Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27188 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27188 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
Oggetto:
spa responsabilità amministratori
AC – 2/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 07778/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Suprema Corte di cassazione, rappresentato e dife so dall’AVV_NOTAIO , giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
Contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME NOME NOME elett.te domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e dife nde con l’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo 1464/19, pubblicata in data 11 luglio 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter , Nam) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva respinto le domande avanzate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter , RAGIONE_SOCIALE), nonché dei suoi soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, aventi a oggetto: a) l’impugnazione per nullità della deliberazione di approvazione del bilancio MD chiuso al 31 dicembre 2007, con conseguente invalidità derivata di una compensazione fiscale e della distribuzione di inesistenti utili ai soci; b) l’azione surrogatoria esercitata da NOME, al fine di restituire al patrimonio della propria debitrice NOME, in conseguenza di alcuni contratti di appalto, le somme illegittimamente uscite dal patrimonio sociale per effetto dell’ approvazione del bilancio impugnato ; c) l’azione revocatoria esercitata nei confronti degli atti dispositivi del patrimonio di MD per effetto della deliberazione di approvazione del bilancio impugnato.
E nei confronti di
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, mentre NOME è rimasta intimata.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che correttamente il Tribunale aveva escluso la rilevanza della mancata appostazione in bilancio della pretesa creditoria di NOME NOME confronti di NOME NOME NOME di ‘fatture da ricevere’, siccome il principio di prudenza non impone agli amministratori di iscrivere pretese creditorie di terzi inerenti a crediti non ancora esigibili che, per di più, vengano giudicati dall’organo amministrativo del tutto infondate, discenden do l’ obbligo di accantonamento solo dall’accertamento di una presumibile venuta a esistenza del credito futuro; b) che nel bilancio impugnato gli amministratori di MD avevano correttamente inserito l’unico credito di Nam effettivamente sussistente alla data dell’ approvazione assembleare, ovvero quello discendente dall’avvento collaudo dei manufatti oggetto dell’appalto privato stipulato inter partes (non essendo a quell’ epoca ancora stata emessa alcuna ingiunzione ex art. 186ter c.p.c. a carico di MD e a favore di NOME), sicché andava esclusa la dedotta nullità; c) che l’azione revocatoria andava respinta in assenza di prova dell’ eventus damni , dovendo in ogni caso rilevarsi che nel conto economico di NOME esisteva una voce ‘fatture da ricevere’, il che faceva ragionevolmente pensare che l’ eventuale insorgere del credito di NOME avrebbe potuto essere oggetto di valutazione negli esercizi successivi a quello cui si riferiva il bilancio impugnato; d ) che la reiezione dell’ impugnazione del bilancio faceva ritenere assorbita l’azione surrogatoria proposta da NOME, il cui presupposto era proprio la declaratoria di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio.
4. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «1) Nullità della sentenza per motivazione apparente o inesistente in ordine al rigetto dell’azione revocatoria. Violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.» deducendo che la Corte di appello avrebbe reso una sentenza nulla, siccome affetta da motivazione solo apparente – in relazione al secondo motivo di appello con cui si contestava il rigetto dell’azione revocatoria – per avere fatto integrale rinvio alla sentenza di primo grado senza alcun esame critico delle censure mosse in fase di gravame, risolvendosi quindi la pronuncia in una sostanziale parafrasi della motivazione del Tribunale, senza alcun effettivo confronto con la lamentata violazione dell ‘a rt. 2901 cod. civ.
Secondo motivo «2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. e dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di merito illegittimamente rigettato l’azione revocatoria e invertito l’onere della prova ponendolo a carico della società attrice », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha respinto l’azione revocatoria, negando la sussistenza dell’ eventus damni , pedissequamente riportando la motivazione resa dal primo giudice e, inoltre, dimenticando che NOME era estinta dal 2013, sicché alcuna possibilità vi era di tenere conto del credito fatto valere dal NAM negli esercizi successivi a quello oggetto di causa e per avere, sotto diverso profilo, invertito l’ onere della prova in tema di dell’azione revocatoria, ponendolo esclusivamente a carico di parte attrice allorquando, invece, è onere del debitore convenuto dimostrare la capienza del suo
patrimonio residuo al fine di esonerarsi dalla pretesa reintegrativa esercitata dal creditore.
Terzo motivo «3) Nullità della sentenza per mancanza di motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.» , deducendo l’omessa pronuncia della Corte di merito sull ‘ allegata violazione dei principi contabili nazionali e delle norme Oic, atteso che la voce ‘ fatture da ricevere’ non può inglobare crediti derivanti da un verbale di collaudo inerente a un contratto di appalto, peraltro nella specie semmai riferibile all’esercizio sociale precedente a quello oggetto del bilancio impugnato.
Quarto motivo «4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2478bis c.c., 2423 c.c. e seguenti fino all’art. 2431 c.c. come richiamati dall’art. 2491 c.c., dell’art. 2479 -ter c.c., 2621 c.c., 2622 c.c., 2627 c.c. Violazione dei principi nazionali di contabilità e in particolare del principio Oic 11», deducendo la violazione del principio di prudenza nella redazione del bilancio impugnato, siccome anche ove la voce del conto economico ‘fatture da ricevere’ potesse riferirsi al credito NAM, l’ importo ivi appostato corrispondeva solo per un quarto di quello effettivamente riconosciuto per effetto della sentenza pronunciata inter partes dal Tribunale di Palermo.
4bis . « Violazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2797 c.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato che non vi era alcun obbligo per i redattori del bilancio MD di istituire la voce di un fondo per rischi e oneri, posto che l’esito della controversia pendente innanzi al Tribunale di Palermo tra le due società all’e poca non
era affatto incerta, tanto che in seguito si era conclusa con la condanna di NOME a pagare la somma di euro 189.250,00.
Quinto motivo « 5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2900 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c. – Nullità della sentenza per contraddittorietà», deducendo che la sentenza impugnata sarebbe nulla in quanto avrebbe reso una motivazione assolutamente contradditoria, confermando la già rilevata contraddittorietà della sentenza di primo grado che aveva respinto l’azione surrogatoria di Nam, laddove dallo stesso bilancio impugnato emergeva la sussistenza di un credito di quest’ultima pari a euro 40.219,10, siccome l’ appostazione in bilancio equivale a riconoscimento del credito e la ridetta somma era stata comunque oggetto di ordinanza-ingiunzione nei confronti di MD ex art. 186ter c.p.c., sicché in alcun modo poteva essere negata la qualità di creditore in capo a NAM.
I motivi terzo, quarto e quinto vanno esaminati con priorità, avendo logicamente carattere pregiudiziale rispetto agli altri, in quanto aventi a oggetto le specifiche doglianze inerenti alla qualificazione dei presupposti di fatto che hanno originato le asserite erronee appostazioni nel bilancio impugnato.
Il terzo motivo è infondato, atteso che, contrariamente a quanto in esso lamentato, la Corte territoriale si è espressamente pronunciata sul punto delle validità del bilancio impugnato, sicché va esclusa la sussistenza di un’ omessa pronuncia sulla domanda. La motivazione resa dalla Corte di appello è, peraltro, assolutamente comprensibile e ben superiore al minimo costituzionale, sicché il dedotto vizio di nullità non sussiste, dovendo solo avvertirsi che le eventuali argomentazioni giuridiche adottate per respingere la domanda, in uno con le
norme applicate per giungere a tale esito, non appartengono al novero degli errores in procedendo deducibili ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., ma restano affidati ad altri rimedi previsti dallo stesso articolo.
Il quarto motivo, in entrambe le sue due articolazioni, è inammissibile. In relazione alla pretesa violazione del principio di prudenza, la censura è versata totalmente in fatto, pretendendo di far svolgere a questa Corte una non consentita riedizione del giudizio di valutazione della legittimità del bilancio, che appartiene invece all’esclusiva competenza della fase di merito, non risultando minimamente contestato il ragionamento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, ma pretendendosi, come detto, un’ ulteriore e diversa valutazione di merito. In relazione alla seconda parte della censura, anch’ essa è inammissibile, in quanto la censura non contesta la correttezza della valutazione delle prove, come pure afferma in epigrafe, bensì è anch’essa volta a ottenere un nuovo esame delle prove, onde giungere a una diversa ricostruzione dei fatti che hanno originato le poste iscritte a bilancio (in luogo di quelle poste che, nella tesi della ricorrente, i diversi fatti esaminati avrebbero dovuto indurre a considerare).
Il quinto motivo è inammissibile perché anch’ esso, sotto l’apparente deduzione di un’ erronea applicazione dei principi che regolano in astratto l’esperibilità dell’azione surrogatoria, è in effetti versato in fatto, contenendo in effetti una diversa prospettazione della valutazione delle prove in atti, al fine di dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’ esercizio dell’azione stessa, che entrambi i giudici di merito hanno in realtà concordemente respinto, per assenza dei presupposti di
fatto che avevano dato vita ai dati contabili poi effettivamente appostati nel bilancio.
Il rigetto dei motivi pregiudiziali comporta l’assorbimento dei primi due motivi che, come detto, sono logicamente subordinati all’accertamento della fondatezza dell’impugnativa del bilancio.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo in favore delle parti costituite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024.