Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25937 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25937 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/10/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15247/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
SULPIZIO NOME
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CHIETI n. 315/2016 depositato il 23/05/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
TRASFERIMENTO
IMMOBILE –
RECLAMO SOCI
FALLITI
Ud.11/07/2024 CC
FATTI DI CAUSA
-Per quanto risulta dagli atti di causa, nell’ambito del la procedura di fallimento di RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili NOME COGNOME e NOME COGNOME (coniugi, odierni ricorrenti), dichiarato nel 1987, l ‘ultimo immobile -costituito dalla casa di abitazione dei falliti -venne aggiudicato ad NOME COGNOME (odierno intimato), a seguito di vendita con incanto del 6.7.2015.
1.1. -Il 16.7.2015 i falliti proposero istanza di sospensione delle operazioni di vendita ex art. 108 l.fall., rigettata dapprima dal Giudice delegato e poi, in sede di reclamo ex art. 26 l. fall., dal Tribunale di Chieti, con decreto (del 15.10.2015) avverso cui gli stessi falliti proposero ricorso straordinario per cassazione, dichiarato inammissibile con ordinanza di questa Corte n. 12140 del 16.5.2017.
1.2. -Frattanto, avvenuto l’integrale pagamento del prezzo, il 15.10.2015 venne emesso il decreto di trasferimento, che fu impugnato dai falliti con atto qualificato ‘ricorso in opposizione ex art. 617 c.p.c. ‘, sulla base di 6 motivi.
1.3. -Il Tribunale di Chieti, con decreto del 23/5/2016, riqualificata l’impugnazione come reclamo ex art. 26 l.fall. (v. Cass. 1610/2008), ha dichiarato inammissibile il sesto motivo -in quanto vertente sulle questioni sollevate con l’istanza ex art. 108 l.fall., all’epoca devolute al giudice di legittimità -ed ha rigettato i primi cinque, affermando: I.) che il decreto di trasferimento non era inesistente per mancanza del timbro di deposito in cancelleria, poiché recava data, firma del giudice e del funzionario giudiziario, nonché la formula esecutiva, appostavi in data 4.11.2015; II.) che il decreto di trasferimento non era nullo per mancanza del parere della ‘RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE‘ (inteso come ‘RAGIONE_SOCIALE‘) in quanto: i) il parere non era richiesto dalla legge fallimentare ante riforma del 2006, applicabile ratione temporis; ii) si tratterebbe comunque di mera irregolarità e non di nullità comminata dalla legge ex art. 156 c.p.c.; iii) le cause di invalidità di ogni singola fase del processo esecutivo hanno rilevanza solo quando impediscono il risultato e lo scopo del soddisfacimento dei RAGIONE_SOCIALE
(v. Cass. Sez. U, 11178/1995); III.) che il decreto di trasferimento non era nullo per mancata indicazione dei titoli abilitativi, di conformità catastale e di certificazione energetica, poiché: i) non era stata impugnata l’ordinanza di vendita ( che peraltro, secondo gli stessi reclamanti, riportava i predetti elementi, assenti però nel decreto di trasferimento); ii) le nullità comminate da ll’art. 46 , comma 5, d.P.R. 380/01 non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali; iii) l’omesso rilascio o menzione della certificazione energetica ex art. 6, comma 3, d.lgs. 192/05 comporta solo una sanzione amministrativa pecuniaria; IV.) che il decreto di trasferimento non era nullo per mancata indicazione delle modalità di versamento del prezzo, poiché: i) è necessario solo che il versamento vi sia indicato come regolarmente effettuato; ii) non era stata impugnata l’ordinanza di vendita che disciplinava le modalità di versamento del prezzo; V.) che il decreto di trasferimento non era nullo perché non notificato dalla cancelleria ai falliti e al curatore, in quanto: i) il decreto è soggetto ad oneri di registrazione e pubblicità immobiliare valevoli erga omnes ; iii) i reclamanti non avevano un interesse concreto ad eccepire la mancata comunicazione/notificazione (come in effetti di recente confermato da Cass. 1647/2023, per cui nell’esecuzione forzata su immobili, l’art. 586 c.p.c. non prescrive la comunicazione del decreto di trasferimento).
–NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per la cassazione del decreto, per cinque motivi, cui il Fallimento di RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili resiste con controricorso, illustrato da memoria (in cui dà atto che il f allimento è stato chiuso ai sensi dell’art. 118, comma 2, l.fall. nonostante la pendenza della lite, con espressa attribuzione di legittimazione processuale al curatore fallimentare). L’ intimato NOME COGNOME non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo mezzo si deduce la « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99-100-101-102-152-153 CPC e 26 L.F. in relazione all’art. 360, 1° comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c. », per avere il
tribunale condannato i reclamanti alle spese in favore dell’aggiudicatario , costituitosi però tardivamente.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia la « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 152-586 CPC in re lazione all’art. 360, 1° comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c. » per essere il decreto di trasferimento inesistente in quanto privo del timbro di deposito in cancelleria.
2.3. -Il terzo lamenta la « violazione e/o falsa applicazione de ll’ art. 41 LF in re lazione all’art. 360, 1° comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c. » in ragione della mancata acquisizione del parere del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE ai fini del decreto di trasferimento.
2.4. -Il quarto motivo denunzia la « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 586-555569 cpc, dell’art.2826 cc, degli artt. 46 e 80 del DPR 380/01, dell’art. 40 della L.47/85, dell’art. 29, comma 1bis, della L.380/01, come introdotto dall’art.19 del D.L. 78/10, conv. in L.122/10, e del d. lgs 192/05 in relazione all’art. 360, 1° comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c. » in quanto il decreto di trasferimento sarebbe stato privo degli elementi richiesti dalle normative di settore richiamate.
2.5. -Con il quinto motivo ci si duole della « violazione e/o falsa applicazione de ll’ art.108 L.F. in re lazione all’art. 360, 1° comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c. » per avere il tribunale dichiarato inammissibile il sesto motivo di reclamo, quando il Giudice delegato avrebbe dovuto attendere la decisione della cassazione sulla richiesta di sospendere le operazioni di vendita o impedirne il perfezionamento per le ragioni così riproposte in questa sede.
-Tutti i mezzi sono inammissibili perché formulati, contestualmente ed inestricabilmente, in relazione ai nn. 3, 4 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. , in contrasto con il solido orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione dev ‘ essere articolato in censure specifiche, immediatamente riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dalla norma citata, sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli
inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Cass. Sez. U, 32415/2021; conf. ex multis Cass. 7345/2023, 17470/2018). In innumerevoli precedenti questa Corte ha ritenuto inammissibili i motivi cd. ‘misti’ che, veicolando una miscellanea di vizi eterogenei ( errores in iudicando e in procedendo , vizi motivazionali), finiscono per riversare impropriamente sul giudice di legittimità il compito di individuare ed isolare, all’interno del motivo, le singole censure riconducibili ai rispettivi parametri, in violazione del principio di tassatività e specificità dei mezzi di ricorso per cassazione ( ex plurimis Cass. 7340/2023, 23995/2022, 10974/2021, 15834/2020, 16756/2019, 26790/2018, 27458/2017, 19133/2016).
Un ulteriore profilo di inammissibilità, che riguarda i motivi dal secondo al quinto, è il difetto di specificità, poiché essi ripropongono le censure già formulate dinanzi al giudice a quo senza che siano contestate in modo puntuale le precise argomentazioni spese nel decreto impugnato e senza che risultino quindi impugnate le rationes decidendi che lo sorreggono. A ciò si aggiunga:
3.1. -quanto al primo motivo, il difetto di autosufficienza, poiché, oltre a non risultare prodotti i documenti implicati (verbali e atto di costituzione), la censura non contiene specifiche indicazioni per individuare il vizio contestato e soprattutto contrasta con quanto emerge dal decreto impugnato -ove si legge che venne fissata udienza di comparizione al 22.12.2015 (in cui «compariva la difesa dei resistenti e non quella dei reclamanti»), poi rinviata al 12.1.2016 (in cui comparivano tutte le difese) e infine rinviata, a seguito di istanza di ricusazione, al 26.4.2016 (in cui «comparivano tutte le difese e il tribunale si riservava la decisione»); in particolare, a pag. 8 del decreto il tribunale dà atto che «si costituiva, per l’udienza del 22.12.2015, il resistente COGNOME chiedendo il rigetto e la condanna alle spese nonché ex art. 96 c.p.c.» -fermo restando in generale che in simili procedimenti l ‘eventuale tardività della costituzione preclude la facoltà di sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio o nuove domande, ma non la rende inammissibile;
3.2. -quanto al secondo motivo, che in presenza di data e firma di giudice e del funzionario di cancelleria, è sufficiente la formula esecutiva ad attestare la giuridica esistenza del decreto;
3.3. -quanto al terzo motivo, che il parere del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE i non è previsto;
3.4. -quanto al quarto motivo, che: i) l’art. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce (come già l’art. 17 della legge n. 47 del 1985) che «Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria»; ii) l’art. 40, comma 5, della legge n. 47 del 1985 stabilisce che «Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa» e il comma 6 soggiunge che «Nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge». (cfr. Cass. Sez. U, 25021/2019, che esclude la comminatoria della nullità in questione anche per la divisione endoesecutiva o endo-concorsuale); iii) che in ordine alla cd. ‘conformità catastale oggettiva’ questa Corte ha avuto modo di precisare che le prescrizioni previste dall’art. 29, comma 1 bis, della l. n. 52 del 1985, aggiunto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010 conv., con modif., dalla l. n. 122 del 2010, si riferiscono ai soli contratti traslativi (Cass. 7521/2022);
3.4. -quanto al quinto motivo, che l’esame del sesto motivo del reclamo ex art. 26 l.fall. era precluso dal fatto che lo stesso era ancora sub judice , per il principio del ne bis in idem .
-Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02 (Cass. Sez. U, 20867/2020 e 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 11/07/2024.