Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3871 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3871 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26081/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale e Legale Rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del titolare, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 870/2020 depositata il 06/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
Con decreto n. 4725/2011 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ingiunse alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) di corrispondere alla RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 52.555,86 a titolo di saldo per il rimborso di prestazioni farmaceutiche relative alle mensilità da marzo ad agosto 2011, oltre interessi moratori ex art. D. Lgs. 231/2002i.
Avverso detto decreto propose opposizione l’RAGIONE_SOCIALE, deducendo, in via preliminare, l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 642, 2° comma, c.p.c. e, nel merito, l’infondatezza della pretesa in quanto il pagamento era avvenuto prima dell’emissione del provvedimento monitorio e doveva applicarsi la disciplina di cui all’art. 1193, comma 1, c.c., che permette al debitore, al cospetto di debiti diversi, di indicare quale di essi intende soddisfare.
Si costituì l’opposta RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 522/2015, accolse l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo opposto.
Il giudice prime cure ritenne applicabile al caso di specie l’art. 1193 c.c. sul presupposto che i crediti vantati dall’appellante nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, annoverati nelle distinte contabili prodotte in giudizio, inerenti ciascuna ad una distinta mensilità, fossero diversi l’uno dall’altro, avendo ciascuno una autonoma causa petendi.
La decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 870/2020, depositata il 6 luglio 2020.
La Corte territoriale, premesso che il servizio di erogazione dei farmaci è riconducibile all’unico originario rapporto di durata che ogni farmacia instaura con il RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto imputare i pagamenti effettuati, secondo la sua discrezionalità, alle mensilità non adempiute, ostandovi il criterio previsto dall’art. 1194 comma 1 c.c., in virtù del quale l’imputazione sarebbe dovuta avvenire prima con riferimento agli interessi e alle spese e poi al capitale.
Ha quindi condannato la RAGIONE_SOCIALE appellata al pagamento della somma richiesta con il ricorso monitorio, provato dalle distinte contabili e dagli atti di imputazione di pagamento inviati dalla RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE appellata in seguito alla ricezione di ciascuno dei bonifici con i quali l’RAGIONE_SOCIALE medesima aveva ritenuto di estinguere i debiti. Con riferimento a ciascun bonifico di pagamento, infatti, la RAGIONE_SOCIALE aveva contestato l’imputazione operata dalla RAGIONE_SOCIALE e rifatto il conteggio delle somme da imputare ad interessi e al capitale, allegando ad ogni atto di imputazione i prospetti aggiornati, rispetto ai quali l’appellata non aveva sollevato alcuna contestazione, sostanzialmente accettando l’imputazione effettuata dalla creditrice.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, l’RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1193 e 1994 c.c.
Secondo la RAGIONE_SOCIALE, i crediti vantati dalle farmacie sarebbero omogenei ma con titolo e causa diversi (costituite dalla
convenzione e dalle singole prestazioni farmaceutiche effettuate in ciascun mese).
Ciò si evincerebbe anche da una precedente pronuncia di questa Corte che ha escluso che ai crediti delle farmacie nei confronti del RAGIONE_SOCIALE si applichi la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., non trattandosi di un’obbligazione con periodicità imposta da cadenze obbligate, ma solo da esigenze di rendiconto.
Il diritto di credito della farmacia sarebbe un diritto eterodeterminato, individuabile da fatti costitutivi diversi da mese a mese, essendo diverse da mese a mese le prestazioni di cui si chiede il pagamento.
Pertanto, trattandosi di una pluralità di crediti, ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione dell’art. 1193 c.c., primo comma, mentre non rileverebbe l’eccezione prevista dall’art. 1194 c.c., limitata al caso di pagamento parziale di un unico credito.
L’RAGIONE_SOCIALE pertanto avrebbe provveduto al pagamento integrale e nei termini previsti dal d.p.r. 371/ 98 dei debiti portati nelle distinte contabili riepilogative relative alle mensilità di marzo, aprile, maggio, giugno, luglio e agosto 2011, anteriormente al deposito del provvedimento monitorio.
La RAGIONE_SOCIALE avrebbe inoltre esercitato tempestivamente la propria facoltà di imputazione dei pagamenti, in maniera contestuale agli stessi, indicando nei mandati di pagamento e nei relativi bonifici la causale idonea ad individuare i debiti che aveva inteso adempiere.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
Innanzitutto lo è per violazione dell’art. 366 n. 3 c.p.c.
Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366, primo comma n. 3, cod. proc. civ., che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione capace di garantire alla Corte di cassazione una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale
che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 18/05/2006, n. 11653). La prescrizione del requisito non soddisfa un’esigenza di mero formalismo, ma è votata a consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. n. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 comma primo n. 3 cod. proc. civ. è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Poiché il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile.
In secondo luogo lo è perché è inidonea la censura formulata nel ricorso a pag. 8 con cui impugna la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Né tantomeno rispetta le prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità. anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia,
(ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
Qualunque sia il tipo di errore denunciato (in procedendo o in iudicando), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve ‘contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
Infine, non può non sottacersi che diversamente da quanto sostiene la RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dall’ordinanza della sesta sezione di questa Corte n. 30546 del 20 dicembre 2017, non è possibile desumere un principio generale secondo cui i crediti vantati dalle farmacie nei confronti del RAGIONE_SOCIALE per l’erogazione dei farmaci, riportati nelle distinte contabili riepilogative relative a ciascuna diversa mensilità, sarebbero una pluralità crediti distinti tra loro, con titolo e causa diversi.
L’ordinanza richiamata, infatti, si è limitata ad affermare che le obbligazioni nascenti dal rapporto convenzionale tra farmacie e SSN non rientrano tra quelle il cui adempimento deve avvenire periodicamente a cadenze obbligate, in quanto le prestazioni di consegna dei farmaci e il conseguente rimborso da parte del SSN hanno cadenza mensile per esigenze di rendiconto e possono eventualmente mancare ove la farmacia in una mensilità non abbia consegnato i farmaci.
Da ciò consegue che, per tali prestazioni, non è giustificata la prescrizione breve di cui all’art. 2948 c.c., la quale riguarda prestazioni che maturano con il decorso del tempo e che, pertanto, divengono esigibili solo alle scadenze convenute, giacché costituiscono corrispettivo della controprestazione resa per i periodi ai quali i singoli pagamenti si riferiscono (Cass. civ., Sez. III, 30 gennaio 2008, n. 2086).
La non applicabilità della prescrizione quinquennale non comporta invece quale conseguenza l’esclusione del carattere unitario dell’obbligazione. Al contrario, l’applicazione dell’art. 2948 c.c. è esclusa dalla giurisprudenza quando il corrispettivo contrattuale consiste in una prestazione unitaria, pur eseguibile frazionatamente nel tempo, come nel caso del contratto di leasing in cui è dilazionata l’esigibilità delle singole rate del finanziamento, ma l’utilizzatore è tenuto a restituirne l’intero, essendo unitaria la
prestazione che egli si impegna ad eseguire (Cass. civ., Sez. III, 30 gennaio 2008, n. 2086).
Peraltro, questa Corte ha di recente confermato la natura unitaria delle prestazioni di erogazione dei farmaci, affermando che le stesse costituiscono ‘adempimento parziale dell’unico rapporto obbligatorio, sorto tra le Aziende sanitarie e le farmacie e disciplinato dall’accordo collettivo trasfuso nel D.P.R, 371 del 1998’ (Cass. civ., Sez. III, 12 febbraio 2019, n. 3968).
Alla luce di ciò, trattandosi nel caso di specie di obbligazioni di pagamento facenti riferimento ad un’unica causa, deve ritenersi non applicabile la disciplina di cui all’art. 1193 c.c., che ha come necessario presupposto la sussistenza di più crediti di uno stesso creditore nei confronti del medesimo debitore (Cass. civ., Sez. III, 14 settembre 2022, n. 27076).
4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1193 e 2697 c.c., per aver la Corte di appello omesso di valutare se il creditore avesse provato l’esistenza e l’esigibilità dell’asserito credito pregresso.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, poiché la RAGIONE_SOCIALE omette di indicare in quale sede, nel corso del presente giudizio, avrebbe contestato l’esistenza di debiti diversi da quelli a cui aveva imputato i pagamenti, con la conseguenza che a questa Corte non è consentito verificare se il tema sia stato sollevato per la prima nell’ambito del giudizio di legittimità.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200, di cui euro 5.000,00 per onorari,
oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza