Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10233 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18463/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente,
ricorrente
incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1659/2019 depositata il 15/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Su ricorso monitorio di RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Milano aveva emesso decreto ingiuntivo n.16836/2014 a carico di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di € 29.280,00, oltre accessori. RAGIONE_SOCIALE aveva introdotto il giudizio di opposizione ex art.645 c.p.c., formulando domande riconvenzionali di risoluzione dei contratti di appalto
intervenuti tra le parti e di risarcimento dei danni conseguenti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
All’esito dell’istruttoria esperita, acquisiti agli atti gli esiti dell’accertamento tecnico preventivo già introdotto ante causam da RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Milano, revocato il decreto ingiuntivo opposto, aveva accolto le domande riconvenzionali dell’opponente, dichiarando risolti per grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE i contratti di appalto conclusi tra le parti e condannando l’appaltatrice al risarcimento dei danni complessivamente quantificati in € 1.431.573,91, oltre accessori.
Proposto appello da RAGIONE_SOCIALE, con formulazione di appello incidentale da parte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Milano aveva parzialmente accolto il solo appello principale: in particolare, confermata la risoluzione dei contratti d’appalto intervenuti tra le parti per grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, aveva ridotto la domanda risarcitoria proposta da RAGIONE_SOCIALE ad un importo corrispondente a quello dovuto dalla stessa per le prestazioni rese dalla controparte, compensando le ragioni di creditodebito tra le parti, nonché le spese processuali di primo e di secondo grado, e ponendo le spese di CTU a carico delle parti nella misura del 50% ognuna.
A fondamento della decisione la Corte di merito aveva osservato quanto segue: -già nell’ottobre 2013, prima della stipula nel novembre dello stesso anno dei contratti oggetto di causa, RAGIONE_SOCIALE aveva interrotto la produzione, avviando la procedura di collocamento di parte del personale in cassa integrazione ordinaria, a causa dell’impossibilità di funzionamento, determinata dalla rottura del giunto motore riduttore, dell’impianto laminatoio risalente ‘ presumibilmente ai primi del ‘900 e in condizioni d’uso e manutenzione che appaiono coerenti con tale lungo periodo di impiego ‘, come rilevato dal CTU; -con due contratti d’appalto, conclusi alle condizioni di cui alle conferme d’ordine del 4.11.2013 e del 25.11.2013, RAGIONE_SOCIALE aveva commissionato a RAGIONE_SOCIALE a) la fornitura e il montaggio di un nuovo giunto elastico e b) la fornitura e il montaggio di un nuovo riduttore di comando della gabbia laminazione e di una nuova gabbia pignoni; -era incontestato che la fornitura e il montaggio dei pezzi si era conclusa il 21.1.2014 e che, per il giorno successivo, erano state programmate nuove prove per testare il corretto funzionamento delle parti da ultimo montate con l’avvio dell’impianto e l’esecuzione di prove a caldo, prove alle quali FIL aveva dato corso in assenza del tecnico incaricato NIFIN il quale, ‘ giunto in loco, ha constatato che la macchina era stata avviata e poi fermata dal personale dell’appaltante e che la cassa della gabbia pignoni si era rotta ‘; alla data del 22.1.2014 l’opera non era ancora stata consegnata alla committente e questa non avrebbe potuto dar corso alle operazioni di collaudo in assenza dell’appaltatrice; ‘il contratto di appalto prevedeva, infatti, che le prove, sia in bianco sia quelle a caldo, anche della gabbia, fossero eseguite con ‘ns. specialista (ndr: di RAGIONE_SOCIALE) e vs. personale (di RAGIONE_SOCIALE)’ sicché la prestazione oggetto del contratto avrebbe potuto
dirsi conclusa solo con l’effettuazione di dette prove ‘ che, in base agli accordi negoziali, avrebbero dovuto essere necessariamente eseguite dal tecnico dell’appaltatrice, seppure coadiuvato dal personale dell’appaltante; -il fatto che il tecnico RAGIONE_SOCIALE era giunto presso lo stabilimento con 30 minuti di ritardo non autorizzava la committente ad agire autonomamente, anche in considerazione della delicatezza dell’intervento su un impianto obsoleto; sussisteva al riguardo il grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che non permetteva di sapere alcunché nemmeno sulla correttezza delle operazioni di avvio dell’impianto e di regolazione delle parti appena montate; -non potevano portare a diversa conclusione gli esiti della CTU poiché, ‘ seppure dalla stessa emerga che gli interventi oggetto dell’appalto erano obiettivamente rischiosi, proprio perché si trattava di operare innesti con pezzi in parte diversi, anche nella composizione dei materiali, su di un impianto di cui si avevano scarse cognizioni (per l’assenza di disegni tecnici aggiornati essendo stata accertata la non piena corrispondenza persino tra gli elaborati grafici delle parti oggetto di intervento forniti da RAGIONE_SOCIALE e le parti stesse -cfr. pag.3 CTU) e, a giudizio dello stesso consulente, inidonei a garantire nel tempo il corretto funzionamento dell’impianto, dalla medesima non si può trarre, in termini di certezza, l’affermazione che le prove di avviamento, il 22/01/2014, si sarebbero irrimediabilmente concluse con la rottura della cassa pignoni, ove lo specialista di RAGIONE_SOCIALE, come contrattualmente pattuito, fosse stato presente ‘; ciò anche in ragione del fatto che, prima dell’intervento del tecnico RAGIONE_SOCIALE, il personale RAGIONE_SOCIALE, in violazione dei principi di correttezza e buona fede, era intervenuto modificando lo stato della macchina e, in oggettiva assenza di certezza sullo stato della cassa, del suo posizionamento, del serraggio nel momento immediatamente antecedente e coevo alla sua rottura, l’affermazione del CTU secondo cui detti interventi non avrebbero influito particolarmente appariva apodittica; -poiché la rottura della gabbia non era eziologicamente ascrivibile con certezza all’appaltatrice, non potevano essere riconosciuti danni per i costi di ripristino dell’impianto e per le conseguenze sull’interruzione della produzione; -in ogni caso la condotta di RAGIONE_SOCIALE non era esente da censure perché per lo svolgimento delle attività concordate, data l’evidente obsolescenza dell’impianto, sarebbero state necessarie preliminari attività di verifica ingegneristica, la cui assenza non si poteva giustificare con la limitatezza dell’oggetto degli interventi da effettuare e con la loro mancata previsione; -la domanda di risoluzione doveva essere accolta, avendo RAGIONE_SOCIALE fornito opere oggettivamente inidonee ad assicurare nel tempo il corretto funzionamento dell’impianto sul quale si erano innestati i suoi interventi, come condivisibilmente rilevato dal CTU-; -le conseguenze risarcitorie a favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si individuavano non nelle spese per la sostituzione della gabbia pignoni, la cui rottura non poteva essere ascritta a NIFIN, ma nelle spese di sostituzione e rilavorazione di due boccole
di metallo bianco in relazione alla fornitura del riduttore e, considerati anche equitativamente i costi per smontaggi e smaltimenti, la posta risarcitoria riconosciuta si compensava con la disposta revoca del pagamento della corrispondente prestazione già richiesta ingiuntivamente.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso di cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, affidandolo a cinque motivi.
Ha depositato controricorso RAGIONE_SOCIALE contestando l’ammissibilità e comunque la fondatezza dei motivi di ricorso formulati dalla controparte e proponendo ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Solo RAGIONE_SOCIALE ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Quanto alla contestata ammissibilità del ricorso, sia sotto il profilo della prospettata eterogeneità dei motivi, sia sotto il profilo dell’affermato tentativo di rivisitazione delle valutazioni di merito effettuate dalla Corte d’Appello di Milano, inammissibile in sede di legittimità, si osserva quanto segue.
6.1. Tutti i motivi del ricorso principale contengono profili di contestazione riferibili a più ipotesi disciplinate dall’art.360 c.p.c., poiché nella loro articolazione si fa riferimento sia alla violazione di legge, di cui al comma 1 n.3 dell’art.360 c.p.c., sia all’omessa considerazione di fatti decisivi discussi, di cui al comma 1 n.5 della stessa norma.
La giurisprudenza di questa Corte non è univoca per la valutazione di ammissibilità di motivi di ricorso per cassazione cd misti perché contenenti più profili di doglianza, ma appaiono condivisibili al riguardo le considerazioni svolte nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.39169/2021 che ammette detta possibilità, purchè la formulazione del motivo permetta ‘ di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati ‘. Nella motivazione del provvedimento si precisa che se ‘ E’ vero, infatti, che un ampio indirizzo della giurisprudenza di questa Corte non ritiene consentito proporre cumulativamente due mezzi di impugnazione eterogenei (violazione di legge e vizio motivazionale), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Sez.3, 23.6.2017 n.15651; Sez.6, 4.12.2014 n.25722; Sez. 2, 31.1.2013 n.2299; Sez.3, 29.5.2012 n.8551; Sez.1, 23.9.2011 n.19443; Sez.5, 29.2.2008 n.5471). 6.4. Si è tuttavia anche ritenuto che l’inammissibilità in linea di principio della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 cod.proc.civ., comma 1, nn. 3 e 5, può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le
doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Sez.6, 09.08.2017 n. 19893; Sez.un. 6.5.2015, n.9100). In particolare, le Sezioni Unite con la sentenza n.17931 del 24.7.2013 hanno ritenuto che, ove tale scindibilità sia possibile, debba ritenersi ammissibile la formulazione di unico articolato motivo, nell’ambito del quale le censure siano tenute distinte, alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento processuale, segnatamente a quello, tradizionale e millenario, iura novit curia, ed a quello, di derivazione sovranazionale, della c.d. «effettività» della tutela giurisdizionale, da ritenersi insito nel diritto al «giusto processo» di cui all’art. 111 Cost., elaborato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ed inteso quale esigenza che alla domanda di giustizia dei consociati debba, per quanto possibile e segnatamente nell’attività di interpretazione delle norme processuali, corrispondere una effettiva ed esauriente risposta da parte degli organi statuali preposti all’esercizio della funzione giurisdizionale, senza eccessivi formalismi. La miscela di due diversi profili, riflettenti i vizi di violazione di legge ed omessa motivazione, non impedisce infatti di cogliere il senso e la portata delle questioni proposte dal ricorrente. Non risulta pertanto violato il canone di specificità dell’impugnazione, il quale, pur inducendo a ritenere preferibile la distinta proposizione di censure riguardanti l’interpretazione di norme giuridiche e la ricostruzione dei fatti di causa, non ne preclude la formulazione in unico contesto, a condizione che, …, l’illustrazione del motivo consenta d’individuare con chiarezza le questioni prospettate e di procedere, se necessario, ad un esame separato delle stesse (cfr. Sez. Un., 6.05.2015, n. 9100; Sez. 2, 23.10.2018, n. 26790; Sez.6, 17. 03.2017, n. 7009)’.
6.2. La valutazione di ammissibilità, da eseguire nei termini sopra esposti, deve pertanto essere effettuata con riferimento ai singoli motivi articolati nel ricorso principale.
6.3. Sempre in relazione ad ogni motivo dovrà essere verificato, previa valutazione della sua ammissibilità, l’ulteriore profilo del rispetto dei limiti del sindacato di legittimità possibile, ex art.360 co 1 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli art.1662 c.c. e 1665 c.c.) e/o omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 n.5 c.p.c.) per avere ritenuto la Corte di Appello di Milano che la verifica finale dei lavori sarebbe possibile solo una volta consegnata l’opera alla committente’.
Quanto all’ammissibilità, la valutazione deve essere positiva perché, nonostante il riferimento anche al disposto dell’art.360 n.5 c.p.c., l’unico profilo di doglianza in
concreto articolato riguarda l’errore, affermato grave, in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello nell’applicazione degli art.1662 e 1665 c.c. -errore rilevante quindi ex art.360 co 1 n.3 c.p.c.-: RAGIONE_SOCIALE lamenta infatti che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto che il committente non solo può ma deve eseguire la verifica finale dei lavori prima della consegna dell’opera e da ciò sarebbe conseguita l’ingiustificata valorizzazione dell’inizio della verifica delle opere senza attendere l’arrivo del tecnico di RAGIONE_SOCIALE
Il motivo in esame è comunque infondato perché la Corte d’Appello di Milano ha ricavato l’obbligo di presenza di un tecnico RAGIONE_SOCIALE alle prove tecniche, affermate conclusive delle opere appaltate, non dall’applicazione della normativa dettata per disciplinare il rapporto di appalto ma dagli accordi negoziali intervenuti tra le parti, facendo specifico riferimento ai documenti da cui aveva tratto il suo convincimento sul punto.
Sulla ratio decidendi fondante questo profilo della decisione che, si ripete, non richiama le disposizioni normative in tema d’appalto ma l’interpretazione del contenuto delle pattuizioni regolanti per volontà delle parti i rapporti di cui si discute, la ricorrente non spende una parola, limitandosi solo ad una valutazione astratta, in quanto tale non pertinente, fondata sul disposto degli art.1662 e 1665 c.c.
8. Con il secondo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli art.1662 c.c. e 1665 c.c.) e/o omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 n.5 c.p.c.) per avere ritenuto la Corte di Appello di Milano che l’appaltatrice debba essere presente alla verifica’.
Il motivo in esame ricalca in parte le stesse argomentazioni svolte per fondare il motivo precedente, con richiamo agli art.1662 e 1665 c.c. per escludere la necessità della presenza dell’appaltatore alle attività di verifica, con rilevanza delle considerazioni di segno opposto della Corte ai sensi dell’art.360 co 1 n.3 c.c. in quanto violative delle norme richiamate; per altro profilo la critica in esame evidenzia, nell’ambito di operatività del disposto di cui all’art.360 co 1 n.5 c.p.c., che a) non esisterebbe un contratto di appalto scritto, essendo intervenuti tra le parti accordi verbali, b) la Corte avrebbe ricavato la necessità della presenza del tecnico RAGIONE_SOCIALE nell’ordine prodotto come doc. n.3.6 da RAGIONE_SOCIALE nel fascicolo di primo grado, c) la previsione di cui al punto precedente farebbe riferimento a prove di natura diversa dal collaudo e d) il tecnico RAGIONE_SOCIALE non si sarebbe presentato presso FIL il 22.1.2014 alle ore 6,00 come stabilito.
Il motivo in esame è ammissibile, perché al suo interno sono chiaramente enucleabili le due doglianze prospettate e la loro diversa giustificazione, ma è infondato sia quanto al primo profilo, sia quanto al secondo profilo.
8.1. Per la pretesa violazione del disposto degli art.1662 e 1665 c.c. si richiamano le stesse considerazioni sopra esposte per l’esame del primo motivo.
8.2. Quanto alle pretese circostanze di fatto decisive che la Corte avrebbe omesso di considerare, solo l’ultima -quella sub d)- è qualificabile come tale, costituendo le altre più precisamente valutazioni del materiale probatorio e non fatti in senso proprio -la Corte d’Appello non ha mai fatto riferimento a contratti scritti di appalto non allegati in atti ma ha ritenuto che gli ordini prodotti, espressamente richiamati ed esaminati contenessero le condizioni dei contratti di appalto conclusi tra le parti ed ha considerato necessaria, in base ad esse, la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE alle prove e operazioni di verifica e di collaudo-. Ma il ritardo con cui il tecnico RAGIONE_SOCIALE si presentò presso RAGIONE_SOCIALE il 22.1.2014, alle ore 6,30 invece che alle ore 6,00, integra un elemento di fatto che non può essere ritenuto da solo decisivo, proprio alla luce del contesto negoziale in cui esso si deve collocare che ne richiede una valutazione da svolgere unitariamente con tutti gli altri elementi di prova acquisiti.
Nella sostanza quindi quello che la ricorrente vorrebbe ottenere attraverso i diversi profili attraverso i quali è articolata questa parte del motivo di ricorso in esame è una rivisitazione dell’interpretazione e valutazione del materiale probatorio operata dalla Corte d’Appello di Napoli, propria del Giudice del merito e inammissibile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE prospetta la ‘violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli art.112, 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c.) e/o omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 n.3 e 5 c.p.c. in relazione alla e-mail 20.1.2014 prodotta da FIL sub 28 fascicolo I grado con cui le parti hanno concordato la verifica dei lavori da parte di FIL in data mercoledì 22 gennaio 2014, così come avvenuto, e non il 29 gennaio 2014 come erroneamente ritenuto nella sentenza impugnata) per avere la Corte di Appello di Milano macroscopicamente travisato gli accordi posti a base della sentenza, nonché per aver posto a fondamento della sentenza un fatto mai contestato e non provato’.
Questo motivo, che si sostanzia nell’assumere, interpretando l’argomentare della Corte di merito, che questa avrebbe considerato come ‘mercoledì successivo’ destinato alla verifica dei lavori il 29.1.2014 invece che il 22.1.2014, è palesemente infondato.
In nessun punto della motivazione della sentenza ricorsa si legge che la data fissata dalle parti per la verifica finale e il collaudo degli interventi operati sull’impianto di RAGIONE_SOCIALE fosse mercoledì 29.1.2014 ed anzi la Corte di merito ha sempre e solo fatto riferimento, per dette attività, a mercoledì 22.1.2014.
RAGIONE_SOCIALE individua il preteso errore in un passo della motivazione della sentenza d’appello a pag.11, in cui si afferma che la ricorrente aveva ‘proceduto ad avviare
l’impianto nonostante solo il giorno prima fossero state ultimate le opere di sostituzione dei tiranti del coperchio della gabbia pignoni e fosse previsto per il mercoledì successivo l’effettuazione della prima prova a caldo dopo il montaggio del nuovo pezzo’: in concreto, la dizione, che richiama il doc. 28 (che porta la data del 20.1.2014) del fascicolo RAGIONE_SOCIALE, potrebbe apparire poco chiara se non si tenesse conto, come invece si deve, che le operazioni di sostituzione erano terminate di martedì, 21.1.2014, e che rispetto ad esse il ‘mercoledì successivo’ era il giorno dopo, appunto il 22.1.2014, come tutto il contesto, anche letterale, della motivazione dimostra -così come confermano, del resto, le argomentazioni difensive proposte da RAGIONE_SOCIALE degli altri motivi in cui si articola il presente ricorso per cassazione: si ricorda che in fatto si è sottolineato, nel motivo precedentemente esaminato, che il tecnico RAGIONE_SOCIALE giunse alle ore 6,30 del 22.1.2014 invece che alle ore 6 dello stesso giorno, come concordato-.
10. Il quarto motivo di doglianza lamenta la ‘Violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli art.112, 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c.) e/o omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 n.5 c.p.c. in relazione al fascicolo d’ufficio del procedimento per ATP) per avere la Corte di Appello di Milano macroscopicamente travisato e posto a fondamento della sentenza un fatto mai contestato e non provato’.
La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello di Milano avrebbe respinto la domanda risarcitoria da fermo produttivo proposta da RAGIONE_SOCIALE ritenendo che la società avesse correlato in via ‘pressocché esclusiva’ la lamentata interruzione della produzione ‘alla rottura della gabbia pignoni’, senza tenere conto del fatto che l’avvio delle riparazioni le era stato impedito, come pure la società aveva fatto presente, dalla pendenza delle operazioni peritali di cui all’ATP, che aveva ‘bloccato i luoghi’ fino al 25.5.2015.
La doglianza di RAGIONE_SOCIALE non è del tutto comprensibile e, comunque, non coglie la ratio della decisione della Corte di merito che ha individuato come giustificazione autonoma e sufficiente del rigetto della domanda risarcitoria la circostanza che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva correlato in via ‘pressocché esclusiva’ la lamentata interruzione della produzione, ‘alla rottura della gabbia pignoni’: su questo profilo, per il quale si richiamano pure le considerazioni svolte per la valutazione del primo e del secondo motivo di ricorso oltre a quanto si dirà nell’esaminare il prossimo motivo di ricorso, la ricorrente -che pure richiama la motivazione di rigetto sul punto- non articola critica alcuna.
Una volta affermato, come fa la Corte d’Appello di Milano, che la rottura della gabbia, indicata come posta da RAGIONE_SOCIALE a fondamento praticamente esclusivo della domanda risarcitoria per fermo della produzione, non era ascrivibile a RAGIONE_SOCIALE
ma all’intervento inappropriato della stessa RAGIONE_SOCIALE e quindi non poteva giustificare alcun risarcimento nei termini richiesti, il rilievo che la società, ‘ in ogni caso, non ha dato prova di essersi prontamente adoperata per le riparazioni che, anzi, alla data di deposito della CTU ‘ non risultavano nemmeno avviate, costituisce un ulteriore argomento a conferma del rigetto, privo di autonomia: se anche fosse vero, cioè che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto iniziare le riparazioni prima del ‘rilascio’ dei luoghi da parte del CTU, rimarrebbe comunque fermo e sufficiente a giustificare il rigetto della domanda quanto accertato dalla Corte di merito in ordine alla non ascrivibilità della rottura della gabbia pignoni, e quindi del fermo di produzione conseguente, a RAGIONE_SOCIALE
11. Il quinto motivo di ricorso prospetta ‘insufficiente e/o erronea valutazione da parte del Giudice di merito di talune parti decisive della consulenza ex art.360 n.5 c.p.c. e/o violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 c.p.c. in relazione all’art.112 c.p.c.) e/o omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360 n.5 c.p.c.)’. Il motivo in esame è proposto nella duplice veste di violazione dell’art.112 c.p.c., rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c., e di violazione dell’art.360 n.5 c.p.c.
Sotto il primo profilo la ricorrente sembra prospettare l’omessa pronuncia del Giudice di merito per carenza della motivazione derivante dall’omessa considerazione, affermata immotivata, degli esiti della CTU; sotto il secondo profilo l’inadeguata verifica degli esiti della consulenza tecnica viene proposta in relazione alla mancata valorizzazione del comportamento inadempiente tenuto da RAGIONE_SOCIALE invece posto in modo asseritamente contraddittorio a fondamento dell’accoglimento della domanda di risoluzione di RAGIONE_SOCIALE– e alla rilevanza che, secondo RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto essere attribuita ad esso per la rottura della cassa pignoni e per le conseguenze dannose derivatene.
Anche in questo caso appare realizzabile senza troppe difficoltà nell’ambito delle deduzioni della ricorrente l’operazione di scissione a cui fa riferimento l’ordinanza Corte Cass. n.39169/2021, con conseguente ammissibilità dei profili di contestazione contenuti nell’unico motivo in esame, del quale si deve quindi valutare la fondatezza. Occorre precisare che la Corte di merito ha trattato prima l’esistenza ed entità dei danni lamentati da RAGIONE_SOCIALE in relazione alla gestione delle fasi di verifica e collaudo delle opere realizzate e dei danni affermati conseguenti alle inadeguatezze emerse e alle rotture intervenute durante tali attività, ritenendo di non poter correlare ad esse alcun inadempimento rilevante ex art.1453 c.c., poi ha considerato il comportamento di RAGIONE_SOCIALE sotto il profilo del rispetto della diligenza qualificata che, ex art.1176 co 2 c.c. dalla società si doveva pretendere, con esito negativo per l’appaltatrice in termini di gravità, tale da giustificare comunque la risoluzione contrattuale per suo inadempimento.
A prescindere dall’ordine di trattazione delle questioni seguita dal Giudice di merito, quello che qui interessa è che il senso della decisione assunta dalla Corte d’Appello, le argomentazioni di supporto e il deciso finale non presentano contraddittorietà e non lasciano adito a dubbi: -la Corte, evidenziato il comportamento di RAGIONE_SOCIALE nel corso delle operazioni di verifica e collaudo e considerati gli interventi della stessa sull’operato della controparte, ha escluso che si potessero valorizzare tali fasi ai fini della valutazione di esistenza di un inadempimento in capo a RAGIONE_SOCIALE di gravità tale da giustificare la risoluzione contrattuale; -a tal fine la Corte ha tenuto conto del comportamento tenuto da RAGIONE_SOCIALE nelle situazioni richiamate, anche relativo agli interventi posti in essere di propria iniziativa sulle parti fornite da RAGIONE_SOCIALE prima delle verifiche tecniche che sarebbero state da effettuare assieme all’appaltatrice per scelta negoziale (giustificata, a parere della Corte, dalle specificità del macchinario, obsoleto, sul quale gli interventi concordati erano stati effettuati); -la Corte ha quindi considerato RAGIONE_SOCIALE comunque inadempiente, per violazione della diligenza qualificata che da essa si doveva pretendere, quanto alla necessità di studi e sondaggi necessari, nonostante il ridotto oggetto delle prestazioni concordate, per una corretta valutazione delle caratteristiche e dell’utilità degli interventi concordati in relazione alle particolari caratteristiche di obsolescenza e risalenza nel tempo del macchinario di laminazione oggetto dei contratti di appalto conclusi.
Nel contesto descritto, esclusa qualsivoglia contraddittorietà, le critiche rivolte dalla ricorrente alla valutazione della consulenza tecnica d’ufficio da parte del Giudice di merito non hanno alcun supporto per un’ipotetica violazione di legge, non potendosi applicare il disposto dell’art.112 c.p.c. con riferimento all’attività di esame e interpretazione dei mezzi istruttori, tra i quali la consulenza tecnica d’ufficio rientra. Ed infatti il vizio di omessa pronuncia, ‘ censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre ‘ le critiche alla gestione degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, rientranti nell’ambito delle valutazioni istruttorie, potrebbero in teoria integrare il ‘ vizio di omessa motivazione ‘ che, ‘ dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ -cfr. Cass. n.27551/2024, espressione di un indirizzo interpretativo costante-.
Nell’ambito di valutazione più appropriato, pure oggetto del motivo in esame, della pretesa omessa valutazione di fatti decisivi, si deve precisare che questi non possono
coincidere con la consulenza tecnica d’ufficio in sé e con le conclusioni del Tecnico d’Ufficio, non equiparabili ai ‘fatti decisivi per la decisione, oggetto di discussione, omessi’, ex art.360 n.5 c.p.c. -cfr. sul punto, in particolare, Cass. n. 8584/2022; cfr., da ultimo, anche Cass. n.7716/2024-. Le consulenze tecniche d’ufficio sono mezzi istruttori suscettibili di valutazione critica e, anche teorizzando la possibilità che negli elaborati tecnici vi sia il riferimento pure a circostanze di fatto discusse significative per la decisione, nel caso concreto il ricorrente non le individua specificamente come tali, come sarebbe stato necessario -cfr. in motivazione la sentenza n.8584/22, che evidenzia che ‘… l’art. 360 cod.proc.civ., comma 1, n. 5, come riformulato nel 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio – atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente) – in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il fatto storico, rilevato e/o accertato dal consulente (Sez. 6 – 3, n. 12387 del 24.6.2020, Rv. 658062 – 01; nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso in quanto la ricorrente non aveva evidenziato quale fatto storico decisivo fosse stato omesso nell’esame condotto dai giudici di merito, limitandosi a denunciare una omessa valutazione delle risultanze della c.t.u.)’ -: tanto più a fronte della motivazione della Corte di merito che prende in esame la consulenza tecnica d’ufficio aderendo argomentatamente ad alcune delle considerazioni e conclusioni raggiunte dal Tecnico e disattendendone altre e dando quindi un supporto articolato e privo di contraddizioni alla decisione. Anche in questo caso il fine del motivo in esame è quello di giungere ad una rivisitazione dell’iter interpretativo/valutativo delle emergenze istruttorie, comprensive della CTU, effettuato dalla Corte d’Appello per giungere motivatamente alla decisione, nell’esercizio di una prerogativa propria del Giudice di merito che non può essere messa in discussione in sede di legittimità se non per violazioni rientranti nell’ambito dell’art.360 c.p.c., in questo caso inesistenti per quanto detto sopra.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso incidentale articolandolo in un unico motivo.
La ricorrente incidentale lamenta la ‘violazione degli art.1176 c.c. e 1453 c.c. in relazione al motivo di cui all’art.360 co 1 n.3 c.p.c. per aver ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non avesse adempiuto l’obbligo di rappresentare a RAGIONE_SOCIALE la possibile inutilità delle opere ai fini del ripristino dell’impianto di laminazione, addebitandole un inadempimento la cui gravità è stata ritenuta giustificane la risoluzione dei contratti e fondante la domanda risarcitoria per importo equivalente al residuo dovuto’.
Secondo la ricorrente incidentale la Corte d’Appello non avrebbe considerato che RAGIONE_SOCIALE era già consapevole che l’esito delle soluzioni tecniche che sarebbero state adottate da RAGIONE_SOCIALE nella realizzazione delle opere oggetto delle conferme d’ordine non sarebbe stato ‘scontato’ e che quindi gli interventi avrebbero potuto essere poco utili, proprio in relazione alla complessiva precarietà dell’impianto: ciò avrebbe dovuto comportare, alla luce del caso concreto, l’esclusione dell’ascrivibilità a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di qualsiasi violazione del disposto dell’art.1176 c.c.
La valutazione dell’inadempimento, considerato grave e giustificante la risoluzione del contratto, dell’appaltatrice è stata effettuata dalla Corte di merito tenendo conto, come detto, delle emersioni istruttorie e tenendo presente quale era il limitato oggetto dei contratti di appalto conclusi tra le parti e quali erano le caratteristiche dell’impianto al quale inerivano gli interventi commissionati. L’esistenza e l’entità dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE sotto il profilo della carenza di diligenza qualificata che dalla stessa si doveva pretendere sono state accertate sulla base di una motivazione che, per quanto sopra detto, è comprensibile e non presenta contraddittorietà insanabili, di modo che anche le doglianze della ricorrente incidentale mirano nella sostanza a rivedere il merito della decisione, precluso in questa sede di legittimità.
Devono essere pertanto respinti sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.
Tenuto conto dell’esito del presente giudizio di legittimità, si ritiene ampiamente giustificata l’integrale compensazione delle spese processuali di fase.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico sia di RAGIONE_SOCIALE che di RAGIONE_SOCIALE un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazioni principale quanto alla prima e dell’impugnazione incidentale quanto alla seconda, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Compensa integralmente le spese processuali del giudizio di cassazione.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 21