Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3153 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 30406/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliate in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrenti e ricorrenti incidentali e contro
COGNOME c.f. DDNGPP60D068D237Z, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
OGGETTO:
contratto preliminare di compravendita di immobile
RG. 30406/2019
P.U. 30-1-2025
con domicilio digitale EMAIL controricorrenti
nonché contro
COGNOME, COGNOME
intimate avverso la sentenza n. 233/2019 della Corte d’Appello di Lecce, depositata in data 11-3-2019,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30-12025 dal consigliere NOME COGNOME sentito il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dott. NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Lecce sezione distaccata di Maglie NOME COGNOME esponendo che NOME COGNOME aveva sottoscritto il 7-10-1997 con la convenuta un contratto preliminare di compravendita avente a oggetto compendio di terreni agricoli con fabbricati in Comune di Supersano, nel quale il 30-1-1999 era subentrata NOME COGNOME con l’accordo della promittente venditrice convenuta; hanno dichiarato che sul prezzo pattuito di Lire 220.000.000 gli attori avevano versato la somma complessiva di Lire 175.000.000 in più soluzioni e hanno lamentato che la convenuta, sebbene più volte sollecitata, non si era munita della documentazione catastale e tecnica necessaria al rogito e più volte aveva posticipato la conclusione del contratto definitivo; quindi hanno diffidato la convenuta a presentarsi il 20-3-2000 davanti al notaio Vinci per la stipula del contratto definitivo, offrendo il pagamento del saldo di Lire 45.000.000 e, per il caso della persistenza del comportamento ostruzionistico della convenuta, hanno chiesto
l’emissione di sentenza ex art. 2932 cod. civ. e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.
Si è costituita NOME COGNOME dichiarando che la mancata conclusione del contratto definitivo era stata determinata dal mancato pagamento del prezzo nonostante il decorso del termine essenziale previsto nel contratto preliminare del 31-12-1997 e chiedendo in via riconvenzionale la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per il decorso del termine essenziale o per colpa degli attori e la loro condanna al risarcimento dei danni.
Dopo che la causa era stata trattenuta in decisione, con ordinanza depositata il 6-8-2005 è stata rimessa in istruttoria e il giudice ha disposto consulenza tecnica d’ufficio per accertare se la documentazione disponibile fosse sufficiente al fine del rogito, chiedendo nel contempo agli attori di chiarire le conclusioni a fronte del fatto che il compendio immobiliare era stato nel frattempo ceduto a terzi. All’udienza di data 11 -122009 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE società costituita dalla convenuta NOME COGNOME e dalle nipoti NOME e NOME COGNOME alla quale NOME COGNOME aveva conferito tutti i suoi beni immobili con atto del 5-9-2000.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, eccependo la nullità dell’atto di citazione per chiamata in causa per la mancata indicazione di causa petendi e petitum e il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto estranea al rapporto obbligatorio e, per la medesima ragione, il difetto di legittimazione attiva degli attori nei suoi confronti.
La causa è stata interrotta una prima volta per il decesso dell’attore NOME COGNOME per cui si sono costituiti quali eredi i figli NOME NOME e NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME e una seconda volta per il decesso della convenuta NOME COGNOME per cui si sono costituite quali eredi NOME e NOME COGNOME.
Con sentenza non definitiva n. 707/2014 il Tribunale di Lecce sezione distaccata di Maglie ha rigettato le eccezioni preliminari sollevate da RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato la domanda ex art. 2932 cod. civ. degli attori per l’impossibilità del trasferimento dell’immobile, ha rigettato le domande riconvenzionali e ha rimesso la causa in istruttoria per la determinazione del danno patito dagli attori.
Avverso la sentenza hanno proposto appello immediato NOME e NOME COGNOME nonché RAGIONE_SOCIALE e si sono costituiti in appello NOME COGNOME e NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME anche quali eredi della madre NOME COGNOME. Con sentenza n. 233/2019 depositata in data 11-32019 la Corte d’appello di Lecce ha integralmente rigettato l’appello e confermato la sentenza impugnata.
La sentenza ha rigettato il primo motivo di appello, con il quale le appellanti COGNOME avevano censurato la sentenza di primo grado per non avere condannato le controparti al rilascio del bene nonostante il rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ.; dato atto che la pronuncia di rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ. era passata in giudicato, ha rilevato che non era configurabile omessa pronuncia in quanto la sentenza impugnata era non definitiva. Ha dichiarato inammissibile la censura svolta nello stesso motivo dalle appellanti per lamentare che la sentenza impugnata non avesse dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento dei danni degli attori, rilevando che sulla domanda risarcitoria il giudice di primo grado non si era pronunciato. Ha rigettato il secondo motivo di appello, con il quale le appellanti COGNOME avevano censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto l’inadempimento della promittente venditrice e non quello del promissario acquirente e per avere quindi rigettato la domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento formulata dalla promittente venditrice. Ha considerato che il termine di pagamento del saldo prezzo non era essenziale, che la promittente venditrice aveva
accettato pagamenti anche dopo il decorso del termine, che i promissari acquirenti avevano pagato l’ottanta per cento del prezzo, che la mancata conclusione del rogito era da imputare all’inadempimento della promittente venditrice che non aveva provveduto all’accatastamento del fabbricato, la cui mancanza penalizzava il promissario acquirente; ha dato atto che erano tardive le deduzioni in ordine alle modifiche dello stato dei luoghi non conformi alle disposizioni edilizie eseguite dal promissario acquirente, così come il riferimento n ell’atto di appello a documento non prodotto relativo a condotta del promissario acquirente.
La sentenza ha rigettato l’appello di RAGIONE_SOCIALE, che in primo luogo aveva censurato la sentenza di primo grado per avere rigettato la sua eccezione di difetto di legittimazione passiva; ha evidenziato che l’appellante non contestava il principio applicato dalla sentenza impugnata, secondo il quale l’acquirente di immobile doveva considerarsi successore a titolo particolare nel diritto controverso nella causa avente a oggetto il contratto relativo al bene in precedenza stipulato tra il suo dante causa e un terzo; ha dichiarato che la tesi dell’appellante secondo la quale il principio non si applicava nel caso di intervento iussu iudicis non poteva essere accolta, in quanto non vi era differenza tra l’ipotesi in cui il successore intervenisse per sua scelta, per chiamata di una parte o per ordine del giudice e la partecipazione al giudizio costituiva un’opportunità di difesa.
La sentenza ha altresì rigettato l’appello di RAGIONE_SOCIALE laddove aveva censurato la sentenza impugnata per avere rigettato la sua eccezione di nullità dell’atto di chiamata in causa, perché l’atto consentiva di individuare il petitum e la causa petendi e per il resto le considerazioni svolte in ordine all’insussistenza della sua responsabilità riguardavano il merito delle pretese.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno notificato controricorso nel quale hanno proposto ricorso incidentale tempestivo sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con due controricorsi al ricorso principale e al ricorso incidentale.
Sono rimaste intimate NOME e NOME COGNOME alle quali la notificazione del ricorso è stata eseguita a mezzo pec all’indirizzo del difensore nel giudizio di appello avvEMAIL con consegna del piego in data 11-10-2019 e la notificazione del controricorso con ricorso incidentale è stata eseguita dall’ufficiale giudiziario con consegna a mani presso il medesimo difensore avv. NOME
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 30-1-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni, hanno depositato unica memoria la ricorrente e le ricorrenti incidentali e hanno depositato memoria i controricorrenti COGNOME e COGNOME Nelle memorie le parti hanno dato atto della pronuncia, nelle more, della sentenza definitiva del Tribunale di Lecce e del rigetto del relativo appello con sentenza passata in giudicato, nonché del fatto che, in esecuzione di quelle sentenze, l’immobile è stato consegnato ad NOME e NOME COGNOME e le stesse hanno pagato la somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno; quindi la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi, con dichiarazione di inammissibilità del terzo e del quinto motivo di ricorso principale e del secondo motivo di ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse, limitatamente alle questioni relative alla restituzione dell’immobile, chiedendo invece la condanna
delle controparti alla restituzione delle somme a loro pagate; i controricorrenti hanno sostenuto la sopravvenuta cessazione della materia del contendere in ragione della pronuncia della sentenza definitiva passata in giudicato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che la pronuncia e il passaggio in giudicato della sentenza definitiva, che ha pronunciato la condanna alla restituzione dell’immobile a favore delle consorti Mongiò e la condanna delle stesse consorti Mongiò a risarcire il danno e a restituire gli importi ricevuti ai consorti Vizzino, non ha fatto venire meno ogni ragione di contendere tra le parti, come confermato dal fatto che la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali hanno rinunciato soltanto ai motivi di ricorso aventi a oggetto la restituzione dell’immobile.
2.Il primo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 111 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 101 e 102 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 stesso codice violazione del principio del giusto processo (violazione degli artt. 111 c.p.c. e 24 della Costituzione) ‘; la ricorrente lamenta che la sua eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata per il fatto che la società era estranea al rapporto dedotto in lite intercorso tra le parti del contratto preliminare, dopo essere stata rigettata dal giudice di primo grado, sia stata rigettata anche dalla sentenza impugnata; rileva che la sentenza, affermando che ricorreva ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso riconducibile all’art. 111 cod. proc. civ., abbia omesso ogni accertamento sull’esistenza dei presupposti richiesti dall’art. 107 cod. proc. civ. per l’integrazione del contraddittorio iussu iudicis, del quale sostiene difettavano i presupposti; ciò in quanto non vi era comunanza di cause, la domanda principale degli attori di adempimento ex art. 2932 cod. civ. era già stata decisa con il
provvedimento 21.7/6.8.2005, difettava l’esigenza di evitare il conflitto di giudicati e non poteva essere violato il diritto di difesa del terzo.
2.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha dato atto che la sentenza di primo grado aveva fatto applicazione dei principi, che RAGIONE_SOCIALE non contestava, enunciati da Cass. Sez. 2 17-7-2012 n. 12305 (Rv. 623239-01), che ha eseguito una interpretazione costituzionalmente orientata della nozione di ‘diritto controverso’ di cui all’art. 111 cod. proc. civ., rilevando come il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. coniugato con il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. imponga di orientare l’ermeneutica delle disposizioni regolatrici del processo nel senso di concentrare in un unico procedimento la tutela degli interessi coinvolti, ivi comprendendovi l’esame delle vicende lato sensu successorie che li possano interessare; tale interpretazione fa sì che la successione a titolo particolare nel diritto controverso di cui all’art. 111 cod. proc. civ. si abbia indipendentemente dalla natura reale o personale dell’azione fatta valere tra le parti originarie , dovendosi garantire all’acquirente del bene, il quale intenda intervenire nel processo, le stesse possibilità di difesa spettanti al suo dante causa contro le deduzioni avversarie e potendosi, invece, rivelare pregiudizievole per lo stesso acquirente la soggezione all’efficacia riflessa della sentenza inter alios, impugnabile soltanto nell’ambito delle difese esercitate dall’alienante; ne consegue che l’acquirente di un immobile deve essere considerato successore nel diritto controverso, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., nel processo avente a oggetto la validità, la risoluzione o l’esecuzione di contratto preliminare relativo allo stesso bene, stipulato in precedenza tra il dante causa e un terzo. Quindi, secondo l’indirizzo applicato dalla sentenza impugnata (nello stesso senso Cass. Sez. 2 22-6-1965 n. 1309 Rv. 312505-01, Cass. Sez. 2 26-5-2003 n. 8316 Rv. 563567-01,
Cass. Sez. 2 21-8-2020 n. 17582 par.22) e che non è stato oggetto delle censure della ricorrente né in appello né nel ricorso per cassazione, è la qualità di acquirente del bene -che sussiste in capo a RAGIONE_SOCIALE, che ha consentito alla sentenza impugnata di considerarla successore nel diritto controverso ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ. anche nel processo avente a oggetto la validità, risoluzione ed esecuzione del contratto preliminare relativo al bene, stipulato dalla sua dante causa NOME COGNOME Non ha alcun fondamento la tesi della ricorrente secondo la quale le domande relative al contratto preliminare sarebbero state già decise con l’ordinanza 21.7/6.8.2005, perché l’ordinanza aveva contenuto ordinatorio ed è stata la sentenza non definitiva n.707/2014 del Tribunale di Lecce sezione distaccata di Maglie ad avere statuito sul contratto preliminare.
Posto che la sentenza impugnata ha ritenuto, senza censura della ricorrente, che si verta in ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, le critiche svolte dalla ricorrente non colgono nel segno, in quanto sussistono i presupposti per applicare l’ulteriore principio secondo il quale il successore a titolo particolare nel diritto controverso, oltre che spiegare intervento volontario, può assumere la qualità di parte nel processo non solo per effetto della chiamata degli altri contendenti, ma anche per ordine del giudice ai sensi degli artt. 111 co.3 e 107 cod. proc. civ.; ciò, in ogni grado e fase del processo, sicché la chiamata non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall’art. 269 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 26 -8-2019 n. 21690 Rv. 655035-02); in tali casi non si verifica l’invalidità degli atti istruttori in precedenza compiuti in assenza del successore il quale, ove non si avvalga della facoltà di esercitare il suo diritto di difesa con prove idonee a contrastare i risultati di quelle già espletate, non può dolersi che da tale pregressa attività istruttoria vengano tratti elementi di
convincimento anche nei suoi confronti (Cass. Sez. 2 27-3-2024 n. 8302 Rv. 670575-01, Cass. Sez. 3 25-6-1985 n. 3822 Rv. 441401-01, Cass. Sez. 2 14-7-1967 n. 1762 Rv. 328622-01).
Si impone di aggiungere che la conclusione non può essere diversa nel caso in cui si ritenga, secondo quanto si legge in Cass. Sez. 2 6-62023 n. 15762 Rv. 667969-01, ove sono richiamati anche i precedenti nello stesso senso, che nel caso in cui un terzo abbia acquistato la proprietà del bene oggetto del contratto preliminare senza una cessione del contratto preliminare ma a titolo diverso non si verifica la successione nel diritto controverso e il terzo è privo della legittimazione passiva nel giudizio pro posto per l’esecuzione in forza specifica del contratto preliminare, anche in sede di impugnazione. Infatti, rimane insuperabile il dato che nella fattispecie la chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE è stata eseguita ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ. ed è consolidato il principio secondo il quale la chiamata in causa di un terzo ex art. 107 cod. proc. civ. è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado, involgendo valutazioni in ordine all’opportunità di estendere il processo ad altro soggetto, onde l’esercizio del relativo potere, che determina una situazione di litisconsorzio processuale necessario, è insindacabile sia in appello che in sede di legittimità (Cass. Sez. 3 10-11-2023 n. 31312 Rv. 66946601, Cass. Sez. 3 12-7-2023 n. 19974 Rv. 668338-01, Cass. Sez. 1 59-2008 n. 22419 Rv. 604496-01).
3.Il secondo motivo di ricorso principale è intitolato ‘ nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio prospettato dalle parti la cui sussistenza determina la violazione dell’art. 163 nn. 3 e 4 c.p.c. (art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c.) -violazione del principio del giusto processo’; la società ricorrente evidenzia che il Tribunale aveva rigettato la sua eccezione di nullità della chiamata in causa svolta nei suoi confronti per mancanza dei requisiti previsti
dall’art. 163 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., nonostante la domanda proposta nei suoi confronti si concretasse esclusivamente in quanto si leggeva al punto c) delle conclusioni, laddove si chiedeva che, in caso di rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ., f osse accertato l’inadempimento della promittente venditrice e della subentrante RAGIONE_SOCIALE e fossero dichiarate entrambe tenute al risarcimento dei danni; sostiene che tali laconiche affermazioni non contenessero né la causa petendi né il petitum né le ragioni di diritto che li sorreggessero e quindi lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare tale censura, confermando la pronuncia del Tribunale e aggiungendo che le considerazioni dell’appellante attenevano al merito delle pretese; sostiene che il merito delle pretese, pur essendo stato oggetto di specifica impugnazione, non è stato esaminato.
3.1.Il motivo è inammissibile laddove evoca motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., perché le ragioni svolte esulano dall’omesso esame di fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti.
Il motivo è infondato laddove lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 163 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., perché esattamente la sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di qualsiasi vizio dell’atto di chiamata in causa sulla base del rilievo che a RAGIONE_SOCIALE era stato notificato atto nel quale era riprodotto integralmente l’atto di citazione, era stato eseguito il riassunto del processo e quindi risultavano la causa petendi e il petitum; è evidente, dallo stesso richiamo alle conclusioni di cui al punto c) eseguito dalla ricorrente, che la tesi degli attori che avevano eseguito la chiamata in causa su ordine del giudice era che RAGIONE_SOCIALE in quanto acquirente del compendio immobiliare a loro già promesso in vendita, fosse responsabile in via solidale con la promittente venditrice per l’inadempimento della stessa. Come pure esattamente evidenziato dalla sentenza impugnata, le considerazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in ordine all’insussistenza della propria responsabilità attenevano al merito delle pretese.
Non ha rilievo l’ulteriore doglianza della ricorrente, in ordine al fatto che il merito delle pretese, pur formando oggetto di impugnazione, non era stato esaminato, con conseguente ulteriore vizio della sentenza impugnata. In via assorbente rispetto a ogni altra considerazione, si esclude che la sentenza non definitiva di primo grado impugnata contenesse una qualche affermazione nel merito dell ‘esistenza di responsabilità in capo a RAGIONE_SOCIALE che potesse essere oggetto di appello. Ciò è stato espressamente dichiarato anche dalla sentenza impugnata (pag. 6), laddove ha rilevato che sulla domanda risarcitoria il giudice di primo grado non si era ancora pronunciato, ma lo avrebbe fatto all’esito dell’istruttoria sulla domanda risarcitoria medesima; quindi, il giudice di appello ha limitato il proprio esame alla materia che ha formato oggetto della sentenza non definitiva, non potendo estendere l’esame alle questioni e ai profili della causa per i quali vi sia stata riserva di decisione nel proseguo (Cass. Sez. 2 25-10-2013 n. 24163 Rv. 628232-01, Cass. Sez. 2 6-9-1994 n. 7666 Rv. 487841-01).
4.Il terzo motivo del ricorso principale è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 4 e 5 stesso codice -violazione del principio del giusto processo’; la ricorrente sostiene che il Tribunale aveva erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità della domanda di risarcimento del danno formulata solo all’udienza di precisazione delle conclusioni, perché gli attori non avevano mai chiesto la trasformazione della domanda ex art. 2932 cod. civ. in domanda di risoluzione per inadempimento e quindi il Tribunale aveva erroneamente equiparato il risarcimento del danno connesso alla domanda di adempimento coattivo con la domanda di risoluzione per inadempimento e di risarcimento del danno; lamenta
che la sentenza impugnata abbia omesso ogni decisione sul punto, confermando implicitamente la sentenza del Tribunale.
5.Questioni connesse a quelle del terzo motivo di ricorso principale pone il quinto motivo del ricorso principale , intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 1362 e 1453 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 stesso codice -Error in iudicando -erronea valutazione dei presupposti di fatto’; la ricorrente dichiara che nella fattispecie gli attori non avevano chiesto di sostituire la domanda ex art. 2932 cod. civ. con la domanda di risoluzione del contratto e perciò il Tribunale e poi la Corte d’appello sono incorsi nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 1453 cod. civ.
6.Il terzo e il quinto motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE non devono essere esaminati in quanto nella memoria illustrativa la ricorrente principale ha dichiarato di rinunciarvi, dando atto di non avervi più interesse; però, analogo contenuto ha il primo motivo di ricorso incidentale delle consorti RAGIONE_SOCIALE , intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. erronea interpretazione dell’atto di citazione in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 c.p.c. -Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ , non oggetto di rinuncia e perciò da esaminare. Con questo motivo le ricorrenti incidentali evidenziano che gli attori non hanno trasformato la domanda ex art. 2932 cod. civ. in domanda di risoluzione del contratto per inadempimento e lamentano che, nonostante ciò, sia stato dichiarato risolto il contratto preliminare per inadempimento e sia stata rigettata l’eccezione di inammissibilità della domanda per novità, senza considerare che solo in sede di precisazione delle conclusioni gli attori avevano chiesto di dichiarare l’inadempimento e di d ichiarare tenuti la venditrice e la società
subentrata al risarcimento dei danni; quindi sostengono che sono stati travisati i principi sulla mutatio libelli, che non era stata esercitata.
6.1.Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile, perché non coglie la ratio della pronuncia impugnata e quindi non la censura in modo pertinente.
In primo luogo, non sono appropriati i riferimenti eseguiti nel motivo alla pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, perché la domanda ex art. 2932 cod. civ. è stata rigettata per impossibilità di emissione di tale pronuncia.
Per il resto, la sentenza impugnata ha preso in esame (pag.6) la doglianza delle appellanti Mongiò in ordine al fatto che la sentenza di primo grado non avesse dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno per come proposta, perché nell’atto di citazione era stata formulata una domanda risarcitoria del danno attinente soltanto alla domanda di adempimento coattivo e non ad altro titolo, mentre era stata successivamente formulata una domanda risarcitoria quale effetto della domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, tardiva e insuscettibile di essere proposta, né in via gradata, come chiesto dagli attori, né in via alternativa, nel corso del giudizio in sostituzione dell’originaria domanda ex art. 2932 cod. civ.; ha dichiarato che la censura era inammissibile, perché sulla domanda risarcitoria il giudice di primo grado non si era ancora pronunciato e nella sentenza non era ravvisabile un decisum in senso proprio suscettibile di impugnazione.
Quindi le ricorrenti incidentali, al fine di censurare in modo ammissibile questa pronuncia, non avrebbero potuto, come hanno fatto, limitarsi a riproporre le proprie deduzioni sull’inammissibilità della modifica della domanda eseguita in primo grado, ma avrebbero dovuto allegare che erroneamente la sentenza impugnata avesse dichiarato inammissibile il loro motivo di appello sul punto e perciò
erroneamente non lo avesse esaminato nel merito, esponendo le ragioni a sostegno della loro censura. In mancanza, gli argomenti svolti risultano inammissibili, perché non attingono la pronuncia, che è stata di inammissibilità del motivo di appello. Del resto, gli argomenti sono anche e manifestamente infondati, perché la sentenza di primo grado aveva espressamente dichiarato che le domande ammissibili erano quelle rientranti nelle allegazioni e nelle richieste originarie e che già nell’atto di citazione gli attori avevano ancorato il danno all’altrui inadempimento, indicando tanto il danno riferito al versamento dell’anticipo quanto al l’esecuzione delle migliorie .
7.Il quarto motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -omesso esame di un fatto decisivo della controversia discusso dalle parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’; con esso la società deduce che con il suo quarto motivo di appello aveva censurato la sentenza di primo grado per non avere disposto la restituzione dell’immobile a RAGIONE_SOCIALE divenutane legittima proprietaria e lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare tale censura, che sostiene sia fondata e meritevole di accoglimento.
8.Unitamente al quarto motivo di ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE deve essere esaminato, in quanto avente analogo contenuto, il secondo motivo di ricorso incidentale delle consorti RAGIONE_SOCIALE intitolato ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti implicante violazione di legge in relazione all’art. 360 nn. 1, 3 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 2 e 4 c.p .c. -motivazione carente e contraddittoria ‘. Con il motivo le ricorrenti incidentali deducono che con il loro primo motivo di appello avevano censurato la sentenza di primo grado per avere omesso di disporre la restituzione del bene alla legittima proprietaria RAGIONE_SOCIALE; lamentano
che la sentenza impugnata abbia escluso l’omissione di pronuncia della sentenza di primo grado sul punto, nonostante abbia riconosciuto che si era formato il giudicato sul rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ.; quindi sostengono che la sentenza impugnata avrebbe dovuto esaminare le censure, dichiarare inammissibili per novità le domande risarcitorie e condannare il promissario acquirente alla restituzione del bene alla proprietaria; richiamano a sostegno della tesi anche la previsione della lett. F) del contratto preliminare, secondo la quale l’inadempimento di NOME COGNOME avrebbe comportato l’obbligo di restituire immediatamente il bene.
9.Il secondo motivo di ricorso incidentale è stato oggetto di specifica rinuncia nella memoria illustrativa, per cui non deve essere oggetto di disamina. Poiché , nonostante l’analogo contenuto, non è stato oggetto di rinuncia anche il quarto motivo di ricorso principale, se ne deve rilevare l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse: anche questo motivo ha oggetto la questione della restituzione dell’immobile, che è stata risolta dalla sentenza definitiva nel frattempo pronunciata, passata in giudicato ed eseguita, secondo quanto dato atto in memoria al fine di giustificare la rinuncia delle consorti Mongiò al loro secondo motivo di ricorso.
10.Il sesto motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1454 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -omesso esame di un fatto decisivo prospettato dalle parti’; con esso la ricorrente principale lamenta che la sentenza impugnata abbia rigettato la domanda della promittente venditrice volta a ottenere la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per l’inadempimento della parte promi ssaria acquirente e abbia dichiarato che il rogito non era stato concluso per la responsabilità della promittente venditrice; sostiene che il Tribunale, per giungere a tale conclusione, abbia eseguito una lettura fuorviante della consulenza
d’ufficio , la quale aveva attestato la sufficienza dei dati catastali ai fini del trasferimento della proprietà dell’immobile, non abbia considerato che la promittente venditrice non era mai stata convocata per il rogito e abbia omesso di considerare il contenuto della nota del 25-1-2000 sottoscritta da NOME COGNOME che contestava il mancato rispetto del termine essenziale per il versamento del residuo prezzo; aggiunge che il Tribunale avrebbe dovuto ritenere irrilevante quanto riferito dai testimoni escussi e lamenta che il Tribunale non abbia comparato i comportamenti tenuti dalle parti e non abbia considerato che i promissari acquirenti avevano eseguito abusi edilizi nell’immobile. Sostiene che il Tribunale abbia omesso ogni doverosa valutazione e la Corte d’appello non abbia in alcun modo esaminato l’apposita censura.
10.1.Il motivo è inammissibile.
Tutte le doglianze svolte nel motivo sono rivolte alla sentenza del Tribunale, che non è quella oggetto del ricorso per cassazione. L’unica notazione che attinge la sentenza di appello è riferita al fatto che la Corte d’appello non avrebbe esaminato le cen sure della società alla pronuncia di primo grado; però, con questo contenuto il motivo avrebbe dovuto essere proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Anche a ritenere di poterlo riqualificare in tal senso, il motivo risulta manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata ha ampiamente preso in esame le questioni dell’inadempimento che le parti promittente venditrice e promissaria acquirente si sono rispettivamente imputate; non configura violazione dell’art.112 cod. proc. civ. la circostanza che la sentenza, nell’eseguire tale disamina, non abbia esplicitamente attestato di pronunciare sull’appello di RAGIONE_SOCIALE
11.Infine, con il terzo motivo di ricorso incidentale, intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1183, 1362, 1366 e 1453 c.c.’ le ricorrenti in via incidentale Mongiò lamentano che la sentenza
impugnata abbia rigettato il loro motivo di appello, con il quale avevano censurato la sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto che la promittente venditrice si era rifiutata di comparire al rogito, con una motivazione apparente e meramente ripetitiva di quella di primo grado. Evidenziano che con nota del 25-1-2000 la promittente venditrice aveva contestato l ‘inadempimento riferito sia al mancato pagamento del saldo prezzo sia all’illecita detenzione dell’immobile; lamentano che la sentenza abbia escluso che la nota potesse provocare la risoluzione del contratto, perché con la nota era stato contestato al promissario acquirente il suo grave inadempimento che aveva determinato la risoluzione del contratto e il termine prefissato dalle parti nel preliminare determinava il periodo del vincolo obbligatorio, per cui sostengono che, nel rispetto dell’art. 1453 cod. civ., la sentenza avrebbe dovuto ritenere inadempiente il promissario acquirente che non aveva corrisposto né offerto nelle forme di legge il saldo del prezzo. Lamentano altresì che la sentenza abbia eseguito erronea valutazione in via comparativa degli inadempimenti, perché sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno travisato la consulenza tecnica d’ufficio; trascrivendo il contenuto della consulenza, sostengono che, se la Corte d’appello l’avesse letta correttamente, avrebbe ritenuto la sussistenza di tutti gli elementi necessari per la stipulazione del contratto definitivo e quindi avrebbe dovuto ritenere prive di qualsiasi efficacia probatoria le dichiarazioni dei testimoni. Lamentano che la Corte d’appello non abbia attribuito alcun rilievo al mancato pagamento del saldo prezzo, alla illegittima detenzione dell’immobile dopo la scadenza del termine di validità del rapporto negoziale, all’abusiva trasformazione dell’immobile dopo il termine di scadenza del preliminare, con grave pregiudizio per la proprietaria esposta a responsabilità penale e amministrativa; evidenziano che in data 20-8-2008 è stata notificata alla proprietaria RAGIONE_SOCIALE ingiunzione di pagamento con
riguardo alle opere abusive e che il promissario acquirente, quando era già divenuto detentore sine titulo, ha abusivamente ceduto a terzi a titolo oneroso parte dei terreni, consentendo la realizzazione di pista di atterraggio e decollo.
11.1.Il motivo è manifestamente infondato laddove evoca vizi della motivazione della sentenza in ragione della sua apparenza. Infatti, la motivazione è apparente quando, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento eseguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6-1 1-32022 n. 6758 Rv. 664061-01, Cass. Sez. U 30-1-2023 n. 2767, in motivazione a pag.10 e precedenti ivi richiamati). Al contrario, nella fattispecie la Corte d’appello ha esposto in modo particolarmente analitico il ragionamento eseguito, consentendo all’interprete di seguirlo in tutti i suoi passaggi e perciò ponendolo in condizione di criticarli in modo pertinente.
Specificamente la sentenza (da pag. 6 in fondo) nell’esaminare il secondo motivo di impugnazione delle appellanti COGNOME le quali lamentavano fosse stato ritenuto sussistente l’inadempimento della promittente venditrice e non quello del promissario acquirente e fosse stata rigettata la domanda di risoluzione del contratto proposta dalla promittente venditrice- ha confermato la pronuncia del Tribunale, che aveva escluso che le parti avessero qualificato il termine di pagamento del saldo prezzo come essenziale e che aveva ritenuto che il comportamento delle parti dimostrava che il termine del 31-10-1997 non era essenziale, in quanto la promittente venditrice aveva accettato pagamenti in data 5-12-1997 e 23-4-1998. Escluso che il preliminare si fosse risolto di diritto, la sentenza ha anche valutato se
l’inadempimento del promissario acquirente -consistito nel mancato pagamento del prezzo nel termine del 31-10-1997 e successivamentefosse di non scarsa rilevanza, evidenziando che il promissario acquirente, in attesa del rogito, aveva versato Lire 175.000.000 pari all’ottanta per cento del prezzo pattuito di Lire 220.000.000 e che il promissario acquirente si era impegnato a saldare il prezzo al momento del rogito. In ordine alla mancata stipulazione del rogito, la sentenza, dopo avere esposto il contenuto della sentenza di primo grado e delle doglianze delle appellanti (da pag. 7 in fondo a pag. 9), ha considerato quanto dedotto dal consulente d’ufficio in ordine al fatto che la circostanza che il fabbricato non fosse censito al catasto fabbricati non era di ostacolo al trasferimento della proprietà, purché si disponesse dei dati catastali dell’area di sedime del fabbricato ; ha altresì considerato che nella fattispecie il fatto che il fabbricato insistesse su ‘partita speciale 1′ priva di intestazione cata stale comportava una maggiore laboriosità delle indagini del notaio; ha altresì aggiunto che, secondo quanto attestato dal consulente d’ufficio, l’acquisto di un bene non esattamente censito al catasto presentava svantaggi per l’acquirente, riferiti all’impossibilità per il notaio rogante di valutare se il prezzo pattuito dalle parti e indicato nel contratto rispettasse il valore minimo idoneo a precludere accertamento dell’Agenzia delle Entrate, al fatto che il fabbricato non poteva essere volturato a favore dell’acquirente e l’acquirente per procedere all’accatastamento avrebbe dovuto svolgere i rilievi, redigere gli elaborati e sottoporli al vaglio dell’ufficio del Catasto, con i relativi costi e la possibilità di contenzioso in caso in cui l’ufficio non avesse accettato i dati di classamento e rendita del cespite proposti. Quindi ha dichiarato che, se anche il rogito per l’acquisto di bene non accatastato era possibile, l’operazione comportava oneri, costi e impegno a carico dell’acquirente , per cui condivisibilmente il primo giudice aveva
ritenuto che la mancata conclusione del rogito dovesse imputarsi a inadempimento della promittente venditrice; ha aggiunto che la prova testimoniale espletata consentiva di ritenere provato che, stante la mancanza di accatastamento, segnalata dallo stesso notaio di fiducia della promittente venditrice come ostacolo alla stipula del rogito, furono gli stessi promissari acquirenti a provvedere alle necessarie operazioni di accatastamento in vista del rogito e ha rilevato che ciò dimostrava il tentativo del promissario acquirente di pervenire al rogito e l’ingiustificata inerzia della promittente venditrice. Ha altresì dato atto, quanto alla nota del 25-1-2000, che non era ravvisabile l’inadempimento ivi contestato, riferito al mancato pagamento del prezzo nel termine ritenuto come essenziale e la mancata fissazione della data per la stipula del contratto definitivo, per cui ha escluso che quella lettera potesse provocare la risoluzione del contratto, e difettava anche una clausola risolutiva espressa; infine ha dichiarato che erano tardive le allegazioni in ordine alle modifiche dello stato dei luoghi non consentite dalle disposizioni urbanistiche da parte del promissario acquirente, introdotte nel giudizio di primo grado all’udienza ex art. 281 quinquies cod. proc. civ., così come erano tardive le allegazioni contenute nell’atto di appello con la trascrizione di documento estraneo alla produzione documentale.
Con questo contenuto la motivazione, oltre a non essere apparente, non incorre in alcuna delle violazioni di legge prospettate dalle ricorrenti, perché la sentenza, prendendo in esame le condotte di entrambe le parti e giungendo alla conclusione che era l’inadempimento della promittente venditrice a giustificare la risoluzione del contratto, ha dimostrato di avere posto a confronto le condotte delle due parti e di avere individuato l’inadempimento prevalente . E’ acquisito il principio secondo il quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per
inadempimento in caso di inadempienze reciproche deve procedersi a un esame del comportamento complessivo delle parti al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi e all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e sia stata causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale (Cass. Sez. 2 22-5-2019 n. 13827 Rv. 654177-01, Cass. Sez. 2 30-5-2017 n. 13627 Rv. 644328-01, Cass. Sez. 3 1-6-2004 n. 10477 Rv. 573294-01). Specificamente, la sentenza ha considerato che il promissario acquirente non aveva rispettato il termine per il pagamento del saldo prezzo e, oltre ad avere esattamente evidenziato che ciò non poteva comportare la risoluzione di diritto del contratto, a fronte della mancata previsione dell’essenzialità del termine e della mancanza di clausola risolutiva espressa, ha altresì rilevato che erano stati accettati pagamenti dopo il decorso del termine, che nel complesso il promissario acquirente aveva pagato l’ottanta per cento del prezzo e il resto avrebbe dovuto essere pagato al rogito. Quindi, a fronte di inadempimento di tale entità in capo al promissario acquirente, ha ritenuto che fosse stato l’inadempimento della promittente venditrice a determinare la risoluzione, individuando le ragioni della sua gravità per le implicazioni connesse alla mancanza dell’accatastamento del fabbricato, seppure considerando che tale mancanza non fosse in sé ostativa alla stipula del contratto definitivo. In questo modo, la Corte d’appello ha svolto l’apprezzamento di fatto a essa spettante, in termini che rimangono estranei al motivo di ricorso come proposto, essendo il motivo inammissibile laddove finalizzato a ottenere un diverso accertamento dei fatti, in quanto tale diverso accertamento avrebbe potuto essere richiesto soltanto attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrere dei relativi presupposti. Sono inammissibili anche i riferimenti
eseguiti nel motivo agli abusi edilizi che sarebbero stati commessi dal promissario acquirente e al fatto che lo stesso avrebbe concesso a terzi parte dei terreni da adibire a pista di atterraggio, perché la sentenza impugnata ha espressamente dichiarato di non potere prendere in esame quei fatti perché tardivamente allegati; quindi, le ricorrenti avrebbero dovuto censurare questa statuizione al fine di farne emergere l’ erroneità, e invece si limitano a continuare a sostenere che quei fatti dimostrassero la gravità dell’inadempimento del promissario acquirente.
12.In conclusione sono integralmente rigettati sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale.
In applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali, in solido stante l’interesse comune, sono condannate alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso principale e del ricorso incidentale , ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali in solido alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione