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Inadempimento contrattuale: la restituzione del premio

Un fornitore di bevande ha citato in giudizio un gestore di locali per inadempimento contrattuale, non avendo quest’ultimo rispettato l’obbligo di acquisto minimo pattuito. A fronte dell’accordo, il fornitore aveva versato una somma a titolo di incentivo. Il Tribunale ha condannato il gestore, rimasto contumace, alla restituzione proporzionale della somma e al pagamento delle fatture insolute, ribadendo i principi sull’onere della prova.

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Inadempimento Contrattuale: la Restituzione del Premio per Mancato Acquisto Minimo

Un recente caso affrontato dal Tribunale di Monza offre uno spunto cruciale per analizzare le conseguenze dell’inadempimento contrattuale nell’ambito dei contratti di somministrazione, specialmente quando sono presenti clausole di acquisto minimo legate a incentivi economici. La sentenza chiarisce la ripartizione dell’onere della prova e le conseguenze per la parte che non rispetta gli accordi, soprattutto se decide di non difendersi in giudizio. Questo scenario è molto comune nei rapporti tra fornitori e gestori di locali, dove spesso vengono offerti contributi iniziali in cambio di impegni di fornitura a lungo termine.

I Fatti di Causa: L’Accordo di Fornitura e il Mancato Acquisto

Il caso ha origine da un contratto di fornitura stipulato nel dicembre 2021 tra una società fornitrice di bevande e una società che gestisce un locale. L’accordo prevedeva due impegni principali per il gestore:

1. Esclusività: Vendere solo marche di birra fornite dalla controparte.
2. Acquisto Minimo: Acquistare un quantitativo minimo di 375 ettolitri di birra in fusto per tutta la durata del contratto.

Come incentivo e contropartita per questo impegno, la società fornitrice aveva versato al gestore una somma significativa di 36.600,00 euro. Il contratto specificava chiaramente che tale somma doveva essere restituita in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di acquisto.

Tuttavia, nel corso del rapporto, il gestore si è reso gravemente inadempiente, acquistando solamente 16 ettolitri di birra, con un ammanco di ben 359 ettolitri rispetto all’impegno preso. Oltre a ciò, il gestore non aveva saldato diverse fatture per la merce regolarmente fornita, accumulando un ulteriore debito.

Di fronte a questo duplice inadempimento contrattuale, il fornitore ha agito in giudizio per ottenere la condanna del gestore al pagamento di due importi: la restituzione proporzionale della somma versata come incentivo e il saldo delle fatture insolute.

La Decisione del Tribunale e l’Onere della Prova

Il Tribunale ha accolto integralmente le domande della società fornitrice. Un elemento decisivo del processo è stata la contumacia della società convenuta, la quale, pur essendo stata regolarmente notificata, non si è costituita in giudizio per difendersi.

La decisione si fonda su un principio cardine del diritto civile: l’onere della prova. Il giudice ha richiamato il consolidato orientamento della Corte di Cassazione (in particolare la celebre sentenza a Sezioni Unite n. 13533/2001), secondo cui in un’azione per inadempimento contrattuale:

* Il creditore (il fornitore) deve semplicemente provare l’esistenza del contratto (la fonte del suo diritto) e allegare l’inadempimento della controparte.
* Il debitore (il gestore) ha l’onere di provare di aver adempiuto correttamente alla propria obbligazione.

In questo caso, il fornitore ha depositato in giudizio il contratto, la prova del bonifico effettuato e le fatture emesse, soddisfacendo pienamente il proprio onere probatorio. Al contrario, il gestore, rimanendo contumace, non ha fornito alcuna prova di aver raggiunto il quantitativo minimo di acquisto o di aver saldato le fatture. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto provato l’inadempimento e ha condannato il gestore al pagamento di quanto richiesto.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della sentenza sono lineari e si basano su due pilastri. Il primo è l’applicazione rigorosa delle regole sull’onere della prova. La mancata costituzione in giudizio del debitore ha reso il suo inadempimento un fatto non contestato e, comunque, non smentito da alcuna prova contraria. Il giudice ha semplicemente preso atto della documentazione prodotta dal creditore, che era sufficiente a dimostrare la fondatezza delle sue pretese. Il secondo pilastro è la chiara previsione contrattuale. Le clausole che legavano il contributo economico all’acquisto minimo erano esplicite e non lasciavano spazio a interpretazioni. La violazione di tale obbligo ha fatto scattare, come da contratto, il diritto del fornitore a ottenere la restituzione proporzionale della somma.

Le Conclusioni

La sentenza esaminata offre importanti lezioni pratiche. Innanzitutto, sottolinea la validità e l’efficacia delle clausole di acquisto minimo, strumenti contrattuali molto diffusi che, se ben formulati, offrono una solida tutela al fornitore. In secondo luogo, evidenzia i rischi gravissimi derivanti dalla scelta di non difendersi in un processo (contumacia): l’assenza dal giudizio non ferma il corso della giustizia e, di fatto, equivale a lasciare campo libero alle pretese della controparte, se queste sono supportate da prove adeguate. Infine, ribadisce un principio fondamentale: nei rapporti contrattuali, è sempre onere di chi è obbligato a una prestazione dimostrare di averla eseguita correttamente.

Chi deve provare cosa in caso di inadempimento contrattuale?
In base alla sentenza, il creditore che agisce in giudizio deve provare solo l’esistenza del contratto (la fonte del suo diritto di credito) e affermare l’inadempimento del debitore. Spetta invece al debitore l’onere di dimostrare di aver esattamente adempiuto alla propria obbligazione.

Quali sono le conseguenze se non si raggiunge il quantitativo minimo di acquisto previsto in un contratto di somministrazione?
Se il contratto lo prevede esplicitamente, come nel caso di specie, il mancato raggiungimento del quantitativo minimo di acquisto costituisce un inadempimento che può obbligare la parte inadempiente a restituire, in tutto o in parte, eventuali somme ricevute a titolo di incentivo o contributo.

Cosa succede se una parte non si presenta in giudizio per difendersi?
La parte viene dichiarata ‘contumace’. Il processo prosegue in sua assenza e questa perde l’opportunità di presentare le proprie difese e prove. Se la parte che ha iniziato la causa fornisce prove sufficienti a sostegno della sua domanda, è molto probabile che ottenga una sentenza favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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