Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18952 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18952 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11483/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, SEZ. DIST. DI SASSARI, n. 427/2018, depositata il 5/10/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
1. La società RAGIONE_SOCIALE) ha citato in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo al Tribunale di Sassari di accertare l’inadempimento della convenuta rispetto al contratto di vendita e appalto con la stessa stipulato e di condannare la stessa al risarcimento dei danni causati dall’inadempimento. L’attrice deduceva di avere venduto alla controparte, con atto di vendita misto ad appalto, un terreno edificabile al prezzo di 1.500.000 euro e di avere escluso dalla vendita una parte del terreno sulla quale controparte si era impegnata a realizzare delle porzioni immobiliari; nell’accordo era previsto che il pagamento dovesse avvenire in denaro per euro 620.000, mentre il residuo importo di euro 880.000 doveva essere corrisposto attraverso la realizzazione degli immobili. L’attrice deduceva ancora che, nonostante fosse stato previsto un termine di 36 mesi per l’ultimazione delle opere e fosse stata stabilita una clausola penale pari a 200 euro per ogni giorno di ritardo, la controparte si era resa inadempiente ai suoi obblighi, così che era stata concessa una proroga di ulteriori 12 mesi con termine finale al 22 novembre 2008; che essa aveva venduto a terzi alcuni degli appartamenti che erano risultati però difettosi; che alla richiesta dell’atto di gradimento da parte di controparte la ricorrente aveva denunciato che le opere non erano ancora ultimate nel 2011 e che presentavano gravi difetti; che si era poi svolto un procedimento di accertamento tecnico preventivo, nel quale era stata accertata la presenza dei difetti lamentati. Costituitasi in giudizio, la convenuta ha eccepito la propria carenza di legittimazione in riferimento alla domanda di risarcimento dei danni degli appartamenti venduti a terzi e dunque non più di proprietà dell’attrice; nel merito ha eccepito la tardività della denuncia dei difetti lamentati e la prescrizione della relativa azione. Con ordinanza del 25 ottobre 2016, il Tribunale di Sassari, qualificato il rapporto intercorso tra le
parti come contratto atipico do ut facias con prevalente causa di contratto di appalto, rigettava l’eccezione relativa alla carenza di legittimazione attiva e accoglieva l’eccezione di decadenza dall’azione di garanzia, riferendola all’art. 1667 c.c., e rigettava la domanda dell’attrice.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE. Con sentenza n. 427/2018, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha parzialmente accolto l’appello: ha dichiarato I.C. responsabile dei danni derivati alla controparte dalla esecuzione dei lavori e ha condannato la medesima a pagare euro 592.295,04. Il giudice di secondo grado ha ritenuto che le opere non fossero state ancora ultimate e che pertanto avesse sbagliato il Tribunale a non ritenere applicabile la disciplina dell’inadempimento all’obbligazione di cui all’art. 1453 c.c., in quanto secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione la responsabilità inerente alla garanzia per vizi e difformità dell’opera può configurarsi unicamente quando sia stata consegnata alla controparte un’opera una volta completati i lavori, mentre nel caso di non integrale esecuzione dei lavori può operare unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in sei motivi.
Il primo e il secondo motivo sono tra loro connessi:
il primo motivo contesta violazione degli artt. 112, 702 -ter , 702 -quater e 345 c.p.c. per avere la Corte territoriale dichiarato applicabile la disciplina di cui all’art. 1453 c.c., accogliendo la domanda di controparte, non formulata specificatamente e
tempestivamente in primo grado, e quindi omettendo di rilevare d’ufficio la novità della stessa;
il secondo motivo, in via subordinata rispetto al primo, denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 792 -bis , 702 -ter e 702 -quater per avere la Corte territoriale, in riforma dell’appellata ordinanza, ritenuto ammissibile la domanda dell’odierna intimata, così come formulata per la prima volta nella propria comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, con richiesta dell’applicazione dell’art. 1453 in luogo degli art. 1667 e 1669 c.c.
I motivi non possono essere accolti. La ricorrente parla di proposizione di domanda nuova: in realtà si tratta non di una nuova domanda, ma della qualificazione giuridica della medesima. In primo grado controparte ha proposto le seguenti conclusioni: ‘accertata la sussistenza dei lamentati inadempimenti condannare la I.C. al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi in forza dei lamentati inadempimenti’ (v. pag. 15 del ricorso introduttivo del processo). È quindi stata proposta una domanda di accertamento dell’inadempimento e di condanna al risarcimento del danno causato dall’inadempimento. Quali fatti costitutivi dell’inadempimento sono stati dedotti sia il ritardo nella consegna degli immobili, sia la presenza di difetti dell’opera. La Corte d’appello, pertanto, si è limitata a focalizzare l’attenzione sulla denunciata mancata ultimazione delle opere quale causa dell’inadempimento e ha così ricondotto la fattispecie all’art. 1453 c.c., senza per questo violare la regola che vieta la proposizione di domande nuove con la comparsa conclusionale di primo grado.
Per ragioni di priorità logica va esaminato prima del terzo il quarto motivo, che contesta violazione o falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la Corte d’appello ha ritenuto applicabile la disciplina del risarcimento del danno da inadempimento, censurando la decisione del Tribunale che aveva
invece accolto l’eccezione di decadenza proposta dalla ricorrente, ritenendo che le opere commissionate non fossero state completate e non potesse quindi applicarsi la disciplina dei termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c.; la Corte d’appello ha erroneamente desunto ciò dalla mancata accettazione delle opere da parte della committente, dalla riserva di responsabilità nei confronti dell’appaltatore, dallo stesso riconoscimento dell’appaltatore di non avere posizionato i tappetini fonoassorbenti e dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che accertava l’esistenza dei vizi dell’esecuzione delle opere non ancora ultimate.
Il motivo è fondato. La questione centrale posta dalla causa è relativa all’applicazione dell’art. 1667 c.c. ovvero dell’art. 1453 c.c., sulla base dell’orientamento di questa Corte, secondo il quale le disposizioni specifiche previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c. sono applicabili nel caso di opera completa ma affetta da vizi o difformità, mentre qualora l’opera non sia stata completata, sono applicabili i principi riguardanti la responsabilità dell’appaltatore secondo gli artt. 1453 e 1455 c.c. (cfr. Cass. n. 9198/2018 e Cass. n. 4511/2019). L’accertamento circa l’ultimazione o meno dell’opera è accertamento che spetta al giudice di merito. Nel caso in esame, tuttavia, l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte d’appello non chiarisce la linea di confine tra ultimazione delle opere e vizi delle opere stesse. È vero che la Corte sottolinea come la committente non abbia esplicitatemene accettato l’opera, ma anzi abbia nell’atto di transazione e consegna chiaramente previsto una riserva di responsabilità dell’appaltatore per i vizi degli immobili, accertati in sede di accertamento tecnico preventivo, ma si tratta appunto di profili che presuppongono l’avvenuta consegna e quindi l’ultimazione dell’opera. La Corte d’appello fa poi cenno all’elaborato del consulente tecnico d’ufficio, che ha accertato ‘l’esistenza di vizi nella esecuzione delle opere commissionate, non ancora ultimate, e determinava i costi per il completamento
dell’opera’, ma cita a dimostrazione del mancato completamento dell’opera l’omesso posizionamento di tappetini fonoassorbenti, omissione che pare riconducibile piuttosto alla sussistenza di vizi dell’opera e non al suo mancato completamento.
Si rende pertanto necessaria una rivalutazione degli elementi di fatto della causa, al fine di determinare se l’opera potesse considerarsi ultimata e presentasse dei vizi ovvero se ci si trovava di fronte a una opera non ultimata e occorre perciò rinviare la causa per un riesame del merito alla Corte d’appello.
C. L’accoglimento del quarto motivo comporta l’assorbimento del terzo motivo (che lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale quantificato in euro 592.295,04 il risarcimento dei danni in favore della intimata, pronunciandosi oltre i limiti della domanda, quantificata da quest’ultima entro euro 700.000 comprensivi della penale da ritardo non accolta), del quinto motivo (che contesta violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 1118 c.c. per omessa applicazione delle norme in materia di condominio circa la suddivisione dei costi afferenti i vizi accertati in proporzione alle quote millesimale di comproprietà) e del sesto motivo (che contesta violazione o falsa applicazione degli artt. 1117 e 1118 c.c., 81 c.p.c. per non avere la Corte territoriale rilevato con riferimento ai beni condominiali la carenza di legittimazione attiva della ricorrente).
II. La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Cagliari, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il quarto motivo, rigettati i primi due motivi e assorbiti i restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione