Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1432 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1432 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
OGGETTO: inadempimento contrattuale
R.G. 8499/2020
C.C. 16-11-2023
sul ricorso n. 8499/2020 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO controricorrente e ricorrente incidentale
avverso la sentenza n. 857/2019 della Corte d’appello di Messina pubblicata il 22-11-2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1611-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME convenne NOME COGNOME avanti il Tribunale di Patti, esponendo che con scrittura privata datata 22-5-1999 aveva consentito al convenuto di depositare sul fondo di sua proprietà in
comune di Terranova materiale terroso vegetale sciolto e privo di pietrame fino al 28-22000, con l’accordo che alla scadenza il convenuto avrebbe restituito il fondo sistemando il piano di campagna al livello preesistente con uno strato terroso vegetale di almeno un metro, provvedendo anche allo spianamento meccanico, nonché corrispondendo indennità di £.20.000.000 per ettaro. L’attore lamentò di avere ricevuto solo £.1.500.000 e chiese il pagamento dell’indennità pattuita, nonché il risarcimento dei danni per inadempimento, anche con riferimento a buca di dieci metri di profondità lasciata sul fondo.
Il convenuto NOME COGNOME si oppose alla domanda, dichiarando di avere pagato il dovuto e di non essere l’autore della buca e, ammesse le prove orali e consulenza tecnica d’ufficio , con sentenza n. 88/2013 il Tribunale di Patti condannò il convenuto al pagamento a favore dell’attore di Euro 94.714,00 a titolo di risarcimento dei danni per non avere rimesso in pristino il fondo e di Euro 1.616,51 a titolo di indennità prevista dalla scrittura privata.
2.Propose appello NOME COGNOME e la Corte d’appello di Messina, dopo avere disposto nuova consulenza tecnica per quantificare il danno per equivalente sulla base del raffronto tra il valore del terreno e il costo delle opere necessarie alla rimessione in pristino, con sentenza n. 857 pubblicata il 22-11-2019 ha confermato la pronuncia di condanna al pagamento di indennità di Euro 1.616,51 e, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato NOME COGNOME al risarcimento del danno quantificato in Euro 53.232,00, con la rivalutazione dal 3-11-2004 fino alla data della sentenza, compensando le spese di entrambi i gradi.
La sentenza ha dichiarato che era la lettura della scrittura privata 22-5-1999 a fornire gli elementi per la decisione, perché nella scrittura, oltre all’obbligo di sistemare il piano di campagna al livello preesistente, NOME COGNOME si era assunto tutte le responsabilità
‘per oneri e danni, anche nei confronti di terzi, derivanti dall’attività consentita nel fondo COGNOME, esonerando quest’ultimo da qualsiasi conseguenza per esso pregiudizievole’; ha aggiunto che, con la consegna del fondo, COGNOME ne era divenuto custode e responsabile ex art. 2051 cod. civ.; tale situazione, a fronte delle risultanze istruttorie, le quali avevano acclarato che la buca era stata scavata, imponevano il rigetto del primo motivo di appello con il quale l’appellante aveva dedotto il difetto di prova sul suo inadempimento e sulla sua responsabilità risarcitoria per la presenza della buca.
Di seguito la sentenza ha considerato che il consulente d’ufficio nominato in appello aveva concluso per un valore venale del fondo di Euro 53.232,00, comprensivo del costo del movimento terra pari a Euro 432,00; tale valore era il risultato del prodotto del valore di Euro 11,00 dell’area a mq. rapportato alla superficie di mq. 4.800 , che era molto più estesa e pari al doppio di quella individuata dal consulente d’ufficio di primo grado. Ha considerato che il c.t.u. nominato dalla Corte aveva fondato il suo ragionamento sul fatto che l’attività estrattiva, così come quella riempitiva, non poteva interessare solo l’area interessata dalla buca misurata in mq. 2.315 ma anche le aree circostanti, stante l’impossibilità per i mezzi meccanici di operare solo nell’ area della buca e la necessità di sconfinare nelle aree adiacenti.
3.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, sulla base di tre motivi e NOME COGNOME ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto anche ricorso incidentale affidato a unico motivo.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 16-11-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Nella memoria depositata ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. il ricorrente ha anche dato atto che con sentenza n. 80/2022 passata in giudicato la Corte d’appello di Messina ha revocato la sentenza impugnata in punto rivalutazione della somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno, disponendo che la rivalutazione decorresse dal 15-12-2017 anziché dal 3-11-2004; pertanto ha dichiarato che il suo terzo motivo di ricorso, relativo alla decorrenza degli interessi, doveva intendersi rinunciato.
2. Con il primo motivo ‘ violazione e/o falsa applicazione degli articoli: 2051 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n.3 c.p.c., -112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già costituente ogg etto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c.’ il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto in debita considerazione i motivi di censura sulla mancanza di prova di responsabilità d i NOME COGNOME nell’escavazione della buca fonte di danno, che egli aveva svolto nel l’atto di appello. Deduce il vizio di ultrapetizione, in quanto l’attore aveva posto a fondamento della sua domanda risarcitoria la responsabilità del convenuto per avere scavato la buca e invece il giudice di appello aveva supposto un obbligo di custodia a carico del convenuto, derivatogli dalla presunta consegna del terreno, con conseguente responsabilità risarcitoria ex art. 2051 cod. civ.; lamenta che la corte abbia introdotto nuovi elementi di fatto sui quali basare la responsabilità risarcitoria, in quanto nulla faceva presumere che dalla clausola contrattuale discendesse l’elezione del convenuto a custode del fondo, perché oggetto del contratto era solo l’autorizzazione al deposito del materiale vegetale e non risultava neppure che la buca fosse stata scavata nel periodo di vigenza del contratto. Aggiunge che è stata impropria anche l’applicazione
dell’art.2051 cod. civ., in quanto la disposizione disciplina l’ipotesi dei danni provocati a terzi dalla cosa in custodia e non i danni derivati alla stessa cosa in custodia, mentre per il resto la motivazione è carente e insufficiente a fondare un giudizio di responsabilità in capo a NOME COGNOME.
2.1.Il motivo è inammissibile, dovendosi fare applicazione del principio secondo il quale, qualora la decisione si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse a una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’i ntervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione resa (Cass. Sez. U 15-4-2021 n.10012, in motivazione, Cass. Sez. 5 11-5-2018 n. 11493 Rv. 648023-01, Cass. Sez. 3 14-2-2012 n.2108 Rv. 621882).
La sentenza impugnata ha rigettato il motivo di appello con il quale NOME COGNOME aveva censurato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto la sua responsabilità per la buca scavata sul fondo, facendo riferimento sia alla responsabilità contrattuale gravante su NOME COGNOME sia alla responsabilità ex art. 2051 cod. civ. Infatti, la sentenza ha specificamente e testualmente richiamato la clausola del contratto, secondo la quale COGNOME assumeva non solo l’obbligo di sistemare il piano di campagna, ma anche tutte le responsabilità per eventuali danni derivanti dall’attività consentita nel fondo e sulla base di questo dato ha ritenuto la responsabilità dell’appellante ora ricorrente; di seguito, ha evidenziato l’esistenza anche dei presupposti per ritenere la responsabilità ex art.2051 cod. civ. e perciò ipotesi di responsabilità extracontrattuale. Il profilo della responsabilità contrattuale gravante sul contraente COGNOME in forza della clausola
contrattuale valorizzata dalla Corte d’appello non è stata censurata in modo pertinente dal ricorrente, il quale avrebbe dovuto lamentare l’erronea applicazione dei canoni di interpretazione del contratto per sostenere che la sentenza impugnata avesse ritenuto la responsabilità contrattuale sulla base di una erronea lettura del contratto; in mancanza di censura con tale contenuto, la pronuncia sulla responsabilità contrattuale in capo al COGNOME è divenuta irrevocabile e rende inammissibili le sue doglian ze relative all’inesistenza dei presupposti per applicare l’art. 2051 cod. civ.
3 .Con il secondo motivo ‘ violazione e/o falsa applicazione degli articoli: 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4. cpc. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già costituente oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5. c.p .c.’ il ricorrente dichiara che il consulente d’ufficio nominato in appello per quantificare il danno è pervenuto a una doppia conclusione; in un primo momento, fissato il valore del terreno in Euro 11,00/mq e in mq. 4.800 la superficie da sistemare, il c.t.u. ha determinato l’importo di Euro 52.800,00, oltre Euro 432,00 per i lavori di livellamento; a seguito delle osservazioni di NOME COGNOME il quale aveva evidenziato che la buca aveva una estensione di soli mq. 2.135, il consulente d’ufficio aveva giustificato la sua scelta per il fatto che le opere di riempimento della buca avrebbero dovuto comportare la movimentazione di mezzi meccanici anche nell’area circostante, ma comunque aveva determinato il danno anche con riferimento alla minore estensione, in Euro 25.897,00 comprensivo anche di Euro 432,00 per il livellamento. Il ricorrente evidenzia che aveva criticato la prima conclusione, perché le operazioni contingenti al ricolmo dello scavo, peraltro già valutate con l’importo indennitario suppletivo di Euro 432,00, non potevano incidere sul calcolo finale del valore venale del terreno. Lamenta che la sentenza impugnata abbia determinato il
danno in Euro 53.232,00 senza tenere conto della valutazione alternativa eseguita dal consulente d’ufficio e omettendo di vagliare, se non altro per confutarle, le censure da lui mosse, limitandosi a recepire le argomentazioni del consulente d’ufficio, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e con insufficienza argomentativa su fatto decisivo per il giudizio.
3.1.Il motivo è infondato.
In primo luogo, non è configurabile violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per il fatto che la sentenza impugnata abbia recepito la quantificazione del danno eseguita dal consulente d’ufficio senza esplicitare le ragioni per le quali non ha ritenuto di recepire la quantificazione proposta dal consulente d’ufficio in via alternativa in risposta alle osservazioni del consulente di parte. Infatti, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri ufficiosi riconosciuti, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-01, Cass. Sez. 6-3 23-10-2018 n. 26769 Rv. 650892-01).
Inoltre, premesso che il difetto di sufficienza della motivazione pure prospettato dal ricorrente non è denunciabile in sé, si impone il rilievo che il giudice di merito, qualora aderisca alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto e abbia risposto alle osservazioni dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo di motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei
consulenti di parte che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione; ciò in quanto le critiche di parte che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente d’ufficio si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. Sez. 1 16 -11-2022 n. 33742 Rv. 666237-01, Cass. Sez. 6-3 2-2-2015 n. 1815 Rv. 634182-01). Per di più, nella fattispecie la sentenza impugnata, esponendo il ragionamento svolto dal consulente d’ufficio, ha anche esplicitato le ragioni per le quali ha fatto riferimento all’area di mq. 4.800 anziché a quella assai inferiore alla quale aveva proposto di fare riferimento l’ appellante; infatti, ha evidenziato che l’attività estrattiva , come quella riempitiva, non poteva interessare solo l’area circoscritta della buca, ma aveva interessato anche le aree circostanti. In questo modo la sentenza ha anche esplicitato le ragioni in forza delle quali ha recepito le conclusioni del con sulente d’ufficio e tali ragioni non sono censurate con motivi ammissibili dagli argomenti del ricorrente.
4.Con l’unico motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME deduce ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già costituente oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., nella parte in cui è stata decretata la condanna del signor COGNOME al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 53.232,00, sulla base della quantificazione del danno effettuata dal CTU nominato in grado di appello’. Lamenta che la sentenza impugnata abbia determinato l’entità del danno sulla b ase della quantificazione eseguita dal consulente d’ufficio nominato in appello , omettendo di spiegare perché non abbia aderito alla quantificazione del danno eseguita in primo grado; evidenzia che il consulente nominato in primo grado aveva quantificato il danno in Euro 94.714,00, tale importo era stato riconosciuto dal giudice di primo grado e il consulente nominato in secondo grado, seppure aveva considerato una superficie
danneggiata di mq. 4.800 maggiore di quella di estensione della buca, aveva omesso di considerare il volume di scavo stimato dal consulente di primo grado in mq. 9.774,57 e il relativo materiale terroso e vegetale necessario al ripristino del sottosuolo. Quindi, il ricorrente in via incidentale rileva che il primo consulente aveva calcolato il danno sommando il valore della quantità di materiale terroso necessario al ripristino del sottosuolo a quello necessario per la ricostituzione del suolo dello spessore di un metro, mentre il secondo consulente aveva dichiarato che il danno corrispondeva al valore venale del terreno compreso il livellamento da eseguirsi, senza fornire alcuna motivazione circa le ragioni per le quali ha eseguito i diversi calcoli. Richiama le deduzioni che aveva svolto nella sua memoria conclusiva in appello, laddove aveva evidenziato che doveva essere riconosciuto il valore corrispondente alla rimessa in pristino del terreno, in quanto in caso di danneggiamento la rimessa in pristino è la regola. Lamenta che, sul punto del quantum del risarcimento, le motivazioni della sentenza impugnata prescindano del tutto dal contenuto della prima consulenza, senza alcuna spiegazione, così da non sottrarsi alle censure di inadeguatezza e di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
4.1.Il motivo di ricorso incidentale è infondato.
E’ stato posto il principio secondo il quale l’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione attuale consente di censurare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nozione nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice in quanto tale , risolvendosi la critica alla stessa nell’esposizione di argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio (Cass. Sez. 3 2-3-2023 n. 6322 Rv. 666970-01, Cass. Sez. 1 16-3-2022 n. 8584 Rv. 664367-01). Inoltre, nel caso in cui nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche con risultati difformi, la sentenza che abbia motivato uniformandosi a una sola di esse può
essere censurata per cassazione nei limiti dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., ossia qualora l’omessa considerazione dell’altra relazione peritale si sia tradotta in omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso alla controversia (Cass. Sez. L 25-10-2022 n. 31511 Rv. 665999-01, Cass. Sez. 3 26-5-2021 n. 14599 Rv. 661553-01, Cass. Sez. 6-3 7-9-2020 n. 18598 Rv. 659088-01).
Nella fattispecie non può ritenersi che la sentenza impugnata sia viziata da omesso esame di fatto decisivo, perché sulla questione del criterio da adottare per il risarcimento del danno era stato proposto motivo di appello e tale motivo la sentenza ha accolto in quanto, dopo avere disposto consulenza tecnica d’ufficio al fine di quantificare il danno per equivalente, ha recepito i dati forniti dal consulente d’ufficio per provvedere al risarcimento per equivalente; quindi la sentenza, diversamente da quanto lamentato dal ricorrente in via incidentale, ha preso in esame la questione dell’individuazione del criterio adeguato a risarcire il danno e lo ha risolto nel senso censurato dal ricorrente in via incidentale. La circostanza di cui si duole il ricorrente incidentale è riferita in sostanza al fatto che la Corte territoriale non abbia esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di recepire criterio di liquidazione del danno che, secondo la sua prospettazione, è risultato inidoneo a risarcire integralmente i pregiudizi subiti; però, non si tratta di profili integranti vizio ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., perché in proposito si potrebbe al più ritenere un difetto di sufficienza della motivazione e tale difetto in sé è irrilevante, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 co. 6 Cost. (Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01).
5 .L’integrale rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale comporta reciproca soccombenza che giustifica la compensazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito dei ricorsi, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito dei ricorsi, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione