Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15189 Anno 2024
SENTENZA
sul ricorso N. 28155/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale EMAIL
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona della procuratrice NOME COGNOME nella qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE. e RAGIONE_SOCIALE.
– intimati – avverso la sentenza n. 900/2022 del la Corte d’appello di Torino, depositata in data 9.8.2022;
udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratore di Intesa San Paolo s.p.a., pignorò beni immobili siti in Canelli di proprietà di NOME COGNOME per la quota di 2/3 e di NOME COGNOME per la quota di 1/3, instaurando dinanzi al Tribunale di Asti la procedura esecutiva N. 215/2015 R.G.E., in forza di titolo esecutivo costituito da contratto di mutuo fondiario stipulato con atto notarile del 13.12.2012 tra RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e Intesa San Paolo s.p.a.; con detto atto, la Banca erogò la somma di € 2 00.000,00, a garanzia della cui restituzione NOME COGNOME e NOME COGNOME concessero ipoteca sugli immobili ut supra pignorati. Poiché detti beni erano stati già pignorati (procedura esecutiva iscritta al N. 181/2013 R.G.E.), le procedure esecutive vennero riunite; spiegarono intervento la Cassa di Risparmio di Asti s.p.a. (sulla base di n. 3 decreti ingiuntivi), nonché RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE In seguito, la procedura più risalente venne dichiarata estinta e l’esecuzione proseguì n el resto. NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero distinte opposizioni all’esecuzione ex art. 615, comma
2, c.p.c., successivamente riunite, entrambi eccependo: a) la nullità delle clausole determinative degli interessi corrispettivi per contrarietà al divieto di anatocismo, ormai di portata generale in conseguenza delle modifiche apportate all’art. 120 TUB dalla legge n. 157/2013; b) la nullità delle clausole determinative del tasso degli interessi corrispettivi per contrarietà al divieto di usura dettato dall’art. 644 c.p. e dall’art. 2 della legge 108 del 1996; c) la nullità delle clausole di cui agli artic oli del contratto di mutuo indicati nell’articolo 1 del medesimo contratto perché non specificamente sottoscritte dal cliente e di conseguenza la nullità dell’intero contratto. La sola NOME COGNOME inoltre, invocò la propria qualità di consumatore ed eccepì la nullità delle clausole determinative del tasso degli interessi moratori in misura manifestamente eccessiva, e quindi da ritenersi abusive ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo. Gli opponenti, infine, eccepirono che NOME COGNOME era titolare di diritto di abitazione ai sensi dell’art. 540, comma 2, c.c., sull’immobile censito nel catasto fabbricati del Comune di Canelli al f. 14 par. 306 sub. 3, INDIRIZZO, nonché del diritto di uso sui mobili che lo corredavano, deducendo l’opponibilità di tale diritto ai creditori in ragione della trascrizione della sua accettazione nei RR.II. in data 26.10.2015 (dopo la trascrizione del pignoramento) e della precedente registrazione della denuncia di successione nel 2008.
Il Tribunale di Asti -nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE (in qualità di procuratore prima di Intesa Sanpaolo s.p.a. e poi di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta cessionaria di quest’ultima), Cassa Risparmio di Asti s.p.a., nonché con RAGIONE_SOCIALE (quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta cessionaria di Cassa di Risparmio di Asti s.p.a.) – con sentenza n. 343/2020 del
N. 28155/22 R.G.
23.6.2020 rigettò le opposizioni, condannando gli opponenti alla rifusione delle spese processuali. NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero appello avverso detta decisione. Costituitesi, resistendo al gravame, RAGIONE_SOCIALE (tramite il procuratore RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALEe per essa RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE), la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 9.8.2022, rigettò l’appello. Osservò la Corte sabauda: 1) che l’intervento spiegato d alla Cassa di Risparmio di Asti era fondato su tre decreti ingiuntivi regolarmente notificati e che comunque non era possibile dedurre, nel giudizio di merito dell’opposizione esecutiva, motivi non proposti col ricorso originario; 2) che il contratto di mutuo azionato da Banca Intesa non conteneva pattuizioni usurarie, neanche in relazione al tasso di mora, e che ai fini della verifica non era utilizzabile la commissione di estinzione anticipata; 3) che del pari il contratto non recava clausole in contrasto col divieto di anatocismo, anche perché non era applicabile ratione temporis l’art. 120 TUB, come modificato dalla lelle n. 147/2013; 4) che non occorreva la duplice sottoscrizione delle clausole che si assumevano vessatorie, ex art. 1341 c.c., perché il mutuo era stato stipulato con atto notarile e che NOME non poteva considerarsi consumatore; infine 5) che NOME, ai fini dell’invocato diritto di abitazione, non aveva dimostrato in quale tra gli immobili pignorati ricadesse l’abitazione coniugale e che comunque ella risultava proprietaria degli immobili per 2/3, acquisiti in parte in successione ereditaria del marito NOME COGNOME ma in parte per acquisto fattone dal figlio NOMECOGNOME con conseguente estinzione del diritto invocato.
N. 28155/22 R.G.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla scorta di cinque motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE Le parti hanno depositato memoria. I restanti intimati non hanno resistito. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Non mette conto illustrare i motivi del ricorso, giacché esso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., non risultando agli atti la copia notificata della sentenza impugnata, pubblicata il 9.8.2022, che i ricorrenti affermano essere stata loro notificata in data 23.9.2022.
La difesa dei ricorrenti ha infatti depositato soltanto una copia della sentenza impugnata, estratta dal fascicolo informatico e attestata conforme all’originale contenuto nello stesso, ma non corredata da alcuna dimostrazione di avvenuta notifica nei loro confronti.
Più in dettaglio, per quanto la copia della relata della notifica della sentenza a mezzo PEC sia stata indicata in calce al ricorso come allegato ‘a)’, dalla correlativa cartella depositata telematicamente dai ricorrenti, e segnatamente dalla sottocartella denominata ‘ doc. a) Copia della notifica a mezzo pec della sentenza impugnata ‘ non è affatto possibile estrapolare nessuna copia notifica della sentenza, o quantomeno la sua relata, la cartella stessa contenendo esclusivamente file relativi alla notifica del ricorso che occupa, o alla procura speciale. Né, del resto, la documentazione occorrente è rinvenibile aliunde nella stessa produzione dei ricorrenti, fermo restando che non può certo attribuirsi alla Corte il compito di ricercare documenti necessari ai fini della decisione del
ricorso, ove gli stessi dovessero essere versati in atti alla rinfusa, anziché esattamente corrispondere all’indice contenuto nel ricorso medesimo , o alla stessa denominazione delle cartelle del fascicolo informatico.
1.2 -Ciò posto, sul punto in discussione deve ribadirsi la oramai costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio e alla quale si intende dare continuità (di recente, ribadendo consolidati approdi ermeneutici, Cass. n. 15832/2021), che, riguardo alla produzione della copia notificata della sentenza e più in generale di decorrenza dei termini di impugnazione, afferma: ‘ In tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il te rmine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del
ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal co ntroricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio’ .
Tale conclusione è ribadita, con alcune precisazioni, i cui presupposti fattuali di applicazione peraltro non ricorrono nella specie, anche dalla più recente giurisprudenza nomofilattica (Cass., Sez. Un., n. 21349/2022).
1.3 Nella specie, peraltro, il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME risulta essere stato notificato il 21.11.2022 e quindi ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza del la Corte d’appello di Torino, avvenuta in data 9.8.2022 , così neppure operando l’eccezione all’obbligo di deposito della sentenza (e della relata, se la prima è stata notificata) individuata fin da Cass. n. 17066/2013; né una copia notificata della sentenza stessa, ritualmente formata, risulta comunque dagli atti di causa legittimamente esaminabili da questa Corte.
2.1 In definitiva, il ricorso è improcedibile, restando conseguentemente esclusa la possibilità, per la Corte, di pronunciare nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., sulle pur rilevanti questioni nomofilattiche poste dal ricorso, tanto essendo possibile fare solo in caso di inammissibilità o infondatezza del ricorso stesso.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti tra i ricorrenti e RAGIONE_SOCIALE s.p.a. n.qRAGIONE_SOCIALE, mentre nulla va disposto nei rapporti con gli altri intimati, che non hanno svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente n.q., che liquida in € 8 .500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno