Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7859 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7859 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19749/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
–
ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1402/2019 depositata il 02/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE domandò al Tribunale di Venezia l’accertamento negativo del suo credito residuo, pari ad € 6500,00, in favore della ditta RAGIONE_SOCIALE oltre alla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta.
L’attrice , a sostegno della domanda, espose di svolgere attività di calzaturificio e di aver concluso con la RAGIONE_SOCIALE un contratto con il quale la convenuta si impegnava ad individuare una serie di potenziali clienti, al fine di instaurare seri rapporti di collaborazione commerciale, di seguirne le trattative, di garantire l’assistenza e la consulenza in occasione dei negoziati, di organizzare incontri periodici ed eventi, anche al fine di favorire contatti internazionali.
La Società attrice espose altresì che la RAGIONE_SOCIALE si era resa inadempiente alle obbligazioni derivanti dal contratto ed all’obbligo di presentare almeno dieci distributori per ogni Stato, secondo il target richiesto dalla committente.
Nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE che, in via riconvenzionale, domandò il pagamento dell’ultima tranche, all’esito dei gradi di merito, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 2.4.2019, confermò la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda principale ed accolto la domanda riconvenzionale di pagamento del saldo.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ritenne che la società RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto agli obblighi contrattuali ed all’obbligo di presentare almeno dieci distributori per ogni Stato, secondo il target richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’ar.360, comma 1, n.4 c.p.c., perché il giudice di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento dell’inadempimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE , con riferimento a tutte le obbligazioni contrattuali nascenti dal contratto e non solo alla garanzia di prestazione. In particolare, la Corte d’appello non avrebbe considerato che il contratto prevedeva l’impegno da parte della RAGIONE_SOCIALE di individuare una serie di prestazioni ( individuare potenziali clienti, instaurare seri rapporti di collaborazione commerciale, seguire le trattative con i clienti, garantire l’assistenza e la consulenza in occasione dei negoziati, organizzare incontri periodici ed eventi) e non solo di garantire il contatto con almeno dieci distributori per ogni Stato.
Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello omess o di interpretare, in modo complessivo, tutte le clausole contrattuali, e per avere, a fronte di quindici distinte obbligazioni gravanti su Le Monde, esaminato unicamente l’obbligazione prevista dalla ‘garanzia di prestazione’.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce il vizio di nullità della sentenza per violazione dell’art.132, comma 2, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per vizio di motivazione apparrente in ordine all’adempimento, da parte della Le
RAGIONE_SOCIALE, di individuare e mettere in contatto con la società ricorrenti distributori del target richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE A dire della società ricorrente, la Corte d’appello avrebbe frettolosamente affermato che la prova testimoniale, nella specie le dichiarazioni della testa COGNOME, fossero generiche mentre dall’esame di detta testimonianza risulterebbe che i distributori messi in contatto dalla RAGIONE_SOCIALE con la ricorrente commerciavano solo scarpe da uomo, ricercavano taglie non prodotte dalla RAGIONE_SOCIALE oppure scarpe di bassa qualità, caratteristiche non in linea con i prodotti realizzati dalla società attrice.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce, infine, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per avere la Corte d’appello , con motivazione apparente e contraddittoria, considerato irrilevante la copiosa documentazione prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE, da cui risulterebbe che molti clienti non erano stati informati del meeting organizzato dalla RAGIONE_SOCIALE, tanto che si sarebbero presentati pochissimi distributori. La ricorrente lamenta, inoltre, gravi deficit organizzativi, a causa dei quali, sarebbe stato annullato un altro importante evento a Londra.
I motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Le doglianze della società ricorrente vertono intorno all’interpretazione del contratto ed alla valutazione delle prove dell’inadempimento della prestazione da parte della RAGIONE_SOCIALE
L’interpretazione del contratto appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito ed il sindacato della Corte di cassazione è limitata alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla
ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (tra le altre, Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465).
Ne consegue che la denuncia in cassazione di un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., essendo necessario specificare i canoni che in concreto assuma violati e, in particolare, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, giacchè le doglianze non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. E’ stato, inoltre affermato, che l’interpretazione fornita dal giudice di merito non è l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni; pertanto, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319; Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536; Cass. 7500/2007; 24539/2009).
Nel caso di specie, la Corte d’appello, dopo aver testualmente riportato tutte le obbligazioni previste in contratto, in conformità ai canoni previsti dall’art.1362 e segg. c.c., ha accertato, sulla base delle prove orali e documentali che la RAGIONE_SOCIALE aveva adempiuto alla prestazione di reperimento di potenziali distributori, nel numero minimo di dieci stabilito nell’accordo.
La Corte territoriale, nell’ambito della valutazione della prova testimoniale, ha verificato che i potenziali clienti erano in linea con il target richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE e che non rientrava nella sua sfera di responsabilità della RAGIONE_SOCIALE la circostanza che detti
potenziali clienti non fossero presenti al meeting di Parigi, così come l’annullamento del meeting di Londra non era imputabile alla società convenuta, che aveva individuato il numero dei potenziali clienti, secondo le previsioni contrattuali.
La sentenza si sottrae al vizio di omessa pronuncia, avendo statuito sulla domanda di accertamento negativo del pagamento del saldo e sull’eccezione di inadempimento, verificando tutte le obbligazioni nascenti dal contratto, con congrua motivazione, che si pone oltre il minimo costituzionale (v. pag. 5 sentenza) .
In materia di vizio di motivazione, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8053 del 7.4.2014, hanno affermato che la riformulazione dell’art.360, comma 1, n.5 disposta dal D.L. 22.6.2012, n.83, art. 54, convertito nella L. 7.8.2012, n.134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si traduce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
A ciò aggiungasi che il vizio di motivazione apparente, secondo il costante orientamento di questa Corte, ricorre solo quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 2023; v. anche Sez. U, Sentenza n. 22232
del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Nel caso in esame, tali gravi anomalie motivazionali sono da escludere.
La censura della ricorrente, invero, sotto la formale deduzione della violazione di legge, investe in sostanza la valutazione delle prove e il percorso motivazionale della sentenza (come espressamente si sostiene a pag. 18 del ricorso), sollecitando un inammissibile terzo grado di giudizio.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3 .800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 28 novembre 2024.