Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8994/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 739/2017, depositata il 30/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto che le aveva ingiunto il pagamento di euro 20.660,55 in favore della RAGIONE_SOCIALE, quale pagamento di tre fatture, la prima a titolo di saldo per l’attività di manutenzione svolta da RAGIONE_SOCIALE in favore dell’opponente su un gruppo elettrogeno installato in una centrale di autoproduzione di energia elettrica, la seconda per riparazioni extracontratto e la terza per il ritiro del macchinario e il trasporto presso la sede di RAGIONE_SOCIALE, nonché per la redazione di un preventivo per la riparazione. L’opponente deduceva che nulla era dovuto a RAGIONE_SOCIALE a causa del suo inadempimento, inadempimento che le aveva causato ingenti danni di cui chiedeva in via riconvenzionale il risarcimento.
L’opposizione è stata respinta dal Tribunale di Vercelli con la sentenza n. 48/2016.
La sentenza è stata impugnata da NOME. La Corte d’appello di Torino – con la sentenza 30 marzo 2017, n. 739 – ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Memoria è stata depositata dalla ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in sette motivi, i primi cinque relativi al rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente e gli ultimi due relativi all’accoglimento della domanda di condanna al pagamento degli importi fatturati azionata dalla controparte in via monitoria:
il primo motivo contesta nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 112, 115, 101, 163, 167, 183 c.p.c., in quanto la sentenza d’appello non ha statuito in ordine agli specifici motivi dedotti da NOME come motivi A, B e C e comunque per avere individuato quali cause del grippaggio
inadempimenti che non sono stati eccepiti da CGT, o che non lo sono stati tempestivamente, e per non avere dato rilievo causale all’inadempimento di CGT agli obblighi di manutenzione ordinaria, che comprendevano l’esecuzione di prove baroscopiche;
il secondo motivo denuncia nullità della sentenza o del procedimento perché, in violazione dell’art. 112 c.p.c., il giudice d’appello non ha statuito in ordine al motivo sub B dell’atto di appello, con cui NOME aveva censurato la sentenza di primo grado che non aveva preso in considerazione la domanda di risarcimento dei danni per l’inadempimento di CGT, consistito nell’omessa tempestiva esecuzione degli interventi di manutenzione straordinaria, interventi che da soli avrebbero evitato il grippaggio del motore;
il terzo motivo fa valere ‘travisamento della perizia e motivazione omessa o comunque insufficiente e incongrua circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.’, in quanto la Corte d’appello ha erroneamente interpretato la consulenza tecnica d’ufficio, ritenendo che avesse ‘individuato in concreto una serie di cause delle incrostazioni e ritenuto che tali cause fossero imputabili a NOME e laddove ha erroneamente ritenuto che la sentenza di prime cure avesse confermato tale ricostruzione’, vizio ravvisabile anche se la Corte ‘avesse inteso decidere in siffatto modo discostandosi dalla consulenza tecnica d’ufficio e dalla sentenza di prime cure’;
il quarto motivo contesta ‘nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 112 e 101 c.p.c., 1362 e 1363 c.c., motivazione omessa o comunque insufficiente e incongrua’ laddove la sentenza ha escluso l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE all’obbligo di eseguire le indagini baroscopiche in quanto RAGIONE_SOCIALE non avrebbe comunicato il numero di scatti motore, questione mai prospettata da alcuno sino alla sentenza di appello e comunque in contrasto con ‘il contratto in essere tra le parti, che prevede
l’obbligo di CGT di eseguire una volta all’anno le indagini baroscopiche’;
il quinto motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1460 e 1665 c.c., motivazione omessa o comunque insufficiente e incongrua’, laddove la sentenza impugnata ha addossato a NOME la responsabilità del grippaggio del motore e ha posto sullo stesso piano l’obbligo contrattuale di CGT con l’onere di NOME di indicare il numero di scatti del motore, onere quest’ultimo non sinallagmaticamente collegato con la prestazione di CGT;
il sesto motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1660 e 1672 c.c., motivazione omessa o comunque insufficiente e incongrua’, laddove la sentenza impugnata ha statuito che la fatturazione delle operazioni di trasporto e smontaggio erano state effettuate secondo le pattuizioni contrattuali; va infatti considerato che RAGIONE_SOCIALE ha rifiutato di eseguire il lavoro al prezzo preventivato di euro 11.500 e che pertanto trattandosi di importo enormemente superiore le parti potevano recedere con diritto per l’appaltatore a un’equa indennità ai sensi dell’art. 1660 c.c.; l’affermazione della Corte d’appello che individua nel contratto la fonte per la determinazione dell’importo è immotivata posto che non spiega come la stessa sia arrivata a determinare la somma di euro 13.500 applicando l’art. 4 del contratto;
il settimo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2710 c.c., nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 115 c.p.c.’, laddove la Corte d’appello ha ritenuto rilevante la produzione delle risultanze del libro IVA, invece ritenuta irrilevante dal primo giudice, con statuizione di cui ‘sinceramente non capiamo il senso’, non essendo stato il capo della sentenza di primo grado oggetto di appello da parte di CGT.
Il primo e il secondo motivo non sono fondati. I due motivi, tra loro strettamente connessi, contestano alla Corte d’appello il mancato esame dei motivi di gravame identificati con le lettere A, B e C. I suddetti motivi di gravame – riassunti dalla ricorrente alle pagg. 7 -8 del ricorso – lamentavano:
-il primo ( sub lettera A) come l’affermazione del Tribunale circa la relazione causale tra la scelta dell’olio e il formarsi delle incrostazioni non risultasse ‘fondata su alcunché, tanto meno sui risultati della consulenza tecnica d’ufficio’, incorrendo pertanto la sentenza impugnata nel vizio di motivazione e di violazione del divieto di scienza privata del giudice; inoltre CGT non aveva eccepito tempestivamente alcun inadempimento di RAGIONE_SOCIALE al contratto, così che il Tribunale nel porre a fondamento della sentenza tali inadempimenti aveva violato gli artt. 112 e 101 c.p.c.; il Tribunale aveva poi anche, nel ritenere che ‘ogni questione attinente alla lubrificazione era da ricondurre a NOME‘, erroneamente interpretato il contratto;
-il secondo ( sub lettera B) che il Tribunale aveva affermato la sussistenza in capo alla ricorrente di un onere in punto comunicazione delle ore di funzionamento del motore al fine della programmazione degli interventi di manutenzione e che nulla era stato dedotto dalla ricorrente sul punto, così che non era possibile addossare unicamente a parte convenuta l’effettuazione tardiva degli interventi di manutenzione, la cui rilevanza causale rispetto all’avaria del motore non era stata accertata con certezza dal consulente d’ufficio; in tal modo il Tribunale avrebbe ‘inventato’ una responsabilità di NOME per i ritardi di RAGIONE_SOCIALE escludendo ogni responsabilità di quest’ultima, non considerando le deduzioni al riguardo della ricorrente e la sussistenza di ‘prova evidente che la condotta colposa di RAGIONE_SOCIALE è da sola causa determinante del grippaggio’;
-il terzo ( sub lettera C) che il Tribunale aveva ritenuto che NOME avrebbe dovuto, nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, ‘contestare a CGT la mancata esecuzione delle analisi boroscopiche, pena l’impossibilità di considerare la circostanza al fine del decidere’; con l’opposizione NOME aveva in realtà eccepito l’inadempimento di CGT agli obblighi contrattuali dalla stessa assunti con riferimento sia alla manutenzione ordinaria che a quella straordinaria e le analisi boroscopiche erano previste come attività di manutenzione ordinaria.
Tali motivi il giudice d’appello ha esaminato, cfr . le pagg. 3 -6 della sentenza impugnata. Piuttosto, le censure proposte dall’appellante, oggi ricorrente, non sono state accolte dalla Corte d’appello e qui entrano in gioco pure i successivi tre motivi di ricorso, che contestano anch’essi il rigetto delle censure di cui alle lettere A, B e C.
Iniziamo con la censura, in particolare oggetto del terzo motivo di ricorso, di travisamento della consulenza tecnica d’ufficio, che la Corte d’appello avrebbe interpretato diversamente dal primo giudice, in modo inconsapevole ovvero consapevole. Il vizio non sussiste. Il travisamento della prova, vizio che non è comunque pacificamente denunciabile ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (v. Cass. n. 24395/2020), va individuato nell’ ‘assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori, i contenuti informativi tratti dal giudice’ (così Cass. 13918/2022), mentre nel caso in esame viene contestata la lettura della consulenza tecnica operata dal giudice d’appello, lettura che peraltro non è diversa, a differenza di quanto sostiene la ricorrente, da quella del giudice di primo grado (v. la trascrizione della pronuncia del Tribunale alle pagg. 10 e 11 del controricorso). I giudici di merito hanno infatti ritenuto in base al loro prudente apprezzamento e quali periti peritorum che la causa principale del guasto del motore fosse ascrivibile a problemi di lubrificazione, conclusione che la ricorrente
contesta, ma che non presenta i caratteri della ‘assoluta impossibilità logica’ (v. la trascrizione delle conclusioni del consulente d’ufficio alle pagg. 10 e 11 del controricorso).
L’accertamento in fatto del giudice di merito è contestato dalla ricorrente, che sottolinea la mancata esecuzione di indagini boroscopiche (profilo specificamente oggetto del quarto motivo e trattato anche nel primo) e la non tempestiva esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (in particolare contestata nel secondo motivo), profili che non sono però in grado di superare l’insindacabilità da parte di questa Corte di tale motivato accertamento, avendo appunto il giudice di merito ritenuto – sulla base degli elementi ricavati dalla consulenza d’ufficio – che la causa del blocco del cogeneratore non era attribuibile a CGM, non ‘essendovi prova che un tempestivo intervento avrebbe evitato il danno’; mancando tale prova il giudice di merito ha quindi confermato il rigetto della domanda riconvenzionale, con la quale la ricorrente ha appunto chiesto la condanna di controparte al risarcimento del danno provocato al motore, quantificato nel costo necessario alla riparazione del motore e alle conseguenze del mancato funzionamento del medesimo dal giugno del 2007 alla proposizione della domanda (v. l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo).
Il sesto motivo, che contesta il rigetto della censura d’appello che lamentava il diniego dell’opposizione relativamente all’importo di euro 13.765,50 per le prestazioni eseguite da RAGIONE_SOCIALE successivamente all’avaria e consistenti nel trasporto e nello smontaggio del motore, è infondato. Con l’atto d’appello la ricorrente aveva censurato la decisione del Tribunale (v. le pagg. 27 -31 dell’atto), sostenendo che la fattispecie andava ricondotta all’art. 1660, comma 2 c.c. e che per l’attività svolta si sarebbe potuto riconoscere solo un’equa indennità o un equo indennizzo e che il giudice avrebbe dovuto, in ogni caso, prendere atto che non
vi era accordo sul compenso e determinare l’importo senza richiamare inesistenti tariffe, facendosi orientare anche dalla norma di cui all’art. 1672 c.c. Al riguardo la Corte d’appello ha accertato che la fatturazione delle operazioni di trasporto e smontaggio operazioni autorizzate dalla ricorrente – è stata effettuata secondo le pattuizioni contrattuali, così come previsto dal contratto di manutenzione al punto 4, e che la reale entità del danno poteva essere ‘valutata solo aprendo il motore’. Rispetto alla decisione d’appello, la ricorrente ripropone quanto già dedotto con l’atto di gravame, ossia che la fattispecie deve essere regolata dall’art. 1660 c.c., e lamenta la carenza di motivazione al riguardo, in particolare circa la determinazione della somma. Il giudice d’appello ha – con motivazione sufficiente – accertato che si trattava di operazioni concordate tra le parti che esulavano da quelle di manutenzione ordinaria e – a fronte della specifica pattuizione presente nel contratto concluso tra le parti – ha correttamente ritenuto applicabili le tariffe di CGT, come previsto dal punto 4 del contratto (riportato alle pagg. 36 -37 del ricorso). La ricorrente lamenta poi che il giudice d’appello non abbia specificato come sia arrivato alla determinazione della somma, ma tale determinazione è stata effettuata dalla controparte sulla base appunto delle proprie tariffe e al proposito la ricorrente non offre elementi di contestazione specifica di non corrispondenza alle medesime.
Il settimo motivo è inammissibile per difetto di interesse. Il giudice d’appello ha ritenuto di precisare al termine della motivazione che le risultanze del libro IVA di NOME, prodotto a seguito di ordine di esibizione, non erano – a differenza di quanto sostenuto dal primo giudice – irrilevanti, fornendo elementi di prova delle prestazioni poste alla base del decreto ingiuntivo, con una affermazione del tutto estranea alla ratio decidendi , come
riconosce la stessa ricorrente che sottolinea come l’affermazione del primo giudice non fosse stata censurata in appello.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 4.300, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione