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Impugnazione estratto di ruolo: quando è inammissibile

Una società ha impugnato alcuni avvisi di addebito basandosi su un estratto di ruolo, sostenendo la prescrizione dei crediti. Il Tribunale di Roma ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse ad agire. La decisione si fonda sulla recente normativa che limita l’impugnazione dell’estratto di ruolo ai soli casi in cui il debitore dimostri un pregiudizio specifico e concreto, come l’impossibilità di partecipare a gare d’appalto. In assenza di un atto esecutivo o di un tale pregiudizio, la semplice conoscenza del debito non giustifica un’azione legale.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Estratto di Ruolo: Inammissibile Senza un Pregiudizio Concreto

L’impugnazione estratto di ruolo rappresenta una delle questioni più dibattute nel contenzioso contro l’agente della riscossione. Una recente sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, ha ribadito i rigidi limiti di ammissibilità di tale azione, chiarendo che il semplice timore di un’azione esecutiva o la convinzione che un debito sia prescritto non sono sufficienti per agire in giudizio. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche per i debitori.

I Fatti di Causa

Una società si rivolgeva al Tribunale per chiedere l’accertamento della decadenza e della prescrizione di crediti riportati in cinque avvisi di addebito emessi tra il 2012 e il 2014. L’azione legale era scaturita dal rigetto di una precedente istanza di sgravio presentata all’ente creditore. La società, basandosi su un estratto di ruolo, sosteneva che i debiti in questione fossero ormai estinti per il decorso del tempo e ne chiedeva la formale cancellazione.

La Decisione del Tribunale e le Regole sull’Impugnazione Estratto di Ruolo

Il Giudice ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 del codice di procedura civile. La decisione si allinea all’orientamento legislativo e giurisprudenziale più recente, che ha significativamente ristretto la possibilità di contestare l’estratto di ruolo.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro della motivazione risiede nell’applicazione dell’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dal D.L. n. 146/2021. Questa norma stabilisce che l’estratto di ruolo non è un atto impugnabile, in quanto ha una mera funzione informativa e non produce effetti diretti nella sfera giuridica del debitore.

Il legislatore ha previsto delle eccezioni, consentendo l’impugnazione solo nei casi in cui il debitore dimostri che l’iscrizione a ruolo gli stia causando un pregiudizio concreto e attuale, quale:

1. L’impossibilità di partecipare a una procedura di appalto pubblico.
2. Il blocco di pagamenti dovuti da parte di pubbliche amministrazioni.
3. La perdita di un beneficio nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Nel caso di specie, la società ricorrente non ha allegato né dimostrato la sussistenza di alcuna di queste circostanze. La sua azione era un’azione ‘preventiva’, volta a ottenere un accertamento negativo del debito sulla base della sola prescrizione.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, citata ampiamente in sentenza (in particolare le Sezioni Unite n. 26283/2022), ha chiarito che non è ammissibile un’azione basata sul solo presupposto di aver acquisito l’estratto di ruolo per far valere fatti estintivi come la prescrizione. L’interesse ad agire del debitore sorge solo di fronte a una concreta ‘minaccia’ al proprio patrimonio, ovvero quando l’agente della riscossione notifica un atto esecutivo (es. pignoramento) o un atto prodromico (es. preavviso di ipoteca, fermo amministrativo, intimazione di pagamento).

Inoltre, nel corso del giudizio, gli enti resistenti hanno dimostrato di aver interrotto la prescrizione notificando periodicamente atti interruttivi, come intimazioni di pagamento e comunicazioni preventive di iscrizione ipotecaria, che la società non aveva mai impugnato a suo tempo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza conferma un principio ormai consolidato: non è possibile utilizzare l’impugnazione estratto di ruolo come strumento per ‘giocare d’anticipo’ e ottenere una declaratoria di prescrizione. Il debitore che ritiene un credito prescritto deve attendere un atto concreto da parte dell’agente della riscossione. Sarà l’impugnazione di quell’atto (ad esempio, un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.) la sede corretta per far valere le proprie ragioni. Questa impostazione mira a ridurre il contenzioso ‘esplorativo’ e a concentrare la tutela giurisdizionale solo nei casi in cui esiste un effettivo e attuale pregiudizio per il cittadino.

È sempre possibile impugnare un estratto di ruolo per far valere la prescrizione di un debito?
No. Secondo la sentenza, l’impugnazione dell’estratto di ruolo non è ammissibile per far valere la prescrizione se non è stata intrapresa un’iniziativa esecutiva dall’amministrazione o non sussiste uno dei pregiudizi specifici previsti dalla legge (es. impossibilità di partecipare ad appalti pubblici).

Cosa si intende per ‘carenza di interesse ad agire’ in questo contesto?
Significa che il debitore non ha un interesse concreto e attuale, tutelato dalla legge, a iniziare una causa basata sulla semplice conoscenza di un debito tramite l’estratto di ruolo. L’interesse sorge solo quando l’agente della riscossione compie un atto che minaccia concretamente il patrimonio del debitore, come un preavviso di ipoteca o un’intimazione di pagamento.

Cosa avrebbe dovuto fare il ricorrente per contestare validamente i crediti?
Invece di impugnare l’estratto di ruolo, il ricorrente avrebbe dovuto attendere la notifica di un atto esecutivo o di un atto ad esso prodromico (come l’intimazione di pagamento ricevuta) e impugnare quello specifico atto nei termini di legge, sollevando in quella sede l’eccezione di prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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