Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13567 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13567 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/05/2024
ORDINANZA
OGGETTO: vendita di cose mobili
R.G. 3610/2020
C.C. 8-5-2024
sul ricorso n. 3610/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliate in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 1138/2019 della Corte d’appello di Palermo depositata in data 1-6-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 8-5-2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Sciacca li aveva condannati a pagare Euro 113.477,91 oltre interessi ex art. 5 d.lgs. 231/2002 a favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo per una fornitura di infissi per una serie di villette.
Con sentenza n. 75/2015 depositata il 23-2-2015 il Tribunale di Sciacca ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato gli opponenti NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in solido al pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE di Euro 75.534,30 oltre interessi ex d.lgs. 231/2002.
2.NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Palermo con sentenza n. 1138/2019 depositata il I-6-2019 ha parzialmente accolto, rideterminando la somma dovuta dagli appellanti in Euro 11.208,27 con gli interessi legali dal 27-11-2009 al saldo e condannando gli appellanti alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi per la quota della metà, compensando la residua metà.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di impugnazione proposti, la sentenza ha dichiarato che le finestre fisse erano inadeguate negli ambienti cucina, soggiorno e stanza da letto, dove dovevano essere apribili, ha quantificato il costo per la sostituzione in finestre apribili in Euro 6.000,00, il costo per la rimozione delle finestre fisse in Euro 8.054,00, ha aggiunto costi per montaggio e trasporto, quantificando il corrispettivo di Euro 84.622,63 e di Euro 101.547,23 comprensivo di iva; detratti gli acconti di Euro 33.600,00 e di Euro 56.738,96 pagato all’udienza del 30 -4-2013, ha dichiarato che residuava l’importo di Euro 11.208,27.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, nel quale hanno proposto anche motivo di ricorso incidentale.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 8-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la sentenza valutato la c.t.u. in modo palesemente erroneo relativamente al numero delle finestre fisse da sostituire ed al costo delle finestre fisse da rimuovere, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ . La ricorrente lamenta che la sentenza abbia erroneamente valutato le risultanze della consulenza d’ufficio, in quanto il consulente d’ufficio aveva dichiarato che le uniche finestre fisse inadeguate erano quelle installate nella stanza da letto per l’ammontare di Euro 3.000,00; inoltre, lamenta che la sentenza abbia disposto la detrazione del costo delle finestre fisse da rimuovere pari a Euro 8.054,54, mentre il valore attribuito dal c.t.u. a tutte le finestre fisse era pari a Euro 6.589,65. Quindi la ricorrente esegue conteggio analitico, in forza del quale quantifica il corrispettivo complessivo della fornitura in Euro 114.812,72.
1.1.Il motivo è evidentemente inammissibile, in quanto è volto a ottenere un accertamento di fatto, con riguardo alla quantificazione del credito, diverso da quello eseguito dal giudice di primo grado, sulla base dell’erroneo presupposto che il giudizio di legittimità costituisca un terzo grado del giudizio nel quale possano essere semplicemente devolute le questioni di fatto già decise.
Non soccorre all’ammissibilità del motivo il richiamo nell’intitolazione del motivo alla violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., perché nel corpo del motivo la ricorrente neppure tenta di sostenere in quali termini la Corte d’appello, quantificando il credito recependo in modo erroneo le risultanze della c.t.u. secondo la sua tesi, sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. Invece, è acquisito il principio secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la viola zione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativasecondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-02).
2.Il secondo motivo è intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1284 c.c. e dell’art. 5 d.lgs. n.231/2002 per non avere la sentenza riconosciuto gli interessi legali nella misura prevista dal d.lgs. n. 231/2002 sulla sorte capitale, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, utilizzando la generica formula ‘interessi legali dal 27 -112009 al soddisfo’, non abbia specificato quali interessi aveva applicato, nonostante il giudice di primo grado avesse esattamente imposto il pagamento degli interessi per le transazioni commerciali ex art. 5 d.lgs. 231/2002.
2.1.Il motivo è fondato.
Si deve ritenere che la sentenza impugnata, limitandosi alla generica qualificazione degli interessi riconosciuti quali interessi legali, abbia riconosciuto gli interessi ex art. 1284 cod. civ., in ragione della portata generale di tale disposizione (cfr. Cass. Sez.3 27-9-2017 n. 22457 Rv. 645770-01, Cass. Sez. 2 14-7-2023 n. 20273 Rv. 66854901). In questo modo la sentenza ha commesso la violazione di legge lamentata, in quanto ha liquidato gli interessi di cui all’art. 1284 cod. civ. in diverso caso nel q uale spettavano gli interessi di cui all’art. 5 d.lgs. 231/2002, che infatti erano già stati riconosciuti dal giudice di primo grado senza che tale pronuncia fosse stata oggetto di appello, secondo quanto risulta dal contenuto della sentenza impugnata. Quindi, non hanno pregio neppure gli argomenti con i quali i controricorrenti sostengono la correttezza della sentenza impugnata, perché in mancanza di motivo di appello con il quale fosse stato dedotto che non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento degli interessi commerciali, la circostanza della debenza di quegli interessi era definitivamente acquisita in causa.
3.Il terzo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1194 c.c. per non avere la sentenza correttamente imputato gli acconti corrisposti dal debitore, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ e con esso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, dopo avere erroneamente determinato il corrispettivo della fornitura, abbia anche erroneamente imputato l’acconto di Euro 56.738,96 al capitale anziché agli interessi; dà atto di avere pagato ulteriore acconto di Euro 18.700,00 nel corso del giudizio di secondo grado e rileva che anche questo acconto va imputato ex art. 1194 cod. civ.
3.1.Il motivo è fondato, perché la sentenza impugnata ha detratto gli acconti dall’importo del capitale che ha determinato in Euro 101.547,23, senza applicare il criterio legale di imputazione del
pagamento agli interessi di cui all’ art. 1194 cod. civ. Infatti, nell’ipotesi di pagamento parziale, il versamento va imputato agli interessi e non al debito capitale, tale criterio legale di imputazione posto d all’art. 1194 cod. civ. non costituisce fatto che debba essere specificamente dedotto in funzione del raggiungimento di un determinato effetto giuridico e si risolve in una conseguenza automatica di ogni pagamento (Cass. Sez. 3 9-10-2003 n. 15053 Rv. 567351, Cass. Sez. 1 20-5-2005 n. 10692 Rv. 580901-01).
4.Con l’unico motivo di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME deducono ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.); specificamente omesso calcolo dell’ulteriore (ed incontestata) rimessa dell’importo di Euro 18.700,00 effettuata in data 6 ot tobre 2016’ e lamentano che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto di tale ulteriore e incontestato acconto di Euro 18.700,00.
4.1.Il motivo è fondato in quanto la sentenza impugnata, allorché ha considerato e detratto dall’importo oggetto di condanna gli acconti pagati in corso di giudizio, anche in secondo grado, doveva individuare e sottrarre tutti gli importi che erano stati pagati prima della pronuncia e perciò anche l’importo di Euro 18.700,00, che infatti la stessa ricorrente principale riconosce debba essere detratto dal dovuto.
5.In conclusione devono essere accolti il secondo, il terzo motivo di ricorso principale, il motivo di ricorso incidentale e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, che deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso principale, il motivo di ricorso incidentale, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione