Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16892 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16892 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22448/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME.
– Ricorrente –
Contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO IMPERATORE NOME INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– Controricorrente –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Palermo n. 2298/2019 depositata il 22/11/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.
Rilevato che:
il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 2276 del 2016, respinse la domanda proposta da NOME COGNOME proprietaria di un immobile facente parte del Condominio di INDIRIZZO
Condominio
21, in Palermo, di impugnazione della delibera adottata dall’assemblea del Condominio, in data 11/02/2015, di approvazione dei rendiconti 2012-2014, sul duplice rilievo che le spese imputate all’attrice , da questa contestate, dovute a titolo di risarcimento dei danni degli appartamenti all’ultimo piano , erano state oggetto di una precedente deliberazione assembleare, intervenuta il 26/04/2012, senz’altro efficace essendo stata respinta la relativa opposizione, e che la doglianza secondo cui l’amministratore non avrebbe messo a disposizione della condòmina la documentazione giustificativa della spesa era priva di fondamento poiché non risultava che l’attri ce avesse richiesto la documentazione;
la Corte distrettuale di Palermo ha rigettato l’appello dell’attrice , evidenziando , innanzitutto, l’infondatezza del motivo di impugnazione secondo cui l’effettivo pregiudizio e , quindi, l’interesse ad impugnare si sarebbe manifestato soltanto con l’approvazione dei rendiconti di cui alla delibera del 2015, in ragione del fatto che, spiega la sentenza, tale interesse era scaturito da ll’approvazione della delibera del 26/04/2012, la quale aveva posto a carico della COGNOME la spesa in questione.
P er il giudice d’appello, inoltre, la delibera del l’11/02/2015 non è viziata da eccesso di potere in quanto la ripartizione delle spese tra i condòmini rientra nelle competenze assembleari; sotto altro profilo, continua la sentenza, l’amministratore non ha omesso di esibire all ‘attrice la documentazione necessaria al controllo della legittimità della delibera impugnata in ragione del fatto che, in realtà, ad avviso della Corte di Palermo, come sottolineato dal primo giudice, l ‘interessata non aveva avanzato alcuna richiesta in tal senso , e che, comunque, anche la sua lettera del 27/12/2012 era diretta a contestare i criteri di riparto delle spese e non aveva ad oggetto la richiesta all’amministratore di esibizione dei documenti giustificativi.
La sentenza aggiunge che la contestazione sulla correttezza del riparto della spesa, in relazione alla quale l’appellante ha lamentato l’omessa pronuncia del Tribunale, è priva di pregio sia perché il rilievo critico è stato esaminato e implicitamente disatteso dal primo giudice, sia per il carattere assorbente della considerazione che le somme riportate nei rendiconti approvati erano state decise in precedenza da una delibera assembleare, valida, efficace e non più impugnabile;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, cui il Condominio di INDIRIZZO resiste con controricorso.
In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie.
Considerato che:
il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1135, 1137 e 1123 c.c.
Si sostiene che la decisione assembleare impugnata sarebbe viziata da eccesso di potere perché il rendiconto era stato approvato in assenza dei documenti giustificativi di spesa.
L’assemblea, eccedendo le competenze di cui all’art. 1135 c.c., avrebbe addossato al l’attrice una spesa a titolo di risarcimento del danno, in violazione de ll’ordinario criterio di riparto sancito da ll’art. 1123 c.c., in assenza dell’indefettibile accertamento giudiziale della responsabilità della condòmina.
S ‘ imputa alla Corte di Palermo di non avere rilevato che il Tribunale aveva omesso di pronunciare sull’erroneo criterio di riparto delle spese e di avere reputato legittimo un criterio arbitrario, che determinava la nullità della decisione assembleare, in quanto tale impugnabile in ogni tempo in deroga al termine perentorio fissato dall’art. 1137 c.c.
1.1. il motivo è infondato;
i diversi profili di censura collidono con i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai quali al contrario (vedi infra ) la C orte d’appello si è attenuta, secondo cui, i n tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell ‘ assemblea dei condòmini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico – dando luogo, in questo secondo caso, ad un ‘ difetto assoluto di attribuzioni ‘ – e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a ‘ norme imperative ‘ o all ‘ ordine pubblico ‘ o al ‘ buon costume ‘ ; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l ‘ azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all ‘ art. 1137 c.c. , con l’ulteriore precisazione , da parte della stessa giurisprudenza, che sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell ‘ assemblea previste dall ‘ art. 1135, numeri 2) e 3), c.c. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell ‘ esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall ‘ art. 1137 comma 2 c.c. (Corte Sez. U, Sentenza n. 9839 del 14/04/2021);
La sentenza impugnata, nella scia della giurisprudenza di legittimità, rileva correttamente che rientrava nelle attribuzioni dell’assemblea condominiale ripartire tra i partecipanti le spese , e soggiunge che spettava al l’attrice impugnare la delibera del 26/04/2012 che approvava la spesa (che poneva a carico COGNOME), e che tale delibera non era più impugnabile per decorrenza del termine decadenziale di cui all’art. 1137 c.c.
Sul punto, sempre Cass. Sez. U. n. 9839/2021 (che, in motivazione, richiama Cass. Sez. U. n. 4806/2005), osserva che ciascun condomino è tenuto, secondo quanto prescrive l ‘ art. 1137 c.c., a far valere l ‘ annullabilità della deliberazione dell ‘ assemblea condominiale, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di trenta giorni decorrente, per i condòmini assenti, dalla comunicazione della deliberazione (e, per i condòmini dissenzienti o astenuti, dalla data della sua approvazione), divenendo in mancanza la delibera valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.
Infine, detto che qui si discute dell’approvazione del rendiconto con riferimento ad una spesa approvata da una precedente decisione assembleare, rileva il Collegio che lo sviluppo argomentativo del giudice d’appello è coerente con il principio di diritto (vedi Cass. n. 15288/2005) per il quale l’ obbligo dei condòmini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell ‘ assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente;
il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1712, 1713, 1129, 1130 c.c.
si lamenta che la sentenza impugnata, con motivazione apparente, avrebbe negato l’obbligo dell’amministra tore di fornire alla condòmina i documenti giustificativi della spesa in contestazione,
trascurando che questo obbligo discende dalle regole del mandato, fattispecie contrattuale entro la quale , nell’ambito della materia condominiale, è sussumibile l’incarico dell’amministratore, e che soprattutto alla luce delle modifiche alla disciplina del condominio negli edifici apportate dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, i partecipanti hanno diritto a prendere visione della documentazione del condominio al fine di esercitare il potere di controllo che (nella tipologia contrattuale di riferimento) spetta al mandante;
2.1. il motivo è infondato;
questa Corte, ancor prima del l’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012 (qui applicabile in relazione alla data di approvazione della delibera), ha ripetutamente affermato che l’ obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condòmini, l ‘ amministratore è tenuto a osservare con riferimento alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando egli abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell ‘ entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all ‘ individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell ‘ incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (Sez. 6-2, Ordinanza n. 1186 del 17/01/2019, Rv. 652163 -01; in continuità con Sez. 3, Sentenza n. 19991 del 14/11/2012, Rv. 624285 -01, richiamata a pag. 18 del ricorso per cassazione).
Gli artt. 1129, comma 2, c.c. e 1130-bis c.c., come novellati dalla legge n. 220 del 2012, prevedono la facoltà dei condòmini di ottenere l ‘ esibizione di registri e documenti contabili condominiali in qualsiasi tempo, non necessariamente in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell ‘ assemblea, sempreché l ‘ esercizio del diritto di accesso non si risolva in un intralcio all ‘ amministrazione, ponendosi in contrasto con il principio della
correttezza ex art. 1175 c.c.; al condomino istante – il quale non è tenuto a specificare le ragioni della richiesta – fa capo l ‘ onere di dimostrare che l ‘ amministratore non gli abbia consentito l ‘ esercizio della facoltà in parola (Cass. Sez. 2, 22/07/2022, n. 22958; Cass. Sez. VI-2, 28/07/2020, n. 15996; Cass. Sez. 2, 21/09/2011, n. 19210; Cass. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159).
Il giudice d’appello non si è discostato da questi principi e, con giudizio di fatto, illustrato con motivazione chiara e priva di aporie logiche (donde l’insussistenza dell’adombrata carenza strutturale dell’apparato argomentativo della decisione), ha stabilito che l’obbligo dell’amministratore di esibire la documentazione non è sorto in assenza dell ‘indispensabile, preventiva richiesta dell’appellante, la cui lettera del 27/12/2012, puntualizza la Corte di Palermo, non recava la richiesta di visionare i documenti giustificativi, ma valeva come contestazione del criterio di riparto della spesa;
il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, sono a carico della ricorrente per il principio della soccombenza;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione