Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3239 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
OGGETTO:
impugnazione di testamento
RG. 289/2019
C.C. 3-12-2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 289/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME c.f. GLPDNC57T14L781E, COGNOME NOMECOGNOME c.f. GLPGFR59C01L781Y, COGNOME NOME, c.f. GLPGRG62C07L781U, COGNOME NOME, c.f. GLPLCU65H11L781J, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrenti contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso di lui nel suo studio in INDIRIZZO;
contro
ricorrenti nonché contro
COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME
intimati
avverso la sentenza n. 455/2018 della Corte d’Appello di Messina, pubblicata il 14-5-2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3-122024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME e NOME COGNOME citavano davanti al Tribunale di Patti Domenico, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME per sentire dichiarare che il testamento olografo di NOME COGNOME, pubblicato il 21-1-2008, era nullo o annullabile perché apocrifo o perché redatto da persona incapace di intendere di volere e che, conseguentemente, unici eredi di NOME COGNOME erano NOME, NOME e NOME COGNOME, nominati con testamento del 25-8-1983 pubblicato il 13-2-2003; in via subordinata chiedevano che fosse accertato che era comunque valido il legato contenuto nel testamento del 25-8-1983, con il quale NOME COGNOME aveva destinato al nipote NOME COGNOME la quota di un terzo del lastrico solare e dell’area del quarto piano del fabbricato sito in Capo d’Orlando , in INDIRIZZO angolo INDIRIZZO
Si costituivano in giudizio i convenuti NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME mentre rimanevano contumaci NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME
I convenuti invocavano il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale, chiedevano che fosse dichiarata caducata la disposizione testamentaria in favore di NOME e NOME COGNOME nel testamento della loro madre NOME COGNOME pubblicato il 26-4-1972 e per l’effetto venissero dichiarati nulli o annullati tutti gli atti eseguiti dalle stesse a favore degli attori e di NOME COGNOME compreso il preliminare di vendita stipulato da NOME COGNOME con NOME COGNOME ordinando agli attori di consegn are ai convenuti l’area del lastrico
solare di cui si trattava; chiedevano, altresì, in via riconvenzionale di dichiarare che, in forza del testamento di NOME COGNOME pubblicato il 25-7-1959, le sue figlie NOME e NOME COGNOME erano rimaste usufruttuarie, non essendo passate a nozze e, per l’effetto, di dichiarare nulli o annullare tutti gli atti di disposizione eseguiti dalle predette a favore degli attori e del convenuto NOME COGNOME; chiedevano, inoltre, che fosse ordinato agli attori e a NOME COGNOME di consegnare i cespiti indicati in atto di citazione.
Con sentenza n. 54/2016, pubblicata il 2-2-2016, il Tribunale di Patti dichiarava l ‘inammissibilità delle domande riconvenzionali, l a nullità del testamento olografo di NOME COGNOME pubblicato in data 211-2008 in quanto ‘falso’ , dichiarava l’inefficacia del testamento di NOME COGNOME del 25-8-1983, nella parte in cui assegnava i beni del padre della stessa agli attori, rigettando le altre domande.
Avverso detta sentenza NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME proponevano appello.
NOME e NOME COGNOME ne chiedevano il rigetto e formulavano appello incidentale condizionato, mentre NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME rimanevano contumaci.
La Corte d’appello di Messina , con sentenza n. 455/2018, pubblicata il 14-5-2018, in riforma parziale della sentenza di primo grado, rigettava le domande di nullità e di annullamento del testamento olografo di NOME COGNOME pubblicato nel 2008 e, perciò, dichiarava che regolava la successione di NOME COGNOME quel testamento, con il quale NOME COGNOME aveva nominato erede universale il fratello NOME COGNOME ciò in quanto gli attori in primo grado non avrebbero potuto limitarsi a dichiarare di disconoscere quel testamento e non poteva assumere valenza decisiva il fatto che non ne fosse stata chiesta la verificazione e, seppure fosse sufficiente la riproposizione delle questioni ex art. 346 cod. proc. civ., gli appellati non avevano ribadito in appello la richiesta
di consulenza tecnica grafologica e non avevano riproposto le istanze istruttorie volte a dimostrare l’incapacità della testatrice. La Corte di appello escludeva che la disposizione sulla terrazza in Capo d’Orlando di cui al precedente testamento potesse sopravvivere, in quanto incompatibile con il contenuto del testamento successivo.
Quindi la sentenza esaminava la domanda con la quale NOME COGNOME chiedeva l’acquisto ex art. 2932 cod. civ. della quota di un terzo della terrazza in forza del preliminare 20-12-1998 con la zia NOME COGNOME che gli aveva promesso il trasferimento della nuda proprietà. Esaminava, altresì, la domanda riconvenzionale dei convenuti COGNOME, i quali sostenevano che NOME COGNOME non era titolare di diritto sulla terrazza e la rigettava, in quanto il testamento di NOME COGNOME non conteneva apposizione d i termine in relazione all’assegnazione di tale bene e ogni questione era stata risolta dalla scrittura transattiva del 29-1989, con il quale NOME COGNOME dante causa degli appellanti e NOME COGNOME riconosceva che la terrazza era stata trasferita a NOME e NOME COGNOME oltre che per un terzo a NOME COGNOME.
Con la stessa sentenza di appello si dichiarava che, alla data del 20-12-1998, NOME COGNOME era legittimata a promettere in vendita la nuda proprietà della quota a lei spettante della terrazza e la domanda era stata proposta nei confronti di tutti gli obbligati, in quanto eredi di NOME COGNOME designato unico erede nel testamento di NOME COGNOME; per l’effetto , accoglieva la domanda proposta ex art. 2932 cod. civ. in relazione alla quota di un terzo della terrazza. Dichiarava che non era in discussione il fatto che il padre con il suo testamento aveva lasciato a NOME e NOME COGNOME solo l’us ufrutto e, quanto alla domanda di consegna dei beni di ‘Piana’ riproposta dagli appellanti, dichiarava che i COGNOME erano titolari di quota di tali beni quali aventi causa di NOME COGNOME.
NOME NOME, NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza di appello sulla base di quattro motivi.
NOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti ex art. 96 cod. proc. civ.
NOME COGNOME NOME NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 3-12-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate, in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra le quali rientrano quelle che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo (Cass. Sez. 1, 11-3-2020 n. 6924, Cass. Sez. 6-3, 17-6-2019 n. 16141, Cass. Sez. 2, 21-5-2018 n. 12515).
2.Il primo motivo di ricorso è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c. e dell’art. 115 c.p.c., violazione del principio di eventualità, del principio di preclusione e del principio di non contestazione, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che i consorti NOME COGNOME e NOME non avessero l’onere di ‘avanzare impugnativa incidentale per
eventualmente insistere nella domanda principale e nelle ulteriori, bastando la riproposizione delle questioni ai sensi dell’art. 346 c.p.c.”.
I ricorrenti evidenziano che all’udienza di trattazione del 4 -112009 gli attori non avevano preso alcuna posizione sulle domande riconvenzionali dei convenuti, non avendo proposto né domande né eccezioni che fossero conseguenza delle domande riconvenzionali, né avendo depositato memoria; sostengono che da ciò derivava la conseguenza che le domande riconvenzionali andavano accolte; tra le domande riconvenzionali vi era quella di dichiarare decaduta la disposizione testamentaria a favore di NOME e NOME COGNOME nel testamento della loro madre NOME COGNOME pubblicato il 26-4-1972, con l’effetto di dichiarare nulli o annullare tut ti gli atti di disposizione da loro eseguiti a favore degli attori e del convenuto NOME COGNOME, compreso il preliminare di vendita stipulato da NOME COGNOME con NOME COGNOME; tra le domande riconvenzionali vi era anche quella di dichiarare che, in forza del testamento di NOME COGNOME, le figlie NOME e NOME COGNOME erano usufruttuarie e di conseguenza dichiarare nulli o annullare tutti gli atti di disposizione da loro eseguiti a favore degli attori e del convenuto NOME COGNOME Quindi, poiché le domande riconvenzionali andavano accolte, per impugnare ‘tale pronuncia’ era necessaria una impugnazione incidentale.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto risulta pressoché incomprensibile e, nei limiti in cui se ne riesce a intendere il contenuto, non individua la statuizione censurata o comunque non la censura in modo pertinente.
Nell’intitolazione sopra testualmente trascritta il motivo fa riferimento ad affermazione fatta a pag. 11 della sentenza impugnata, con riferimento alla domanda di falsità materiale del testamento pubblicato il 21-1-2008 accolta dal giudice di primo grado sulla base del disconoscimento della scrittura e senza istanza di verificazione e
prova della falsificazione, nonché con riferimento alla domanda di annullamento del testamento per incapacità di intendere e di volere. Si tratta di domande il cui rigetto è stato pronunciato in accoglimento dell’appello degli odierni ricorrenti, per cui si deve escludere che il motivo faccia riferimento alle statuizioni su tali domande.
Piuttosto sembra che i ricorrenti sostengano che le loro domande riconvenzionali avrebbero dovuto essere accolte dal giudice di primo grado, in quanto non erano state contestate e perciò avrebbero dovuto essere accolte anche dal giudice d’appello . Se questo ne è il senso, il motivo è evidentemente inammissibile, perché il ricorso per cassazione è rivolto esclusivamente avverso la sentenza di appello; quindi, se i ricorrenti intendevano lamentarsi del mancato accoglimento delle loro domande riconvenzionali da parte della sentenza impugnata, avrebbero dovuto individuare e censurare le relative pronunce di rigetto della Corte d’appello , ma non lo fanno nell’ambito di questo motivo.
3. Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 e ss. (1363, 1364 e 1365) cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3, per avere la Corte erroneamente interpretato il testamento pubblico di NOME COGNOME. I ricorrenti evidenziano di avere sostenuto che quel testamento prevedeva che l’area del quarto piano era assegnata alle figlie NOME e NOME COGNOME e per un terzo al nipote NOME COGNOMEsubordinatamente alle autorizzazioni per la costruzione e in caso di mancata autorizzazione nessuno ha diritto ad indennizzo da parte degli eredi in quanto in tale ipotesi il legato deve considerarsi come non assegnato’. Rilevano che NOME e NOME COGNOME ottennero autorizzazione a realizzare volumi tecnici, cioè locale lavanderia, ma tale autorizzazione era illegittima anche perché i COGNOME non erano proprietari nell’immobile di alcun appartamento, per cui non potevano chiedere l’autorizzazione a costruire vani tecnici.
Quindi sostengono che il legato dovesse considerarsi non assegnato, in quanto nessuna costruzione sul lastrico solare era mai stata realizzata, né poteva essere realizzata in base agli strumenti urbanistici, con la conseguenza che il lastrico solare si sarebbe dovuto considerare di proprietà condominiale.
3.1. Il motivo è inammissibile in quanto, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte e autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, che, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza ( cfr., tre le tante, Cass. Sez. 1, 27-7-2017 n. 18641, Cass. Sez. 3, 26-22024 n. 5102).
La sentenza impugnata (pag. 14) non ha compiuto soltanto l’affermazione della quale si dolgono i ricorrenti, in ordine al fatto che il testamento di NOME non conteneva la fissazione di alcun termine per gli assegnatari dell’ultimo piano.
Di seguito la sentenza ha, infatti, rilevato che ogni problematica era risolta dalla scrittura transattiva del 2-9-1989, con cui NOME COGNOME, dante causa degli appellanti e anche di NOME COGNOME, riconosceva al punto 2) quella proprietà come devoluta dalla di lui madre NOME COGNOME alle sue sorelle NOME NOME oltre che per un terzo al nipote NOME COGNOME; ha, inoltre, aggiunto che altre scritture e altre vicende giudiziarie tra le parti avevano dato per presupposta tale proprietà.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, i ricorrenti sostengono l’erronea interpretazione del contenuto della disposizione testamentaria, ma non censurano l’accertamento riferito al fatto che era la scrittura transattiva del 2-9-1989 ad aver offerto il riscontro
probatorio relativo al diritto di proprietà del lastrico solare in forza del testamento in capo a NOME e NOME COGNOME oltre che a NOME COGNOME
La statuizione non censurata è autonoma e in sé idonea a fondare l’accertamento del diritto di proprietà pro quota sulla terrazza in capo a NOME COGNOME a prescindere dalle questioni relative all’interpretazione del testamento.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte erroneamente ritenuto applicabile l’art. 2932 cod. civ. in caso di vendita di cosa altrui’.
Sostengono che la sentenza abbia erroneamente dichiarato che alla data del 20-12-1998 NOME COGNOME era legittimata a promettere la vendita della nuda proprietà della quota a lei assegnata pari a un terzo, in quanto il legato, subordinato alle autorizzazioni per la costruzione, non era stato assegnato. Quindi rilevano che il preliminare del 20-121998 costituiva vendita di cosa altrui, insuscettibile di esecuzione in forma specifica, e aggiungono che alle pagg. 14 e 15 la sentenza opera una serie di affermazioni errate, in primo luogo in relazione al fatto che il testamento di NOME COGNOME era stato fatto a favore di NOME COGNOME, mentre lo si sarebbe dovuto ritenere disposto a favore di NOME COGNOME; aggiungono che la sentenza non ha considerato che la scrittura transattiva del 2-9-1989 era stata disconosciuta e non ne era stata chiesta la verificazione e le domande riconvenzionali dei COGNOME erano state dichiarate inammissibili perché tardive; infine, sostengono che l’ ‘assurdità totale’ sia stata raggiunta dalla sentenza laddove ha ricostruito le modalità con le quali NOME COGNOME ha acquistato la proprietà del lastrico solare in questione.
4.1. Il motivo è infondato laddove sostiene la violazione dell’art. 2932 cod. civ. in relazione alla vendita di cosa altrui.
Al rigetto del secondo motivo e al conseguente passaggio in giudicato dell’accertamento che il lastrico solare era di proprietà di NOME e NOME COGNOME consegue che non si pone questione di applicazione dell’art. 2932 cod. civ. in riferimento a bene altrui con riguardo alla promessa di trasferimento della nuda proprietà eseguita il 20-12-1998 da NOME COGNOME a favore di NOME COGNOME.
Per il resto, le deduzioni svolte nel motivo risultano inammissibili, in primo luogo in quanto non fanno neppure riferimento al motivo di ricorso prospettato, ma si risolvono in una serie di affermazioni fatte sul l’erroneo presupposto che il giudizio di legittimità sia il terzo grado del giudizio di merito nel quale la critica alla sentenza impugnata possa essere svolta in forma libera e svincolata dalla formulazione di motivi ex art. 360 cod. proc. civ.
La deduzione che il testamento di NOME non fosse a favore di NOME ma di NOME COGNOME non trova sostegno nella sentenza impugnata, che indica sempre il nipote NOME quale erede designato nel testamento di NOME NOME insieme alle figlie NOME e NOME; quindi, la deduzione avrebbe dovuto essere veicolata attraverso motivo da proporre ex art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrenza dei relativi presupposti e, in mancanza, non può essere esaminata. Del resto, si tratta di affermazione che nella sentenza è anche priva di contenuto decisorio, perché la pronuncia ex art. 2932 cod. civ. ha riguardato la quota oggetto della promessa del 20-121998, sulla quale non aveva alcuna incidenza che NOME COGNOME fosse o meno titolare di altre quote di quel bene.
L’affermazione che la scrittura transattiva del 2 -9-1989 era stata disconosciuta non può essere esaminata, in quanto eseguita in modo inammissibile, in violazione delle previsioni dell’art. 369 , co. 2, n. 4 cod. proc. civ., senza indicare in quali atti e in quali termini il
disconoscimento, del quale la sentenza impugnata non fa cenno, fosse stato eseguito.
Il quarto motivo è rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per avere la Corte pronunciato ultra ed extra petita, in relazione ai beni di ‘Piana” .
Con esso i ricorrenti sostengono che la sentenza abbia pronunciato ultra ed extra petita laddove ha dichiarato che i COGNOME erano proprietari di quota dei beni di Piana quali aventi causa di NOME COGNOME che aveva ricevuto dal padre un quarto di quei beni; rilevano che, diversamente, NOME COGNOME aveva venduto la sua quota dei beni di Piana ai consorti COGNOME. Aggiungono che, dopo il decesso di NOME COGNOME, proprietario di un quarto dei beni di Piana, i suoi eredi legittimi erano per un terzo i tre consorti NOME figli della sorella NOME COGNOME e per un terzo i fratelli NOME e NOME COGNOME figli del fratello NOME, già proprietari degli altri tre quarti per avere acquistato le quote.
5.1. Il motivo è inammissibile, perché non è configurabile la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con esso dedotta.
Costituisce principio pacifico quello secondo cui il vizio di ‘ultra’ o ‘extra’ petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione -petitum o causa petendi emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso, così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass. Sez. 2, 21-3-2019 n. 8048, Cass. Sez. 1, 11-4-2018 n. 9002). Nella fattispecie gli argomenti dei ricorrenti non sono volti a sostenere che sia stato emesso provvedimento diverso da quello richiesto, ma a lamentare che sia stata erroneamente accertata in fatto la proprietà dei beni di ‘Piana’ , che erano stati oggetto di loro domanda di rilascio; quindi, la relativa statuizione non poteva essere censurata mediante la
denuncia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ma, nel la sussistenza dei relativi presupposti, esclusivamente con la proposizione di motivo ex art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ.
In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dei controricorrenti, come in dispositivo, mentre va esclusa la condanna dei ricorrenti chiesta dagli controricorrenti ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., non ravvisandosene i presupposti.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese relative al rapporto processuale tra i ricorrenti e le altre parti intimate, che non hanno svolto attività difensiva nella presente sede.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 c o. 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa nella misura come per legge.
Dà atto della sussist enza, ai sensi dell’ art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione