Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17274/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel ricorso: EMAIL
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI CATANIA n. 2493/2018 pubblicata il 26 novembre 2018
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 17 giugno 2015 il Tribunale di Siracusa accertava che la promittente venditrice NOME COGNOME si era resa inadempiente agli obblighi derivanti dal contratto preliminare di
compravendita stipulato il 9/18 gennaio 2018 con NOME COGNOME seguìto da scrittura privata integrativa del 14 marzo 2018, di avente ad oggetto l ‘ appartamento con annessa terrazza proprietà della prima, sito in Siracusa alla INDIRIZZO
Dichiarava, pertanto, valido il recesso esercitato dal promissario acquirente, condannando la Di Felice al pagamento in favore del La China della somma di 20.000 euro, pari al doppio della caparra dallo stesso versata, con l ‘ aggiunta degli interessi legali e delle spese di lite.
La decisione veniva impugnata dalla parte soccombente davanti alla Corte d ‘ Appello di Catania, la quale, con sentenza n. 2493/2018 del 26 novembre 2018, respingeva il gravame, condannando l ‘appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
Rilevava il giudice distrettuale: – che la promittente alienante non aveva osservato l ‘obbligo di tra sferire l ‘immobi le promesso in vendita, libero da formalità pregiudizievoli, entro il termine essenziale convenuto; -che legittimamente, pertanto, il promissario acquirente si era avvalso delle facoltà riconosciute alla parte non inadempiente dall ‘art. 1385, comma 2, seconda parte, c.c..
Avverso quest ‘ultima sentenza, successivamente corretta ex artt. 287-288 c.p.c. con ordinanza del 10 dicembre 2018, la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il La China ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c..
La sola ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso vengono denunciati la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1256, 1385, 1453, 1454 e 1457 c.c.,
nonché il vizio di motivazione .
Al riguardo, si deduce quanto segue.
La Corte d ‘ Appello di Catania ha affermato che con la menzionata scrittura privata integrativa del 14 marzo 2018 la Di Felice aveva assunto l ‘ obbligo di trasferire al La China l ‘ appartamento promesso in vendita libero da trascrizioni, pesi o iscrizioni pregiudizievoli.
In realtà, con la predetta scrittura le parti si erano limitate a prevedere il differimento al 14 marzo 2009 della data di stipula del contratto definitivo di compravendita, al fine di verificare, previo espletamento delle opportune indagini, se l ‘ immobile risultasse identificato in catasto con un numero di subalterno diverso da quello che gli era stato assegnato (9), essendo state riscontrate incongruenze rispetto alla planimetria corrispondente a quel subalterno.
In conformità agli accordi intercorsi con il promissario acquirente, in data 30 giugno 2008 la Di Felice aveva presentato istanza di correzione della sentenza del Tribunale di Siracusa n. 475/2006 del 28 aprile 2006, pronunciata all ‘ esito del giudizio di divisione ereditaria nell ‘ àmbito del quale si era vista assegnare la proprietà dell ‘ appartamento di cui trattasi, indicato come censito in catasto al foglio 26, particella 2174, subalterno 9; istanza che il giudice adìto aveva accolto con ordinanza del 10 febbraio 2019, alla luce dei nuovi accertamenti condotti dal c.t.u. all ‘uopo incaricato, dai quali era emerso che l ‘ esatto numero di subalterno dell ‘ unità immobiliare era l ‘ 11, e non il 9, corrispondente, invece, a quello dell ‘ appartamento attiguo di proprietà dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Soltanto dopo l ‘ emissione della citata ordinanza, intervenuta ben prima della scadenza dell ‘ anzidetto termine del 14 marzo 2009, definito essenziale dalle parti, si era appurato che sull ‘ immobile distinto dal subalterno 11 -numero originariamente attribuito, a
causa dell ‘ evidenziato scambio di dati catastali, alla diversa unità immobiliare di proprietà dei sunnominati Arosio-COGNOME Amicogravavano formalità pregiudizievoli (un pignoramento e un ‘ ipoteca volontaria), la cui esistenza costituiva un nuovo, inatteso, impedimento alla stipula del definitivo.
Con ulteriori profili di doglianza sviluppati nel contesto del medesimo motivo si rimprovera alla Corte etnea di aver trascurato di considerare: – che nella proposta d ‘ acquisto formulata dal La China e accettata dalla Di Felice non era stato previsto l ‘ obbligo di ; -che la diffida ad adempiere inviata dal promissario acquirente con lettera raccomandata a.r. del 20/23 marzo 2009 implicava rinuncia all ‘ effetto risolutivo automatico conseguente alla scadenza del termine essenziale convenzionalmente stabilito per la stipula del definitivo; – che, in ogni caso, nessuna colpa era imputabile alla Di Felice, poichè la sopravvenuta scoperta dell ‘ esistenza di formalità pregiudizievoli gravanti sull ‘ immobile identificato con il subalterno 11 aveva determinato una situazione di temporanea impossibilità della prestazione, a sua volta comportante la sospensione del termine essenziale predetto; -che all ‘udie nza di precisazione delle conclusioni svoltasi nel giudizio di primo grado, dopo che l ‘i mpedimento era ormai stato superato, la promittente venditrice si era dichiarata disponibile alla stipula dell ‘ atto pubblico di trasferimento, senza che però la controparte prendesse un ‘ esplicita posizione sul punto.
Con il secondo motivo, rubricato , si contesta alla Corte d ‘A ppello di aver erroneamente affermato, in contrasto con le evidenze documentali, che con la scrittura privata integrativa del
14 marzo 2009 la COGNOME si era impegnata a trasferire al La China l ‘ appartamento e l ‘anness a terrazza promessi in vendita .
Si sostiene, in proposito, che il giudizio sull ‘i mputabilità dell ‘ inadempimento sarebbe stato diverso qualora la documentazione prodotta in atti fosse stata correttamente valutata dalla Corte etnea.
Il primo motivo è inammissibile sotto entrambi i profili dedotti, atteso che:
-dietro il velo della denuncia del vizio di violazione o falsa applicazione di legge -consistente nell ‘inesatta ricognizione della fattispecie normativa astratta o nell ‘errone a sussunzione in essa della fattispecie concreta, così come ricostruita dal provvedimento impugnato-, la censura si risolve, per la prima parte, nella pretesa di un diverso e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti al processo, involgente un aspetto interno all ‘ àmbito di discrezionalità del giudice di merito nell’apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova (cfr., ex ceteris , Cass. n. 5782/2023, Cass. n. 5573/2023, Cass. n. 4366/2023, Cass. n. 2535/202, Cass. n. 2741/2015): si tenta, per questa via, di trasformare surrettiziamente il giudizio di legittimità in un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 8758/2017, Cass. n. 14159/2015);
-il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria, non è più deducibile in cassazione a sèguito della riformulazione dell ‘art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. operata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, per effetto della quale il sindacato di legittimità sulla motivazione deve ormai ritenersi circoscritto alla sola verifica dell ‘ inosservanza del c.d. «minimo costituzionale» richiesto dall ‘ art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all ‘ art. 132,
comma 2, n. 4) c.p.c.- di «mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «motivazione apparente», di contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di «motivazione perplessa od incomprensibile», purchè l ‘ anomalia motivazionale emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis , Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. n. 12241/2020, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022).
Il secondo motivo è anch ‘es so inammissibile, in quanto:
-in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (c.d. ), il ricorso per cassazione può essere proposto solamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell ‘ art. 360, comma 1, c.p.c., in virtù del combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter dello stesso codice, applicabile ratione temporis ; né la ricorrente ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo e di secondo grado sono fra loro diverse (cfr. Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 13064/2022, Cass. n. 18867/2020, Cass. n. 8515/2020);
-il vizio di motivazione contraddittoria non è più deducibile in cassazione, come si è già detto sopra;
-la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. si configura allorchè il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola fissata da tale norma, abbia fondato la decisione su prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dai poteri officiosi riconosciutigli, non anche quando il medesimo, nel valutare le prove offerte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo quest ‘ attività consentita dall ‘ art. 116 del codice di rito (cfr., ex multis , Cass. n. 10623/2023, Cass. n. 5249/2023, Cass. n. 37839/2022, Cass. n. 15300/2022, Cass. n. 10463/2022, Cass. Sez. Un. n. 20867/2020);
-una censura relativa alla violazione o falsa applicazione dell ‘ art. 116 c.p.c. può essere formulata soltanto ove si alleghi che il giudice di merito abbia disatteso delle prove legali, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, o per contro abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza alcun apprezzamento critico, elementi probatori soggetti a valutazione (cfr. Cass. n. 6774/2022, Cass. n. 4727/2022, Cass. n. 40227/2021, Cass. n. 23534/2020, Cass. n. 3657/2020).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 3.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 25 ottobre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME