegazione del canone ermeneutico negoziale asseritamente inosservato) e comunque non conforme al corretto modo di sottoposizione al giudice di legittimità della relativa questione.
Ed invero, per consolidato orientamento di questa Corte, chi vuole denunciare con ricorso per cassazione l’inosservanza dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. è tenuto non soltanto a fare esplicito riferimento alle regole legali d ‘ interpretazione, con specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei princìpi in esse contenuti, ma deve precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati: il sindacato di legittimità non può infatti investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, con derivante inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (così Cass. 10/02/2023, n. 4272; Cass. 14/12/2022, n. 36516; Cass. 09/04/2021, n. 9461; Cass. 20/01/2021, n. 995; Cass. 16/01/2019, n. 873; Cass. 27/06/2018, n. 16987; Cass. 26/05/2016, n. 10891).
3.2. L’apprezzamento in ordine alla gravità dell’inadempimento contrattuale, poi, rappresenta un tipico apprezzamento di fatto (tra le tante, Cass. 22/06/2020, n. 12182; Cass. 30/03/2015, n. 6401), riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità soltanto nei circoscritti limiti delle anomalie motivazionali rilevanti ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., nel caso non adombrate (se non in maniera del tutto anapodittica ed assertiva, e quindi inidonea ad adire questa Corte) da parte ricorrente.
Al fondo, la diffusa argomentazione svolta dall’impugnante si risolve in una sollecitazione al riesame delle emergenze istruttorie volto
AVV_NOTAIO. est. NOME COGNOME
ad una ricostruzione della quaestio facti in termini differenti da quella operata nei gradi di merito: in tutta evidenza, un’attività estranea alla natura ed alla funzione del giudizio per cassazione.
3.3. Del pari inammissibile l’impugnazione formulata in relazione all’a rt. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.: il fatto decisivo per il giudizio considerato da quest’ultima norma è da intendersi in senso storico-naturalisitico, considerato nella sua oggettiva esistenza di concreto accadimento di vita, con esclusione (tra l’altro) di questioni o argomentazioni difensive, elementi istruttori o risultanze probatorie (Cass. 26/04/2022, n. 13024; Cass. 31/03/2022, n. 10525; Cass. 08/11/2019, n. 28887; Cass. 29/10/2018, n. 27415).
Per converso, ancora una volta, la ricorrente si duole della omessa considerazione di risultanze istruttorie, nemmeno puntualizzando quali siano i « fatti », nella corretta accezione ora definita, ignorati dalla impugnata decisione.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenzxa.
A ttesa l’i nammissibilità del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore di parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in euro 7.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza Sezione