Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12479 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti, iscritti rispettivamente:
al n. 18485/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Oggetto: Fondi investimento Impugnazione deliberazione dell’ assemblea degli investitori -Legittimazione dell’investitore Sussistenza -Ragioni.
AC -7/05/2025
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti. NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
– controricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in atti;
– controricorrente –
e al n. 22120/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, – intimate –
entrambi proposti avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1318/2021, pubblicata il 27 aprile 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quindici motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato inammissibile la sua domanda, formulata
quale investitore e sottoscrittore di 10 quote del fondo chiuso d’investimento ‘Lido di Venezia’ (già ‘Real Venice I’), proposta nei confronti RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter: ‘ Est ‘) , avente a oggetto la declaratoria di invalidità o inefficacia delle modifiche del regolamento del fondo, adottata dall’ assemblea degli investitori in data 28 novembre 2014, aventi a oggetto, tra l’altro, la possibilità di ricapitalizzare il Fondo (anche per il tramite di investimenti indiretti) e una diversa disciplina delle operazioni con parti correlate e del conflitto di interessi della S.G.R.
Coima ed Est hanno resistito con separati controricorsi.
La Corte di appello, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che andava riformata la sentenza del Tribunale laddove aveva ritenuto sussistente la legittimazione del COGNOME a impugnare la deliberazione del Fondo di investimento, siccome -alla luce della ricostruzione del dato normativo applicabile ai fondi di investimento l’investitore diventa titolare di un mero diritto di credito, consistente nella liquidazione in proprio favore del controvalore del proprio investimento alla scadenza della durata del fondo, ciò che consente di inquadrare la relazione tra investitore e SGR in termini prettamente negoziali e, più precisamente, contrattuali, con conseguente esclusione della possibilità di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea degli investitori del fondo medesimo alla luce delle diposizioni generali del codice civile in tema di assemblea delle società per azioni; b) che il Regolamento del Fondo per cui è causa (artt. 12, 13 e 31) non prevede espressamente alcuna ipotesi di tutela demolitoria nei confronti delle delibere adottate dall’ assemblea degli investitori; c) che l’investimento in fondi comuni diversamente rispetto alla gestione individuale di portafogli -non consente in alcun modo agli
investitori di interferire nell’autonomia gestionale della SGR, ragion per cui, peraltro, le politiche di investimento che la stessa persegue devono necessariamente essere predeterminate, di talché l’assenza dell’ espressa previsione della tutela reale risulta coerente con tale impostazione; d) che tale interpretazione trova conferma anche n el comma 3 dell’art. 18 -bis del D.M. n. 228 del 2019, secondo cui l’assemblea ‘non può deliberare sulle scelte di investimento del fondo’; e) che colui che decide di investire in un OICR a forma societaria (sicav o sicaf) si vede attribuire la qualifica di socio di una s.p.a., con tutte le conseguenze che ne discendono (anche, quindi, in termini di impugnabilità delle delibere della società: diritto nelle società per azioni espressamente riconosciuto al ricorrere di certe condizioni cfr. art. 2377 c.c.); diversamente, chi decide di investire in un fondo comune di investimento chiuso assume esclusivamente la qualifica di quotista del fondo e, certamente, non di socio del fondo, né tantomeno di socio della RAGIONE_SOCIALE; f) che i fondi comuni di investimento presentano ulteriori peculiarità ontologiche -prima fra tutte la carenza di soggettività giuridica -che impediscono un’analogia dell’ assemblea dei quotisti con altre forme assembleari presenti nel nostro ordinamento quali, a esempio, quelle presenti nelle società di persone, nelle società a responsabilità limitata nonché nelle associazioni, ciò che induce a una lettura restrittiva del rinvio contenuto nell’art. 13 del regolamento alle disposizioni del codice civile; g) che, esclusa una tutela ‘reale’, all’ investitore spetta una tutela obbligatoria; h) che assorbiti e comunque infondati erano i motivi di appello con cui il COGNOME lamentava l’erroneità della sentenza primo grado per averlo dichiarato c arente di legittimazione attiva, ai sensi dell’art. 2337, terzo comma, cod. civ. e per non aver pronunciato
l’annullamento della delibera impugnata per i vizi indicati; i) che infondato era il motivo con cui il COGNOME lamentava l’erroneità della sentenza di primo grado per aver ritenuto modificabile il Regolamento del Fondo con la sola maggioranza dei consensi; l) che infondato era il motivo con cui il COGNOME lamentava l’erroneità della sentenza di primo grado per non aver dichiarato la nullità (o inesistenza) della delibera impugnata per omessa convocazione di tutti gli investitori.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Va preliminarmente disposta la riunione al presente procedimento n.r.g. n. 18485 del 2021 di quello iscritto al n.r.g. 22120 del 2021, in quanto trattasi dell’ identico ricorso iscritto con un doppio deposito, d ovendosi poi dichiarare l’estinzione, senza spese né influenza sul contributo unificato, del ricorso successivo n.r.g. 22120 del 2021, stante la rinuncia allo stesso effettuata dal ricorrente con memoria del 24 aprile 2025.
Ancora in via preliminare, va rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalle controricorrenti, atteso che la sentenza impugnata risulta depositata dal ricorrente con relativa attestazione in via telematica in data 13 luglio 2021, laddove l’eventuale carenza di documenti del fascicolo di parte non è causa di improcedibilità, ma semmai di inammissibilità dei singoli motivi di ricorso che, a norma dell’art. 369, secondo comma, n. 4) , cod. proc. civ., su di essi basino la loro fondatezza.
Il ricorso lamenta:
«PRIMO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 N. 3 C.P.C. DEGLI ART. 36 E 37 D.LGS. 24.2.1998 N. 58 (DI SEGUITO ‘TUF’), 1321, 1372, 1418 C.C. E
ARTT. 2377 E 2379 C.C. IN RELAZIONE ALL’ART. 12, SECONDO COMMA, DISPOSIZIONI SULLA LEGGE IN GENERALE», deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata per contrarietà agli artt. 2377 e 2379 cod. civ., in relazione all’art. 12, secondo comma, disp. sulla legge in generale, nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto di escludere l’esperibilità del rimedio demolitorio nei confronti delle delibere dell’assemblea degli investitori del Fondo proposto da un investitore che si ritenga leso dalla deliberazione assunta dal Fondo che gestisce il proprio investimento.
b) «SECONDO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360, COMMA 1, N. 3) C.P.C. DEGLI ARTT. 1362 CO. 1 C.C., 1363, 1370 E 1371 C.C.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il rinvio contenuto nell’art. 13, comma 3, del Regolamento non possa essere interpretato come norma di chiusura rispetto alla normativa dell’assemblea e , quindi, come norma di rinvio anche alle disposizioni del codice relative all’impugnazione delle delibere assembleari (e quindi alle disposizioni di cui agli art. 2377 e ss. c.c. e, per quanto attiene le s.r.l., all’art. 2479 ter c.c.) , ma debba essere ritenuto esclusivamente riferito al presidente e vicepresidente dell’assemblea.
I primi due motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati, nei limiti e per le considerazioni che seguono.
La Corte di appello ha riformato la sentenza di primo grado, dichiarando l’ inammissibilità dell ‘ impugnazione della deliberazione proposta dall’odierno ricorrente.
La ragione della decisione sul punto è individuata dal giudice di secondo grado nella ritenuta non impugnabilità a fini demolitori (sul modello della disciplina codicistica di impugnazione delle deliberazioni assembleari delle società di capitali) della deliberazione dei quotisti dei fondi comuni di investimento.
Occorre, quindi, partire dall’ identificazione della domanda medesima, per come è possibile accertare dal contenuto del ricorso che, in ossequio al requisito di completezza ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6) cod. proc. civ., trascrive letteralmente l’oggetto della domanda e le deduzioni giuridiche che assistono il suo fondamento.
Il ricorrente ha agito in giudizio quale investitore del fondo di investimento immobiliare chiuso ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ( poi divenuto ‘Fondo Lido di Venezia’), istituito ai sensi d agli artt. 36 e ss. del Testo unico della Finanza di cui al d. lgs. n. 58 del 1998 (in prosieguo, breviter: ‘TUF’) dalla Est, fino al subentro di Coima.
In tale veste ha impugnato le deliberazioni prese dall’assemblea degli investitori del fondo in data 28 novembre 2014, aventi a oggetto, tra l’altro, la possibilità di ricapitalizzare il Fondo (anche per il tramite di investimenti indiretti) e una diversa disciplina delle operazioni con parti correlate e del conflitto di interessi della S.G.R.
La domanda giudiziale ha concluso per la declaratoria di nullità, invalidità e/o inefficacia e comunque di annullamento delle deliberazioni impugnate.
La causa petendi dell’azione è stata identificata nella dedotta sussistenza di una serie di gravi irregolarità nel procedimento formativo della volontà assembleare tale da determinarne l’invalidità, in applicazione dei principi generali previsti per le
deliberazioni societarie, da ritenersi applicabili sia in forza di un rinvio espresso contenuto nel regolamento del fondo, sia in via analogica con riferimento all’archetipo impugnatorio previsto dal codice civile per le deliberazioni delle società di capitali.
Tale essendo l’oggetto del presente giudizio, la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la domanda in quanto il singolo quotista del fondo di investimento non sarebbe legittimato, né in via diretta, secondo le previsioni del Regolamento del fondo medesimo, né in via analogica, in applicazione della disciplina codicistica per l’ impugnazione delle delibere assembleari delle società, a impugnare le deliberazioni dell ‘assemblea degli investitori del fondo medesimo, chiedendone a vario titolo la declaratoria di invalidità a fini demolitori, essendo al più legittimato solo ad agire contrattualmente contro la società di gestione del fondo con la quale ha stipulato il contratto di acquisto della quota. Secondo la Corte territoriale, il Regolamento del Fondo per cui è causa (artt. 12, 13 e 31) non prevederebbe espressamente alcuna ipotesi di tutela demolitoria nei confronti delle delibere adottate dall’Assemblea degli investitori; l’investimento in fondi comuni diversamente rispetto alla gestione individuale di portafogli -non consentirebbe in alcun modo agli investitori di interferire nell’autonomia gestionale della SGR, ragion per cui, peraltro, le politiche di investimento che la stessa persegue devono necessariamente essere predeterminate, di talché l’assenza dell ‘ espressa previsione della tutela reale risulterebbe coerente con tale impostazione; tale interpretazione troverebbe conferma anche n el comma 3 dell’art. 18 -bis del D.M. n. 228 del 2019, secondo cui l’assemblea ‘non può deliberare sulle scelte di investimento del fondo’; tanto perché colui che decide di investire in un OICR a
forma societaria (sicav o sicaf) si vede attribuire la qualifica di socio di una s.p.a., con tutte le conseguenze che ne discendono (anche, quindi, in termini di impugnabilità delle delibere della società: diritto nelle società per azioni espressamente riconosciuto al ricorrere di certe condizioni cfr. art. 2377 c.c.); diversamente, chi decide di investire in un fondo comune di investimento chiuso assume esclusivamente la qualifica di quotista del fondo e, certamente, non di socio del Fondo, né tantomeno della SGR; sicché i fondi comuni di investimento presentano peculiarità ontologiche -prima fra tutte la carenza di soggettività giuridica -che impediscono un’analogia dell’ assemblea dei quotisti con altre forme assembleari presenti nel nostro ordinamento quali, ad esempio, quelle presenti nelle società di persone, nelle società a responsabilità limitata nonché nelle associazioni, ciò che induce a una lettura restrittiva del rinvio contenuto nell’art. 13 del Regolamento alle disposizioni del codice civile.
Tali assunti sono errati.
La questione giuridica che va risolta attiene alla sussistenza della legittimazione del socio di un fondo di investimento a impugnare le deliberazioni dell’assemblea degli investitori del fondo di cui ha sottoscritto quote di investimento.
Ritiene la Corte che al quesito vada data risposta positiva.
Va premesso che questa Corte si è espressa già due volte sul tema dell’ identificazione della natura giuridica dei fondi di investimento.
Con la sentenza n. 16605 del 15 luglio 2010, questa stessa Sezione ha affermato che i fondi comuni d’investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi, esattamente come quello per cui è causa), disciplinati nel d. lgs. n. 58 del 1998, sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni
separati della società di gestione del risparmio. Nella sentenza si pone in luce la ratio legis che ha indotto il legislatore a formulare la previsione della separatezza del patrimonio del fondo sia da quello della società che lo gestisce sia da quelli degli investitori che lo finanziano; ratio individuata dalla medesima pronuncia nella ‘ preoccupazione di assicurare una tutela forte agli interessi degli investitori che al fondo partecipino, evitando loro il rischio di veder intaccato il patrimonio del fondo da possibili azioni di terzi ‘, che trova garanzia nella disciplina legislativa, la quale destina il patrimonio del fondo all’ esclusivo scopo di investimento finanziario per il quale quest’ultimo è stato costituito.
La richiamata sentenza esclude, tuttavia, che dalla disciplina legislativa (TUF) sia ricavabile un’indicazione circa una distinta soggettività del fondo rispetto alla società che all’ uopo specificamente lo gestisce, ritenendo che la corretta interpretazione della disciplina normativa, e segnatamente degli articoli 35 e 36 del TUF, conduce a ritenere che lo strumento della segregazione patrimoniale del fondo rispetto al patrimonio generale della società di gestione è la soluzione più rispettosa della voluntas legis , per come ricavabile dall’ interpretazione letterale del TUF e da quella sistematica del diritto societario nel cui contesto l’attività della società si inscrive.
Le diverse tesi affacciate dalla dottrina a sostegno di soluzioni diverse da quella individuata dalla citata sentenza del 2010, variamente riferite alla qualificazione del fondo come una comunione, o come soggetto di diritto non personificato ma comunque autonomo rispetto al gestore, o come proprietà-ufficio affidata alla società di gestione del risparmio che lo amministra, o come complesso di beni funzionalmente collegati all’oggetto
dell’attività della RAGIONE_SOCIALE, sono state smentite da un secondo e più recente arresto di questa stessa Sezione. Con la sentenza n. 12062 del 08 maggio 2019, questa Corte ha ribadito che i fondi comuni d’investimento (anche in quella fattispecie chiusi), disciplinati nel d.lgs. n. 58 del 1998, sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio.
Con tali premesse, osserva la Corte che il riferimento normativo nel quale rinvenire la disciplina dei fondi di investimento è il TUF. In particolare, l’art. 1, comma 1, lett . k, definisce gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) come quelli istituiti per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati , a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell’OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata .
Tra questi, la precedente lettera j del medesimo articolo definisce i fondi comuni di investimento come quegli Oicr costituiti in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, istituito e gestito da un gestore .
Le successive lettere kbis e kter del medesimo articolo definiscono rispettivamente gli Oicr aperti come quelli i cui partecipanti hanno il diritto di chiedere il rimborso delle quote o azioni a valere sul patrimonio dello stesso, secondo le modalità e con la frequenza previste dal regolamento, dallo statuto e dalla
documentazione d’offerta dell’Oicr , e gli Oicr chiusi, come quelli diversi da quello aperto .
L’art. 36 TUF, nel definire la disciplina dei fondi, individua nella legge e nel regolamento del fondo le due fonti cui fare riferimento, prevedendo una vigilanza autorizzativa prudenziale affidata alla Banca d’Italia con riferimento all’ approvazione della disciplina regolamentare di ciascun fondo. Il successivo art. 37 del TUF, nel disciplinare le caratteristiche dei regolamenti del fondo, distingue due categorie, i FIA riservati, da tutti gli altri, prevedendo un contenuto minimo essenziale per i partecipanti al fondo riservato (i quali possono riunirsi in assemblea esclusivamente per deliberare sulla sostituzione del gestore ), lasciando per gli altri fondi la possibilità di deliberare autonomamente il proprio regolamento che, in ogni caso (vedi art. 37, comma 4), deve essere approvato dalla Banca d’Italia, con un giudizio che, per espressa previsione della norma in esame, ha per oggetto la completezza e la compatibilità del regolamento medesimo con i criteri generali determinati ai sensi degli articoli 36 e 37 .
Da tanto si evince che:
la gestione dei fondi di investimento compete alle società di gestione del risparmio che li ha istituiti o alla società che sia a questa successivamente subentrata;
gli artt. 36 e 37 del TUF dettano norme di cornice, inerenti ai principi generali e inderogabili attinenti al contenutoforma e al contenuto sostanziale dei singoli regolamenti che le SGR adottano al fine di disciplinare la gestione del fondo;
i singoli regolamenti, eventualmente adottati dalla SGR, prima di poter divenire efficaci -e quindi essere proposti
per l’adesione dei risparmiatori che acquistano le quote del fondo -debbono essere approvati dalla Banca d’Italia, che ne deve valutare la compatibilità con i principi inderogabili sopra citati.
Le precedenti considerazioni illustrano, dunque, un sistema nel quale la SGR, che è una società di capitali, anch’essa assoggettata ad autorizzazione per l’ esercizio dell’ attività di gestione del fondo (art. 1, comma 1, lett. o) del TUF), è il soggetto giuridico legittimato a gestire il fondo, che pur tuttavia costituisce, come sopra evidenziato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, un patrimonio separato rispetto al patrimonio della stessa SGR.
Tanto significa che, allorquando la SGR propone all’ investitore la sottoscrizione di una quota del fondo gestito, è alle norme di legge (artt. 36 e 37 del TUF) e a quelle del l’eventuale regolamento adottato dalla società e approvato dalla Ban ca d’I talia che occorre fare riferimento per disciplinare i diritti e gli obblighi derivanti sulle parti per effetto della sottoscrizione del contratto.
E tra le previsioni normative inderogabili, vi è quella, già citata, secondo la quale nei fondi Fia riservati, quelli, come detto, più rigidi, il diritto che in ogni caso spetta inderogabilmente a tutti gli investitori è quello di riunirsi in assemblea esclusivamente per deliberare sulla sostituzione del gestore.
Tale locuzione normativa va intesa in un duplice senso: esiste un diritto ‘partecipativo’ di tutti gli investitori rispetto alla determinazione che la SGR adotta nella gestione del Fondo; tale diritto partecipativo si attua mediante la riunione degli investitori in un’assemblea (appunto: assemblea degli investitori); per i fondi riservati l’unico oggetto che l’ assemblea degli investitori può
deliberare è quello inerente all’ eventuale sostituzione della SGR che gestisce il Fondo.
Ciò, ulteriormente, significa che:
non può aversi un Fondo che non abbia un’assemblea degli investitori (a contenuto limitato o meno, a seconda della tipologia);
a contrario , significa però anche che per i Fondi non riservati, il regolamento può prevedere che l’ assemblea degli investitori deliberi anche su altri argomenti, ulteriori rispetto a quello della sola sostituzione del gestore, a condizione, come già detto, che il predetto regolamento sia efficace, per essere stato approvato da Bankitalia in sede di controllo preventivo ai sensi dell’art. 37, comma 4, TUF.
Proiettando tali considerazioni generali di sistema sulla fattispecie oggetto di lite, si ottiene che:
Il regolamento di Est (prima) e di Coima (poi), per quanto di interesse, testualmente recita (come si evince dalla sua incontestata letterale trascrizione a pag. 24 e ss. del ricorso):
o 12. ASSEMBLEA DEGLI INVESTITORI
12.1 Convocazione
Gli Investitori si riuniscono in un’assemblea (di seguito l”Assemblea degli Investitori’) per deliberare sulle materie di cui al successivo articolo 12.6, secondo i termini e le condizioni indicate nel Regolamento. L’Assemblea degli Investitori deve essere convocata dal consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE in Italia, anche al di fuori della sede legale della stessa Società di Gestione:
(i) la prima volta, tempestivamente dopo la chiusura delle sottoscrizioni, per nominare il Presidente dell’Assemblea degli Investitori di cui al successivo articolo 12.3 e il Vice Presidente;
(ii) senza ritardo, qualora venisse a mancare il Presidente dell’Assemblea degli Investitori ai fini della sua sostituzione;
(iii) ogni qual volta ne è fatta domanda da tanti Investitori che rappresentino almeno il 10% (dieci per cento) delle Quote, e nella domanda siano indicati gli argomenti da trattare;
(iv) in tutti i casi in cui si verifichi una delle circostanze per le quali è prevista la pronuncia dell’Assemblea degli Investitori ai sensi del successivo paragrafo 12.6.
Se nelle ipotesi di cui ai precedenti punti (iii) e (iv), il consiglio di amministrazione della Società RAGIONE_SOCIALE non provvede, la convocazione dell’Assemblea degli Investitori viene disposta dal Presidente dell’Assemblea degli Investitori.
Il consiglio di amministrazione della Società RAGIONE_SOCIALE può altresì convocare l’Assemblea degli Investitori ogni volta lo ritenga opportuno e nel caso di proposta di Quotazione ai sensi del successivo articolo 19.5.
12.2 Formalità di convocazione e diritto di intervento L’Assemblea degli Investitori è convocata dal Consiglio di Amministrazione della Società RAGIONE_SOCIALE mediante comunicazione inviata a ciascuno degli Investitori, a mezzo telefax, posta elettronica o raccomandata a.r., ovvero a mezzo di pubblicazione di un avviso su di un quotidiano a
diffusione nazionale, almeno 15 (quindici) giorni prima della data fissata per l’adunanza. L’avviso deve indicare il giorno, il luogo e l’ora dell’adunanza, l’ordine del giorno, nonché tutte le informazioni necessarie in merito al diritto di intervento e per l’esercizio del voto.
In mancanza dell’adempimento delle suddette formalità, l’Assemblea si considera validamente costituita ai sensi del successivo art. 12.4, quando siano presenti o rappresentati tutti gli Investitori con diritto di intervento.
Possono intervenire nell’Assemblea degli Investitori gli Investitori che risultino titolari di Quote da almeno 5 (cinque) giorni prima della data dell’adunanza.
Ove indicato nell’avviso di convocazione, le riunioni dell’Assemblea degli Investitori potranno essere svolte anche per audioconferenza o videoconferenza, a condizione che:
(i) tutti gli investitori possano essere identificati;
(ii) sia loro consentito seguire la discussione ed intervenire in tempo reale alla trattazione degli argomenti affrontati, nonché ricevere, trasmettere o visionare documenti; e
(iii) sia garantita la contestualità dell’esame delle questioni trattate e della deliberazione; in tal caso, le riunioni dell’Assemblea degli Investitori si considerano tenute nel luogo indicato nell’avviso di convocazione, in cui si trovano il Presidente ed il segretario, onde consentire la stesura e la sottoscrizione del relativo verbale.
12.3 Presidenza dell’Assemblea
L’Assemblea degli Investitori è presieduta dal Presidente dell’Assemblea degli Investitori, che può farsi assistere da un segretario nominato dall’Assemblea degli Investitori. Spetta al
Presidente dell’Assemblea degli Investitori constatare il diritto di intervento, anche per delega, accertarne la regolare costituzione, nonché dirigere e regolare la discussione, stabilire l’ordine e le modalità di votazione nonché proclamarne l’esito. In caso di sua Assenza o Impedimento, il Presidente dell’Assemblea degli Investitori è sostituito dal Vice Presidente ovvero, in caso di assenza o impedimento di quest’ultimo, dall’Investitore più anziano presente. Le deliberazioni dell’Assemblea devono constare da un verbale sottoscritto dal Presidente e, ove nominato, dal segretario.
La presidenza dell’Assemblea degli Investitori, nella prima adunanza, è assunta dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della SGR fino a che l’Assemblea degli Investitori non nomini il proprio Presidente e gli organi vicari, ai sensi del presente articolo.
12.4 Costituzione dell’Assemblea e validità delle deliberazioni L’Assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti Investitori che rappresentino almeno la maggioranza del valore delle Quote in circolazione. Ogni Quota attribuisce un voto. L’Assemblea delibera a maggioranza assoluta delle Quote degli Investitori intervenuti e, in ogni caso, con il voto favorevole di almeno il 30% (trenta per cento) del valore di tutte le Quote in circolazione (dove nel computo di tale maggioranza deve essere compreso il voto favorevole di più del 30% (trenta per cento) dei voti spettanti a ciascuna classe di Quote in circolazione), eccezion fatta per la delibera sulla sostituzione della Società di Gestione, ai sensi del successivo articolo 16, che può essere assunta solo con il voto favorevole di almeno il 51% (cinquantuno per cento) del valore di tutte le
Quote in circolazione (dove nel computo di tale maggioranza deve essere compreso il voto favorevole di più del 51% (cinquantuno per cento) dei voti spettanti a ciascuna classe di Quote in circolazione).
12.5 Modalità di esercizio del diritto di voto
Gli Investitori possono farsi rappresentare nell’Assemblea. La rappresentanza è sempre revocabile con atto che deve pervenire al rappresentante almeno il giorno precedente quello previsto per l’adunanza. La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega. La rappresentanza non può essere conferita alla Società RAGIONE_SOCIALE, ai suoi soci, amministratori non indipendenti, sindaci, direttori generali e dipendenti nonché alle società del gruppo della RAGIONE_SOCIALE, amministratori non indipendenti, sindaci, direttori generali e dipendenti di tali soggetti.
12.6 Competenze dell’Assemblea
L’Assemblea:
(i) elegge il Presidente dell’Assemblea degli Investitori;
(ii) revoca, per giusta causa, il Presidente dell’Assemblea degli Investitori;
(iii) delibera sulle proposte di modifiche del Regolamento di cui al successivo articolo 31, punto (ii);
(iv) delibera sulla sostituzione della Società di RAGIONE_SOCIALE ai sensi del successivo articolo 16;
(v) delibera sulla Quotazione ai sensi del successivo articolo 19.5;
(vi) delibera in merito alla distribuzione delle somme, assimilate ai Proventi di Gestione, versate dagli Investitori a titolo di sovrapprezzo di sottoscrizione ai sensi del successivo articolo 20.2.1;
(vii) determina il numero dei componenti del Comitato Consultivo, ai sensi dell’art. 14.1;
(viii) delibera sulle proposte di emissione di Quote di Classe A2, fissandone il tasso di rendimento sulla base delle proposte formulate dalla Società di Gestione;
(ix) delibera sulle proposte della Società RAGIONE_SOCIALE e su ogni altro oggetto che venga inderogabilmente attribuito alla sua competenza dalla normativa di legge o regolamentare vigente e del presente Regolamento;
(x) delibera sulle proposte della Società di Gestione in merito all’eventuale Periodo di Proroga di cui al precedente paragrafo 1.4.
12.7 Forme di pubblicità delle deliberazioni dell’Assemblea Le deliberazioni dell’Assemblea vengono portate a conoscenza del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, nonché rese pubbliche tramite deposito presso la sede sociale della RAGIONE_SOCIALE, con comunicazione alla Banca Depositaria.
12.8 Comunicazione alla Banca d’Italia
Le deliberazioni assunte dall’Assemblea degli Investitori ai sensi del precedente paragrafo 12.6, punti (iii) e (iv), verranno trasmesse alla Banca d’Italia, a cura della Società di Gestione, entro dieci giorni dal giorno in cui esse sono state portate a conoscenza del consiglio di amministrazione della Società di Gestione ai sensi del precedente paragrafo 12.7.
13. IL PRESIDENTE E VICE PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA RAGIONE_SOCIALE
Il Presidente dell’Assemblea degli Investitori viene eletto, anche al di fuori degli Investitori, dall’Assemblea, che ne fissa il compenso. L’Assemblea degli Investitori nomina anche il Vice Presidente. Il Presidente e il Vice Presidente dell’Assemblea degli Investitori rimangono in carica per tre anni, scadendo alla data di approvazione del rendiconto della gestione del Fondo relativo all’ultimo esercizio della carica. Essi sono rieleggibili.
Il Presidente dell’Assemblea degli Investitori:
(i) presiede l’Assemblea ai sensi del paragrafo 12.3; (ii) convoca l’Assemblea ai sensi del paragrafo 12.1;
(iii) cura la pubblicità delle deliberazioni dell’Assemblea come prevista dal paragrafo 12.7.
Per quanto non espressamente disciplinato dagli artt. 12 e 13 del presente Regolamento, troveranno applicazione gli articoli del Codice Civile in materia di società.
Dalle premesse generali di inquadramento sopra espresse, si deduce che, nel caso di specie, il fondo chiuso non riservato si è dotato di un regolamento, approvato dall’organo di vigilanza, che ha dettagliatamente descritto le modalità di funzionamento dell’ assemblea degli investitori e l’ambito oggettivo delle competenze a essa attribuite.
Ciò significa che, per quanto sopra ricordato in tema di fonti di disciplina della fattispecie, tutti gli investitori sottoscrittori delle quote del fondo, per effetto del vincolo contrattuale derivante dalla sottoscrizione, sono assoggettati alle regole
previste dal regolamento, tra le quali quelle in tema di compiti e funzionamento dell’assemblea .
Un’ assemblea che, con ogni evidenza, è un organo speciale, previsto come detto in via obbligatoria dal TUF per ogni fondo di investimento, cui sono legittimati a partecipare gli investitori e il cui scopo è, con altrettanta evidenza, quello di dare voce alla platea degli investitori, attraverso la formazione di una volontà collettiva attuata con il metodo collegiale assembleare, da sottoporre all’ attenzione del consiglio di amministrazione della SGR e all’ organo di controllo esterno (Ban ca d’I talia), al fine di orientare rispettivamente le scelte gestorie degli amministratori della SGR rispetto al patrimonio separato e di sollecitare eventualmente i poteri della Banca d’Italia inerenti al controllo del rispetto da parte del gestore dei principi inderogabili previsti dal TUF.
Del resto, ove si volesse ricostruire analogicamente il sistema, come pure la sentenza impugnata si perita di fare, non è certamente corretto il riferimento ivi contenuto alla disciplina delle società di persone, delle società a responsabilità limitata e delle associazioni che, per loro natura, sono del tutto distanti dalla struttura della società per azioni (come sono le odierne controricorrenti).
È, invece, proprio alla disciplina codicistica della s.p.a. (essendo le SGR in causa proprio due s.p.a.), che occorre fare riferimento. E nella disciplina delle s.p.a. si rinvengono significativamente organi speciali, per eventualità peculiari. Basti pensare alla normativa codicistica in tema di società per azioni che , nell’ ipotesi in cui venga decisa l’emissione di obbligazioni, istituisce un organo ad hoc , l’assemblea degli obbligazionisti (art.
2415 cod. civ.), che vede la partecipazione di soggetti (gli obbligazionisti) che non sono certo soci della società ma che, per esserne creditori per effetto dell’ investimento nell’ obbligazione emessa dall’ente, hanno compiti inerenti non solo alla valutazione delle condizioni dell’ investimento, ma anche consultivi in seno alla stessa società emittente i titoli di debito: si pensi al parere da rendere sulla proposta di concordato (art. 2415, primo comma, n. 3) cod. civ.) o ai poteri amministrativi riconosciuti al rappresentante comune dall’art. 2418 cod. civ. Una legittimazione ‘speciale’ che, sempre in tema di società per azioni, questa stessa Sezione (Sentenza n. 1635 del 23/01/2025) ha ravvisato anche in dipendenza della categoria di azione detenuta dal socio-investitore che, qualora assimilabile alla posizione del creditore, come nell’ipotesi delle azioni di risparmio, ha visto affermata una legittimazione a coltivare l’azione di danno nei confronti della società incorporante anche oltre il consolidarsi degli effetti dell’operazione straordinaria di fusione conseguente alla iscrizione della relativa deliberazione nel Registro delle imprese.
Tanto consente di spiegare gli errori in cui è incorsa la sentenza impugnata.
Innanzitutto, dal non corretto inquadramento giuridico dei fondi comuni di investimento, la Corte territoriale ha mancato di considerare che, come sopra spiegato, il TUF prevede una competenza obbligatoria e inderogabile per l’ assemblea degli investitori: quella di decidere sull’ eventuale cambio di gestore. Sol per questo, avendo il COGNOME -tra le altre -lamentato anche questa tra le cause di invalidità delle delibere impugnate,
a tanto doveva essere ritenuto legittimato per espressa previsione inderogabile di legge.
Ma v’è di più: la circostanza che la seconda fonte normativa della materia, il regolamento della SGR, abbia minuziosamente previsto le ipotesi e le condizioni di partecipazione degli investitori all’ assemblea speciale a essi dedicata, doveva far ritenere con ogni evidenza proponibile la domanda avente a oggetto l’impugnativa della deliberazione adottata dagli investitori, proposta da uno di essi. Tanto perché la legittimazione ad agire si stima con riferimento alla dimostrazione della sola e unica condizione prevista ex lege (e peraltro dal regolamento): la qualità di investitore del fondo, in quanto detentore, al momento della convocazione dell’ assemblea oggetto di impugnativa, di quote del fondo medesimo.
La circostanza che il quotista non sia socio della SGR è del tutto irrilevante ai fini del decidere, posto che nella specie si tratta della legittimazione alla partecipazione a un’assemblea speciale, certamente diversa da quella riservata ai soci delle SGR (così come delle citate in sentenza sicaf e sicav).
Né appare pertinente il riferimento al D.M. n. 228 del 2019, laddove nel caso di specie le allegazioni a sostegno dell’invalidità della deliberazione impugnata non si esauriscono nella contestazione del solo ‘merito’ delle scelte di investimento della SGR.
Erronea, pertanto, è anche l’affermazione della Corte di merito che ha negato che l’ investitore abbia legittimazione a domandare l’ accertamento dell’ invalidità di una deliberazione dell’ assemblea speciale cui era legittimato a partecipare. Tanto significherebbe svuotare completamente di senso le norme (del TUF e del
regolamento della SGR), le quali avrebbero messo in piedi un sistema di partecipazione collettiva degli investitori, definito con metodo assembleare e decisione collegiale, che sarebbe del tutto senza controllo, poiché i soggetti che hanno partecipato all’ assemblea, nella tesi della Corte territoriale, non ne potrebbero in nessun caso contestare la validità, chiedendone la rimozione.
Se fosse vera la tesi sostenuta dalla Corte milanese, ovvero che un eventuale vizio della deliberazione assembleare degli investitori sarebbe deducibile solo se e nella misura in cui lo stesso ridondasse in violazione dei diritti dei singoli investitori rinvenienti dal contratto da ciascuno di essi sottoscritto con la SGR, ne deriverebbe l’assoluta inutilità di aver previsto ( ex lege , prima ancora che volontariamente con il regolamento) un organo collegiale speciale; perché si tratterebbe di un organo che decide senza possibilità per i partecipanti alla decisione di alcuna rimozione degli effetti della cessione assunta; ciò che sarebbe del tutto contrario al principio di tutela costituzionale dei diritti sancito dall’art. 24 della Costituzione, e che finirebbe per creare un unicum nel sistema giuridico italiano: una delibera assembleare non impugnabile per alcun motivo e, dunque, valida a prescindere dal suo metodo di formazione e dal suo contenuto oggettivo.
Resterebbe da chiedersi, se così fosse, a cosa serva la trasmissione della delibera stessa all’ organo di vigilanza (art. 12, punto 8, del regolamento), se gli effetti della deliberazione non possono essere in alcun modo rimossi, non potendo certo ritenersi che nemmeno la Banca d’ Italia abbia il potere/dovere di contestare la validità di delibere della SGR (e per essa dei suoi
organi, anche speciali) prese in difformità dalla legge o dal regolamento approvato.
Nella specie, la corretta esegesi del regolamento della RAGIONE_SOCIALE controricorrente porta a ritenere che la norma di cui all’art. 13, ultimo comma, contiene un rinvio al codice civile del tutto ampio, che si deve interpretare come riferito a tutte quelle norme che non sono state oggetto di specifica normazione negli artt. 12 e 13, tra cui -per l’appunto quelle di cui agli artt. 2377 e 2379 cod. civ., che disciplinano in via generale il procedimento di impugnazione delle deliberazioni assembleari delle società per azioni.
Dunque, tant o un’ interpretazione pianamente letterale, quanto un’ interpretazione sistematica e teleologica secondo in principi generali sopra richiamati, porta a ritenere erronea la ricostruzione limitativa del rinvio, adottata dalla Corte territoriale, laddove il rinvio va chiaramente inteso come a tutte le norme del codice civile applicabili, in quanto non derogate dalla specialità di quelle previste nel regolamento.
I restanti motivi del ricorso lamentano:
4.1. «TERZO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360, COMMA 1, N. 3) C.P.C. DEGLI ARTT. 36, COMMA 2 (GIÀ 36 COMMA 3), 37 (GIÀ 39) E 39 (GIÀ 37) DEL TUF E DEGLI ARTT. 1321 E 1372 C.C.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato la modificabilità del Regolamento del Fondo con la sola maggioranza dei consensi, a prescindere dall’oggetto della modifica apportata al Regolamento (e quindi al contratto di investimento) con la delibera.
4.2. «QUARTO MOTIVO: NULLITÀ DELLA SENTENZA EX ART. 360 N. 4 C.P.C. PER OMESSA E/O APPARENTE MOTIVAZIONE», deducendo che la motivazione resa dalla Corte territoriale sarebbe del tutto incomprensibile, e pertanto nulla, laddove ha affermato che ‘ le modifiche regolamentari devono essere limitate ai casi strettamente necessari e comunque nell’interesse dei partecipanti ‘, ove ha affermato che tale disposizione ‘ lascerebbe libere le società di gestione del risparmio di disporre liberamente di tale aspetto nei relativi regolamenti ‘ e ove ha concluso che, in relazione alle modifiche regolamentari impugnate, ‘ il merito delle quali resta evidentemente insindacabile da parte della Corte adita ‘.
4.3. «QUINTO MOTIVO -VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 C.P.C., N. 3 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 183, VI COMMA; 163, TERZO COMMA, N. 3) E 4); 164, QUARTO E QUINTO COMMA C.P.C. E AGLI ARTT. 1218 E ART. 2697 C.C., OVVERO NULLITÀ DELLA SENTENZA EX ART. 360, COMMA 1, N. 4 C.P.C.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto generica la contestazione inerente alla mancata convocazione all’assemblea di tutti quotisti, siccome non sarebbe onere dell’impugnante specificare il nominativo dei convocati, nella specie del resto non propalato dalla SGR per asseriti motivi di privacy .
4.4. «SESTO MOTIVO – NULLITÀ DELLA SENTENZA PER OMESSO ESAME DI UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO, RILEVANTE EX ART. 360 N. 5 C.P.C.», deducendo l’omessa considerazione e valutazione da parte del giudice di appello delle allegazioni difensive che corroboravano la domanda di invalidità
della convocazione dell’assemblea impugnata, ivi comprese le prove testimoniali dedotte e mai ammesse.
4.5. «SETTIMO MOTIVO: NULLITÀ DELLA SENTENZA EX ART. 360 N. 4 C.P.C. PER MOTIVAZIONE OMESSA O MERAMENTE APPARENTE», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere completamente omesso qualsiasi valutazione in merito alla non conoscenza da parte del ricorrente dei nominativi degli altri investitori e sul fatto se l’asserita genericità della domanda avesse in qualche modo compromesso o limitato la possibilità per le controparti di svolgere compiutamente le proprie difese, seppur il ricorrente avesse espresso articolate argomentazioni con l’atto d’appello.
4.6. «OTTAVO MOTIVO – NULLITÀ DELLA SENTENZA PER MOTIVAZIONE OMESSA O MERAMENTE APPARENTE EX ART. 360 N. 4 IN RELAZIONE ALL’AVVENUTA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere incomprensibilmente prima affermato che la domanda sarebbe nulla in quanto generica e poi sostenuto che la controparte avrebbe fornito prova dell’avvenuta convocazione dell’assemblea.
4.7. «NONO MOTIVO – NULLITÀ DELLA SENTENZA PER OMESSO ESAME DI UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO, RILEVANTE EX ART. 360 N. 5 C.P.C.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per avere completamente omesso di considerare la documentazione prodotta in giudizio dalle controparti e in particolare il doc. 9 di Coima (doc. L) e il doc. 12 di RAGIONE_SOCIALE (doc. M), che dimostrava come anche per le controparti il doc. 4 (doc. I) fosse inidoneo a dimostrare l’invio dell’avviso di convocazione.
4.8. «DECIMO MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 C.P.C., N. 3 E 4 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 115 C.P.C. E 2697 C.C.», deducendo che ove la sentenza, al punto 63, volesse affermare che il ricorrente non ha contestato la mancata convocazione, tale affermazione sarebbe in contrasto con quanto espressamente contestato con l’atto di citazione, sicché l’onere della prova gravava sulla controparte ex art. 2697 cod. civ. quale fatto estintivo della domanda formulata dal ricorrente.
4.9. «UNDICESIMO MOTIVO – NULLITÀ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 C.P.C., N. 3 IN RELAZIONE ALL’ART. 1352 C.C. E ALL’ART 39 TUF (GIÀ ART. 37), COMMA 1, CON RIFERIMENTO AL D.M. 24 MAGGIO1999 N. 228», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato che la violazione del d.m. citato non potrebbe costituire ‘ vizio di nullità della delibera (dovendosi piuttosto ricondurre tale fattispecie a quella dell’annullabilità, non oggetto del caso de quo )’.
4.10. «DODICESIMO MOTIVO: NULLITÀ DELLA SENTENZA PER MOTIVAZIONE OMESSA O MERAMENTE APPARENTE EX ART. 360 N. 4», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere completamente omesso di esplicitare le motivazioni per le quali la violazione di tale disposizione non avrebbe influito sulla validità della convocazione, né per quale motivo, pur risultando la previsione violata e quindi le controparti non in grado di provare l’avvenuto ricevimento, ciò non dovrebbe incidere sulla validità della delibera.
4.11. «TREDICESIMO MOTIVO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 C.P.C., N. 3 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 1418 C.C., ARTT. 2379 E 2479 TER C.C. APPLICABILI ANCHE EX ART. 12 DISP. PREL. C.C., SECONDO COMMA», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per avere applicato alla delibera la c.d. prova di resistenza (punto 65 della Sentenza impugnata), trascurando che tale parametro non si applica nel caso di omessa convocazione di uno dei soggetti legittimati, ma solo nel diverso caso in cui all’assemblea partecipi un soggetto non legittimato.
4.12. «QUATTORDICESIMO MOTIVO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE RILEVANTE EX ART. 360 C.P.C., N. 3 IN RELAZIONE ALL’ART. 1418 C.C. E ART. 2379 E 2479 TER APPLICABILI ANCHE EX ART. 12 DISP. PREL. C.C., SECONDO COMMA», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per avere escluso, o comunque messo in dubbio, la possibilità del ricorrente di censurare la delibera per omessa e/o illegittima convocazione in quanto tale contestazione avrebbe dovuto essere sollevata in assemblea, alla quale invece il COGNOME avrebbe partecipato senza nulla contestare.
4.13. «QUINDICESIMO MOTIVO: NULLITÀ DELLA SENTENZA PER MOTIVAZIONE OMESSA O MERAMENTE APPARENTE EX ART. 360 N. 4 NELLA PARTE CHE HA ESCLUSO LA LEGITTIMAZIONE A CONTESTARE L’OMESSA O ILLEGITTIMA CONVOCAZIONE», deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere incomprensibilmente affermato che la mera partecipazione all’assemblea e quindi un comportamento passivo -costituirebbe rinuncia al diritto di impugnare, con ciò, senza apparente motivazione, introducendo un regime di
preclusioni per un vizio di nullità più restrittivo di quello previsto dall’art. 2377 cod. civ. per i vizi di annullabilità.
I descritti motivi dal terzo al quindicesimo sono inammissibili per carenza di interesse del ricorrente a impugnare atteso che, come questa Corte ha da tempo affermato (a far data da Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007), qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (come nella specie è accaduto, avendo la sentenza impugnata a pagina 27 – punto 42 – dichiarato ‘assorbiti’ i motivi di censura inerenti alle singole ragioni di invalidità dedotte dal COGNOME a sostegno della domanda ma poi, dal punto 43 in poi, svolto considerazioni inerenti al detto ‘merito’, appena dichiarate assorbite, affermando di farlo per mera completezza d’esame ) con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare le argomentazioni rese in relazione al predetto merito, atteso che su di esse non si è in effetti giustiziato, atteso il carattere logicamente e giuridicamente assorbente della declinatoria in rito del processo; conseguentemente, è ammissibile l’impugnazione per cassazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione per cassazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, da ritenersi svolta ad abundantiam nella sentenza gravata.
Del resto, tale esame ‘di merito ‘ andrà necessariamente rieditato, alla luce della corretta ricostruzione in diritto del complesso normativo applicabile alla fattispecie, per come sopra esplicitato in accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata e le parti rinviate alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà a rinnovare il giudizio applicando il seguente principio di diritto: in tema di fondi comuni di investimento, sussiste la legittimazione degli investitori a impugnare le deliberazioni prese dall’ assemblea degli investitori, alle condizioni previste dagli artt. 2377 e 2379 cod. civ., o a quelle speciali eventualmente previste dal regolamento di funzionamento del fondo medesimo.
La medesima Corte di merito provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce il procedimento n.r.g. n. 22120 del 2021 al procedimento n.r.g. 18485 del 2021; dichiara estinto il procedimento n.r.g. n. 22120 del 2021; accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso iscritto al n.r.g. 18485 del 2021 e dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti, in relazione ai motivi accolti, innanzi alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio 2025.