Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6997-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 6997/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/12/2023
CC
avverso la sentenza n. 78/2018 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 09/05/2018 R.G.N. 60/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
con ricorso al giudice del lavoro di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE, con inquadramento nell’area II fascia retributiva F3, deduceva di aver partecipato a procedura selettiva indetta con determina direttoriale del 31/12/2010 sulla base degli accordi intercorsi con le organizzazioni sindacali, per gli sviluppi economici nel 2009 e 2010 e di essersi collocata in posizione utile nella graduatoria;
la ricorrente esponeva che l’RAGIONE_SOCIALE, subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, aveva riformato la graduatoria con provvedimento direttoriale del 15/4/2013, escludendo dalla progressione la ricorrente in quanto, alla data di approvazione della graduatoria (29/11/2012), era già cessata dal servizio, e con l’ulteriore motivazione che, ai fini della progressione economica orizzontale, costituiva condizione necessaria la permanenza del rapporto di impiego;
il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda della ricorrente; mentre la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, adita dall’RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento del gravame, riformava la sentenza, e, per l’effetto, rigettava l’originaria domanda;
la Corte territoriale rilevava, in particolare, che l’esclusione della ricorrente dalla graduatoria era stata determinata dalla cessazione del loro rapporto di lavoro, pur non annoverata tra le cause ostative alla partecipazione ma idonea comunque a far venire meno un requisito implicito della procedura ai fini del riconoscimento della progressione economica orizzontale; non poteva quindi condividersi il collegamento tra premialità e progressione economica, operato dal primo giudice, perché non «si versa in ipotesi di premio per quanto svolto in passato, ma di incentivo per continuare a fare bene»;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidato a tre motivi, cui l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360, 1 co. n. 3 cod. proc. civ.) dell’articolo 1336 cod. civ., in relazione agli articoli 2907, 2707 cod. civ. e 97 Cost.; la ricorrente censura la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui non si è avveduta che le procedure selettive per le attribuzioni di progressioni economiche orizzontali rientrano nello schema dell’offerta al pubblico ai sensi dell’articolo 1336 cod. civ., donde la maturazione del diritto anche da parte del dipendente che, in servizio all’atto dell’indizione della procedura, sia successivamente cessato dal servizio anteriormente alla sua conclusione;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione (art. 360, 1 comma, n. 3 cod. proc. civ.) degli articoli 82, 83, 84 e 85 del c.c.n.l. Comparto Agenzie Fiscali, nonché degli artt. 1362, 1363 e 1375 cod. civ. nonché dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001; censura l’interpretazione della disciplina collettiva in tema di progressioni
orizzontali, anche alla stregua RAGIONE_SOCIALE norme codicistiche di ermeneutica contrattuale e dei principi di correttezza e buona fede;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che il giudice di secondo grado non ha valutato che l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione era stato nella specie esercitato in spregio alla normativa vigente in materia di pubblico impiego privatizzato e ai principi di tutela del legittimo affidamento del privato che aveva certo ragione e titolo per pretendere il ristoro del danno «frutto della somma RAGIONE_SOCIALE differenze retributive dalla data di indizione della procedura al collocamento a riposo»;
il ricorso dev’essere dichiarato improcedibile;
secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, ai fini del rispetto della condizione di procedibilità del ricorso per cassazione, prevista dall’art. 369, comma secondo, n. 2), cod. proc. civ., è necessario il deposito, nel termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione dell’atto, di una copia autentica della sentenza impugnata, contenente tutte le pagine che consentano di comprendere l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della decisione, nonché di valutare la fondatezza o meno dei motivi di censura (così, ex plurimis , Cass. civ., sez. III, 20.7.2020, n. 15393; e in termini esatti o analoghi Cass., Sez. I, 8.7.2020, n. 14347; id., sez. VI, 5.6.2018, n. 14426; id., Sez. U, 20.6.2006, n. 14110);
nel caso di specie, l’impugnante indica di depositare, sub doc. 1) della sua produzione, la «copia autentica della sentenza n. 78/2018, resa dalla Corte di Appello di Cagliari» (cfr. pag. 30 del ricorso per cassazione);
rileva, tuttavia, il Collegio che l’atto che effettivamente risulta depositato consta di un foglio, riferibile sì alla sentenza con i suindicati estremi, ma che contiene esclusivamente il ‘dispositivo’ di tale pronuncia;
nota ancora questa Corte che dagli atti di parte (ricorso per cassazione e controricorso) si trae chiaramente che la sentenza di cui si discute, nel suo testo integrale, era senz’altro munita della sua motivazione, tanto che le parti contrapposte ne richiamano passi e brani;
ritiene, allora, il Collegio che ricorra un caso nel quale l’atto di fatto unicamente prodotto dalla ricorrente certamente non consente di comprendere l’oggetto della controversia, le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata e, quindi, di valutare la fondatezza o meno dei motivi di censura;
10. dalla cospicua e risalente casistica nel tempo affrontata da questa Corte in tema di deposito di una copia autentica incompleta della sentenza impugnata (cfr., tra le altre, Cass. civ., sez. I, 12.12.2016, n. 25407; id., sez. trib., 21.1.2015, n. 1012; id., sez. lav., 3.8.2007, n.17065; id., sez. trib. 17.2.2005, n. 3254; id., sez. III, 10.2.2004, n. 2494; id., sez. III, 14.7.2003, n. 11005; id., sez. I, 30.5.2003, n. 8764; id., sez. II, 16.5.2001, n. 6749; id., sez. II, 16.5.2001, n. 6749; id., sez. lav., 11.6.1999, n. 5771; id., sez. III, 12.5.1999, n. 4687; id., sez. lav., 5.3.1998, n. 2434; id., sez. II, 5.3.1986, n. 1392; id., sez. III, 16.7.1982, n. 4182), si trae il principio che l’improcedibilità non ricorre in tutti i casi nei quali, nonostante la mancanza di una o più pagine e parti del provvedimento impugnato, sia consentito comunque dedurre o ricostruire con certezza le ragioni poste a fondamento della pronuncia oggetto di ricorso per cassazione. E, nell’ambito di tale specifica giurisprudenza, in relazione a fattispecie concrete più simili a quella che ci occupa, è stato però più volte affermato che l’obbligo di deposito di copia autentica della
sentenza o della decisione impugnata, fissato a pena d’improcedibilità del ricorso per cassazione dall’art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., non può ritenersi soddisfatto con la produzione di copia del solo dispositivo, essendo essa inidonea ad assicurare la finalità cui si ispira la citata norma che è quella di consentire di verificare la tempestività del ricorso e la fondatezza dei suoi motivi (in tal senso, v. Cass. civ., Sez. L, 19.4.1996, n. 3699; e in termini id., Sez. L, 12.3.1996, n. 219; id., Sez. L, 18.1.1982, n. 343; tutte specificamente riferite a processi assoggettati al rito del lavoro; id., Sez. I, 5.3.1979, n. 1362);
11. per completezza, si osserva altresì che una copia completa della pronuncia gravata non è stata prodotta dalla controricorrente, né è stata rinvenuta dal Collegio nel fascicolo d’RAGIONE_SOCIALE, anche in formato analogico; neppure, infine, risulta che una versione integrale della stessa sentenza sia stata successivamente prodotta in una qualsiasi forma da qualcuna RAGIONE_SOCIALE parti; sicché è rimasto precluso ogni accesso cognitivo alle ragioni del decisum d’appello (cfr. Cass. n. 1012/2015 già cit.), il che a sua volta non permette ovviamente alla Corte di vagliare i motivi di ricorso;
in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere (conclusivamente) dichiarato improcedibile; stante il rilievo d’RAGIONE_SOCIALE dell’improcedibilità, si ravvisano ragioni per compensare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso; spese del giudizio di legittimità compensate.
Così deciso nella camera di consiglio del 20.12.2023.