Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4164 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4164 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso n.10682/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE presso di Lei, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE presso di Lui, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 6151/2017 della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 2-10-2017
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8-2-2024 dal consigliere NOME COGNOME,
OGGETTO:
arbitrato – lodo
RG. 10682/2018
P.U. 8-2-2024
udito il AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso, uditi l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per la controricorrente
FATTI DI CAUSA
1. La sentenza n. 6151/2017 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE pubblicata il 2-10-2017 ha deciso l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE al lodo arbitrale depositato il 15-22012 che l’aveva condannata a pagare a favore di RAGIONE_SOCIALE Euro 113.525,94 per opere extracontrattuali fino a novembre 2005, Euro 66.931,06 per lavori extracontrattuali da dicembre 2005 a giugno 2008, Euro 8.715,50 per lavori di pulizia, detraendo l’importo di Euro 19.092,00 a titolo di penale contrattuale, in relazione al contratto di appalto concluso dalle parti il 27-5-2005 per l’esecuzione di opere di un tratto della INDIRIZZO Anagnina a RAGIONE_SOCIALE, compensando per un quarto le spese legali e condannandola alla rifusione a favore di RAGIONE_SOCIALE dei tre quarti delle spese medesime, ponendo a suo carico le spese di consulenza tecnica d’ufficio e le spese del procedimento arbitrale, compresi gli onorari del collegio nella misura liquidata con separata ordinanza.
La sentenza ha rigettato i sei motivi di impugnazione proposti da RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato assorbita l’impugnazione incidentale condizionata svolta da RAGIONE_SOCIALE e ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione a favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio.
1.1.Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso per cassazione proposti, con il primo motivo di impugnazione del lodo la società aveva dedotto la nullità del lodo per violazione degli artt. 112, 817bis e 115 cod. proc. civ., per il fatto che gli arbitri erano incorsi nel vizio di ultrapetizione per avere affermato la non compensabilità dei
lavori extracontrattuali, così interpretando l’art. 28 del contratto di appalto senza che alcuna parte avesse chiesto di valutare la regolarità di detta compensazione. La sentenza ha dichiarato che per verificare se l’impugnazione per violazione di regole di diritto fosse ammissibile occorreva fare riferimento al momento in cui era stata stipulata la convenzione di arbitrato, ma nella fattispecie l’art. 112 cod. proc. civ. era norma processuale e non atteneva al merito della controversia, per cui il rilievo non coglieva nel segno. Ha aggiunto che comunque non sussisteva il denunziato vizio di ultrapetizione, in quanto entrambe le parti avevano fatto riferimento all’art. 28 del contratto di appalto e quindi il collegio arbitrale era stato investito della questione interpretativa dell’art. 28 che disciplinava anche la compensazione e ne aveva valutato la portata.
Di seguito la sentenza ha considerato che la società ricorrente si lamentava del fatto che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale avesse negato la compensazione senza neppure sapere se gli importi che stava liquidando erano relativi a lavori extracontrattuali o lavori previsti nel contratto, con la conseguente violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. Ha dichiarato che il rilievo era inammissibile, in quanto l’art. 115 cod. proc. civ. non poteva essere considerato una disposizione che atteneva al merito della controversia, essendo disposizione processuale; ha aggiunto che, se anche se si fosse voluto ritenere la censura riferita al merito, non si poteva comunque parlare di violazione di norme di diritto, che non sussisteva allorché l’interpretazione compiuta rimaneva nell’ambito di possibile esegesi della norma e ciò a maggior ragione valeva per la valutazione del materiale probatorio in quanto, diversamente, ogni valutazione delle prove non condivisa si sarebbe risolta in violazione di legge ex art. 115 cod. proc. civ.
1.2.Con il secondo motivo di impugnazione la società RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato il rigetto della sua domanda riconvenzionale che il
RAGIONE_SOCIALE arbitrale aveva ritenuto derivante da ‘posizioni superate da quanto fin qui deciso’. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il motivo, in primo luogo perché la società non aveva censurato quella ratio decidendi, non in contraddizione con il rigetto della domanda pronunciato in dispositivo, ma aveva censurato solo l’affermazione del lodo secondo la quale la domanda riconvenzionale doveva ritenersi rinunciata in quanto non svolta in comparsa conclusionale; in secondo luogo perché, anche ammettendo che il rigetto della domanda riconvenzionale fosse stato fondato solo sulla contestata rinuncia, non vi sarebbe stata nullità del lodo, ma si sarebbe posta solo questione interpretativa di una condotta processuale che non poteva concretare violazione di regola di diritto attinente al merito.
1.3.Di seguito la sentenza impugnata ha considerato che con il terzo motivo la società lamentava che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale aveva rigettato la domanda volta ad accertare che nulla era dovuto per presunti lavori extracontrattuali. Ha dichiarato che sul punto il lodo offriva tre rationes decidendi ed era stata censurata solo quella che rinviava ‘a quanto si è in precedenza osservato circa il riferimento alla committente dell’operato del direttore dei lavori’; per questo ha dichiarato il motivo inammissibile, essendo necessario impugnare tutte le rationes. Ha aggiunto che il motivo era inammissibile anche perché involgeva questione interpretativa circa la riconducibilità dell’operato del direttore dei lavori, tanto che la società deduceva generica violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti che non poteva comunque dare luogo a nullità e anzi l’interpretazione appariva corretta, in quanto il direttore dei lavori era rappresentante del committente.
1.4.Quindi la sentenza impugnata ha rilevato che con il quarto motivo di impugnazione la società aveva lamentato che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale non aveva dedicato ‘neppure un rigo alle domande relative ai
lavori oggetto di rinuncia’; ha dichiarato che il motivo era inammissibile, a parte la considerazione che non potevano essere contemporaneamente violate la vecchia e la nuova disciplina dell’art. 829 cod. proc. civ., perché il presunto difetto di motivazione non era causa di nullità. Ha aggiunto che il motivo era anche infondato in quanto, in applicazione dell’art. 28 del contratto, il RAGIONE_SOCIALE arbitrale aveva ritenuto di dovere condannare al pagamento dei lavori extracontrattuali non ritenendo applicabile la compensazione, prevista per altra ipotesi.
1.5.La sentenza impugnata ha rigettato il quinto motivo di impugnazione, con il quale la committente aveva lamentato la riduzione d’ufficio della penale da parte del RAGIONE_SOCIALE arbitrale, osservando che la riduzione della penale poteva essere disposta anche d’uf ficio e comunque era in modo inammissibile denunciata la violazione di norma processuale.
1.6.Infine la sentenza impugnata ha considerato che con il sesto motivo la committente aveva dedotto l’erronea quantificazione delle spese processuali; ha dichiarato che il motivo era inammissibile, perché per gli onorari degli arbitri si applicava l’art. 814 cod. proc. civ. e , per quanto riguardava le spese, l’errore lamentato non poteva dare luogo a nullità del lodo; ha aggiunto che il motivo era anche infondato, in quanto l’onorario era stato liquidato entro il limite previs to per il valore della causa.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione sulla base di dodici motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, chiedendo anche la condanna della ricorrente ex art. 96 cod. proc. civ.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in pubblica udienza e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso è rubricato ‘ violazione o falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c. (ante riforma) e dell’art. 829, comma 1 n. 12 c.p.c. (nuova formulazione) (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) con riferimento al rigetto del primo motivo di appello’.
La ricorrente censura la pronuncia in quanto, pur riconoscendo che alla fattispecie si applica l’art. 829 cod. proc. civ. nella formulazione precedente alla modifica apportata dall’art. 24 d.lgs. 40/2006 in ragione della data del 27-5-2005 di sottoscrizione della clausola arbitrale, la Corte territoriale ha applicato la disciplina prevista dal nuovo testo dell’art. 829 cod. proc. civ. , dichiarando che il motivo era inammissibile in quanto lamentava la violazione di norma processuale che non atteneva al merito della controversia. Aggiunge che la pronuncia è errata in quanto la dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. attiene anche al merito della controversia, perché essa aveva impugnato la decisione arbitrale per avere riconosciuto all’appaltatore Euro 113.525,94 per lavori extracontrattuali sebbene tale corrispettivo fosse stato compensato tra le parti per lavori non eseguiti, attraverso transazione avvenuta in occasione del secondo SAL; rileva che tale compensazione era accertamento di merito e comunque evidenzia di avere impugnato il lodo anche ai sensi dell’art. 829 co.1 n.12 cod. proc. civ. nuova formulazione, secondo il quale il lodo è impugnabile se non ha pronunciato su alcuna delle domande o eccezioni delle parti.
2.Con il secondo motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli art. 112 e 115 c.p.c., 1325 e degli artt. 1362 e seguenti c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) con riferimento al rigetto del primo motivo di appello’ la ricorrente evidenzia che le parti non avevano chiesto l’interpretazione dell’art. 28 del contratto per verificare se fosse o meno ammissibile la compensazione dei lavori extracontrattuali con quelli non eseguiti; rileva di avere chiesto l’accertamento dell’estinzione per
compensazione sulla base di accordo successivo raggiunto dalle parti con l’accettazione del SAL n. 2 e dei SAL successivi che richiamavano tale accordo . Lamenta che la Corte d’appello, aderendo alla decisione del RAGIONE_SOCIALE arbitrale fondata sulla sola parziale interpretazione letterale dell’art. 28, ha violato le disposizioni sull’interpretazione dei contratti, omettendo di valutare la volontà dei contraenti espressa dopo la stipula del contratto e omettendo di considerare che il contratto prevedeva una specifica procedura per la realizzazione di lavori aggiuntivi, che nella fattispecie non era stata svolta. Lamenta altresì la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , non avendo la Corte d’appello considerato che la prova della compensazione era fornita da una serie di documenti, che elenca a pag. 18 del ricorso ed era stata accertata anche dal c.t.u. nominato dal RAGIONE_SOCIALE arbitrale.
3.Con il terzo motivo ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) con riferimento al rigetto del primo motivo di appello’ la ricorrente lamenta che sia stato rigettato il primo motivo di ‘ appello ‘ senza esaminare il fatto decisivo rappresentato dall’estinzione del diritto fatto valere dall’appaltatore per l’avvenuta compensazione dei lavori extracontrattuali con quelli non eseguiti fino a novembre 2005.
4.Con il quarto motivo ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 e 1362 c.c. (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.) con riferimento al rigetto del primo motivo di appello’ la ricorrente rileva che aveva chiesto alla Corte d’appello non di eseguire una diversa valutazione del materiale probatorio, ma di dichiarare nullo in fase rescindente e quindi di riformare in fase rescissoria il lodo arbitrale perché fondato su prove inesistenti; rileva di avere evidenziato che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale aveva condannato la committente a pagare importi senza sapere se si riferissero a lavori extracontrattuali o contrattuali o in modifica, perché in sede di c.t.u. tale accertamento non era stato eseguito e la chiara
confessione del RAGIONE_SOCIALE sulla propria ignoranza sul tipo di lavori avrebbe dovuto comportare il riconoscimento della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
5 .Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 329, comma 2, c.p.c., artt. 183, 189 e 190 c.p.c. e art. 24 Cost. (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al rigetto del secondo motivo di appello’. Censura il rigetto del suo secondo motivo di impugnazione del lodo, evidenziando che aveva contestato la statuizione del RAGIONE_SOCIALE arbitrale in ordine all’abbandono della sua domanda riconvenzionale perché non trattata in comparsa conclusionale in quanto illegittima e contraria al principio di cui all’art. 189 cod. proc. civ., essendo stata la domanda riproposta nella precisazione delle conclusioni; rileva che si trattava di violazione di regole di diritto. Aggiunge che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, le contestazioni alla ratio decidendi secondo la quale la domanda riconvenzionale doveva ritenersi superata erano state svolte con il quarto motivo di impugnazione e quindi invoca anche l’errata applicazione dell’art. 329 co.2 cod. proc. civ., in quanto non vi era stata sul punto alcuna acquiescenza.
6.Con il sesto motivo ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 829, 2° comma, c.p.c. e art. 829, comma 1 n. 5 c.p.c. (ante riforma) e art. 829, 1° comma, n. 12 e n. 5 c.p.c. (nuova disciplina) (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al rigetto del 4° motivo di appello ‘, la ricorrente evidenzia di non avere chiesto la contemporanea applicazione dell’art. 829 cod. proc. civ. nelle formulazioni ante e post riforma, ma di avere chiesto l’applicazione dell’art. 829 cod. proc. civ. vecchia formulazione in quanto la clausola arbitrale era antecedente alla novella del 2006 e, solo nel caso in cui non si fosse aderito alla tesi, l’applicazione dell’art. 829 cod. proc. civ. novellato. Aggiunge che non aveva lamentato un
vizio di motivazione del lodo, ma la mancanza di pronuncia sulla domanda riconvenzionale avente a oggetto i lavori non eseguiti.
7.Con il settimo motivo, ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c. ) con riferimento al rigetto del 4° motivo di appello’ , la ricorrente deduce l’omesso esame del fatto decisivo riferito al dato che RAGIONE_SOCIALE non aveva mai rinunciato all’esecuzione dei lavori non eseguiti fino al novembre 2005 e aveva chiesto di ricevere gli importi relativi ai lavori ai quali non aveva rinunciato; lamenta la motivazione meramente apparente della sentenza impugnata sul punto.
8 .Con l’ottavo motivo ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 329, comma 2, c.p.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., 1362 e ss. c.c., 1388 c.c., 1398 c.c., 100 c.p.c. e art. 19 L. n. 143/1949 (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al rigetto del 3° motivo di appello’ la ricorrente censura il rigetto del suo terzo motivo di impugnazione del lodo. Evidenzia che il principio invocato dalla Corte d’appello sull’impugnazione di tutte le autonome rationes decidendi si applica solo nel caso in cui le ragioni siano distinte e autonome; rileva che nella fattispecie il lodo aveva svolto una serie di argomentazioni che non erano in grado di sorreggere da sole la motivazione e comunque erano state specificamente impugnate con il primo e con il terzo motivo di gravame.
9 .Con il nono motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1371 c.c. e dell’art. 100 c.p.c. (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al rigetto del 3° motivo di appello’ la ricorrente censura la pronuncia evidenziando che l’interpretazione data dagli arbitri al contratto e la relativa motivazione sono sindacabili nel giudizio di impugnazione del lodo per violazione di regole di diritto, come essa aveva fatto deducendo la v iolazione dell’art. 1362 c.c., dell’art. 19 lett. g) legge 143/1949, degli artt. 1388 e 1398 cod. civ., degli artt. 115 e
116, 100 cod. proc. civ. Aggiunge che erroneamente la sentenza ha dichiarato che l’interpretazione del contratto eseguita nel lodo era corretta, in quanto il direttore dei lavori è sì rappresentante del committente, ma nei limiti del mandato ricevuto.
10 .Con il decimo motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 1384 c.c. (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al rigetto del 5° motivo di appello’ la ricorrente si duole del rigetto del suo quinto motivo di impugnazione con il quale aveva lamentato la riduzione d’ufficio della penale . La ricorrente rileva che la penale può essere ridotta d’ufficio solo se ne viene dimostrata l’eccessività , evidenzia che nella fattispecie la società appaltatrice non aveva mai chiesto la riduzione della penale e conseguentemente non aveva fornito alcuna prova a sostegno della sua eccessività; aggiunge che agli atti vi era la prova che la penale era congrua, in quanto era stata determinata nello stesso importo per ogni giorno di ritardo che RAGIONE_SOCIALE era obbligata a pagare al Comune RAGIONE_SOCIALE e censura anche l’affermazione secondo la quale la violazione denunciata era inammissibile.
11 .Con l’undicesimo motivo ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 91 e 92 c.p.c. (art. 360 n. 1 c.p.c.) con riferimento al sesto motivo di appello’ la ricorrente si duole del rigetto del sesto motivo di impugnazione avente a oggetto il riparto delle spese del lodo. La ricorrente censura la pronuncia per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., essendo stata omessa la pronuncia sulla violazione da parte del RAGIONE_SOCIALE arbitrale degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per il fatto che tutte le spese di arbitrato erano state poste a carico della committente nonostante la soccombenza parziale. Aggiunge che, poiché a fronte di domanda pari a Euro 555.843,82 la committente era stata condannata a pagare Euro 170.080,50 e cioè importo pari a un terzo della domanda, avrebbe dovuto essere condannata al più al
pagamento delle spese processuali nella misura di un terzo e non dei tre quarti.
12 .Con il dodicesimo motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 183 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. (art. 360 n. 1 c.p.c.)’ la ricorrente impugna l’ultima statuizione contenuta nella sentenza impugnata, laddove è stata dichiarata inammissibile perché introdotta solo in comparsa conclusionale la questione di una intervenuta transazione in epoca precedente alla decisione arbitrale. Lamenta che la statuizione sia incomprensibile ed evidenzia come in comparsa conclusionale non fosse stata dedotta per la prima volta una intervenuta transazione, perché l’unica transazione era quella rinvenibile nella compensazione tra i lavori in aggiunta e quelli non eseguiti avvenuta nel novembre 2005 in occasione del secondo SAL ed eccepita dalla committente dal primo atto difensivo.
13.Si impone in primo luogo il rilievo che alla fattispecie si applica l’art. 829 comma 2 cod. proc. civ. nella formulazione previgente al d.lgs. 2-2-2006 n. 40, in quanto la stipulazione della convenzione di arbitrato era precedente all’entrata in vigore della nuova disciplina, anche se il lodo si era svolto successivamente (Cass. Sez. U 9-5-2016 n. 9284 Rv. 639686-01, Cass. Sez. 1 13-7-2017 n. 17339 Rv. 64497201 , alle quali si rinvia anche per l’esposizione delle ragioni di tale conclusione); infatti, il contratto di appalto contenente la clausola compromissoria era stato stipulato il 27-5-2005.
Quindi si applica la previsione dell’art. 829 co. 2 cod. proc. civ. previgente al d.lgs. 2-2-2006 n.40 , introdotta dall’art.21 legge 5 -11994 n.25, secondo la quale l’impugnazione per nullità del lodo è ammessa ‘se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le norme di diritto’, non essendo stato dedotto quanto di seguito previsto dalla disposizione , e cioè ‘salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile’. Si
esclude che nelle ‘norme di diritto’ la cui inosservanza possa essere nella fattispecie lamentata con l’impugnazione del lo do rientrino le disposizioni processuali in quanto tali, perché vale il principio secondo il quale, qualora le parti non abbiano determinato nella clausola compromissoria le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l’articolazione del procedimento che ritengano più opportuno, con l’unico limite del rispetto dell’inderogabile principio del contraddittorio posto dall’art. 101 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 2 26-52015 n. 10809 Rv. 635441-01, Cass. Sez. 1 21-2-2019 n. 5243 Rv. 652809-01). Ciò comporta anche che, al fine di censurare in modo ammissibile la sentenza impugnata laddove ha dichiarato inammissibili i motivi di impugnazione con i quali la ricorrente aveva lamentato la violazione di disposizioni processuali, la ricorrente avrebbe dovuto dedurre che nella fattispecie la clausola compromissoria prevedeva la decisione nel rispetto delle regole del codice di procedura civile a pena di nullità; invece, nel ricorso per cassazione, nel quale non è stato neppure riportato il contenuto della clausola compromissoria, non vi è alcuna deduzione in tal senso, per cui sul punto il ricorso difetta anche di specificità ex art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ.
Inoltre, la disamina dei motivi di ricorso deve essere eseguita tenendo presente che il giudizio di impugnazione arbitrale si compone in due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo e che si conclude con l’annullamento del medesimo e la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale il giudice procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non è consentito alla Corte d’appello procedere ad accertamenti di fatto, dove ndo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri, pronunciabili solo per determinati errori in procedendo, nonché per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo art.
829 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6-1 16-4-2018 n. 9387 Rv. 649142-01, Cass. Sez. 1 8-10-2010 n. 20880 Rv. 614361-01). Nella fattispecie la sentenza della Corte d’appello, avendo escluso qualsiasi nullità del lodo, ha limitato il giudizio alla fase rescindente e quindi il sindacato di legittimità è evidentemente circoscritto ai vizi della pronuncia per avere escluso la nullità del lodo. Nell’esercizio di tale sindacato la Cassazione non può neppure esaminare direttamente il provvedimento degli arbitri, ma deve esaminare solo la pronuncia emessa nel giudizio di impugnazione, allo scopo di verificare se essa sia corretta in relazione ai profili di censura del lodo (Cass. Sez. 2 26-5-2015 n. 10809 Rv. 635440-01, Cass. Sez. 6-1 24-10-2017 n. 25189 Rv. 647014-01).
Quindi, bisogna tenere presente che la denuncia di nullità del lodo arbitrale postula, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, l’esplicita allegazione dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi e non è proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune di indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanza di carattere decisivo (Cass. Sez. 1 12-9-2014 n. 19324 Rv. 632214-01); in altri termini, l’ammissibilità della denuncia di nullità del lo do per inosservanza di regole di diritto in iudicando è circoscritta entro i medesimi confini della violazione di legge opponibile con il ricorso per cassazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 1 8-6-1999 n. 5633 Rv. 527193-01). Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione formulato avverso la sentenza della Corte territoriale ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., con il quale il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale, in quanto il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica dell’adeguatezza e congruenza dell’ iter argomentativo seguito dagli
arbitri (Cass. Sez. 6-1 7-2-2018 n. 2985 Rv. 647336-01, Cass. Sez. 1 26-7-2013 n. 18136 Rv. 627400-01); la valutazione dei fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del procedimento arbitrale non può essere contestata a mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, perché tale valutazione è negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri (Cass. Sez. 1 24-6-2011 n. 13968 Rv. 618515-01); la valutazione dei mezzi di prova acquisiti al processo da parte degli arbitri non può essere denunciata quale vizio di nullità del lodo neppure sotto il profilo del difetto di motivazione ai sensi dell’art. 829 n. 5 cod. proc. civ. , essendo tale vizio ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto, o sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l’ iter del ragionamento eseguito dagli arbitri e di individuare la ratio della decisione adottata (Cass. Sez. U 8-10-2008 n. 24785 Rv. 604881-01). Infine, la decisione della Corte d’appello sull’impugnazione del lodo per violazione delle norme di legge in tema di interpretazione dei contratti può essere censurata con ricorso per cassazione esclusivamente per vizi propri della sentenza medesima e non per vizi del lodo, spettando al giudice di legittimità verificare solo che la Corte di merito abbia esaminato la questione interpretativa e abbia dato motivazione adeguata e corretta della soluzione adottata (Cass. Sez. 1 2-2-2022 n. 3260 Rv. 66410101, Cass. Sez. 1 10-9-2012 n. 15086 Rv. 623671-01).
14.Procedendo quindi alla disamina dei motivi di ricorso sulla base dei principi esposti, i primi quattro motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti riferiti al rigetto del primo motivo di impugnazione del lodo con il quale la ricorrente lamentava che gli arbitri avessero affermato la ‘non compensabilità’ dei lavori extracontrattuali.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 829 cod. proc. civ. novellato, in quanto alla
fattispecie si applica l ‘art.829 co.2 cod. proc. civ. nella formulazione previgente al d.lgs. 40/2006.
I motivi dal primo al quarto sono inammissibili anche nella parte in cui lamentano che la sentenza impugnata non abbia recepito le sue deduzioni relative alla violazione da parte del lodo degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. , così come è inammissibile il terzo motivo proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. Ciò perché tutte le relative censure sono svolte al fine di sostenere che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale avrebbe dovuto ritenere che il corrispettivo dei lavori extracontratto eseguiti fino a novembre 2005 fosse stato compensato dalle parti con le lavorazioni non eseguite in quel periodo in forza di accordo transattivo concluso tra le parti in occasione del secondo SAL; in questo modo la ricorrente chiede una valutazione delle risultanze istruttorie , in ordine all’accordo transattivo concluso dalle parti in occasione del secondo SAL, diversa da quella eseguita dal RAGIONE_SOCIALE arbitrale, che non aveva accertato l’esistenza di quell’accordo transattivo ma, secondo i principi sopra esposti, il controllo di legittimità non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti.
15.Il quinto, sesto e settimo motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, in quanto aventi a oggetto il rigetto del secondo e quarto motivo di impugnazione del lodo, tra loro strettamente connessi perché riferiti al rigetto della domanda riconvenzionale della società RAGIONE_SOCIALE.
Il sesto motivo, volto a censurare la sentenza impugnata per non avere accolto il motivo di impugnazione del lodo riferito a ll’omessa pronuncia sulle domande relative ai lavori oggetto di rinuncia, è infondato, in quanto la sentenza impugnata ha espressamente dichiarato che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale aveva dichiarato di dover condannare al pagamento dei lavori extracontrattuali, non ritenendo applicabile la compensazione, prevista per altra ipotesi. In questo modo la sentenza
impugnata ha escluso l’omissione di pronuncia nel lodo; diversamente da quanto sostenuto con il settimo motivo di ricorso, la motivazione non è stata meramente apparente, in quanto si fonda sul presupposto che il RAGIONE_SOCIALE arbitrale non avesse l’obbligo di pronunciare su tutte le deduzioni delle parti, ma sull’oggetto della domanda. Infatti, la stessa ricorrente fa riferimento ai lavori extracontrattuali perché lamenta che non ne sia stata riconosciuta la compensazione con le lavorazioni non eseguite e quindi è evidente che, nel momento in cui tale compensazione è stata esclusa, la questione dei lavori extracontrattuali non doveva essere esaminata ulteriormente.
Ne consegue che il quinto motivo di ricorso è in primo luogo inammissibile per carenza di interesse, in quanto l’esclusione dell’omissione di pronuncia sulla domanda riconvenzionale relativa ai lavori extracontrattuali da parte del lodo rende ininfluente il dato che la sentenza impugnata possa avere erroneamente ritenuto inammissibile il secondo motivo di impugnazione relativo al rigetto della sua domanda riconvenzionale, secondo quanto dedotto con il quinto motivo. Il quinto motivo è altresì e comunque infondato, in quanto esattamente la sentenza impugnata ha rigettato le deduzioni sulla nullità del lodo proposte con il secondo motivo di impugnazione, riferite esclusivamente alla violazione di disposizioni processuali che, in quanto tali, secondo quanto sopra già esposto, non potevano comportare nullità del lodo.
Invece il settimo motivo di ricorso, per la parte in cui è svolto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. lamentando l’omesso esame di fatti è inammissibile per la ragione assorbente e già sopra esposta, riferita al fatto che non è consentita una ricostruzione istruttoria diversa da quella eseguita dagli arbitri attraverso l’impugnazione del lodo per nullità.
16. L’ottavo e il nono motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, in quanto riferiti entrambi al terzo motivo di impugnazione del lodo, avente a oggetto la censura al lodo laddove aveva rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE volta ad accertare che nulla era dovuto per lavori extracontrattuali.
L’ottavo motivo di ricorso è infondato, in quanto esattamente la sentenza impugnata ha dichiarato che il terzo motivo di impugnazione del lodo, riferito al rigetto della domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento di nulla dovere per i lavori extracontrattuali , era inammissibile per non essere state impugnate tutte le rationes decidendi del lodo sul punto. La stessa ricorrente riconosce che, oltre alla ratio censurata, vi erano le altre tre rationes alle quale ha fatto richiamo la sentenza impugnata rinviando alle pag. 16 e 17 del lodo; la stessa ricorrente dichiara, in particolare, che una ratio era riferita al fatto che, a prescindere dalla riferibilità alla committente dell’operato del direttore dei lavori, il risultato finale dell’appa lto era stato accettato dalla committente attraverso il verbale di fine lavori e il successivo collaudo dell’opera. Diversamente da quanto sostiene la ricorrente, si tratta di ratio decidendi autonoma e in sé sufficiente a sostenere la decisione secondo la quale la committente era obbligata a pagare il corrispettivo anche per le lavorazioni extracontrattuali che aveva accettato. La circostanza che la ricorrente deduca di avere impugnato quella ratio, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non ha concreto rilievo per giungere ad altra conclusione, perché l’accertamento su ll’ avvenuta accettazione dell’opera da parte della committente si concreta in un accertamento di fatto, in quanto tale rimesso in via esclusiva al RAGIONE_SOCIALE arbitrale, non più discutibile e in sé sufficiente a ritenere che il corrispettivo delle opere accettate dovesse essere pagato. Quindi, è ugualmente corretta la pronuncia
della Corte d’appello che ha dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione relativo ai lavori extracontratto.
Dalle ragioni esposte consegue l’inammissibilità del nono motivo di impugnazione, perché le violazioni di legge prospettate nel motivo, con riferimento ai poteri del direttore dei lavori e alla disciplina del contratto concluso dal rappresentante senza potere sono in concreto ininfluenti. Infatti rimane intangibile, in quanto indipendente rispetto alle violazioni di legge lamentate e risultato della valutazione delle risultanze istruttorie rimessa agli arbitri e non discutibile in giudizio, il fatto che la società committente aveva accettato i lavori eseguiti; tale fatt o poneva a carico della committente l’obbligo di pagare i lavori eseguiti, a prescindere dal dato che i lavori fossero stati disposti dal rappresentante senza poteri.
17.Deve essere dichiarato inammissibile il decimo motivo di ricorso relativo alla riduzione della penale.
Con questo motivo in sostanza la ricorrente riconosce, diversamente da quanto aveva dedotto con il proprio quinto motivo di impugnazione del lodo , che la penale può essere ridotta d’ufficio, ma lamenta la mancanza di prova in ordine al carattere sproporzionato della penale e, al contrario, l’esistenza di prova sulla sua congruità. Si tratta evidentemente di questione di valutazione sulla prova, rimessa agli arbitri e non proponibile nell’impugnazione del lodo.
18. Deve essere rigettato l’undicesimo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulla violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. che aveva dedotto con il sesto motivo di impugnazione del lodo, con riferimento al riparto delle spese di lite eseguita nel lodo.
Infatti, non sussiste l’omessa pronuncia lamentata, in quanto la sentenza impugnata ha espressamente dichiarato che era inammissibile il motivo circa la liquidazione delle spese processuali, il
cui asserito errore non poteva dare luogo a nullità del lodo. La pronuncia è corretta, perché conforme all’indirizzo già richiamato secondo il quale la violazione delle disposizioni processuali in quanto tali -quale è quella sul riparto delle spese di lite in base a soccombenzanon comporta nullità del lodo.
19.Deve essere dichiarato inammissibile il dodicesimo e ultimo motivo di impugnazione per carenza di interesse, in quanto volto a censurare una espressione contenuta nella sentenza -relativamente ad una deduzione nuova eseguita in comparsa conclusionale- che è rimasta priva di qualsiasi effetto sul contenuto della pronuncia, secondo le stesse deduzioni della ricorrente.
20.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate. Non ricorrono le condizioni per la pronuncia di condanna a carico della ricorrente ex art. 96 cod. proc. civ. chiesta dalla controricorrente.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della seconda sezione