Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7497 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7497 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15097/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALEin proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE IMPRESA INDIVIDUALE D’COGNOME NOME in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
Oggetto: pubblico
Appalto
R.G.N. 15097/2020
Ud. 13 febbraio 2025
CC
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 6887/2019 depositata il 12/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con Sentenza n. 6887/2019, pubblicata in data 12 novembre 2019 , la Corte d’appello di Roma, ha respinto gli appelli – principale ed incidentale -proposti, rispettivamente, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALEquest’ultima in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo delle imprese RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME -avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 2897/2017, pubblicata in data 14 febbraio 2017, la quale aveva condannato la stessa RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione, in favore della RAGIONE_SOCIALE -nella sua duplice veste -della somma di € 999.616,00, oltre interessi, trattenuta da AGEA a titolo di penale, in relazione ad un contratto di appalto avente ad oggetto un programma di fornitura di frutta e verdura alle scuole nell’anno scolastico, 2013 -2014.
Esaminati i due gravami, la Corte d’appello di Roma ha disatteso, in primo luogo, quello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE, osservando:
-quanto ai primi due motivi di appello -con i quali si contestava l’applicazione di una penale una tantum di € 5.000,00 al singolo lotto di distribuzione e non alle singole infrazioni verificate -che l’esame del testo contrattuale e la sua interpretazione deponevano nel senso dell’applicabilità della penale al singolo lotto e non al singolo plesso di istituto, come indirettamente confermato da una comunicazione inviata dal RUP del procedimento;
-quanto al terzo motivo -col quale veniva impugnata l’esclusione di due sanzioni, rispettivamente, per frutta di calibro non adeguato e per inadeguatezza delle indicazioni sulle confezioni -che lo stesso era da ritenersi inammissibile ex art. 342 c.p.c., non avendo il gravame in alcun modo impugnato le argomentazioni della decisione di prime cure.
La Corte, territoriale, poi, ha anche disatteso i primi cinque motivi di appello incidentale, rilevando:
-quanto al primo motivo -col quale si contestava l’applicazione di sanzioni solo sulla base di verifiche a campione e non di controlli sull’integralità dei lotto che la correttezza di tale criterio emergeva dalle previsioni contrattuali non tanto sul piano letterale quanto sul piano di una interpretazione logica trovando quindi applicazione il criterio di cui all’art. 1367 c.c. -e che le contestazioni in ordine alla sussistenza dei dedotti inadempimenti risultavano infondate, gravando sulla stessa appellante incidentale l’onere di fornire la relativa prova;
-quanto al secondo motivo -col quale si censurava la decisione di prime cure per non aver accertato la illegittimità di sanzioni irrogate sulla base di mere segnalazioni provenienti dalle scuole senza alcun contraddittorio con la stessa appellante incidentale
-che le previsioni del contratto non contemplavano una verifica in contraddittorio delle violazioni e che, una volta contestati da AGEA gli inadempimenti, sarebbe stato onere dell’appellante incidentale dare prova di aver correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni;
-quanto al terzo motivo -col quale si impugnava il mancato accoglimento della domanda avente ad oggetto la contestazione della sanzione applicata per il fallito raggiungimento di 25 distribuzioni relative ad un lotto -che lo stesso si veniva a basare su allegazioni non puntuali e tali da non consentire una verifica della loro fondatezza;
-quanto al quarto motivo -rivolto al mancato accoglimento della domanda di riduzione ad equità della penale -che la stessa era stata in realtà ridotta dal giudice di prime cure con riferimento alla sanzione una tantum, mentre per gli altri casi l’esclusione della riduzione trovava fondamento nella pluralità delle violazioni, nella loro gravità, nell’importanza economica del contratto e nella tipologia dei destinatari -alunni delle scuole degli alimenti forniti dalle appellanti incidentali
-quanto al quinto motivo -concernente il rigetto della domanda di risarcimento dei danni -che l’infondatezza della domanda di risarcimento dei danni derivava sia dal fatto che AGEA non era stata completamente inadempiente sia dalla inadeguata indicazione dei documenti sui quali la domanda veniva a fondarsi.
La Corte territoriale ha invece accolto l’ultimo motivo di appello, concernente la liquidazione delle spese di lite, ma limitatamente al mancato riconoscimento delle spese per contributo unificato.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo delle imprese RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è articolato in una serie di paragrafi riferibili ai singoli profili dedotti nella fase di merito e nell’ambito dei quali si ritiene di individuare -per maggiore analiticità -dieci distinte censure.
1.1. Con il primo motivo -riferito al rigetto del primo motivo di gravame – il ricorso deduce, testualmente, ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 1367, 1362, 1363, 1364 e 1366 del codice civile, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. e illogicità e della motivazione in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., con riferimento all’art. 6 del contratto come richiamato dalla Corte di Appe llo’ .
Il ricorso censura l’interpretazione del contratto adottata dalla Corte d’appello, deducendo l’erroneità del richiamo all’art. 1367 c.c., in quanto:
-la previsione sarebbe stata applicata in difetto di incertezza sulla interpretazione letterale del contratto, la quale sarebbe di per sé univoca;
-il criterio interpretativo sarebbe stato applicato senza verificare la possibilità di operare una diversa interpretazione del contratto sulla scorta degli altri criteri ermeneutici.
1.2. Con il secondo motivo -riferito sempre al rigetto del primo motivo di gravame – il ricorso deduce, testualmente: ‘ Violazione e falsa applicazione di legge in ordine all’art. 1372 c.c. in forza del quale il contratto ha forza di legge tra le parti, nonché specificatamente alla c.d. lex specialis costituita dalle norme del contratto di appalto, di cui agli artt. 64 e ss del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (C.d. Codice Appalti) e ss.mm.ii, con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.; Omesso esame e carenza di motivazione con riferimento all ‘a rt. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.’
Si censura l’affermazione contenuta nella decisione impugnata -per cui gli esiti del controllo a campione erano stati correttamente estesi all’intero lotto.
La ricorrente richiama le “Linee Guida” per la verifica dei Programmi di Attività 2013-2014 -Parte II, approvate da AGEA per dedurre che l’accertamento delle irregolarità è limitato al campione e le sanzioni non si estendono all’intero lotto, evidenziando che la clausola del controllo a campione senza estensione per presunzione a tutto il lotto, è stata rispettata per tutte le altre sanzioni.
1.3. Con il terzo motivo -riferito ancora al rigetto del primo motivo di gravame – il ricorso deduce ‘ Violazione di legge in ordine alle norme di cui agli artt. 1321 e ss c.c., non potendo essere attribuito all’AGEA il diritto alcuno di determinare, integrare o modificare unilateralmente parti del contratto e delle norme che lo regolano. Illegittima integrazione di fatto di una disciplina non prevista e non voluta dalle parti nel contratto. Assenza in contratto dei criteri di determinazione dei campioni approvati da entrambe le parti. ‘ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che, nell’affermare che gli esiti delle verifiche a campione erano stati legittimamente estesi all’integrità dei lotti verificati, la Corte d’appello avrebbe ‘illegittimamente ritenuto
la clausola dubbia, sebbene la norma contrattuale espressamente non preveda che i risultati dei controlli a campione possano essere estesi, ai fini dell’applicazione delle penali contrattuali, all’intero lotto. – ed altrettanto illegittimamente (…) di fatt o integrato una disciplina non prevista e non voluta dalle parti nel contratto’ .
1.4. Con il quarto motivo -riferito per l’ultima volta al rigetto del primo motivo di gravame – il ricorso deduce ‘Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 1372 c.c. in forza del quale il contratto ha forza di legge tra le parti, della c.d. lex specialis costituita dalle norme del contratto di appalto, di cui agli artt. 64 e ss. del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici) e ss.mm.ii, nonché dell’art. 1490 c.c. e subordinatamente degli artt. 1665 e 1667 c.c. co n riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe applicato un erroneo criterio di ripartizione degli oneri probatori, omettendo di tenere conto del fatto che ad essere dedotto non era un inadempimento ma una ‘presunta non conforme esecuzione’ , con la conseguenza che sarebbe stata l’odierna ricorrente incidentale a dover provare le proprie deduzioni, peraltro senza potersi avvalere di un mero accertamento a campione.
1.5. Con il quinto motivo -riferito, a questo punto, al rigetto del secondo motivo di gravame – il ricorso deduce ‘Violazione e falsa applicazione di legge in ordine all’art. 1372 c.c. in forza del quale il contratto ha forza di legge tra le parti, nonché specificamente alla c.d. lex specialis costituita dalle norme del contratto di appalto, di cui agli artt. 64 e ss del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici) e ss.mm.ii, con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Omesso esame e carenza di motivazione, con riferimento all’art. 360 co. 1 n, 5 c.p.c.; con riferimento alle modalità di accertamento e
comminazione delle sanzioni in ordine alle difformità qualitative stabilite in contratto e nel manuale delle sanzioni’ .
La ricorrente censura il rigetto del motivo di appello concernente la dedotta illegittimità dell ‘ irrogazione delle sanzioni sulla base delle segnalazioni dei dirigenti degli istituti scolastici per irregolarità, invocando preliminarmente le previsioni dell’ apposito regolamento contenuto nel contratto e nel manuale delle sanzioni che avrebbe regolato l’accertamento e l’applicazione delle sanzioni.
Contesta ‘la valenza di dette segnalazioni ed il modus operandi dell’AGEA, del tutto contrari proprio a quanto riportato nel contratto e nel manuale delle sanzioni, oltre che alle comuni norme giuridiche che regolano materia’ , in quanto AGEA avrebbe applicato penali sulla base di segnalazioni dei singoli istituti scolastici redatte da soggetti diversi dall’istituto scolastico e non oggetto di specifica verifica in contraddittorio con la ricorrente, se non al momento della redazione del verbale di irrogazione delle sanzioni.
1.6. Con il sesto motivo -riferito sempre al rigetto del secondo motivo di gravame – il ricorso deduce: ‘Violazione e falsa applicazione di legge:
dell’art. 1372 c.c. in forza del quale il contratto ha forza di legge tra le parti;
nonchè della c.d. lex specialis costituita dalle norme del contratto di appalto, di cui agli artt. 64 e ss del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici) e ss.mm.ii;
nonché e comunque dell’art. 1490 c.c.’ .
Si censura la decisione della Corte territoriale, nella parte in cui la stessa ha affermato che sarebbe stato onere dell’odierna ricorrente dare prova dell’esatta esecuzione del contratto, argomentando che:
-avrebbe applicato un erroneo criterio di ripartizione degli oneri probatori, essendo dedotto non un inadempimento ma una ‘presunta non conforme esecuzione’ , con la conseguenza che sarebbe stata l’odierna ricorrente incidentale a dover provare le proprie deduzioni;
-l’accertamento e la prova in ordine alla corretta esecuzione delle forniture erano regolati dal contratto e dal manuale delle sanzioni che ne costituiva parte, avendo tali atti forza di legge ex art. 1372 c.c.
1.7. Con il settimo motivo -riferito ancora al rigetto del secondo motivo di gravame – il ricorso deduce: ‘Violazione delle norme che regolano l’appalto, ed invero della lex specialis di cui agli artt. 64 e ss del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici) e ss.mm.ii’ .
Sempre in relazione al medesimo profilo si deduce la violazione delle previsioni invocate, in quanto ‘ la disciplina che regola l’accertamento, la prova e l’applicazione delle penali è quella contenuta nel contratto di appalto e nel relativo manuale delle sanzioni, innanzi riportata, che impone le modalità ed accertamenti a carico dell’AGEA. ed il relativo onere della prova a carico della predetta AGEA ‘ .
1.8. Con l’ottavo motivo -riferito questa volta al rigetto del terzo motivo di appello incidentale – il ricorso deduce: ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 164 co. 4 cpc, 163 co. 3 n. 3 e 4, sulla determinazione e nullità della domanda con riferimento alla presunta mancata specificazione dei soli nominativi delle scuole interessate ‘ .
Si censura l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale il terzo motivo di appello non poteva essere accolto in quanto si veniva a basare su allegazioni non puntuali e tali da non consentire una
verifica della loro fondatezza argomentando che invece nell’atto introduttivo era stata operata una specifica e puntuale indicazione e documentazione delle circostanze che evidenziavano l’insussistenza dell’inadempimento dedotto da AGEA e la illegittimit à delle sanzioni.
1.9. Con il nono motivo -riferito al rigetto del quarto motivo di appello incidentale – il ricorso deduce: ‘ Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 1382 e 1384 del codice civile, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ed omessa ovvero carente motivazione, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.’ .
Con riferimento al rigetto del motivo di appello concernente il profilo della riduzione delle penali, si censura la decisione impugnata in quanto la stessa non avrebbe proceduto ad alcuna valutazione delle violazioni e delle loro gravità, né avrebbe fornito una motivazione sul punto.
Secondo la ricorrente non sarebbero state prese in considerazione circostanze come la moltiplicazione delle sanzioni per episodi reiterati; la sproporzione tra sanzione e valore della merce; la sporadicità di alcune difformità; le difficoltà di esecuzione riconducibili alla stessa appaltante.
La ricorrente contesta altresì che la valutazione di congruità delle penali possa basarsi sul valore dell’appalto, evidenziando in ogni caso che gli appalti erano due.
1.10. Con il decimo motivo -riferito al rigetto del quinto motivo di appello incidentale – il ricorso deduce: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento ai danni da immagine ed economici per le segnalazioni all’ANAC (Autorità Anticorruzione) ed inserite nel Registro-Sistema di consultazione previsto per le Pubbliche Amministrazioni – Stazioni
Appaltanti RAGIONE_SOCIALE. e per i riflessi economici sui bilanci e finanziari in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.; – Violazione di cui all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. in ordine all’art. 115 c.p.c., in forza del quale il Giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita, così come applicabile per rinvio di cui all’art. 359 cpc., nonché di cui all’art, 360 co. 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e carenza di motivazione su tale punto della controversia, con riferimento al danno da rinnovo della cauzione pari ad € 13.664,41 e al rinvenimento della relativa d ocumentazione’ .
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 329 e 346 c.p.c.
Si impugna la decisione della Corte d’appello, nella parte in cui ha respinto il terzo motivo di appello principale -col quale veniva impugnata l’esclusione di due sanzioni, rispettivamente, per frutta di calibro non adeguato e per inadeguatezza delle indicazioni sulle confezioni -osservando che lo stesso era da ritenersi inammissibile ex art. 342 c.p.c., non avendo il gravame in alcun modo impugnato le argomentazioni della decisione di prime cure.
Argomenta, in particolare, il ricorso che l’atto di appello, ben lungi dal non impugnare la ratio decidendi della sentenza di primo grado, l’aveva espressamente e specificamente censurata.
2.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.
Viene censurata la statuizione di rigetto dei primi due motivi dell’appello incidentale, deducendo il carattere apparente della motivazione, la quale non avrebbe esaminato il complesso delle argomentazioni che venivano sviluppate nei motivi di appello.
3. Allo scopo di evitare inutili ripetizioni nel corso dell’analisi dei singoli motivi dei due ricorsi – principale ed incidentale – appare opportuno il richiamo ad alcuni consolidati principi enunciati da questa Corte, in quanto pienamente applicabili in relazione ad una pluralità dei motivi in esame.
In primo luogo, poiché molti dei motivi si fondano sull’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., si deve osservare che, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2017, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado -se non in misura assai limitata in relazione ad uno dei motivi di gravame di AGEA in punto di riconoscimento del contributo unificato – né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
In secondo luogo, e sempre in relazione al richiamo all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5) , c.p.c. – questa volta in tema di vizio di motivazione – va rammentato che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54, D.L., n. 83/2012 (conv. con Legge n. 134/2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato
di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Quanto alla deduzione del vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deve anche in questa sede ribadire che tale ipotesi deve essere dedotta, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorrente, quindi, a pena d’inammissibilità della censura, ha l’onere di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è
tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
Ulteriormente, questa Corte deve ribadire il principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto – che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma – e del vizio di motivazione – che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione.
Ciò in quanto l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
Infine -ed in conclusione -si deve ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Operata tale premessa sistematica, e passando all’esame del ricorso principale, tutti i motivi in esso formulati devono essere dichiarati inammissibili.
4.1. I primi tre motivi (pagg. 14, 16 e 21 del ricorso) possono essere esaminati congiuntamente, in quanto convergenti, seppure da diverse angolazioni, sul tema dell’interpretazione del contratto concluso dalle parti.
Orbene, si deve rammentare che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. L – Sentenza n. 10745 del 04/04/2022).
Da ciò consegue che il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), e ciò perché l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
Tornando ora al caso in esame, è inevitabile constatare che il ricorso, ben lungi dall’evidenziare un effettivo contrasto tra l’approdo ermeneutico raggiunto dalla decisione impugnata ed un corretto governo dei canoni di interpretazione dei contratti, si traduce nella mera contrapposizione di un’interpretazione div ersa da quella cui è pervenuta la Corte territoriale, senza tuttavia riuscire ad offrire un costrutto argomentativo atto a dimostrare l’assoluta infondatezza della stessa e ad evidenziare una concreta violazione degli artt. 1362 segg. c.c. , dovendosi, anzi, osservare che l’interpretazione cui la Corte territoriale è pervenuta -motivando adeguatamente il proprio
ragionamento -si presenta perfettamente come una delle possibili interpretazioni che del contratto potevano essere individuate, risultando in tal modo incensurabile.
La piena legittimità dell’approdo ermeneutico cui è pervenuta la Corte territoriale vale, conseguentemente, a privare di ammissibilità anche il secondo ed il terzo motivo, i quali, pur deducendo apparentemente la violazione di previsioni diverse da quelle concernenti l’interpretazione dei contratti, si vengono nondimeno ad basare imprescindibilmente su una ricostruzione interpretativa -quella della ricorrente -che, come appena evidenziato, risulta priva di adeguato supporto, mentre, con riferimento alla deduzione di difetto di motivazione contenuta nel secondo motivo, è sufficiente il richiamo al principio richiamato poc’anzi nelle premesse .
4.2. L’inammissibilità del quarto (pag. 24 del ricorso) e del sesto (pag. 35 del ricorso) motivo -i quali possono essere esaminati unitariamente, in quanto, seppur riferiti a profili distinti, risultano sovrapponibili sul piano delle deduzioni – discende dal carattere apodittico -ben evidenziato dall’affermazione (pag. 24) per cui ‘sul punto vi è poco da dire’ -e dal carente confronto con le argomentazioni contenute nella decisione impugnata, cui si imputa immotivatamente la violazione della regola di riparto degli oneri probatori -sebbene la stessa non venga neppure richiamata nella rubrica dei motivi – oltre ad una non argomentata violazione dell’art. 1372 c.c. e di altre previsioni di legge speciale, con modalità che non appaiono contraddistinte da quella specificità che -come rammentato in premessa -deve caratterizzare la formulazione di un motivo ex art. 360, n. 3), c.p.c.
L’inammissibilità de i motivi, peraltro, non esime questa Corte dal l’evidenziare l’infondatezza degli stessi, essendo sufficiente sul punto richiamare il principio -di cui la decisione impugnata ha fatto
ossequiente applicazione -enunciato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001, alla luce della quale correttamente la Corte territoriale ha affermato che incombeva sull’odierna ricorrente fornire prova del corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali.
4.3. Quanto al quinto (pag. 28 del ricorso) ed al settimo (pag. 38 del ricorso) motivo -anch’essi sovrapponibili sul piano delle deduzioni, al punto che il settimo motivo risulta sostanzialmente formulato per relationem si deve in primo luogo ribadire l’inammissibilità della censura ex art. 360, n. 5), c.p.c. contenuta nel quinto motivo, dovendosi ancora una volta richiamare i principi già evocati in tema di limiti alla deduzione di censure attinenti a carenze della motivazione.
Le deduzioni riferite al disposto di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., invece, risultano inammissibili in quanto ampiamente versate in fatto, dovendosi constatare che, sotto l’apparente deduzione di un inadeguato governo delle norme di diritto, ciò che si viene a sollecitare è un sindacato sulla valutazione dei fatti e dell’interpretazione delle fonti contrattuali operata dal giudice di merito ed a quest’ultimo riservata.
4.4. L’inammissibilità dell’ottavo motivo (pag. 39 del ricorso) deriva invece dal fatto che lo stesso non coglie una delle rationes decidendi della sentenza impugnata, la quale, comunque, non si impernia su una declaratoria di nullità dell ‘originaria citazione, ma evidenzia -dopo aver in ogni caso preso in considerazione le indicazioni elencate nel motivo di gravame, al punto da richiamare espressamente (pag. 8 della motivazione) la pag. 52 dell’appello – ha tuttavia ritenuto che tali elementi non solo fossero generici ma conclusivamente non consentissero neppure una concreta verifica della loro fondatezza sul piano probatorio.
4.5. In relazione al nono motivo (pag. 45 del ricorso) -ed al di là della già motivata inammissibilità della deduzione ancorata all’art. 360, n. 5), c.p.c. -si deve rammentare il principio, da questa Corte reiteratamente enunciato, per cui l’apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21357 del 2024; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4251 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9282 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6126 del 2024; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 23663 del 2023; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 23750 del 01/10/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2231 del 16/02/2012; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007).
Tornando al caso ora in esame, la decisione della Corte territoriale risulta avere adeguatamente motivato – peraltro richiamando elementi che riguardano l’interesse del creditore all’adempimento e l’effettiva incidenza dell’inadempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale nel corso di rapporto -le ragioni per cui ha ritenuto di non procedere alla riduzione della penale di talché è inevitabile constatare che il motivo non deduce una effettiva violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ma muove una inammissibile censura alla motivata valutazione del giudice di merito.
4.6. In merito al decimo motivo (pag. 56 del ricorso) -ribadita l’inammissibilità della censura ex art. 360, n. 5), c.p.c. si rileva che lo stesso non intercetta neppure la ratio della decisione impugnata, consistente nell’aver la Corte territoriale ritenuto che i danni dedotti dalla ricorrente non fossero neppure imputabili alla condotta di AGEA,
risultando quindi fallace la deduzione della violazione dell’art. 115 c.p.c.
Quanto al profilo del rinnovo della polizza, l’inammissibilità delle deduzioni della ricorrente discende dal fatto che l’ipotetica affermazione errata circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali di documenti invece incontestabilmente inseriti, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, la quale costituisce errore revocatorio e deve essere censurata con lo specifico mezzo di impugnazione (Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 1562 del 26/01/2021; Cass. Sez. L, Sentenza n. 19174 del 28/09/2016).
Il ricorso incidentale deve invece essere respinto.
5.1. Il primo motivo è inammissibile.
Si deve rilevare, in primo luogo, la non pertinenza della censura riferita alla violazione dell’art. 112 c.p.c.
Per integrare detto vizio, infatti, occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 18491 del 12/07/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014), laddove, nella specie, la Corte territoriale ha direttamente ed esplicitamente esaminato -per disattenderlo – il motivo di gravame.
Parimenti non pertinente è la deduzione della violazione dell’art. 115 c.p.c., la quale (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20867 del 30/09/2020) deve essere dedotta denunciando che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere
al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.
L’infondatezza del residuo motivo discende dalla considerazione che il giudice di appello ha ritenuto che il motivo di appello non fosse sufficientemente specifico nella critica ad una delle rationes decidendi della decisione di prime cure, ed in particolare avesse solo genericamente richiamato l’obbligo di rispetto del calibro della frutta, senza specificare se lo stesso si riferisse anche a frutta diversa da mele e pere, essendosi il motivo di appello limitato a richiamare l’allegato I, parte B, del Regolamento 543/11, come in effetti emerge dalla riproduzione del motivo medesimo contenuta nel ricorso e nella quale il motivo di ricorso viene a sostanziarsi, sicché anche nella presente sede, quindi, la ricorrente non censura adeguatamente la ratio , questa volta della decisione d’appello .
5.2. Infondato è l’ultimo motivo.
Richiamati, ancora una volta, i principi enunciati da questa Corte in tema di motivazione apparente o inesistente, si deve rilevare che, nella specie, la motivazione della Corte territoriale, seppure sintetica, non può dirsi né apparente né caratterizzata da insanabile contraddittorietà, limitandosi nel concreto il motivo a censurare il mancato vaglio espresso di tutte le argomentazioni dell’appello.
In conclusione, mentre il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale deve essere respinto.
L’esito del giudizio vale pienamente a giustificare l’integrale compensazione delle spese di lite.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , da parte della ricorrente principale, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
Similare attestazione non può invece essere resa per AGEA, in quanto l’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale;
rigetta il ricorso incidentale;
compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 13 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME