Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32203 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2208/2023 R.G. proposto da : COGNOME, DI COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE anche quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME -controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6555/2022 depositata il 19/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. – NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso attraverso 5 motivi, nei confronti di Unicredit Spa, anche quale procuratrice di Unicredit RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 19 ottobre 2022 con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il loro appello avverso la sentenza di rigetto della domanda volta alla rideterminazione degli interessi dovuti in dipendenza di un mutuo fondiario stipulato con la banca e, previa declaratoria di nullità delle relative clausole, di ripetizione dell’indebito maturato. La Corte d’appello, in particolare, quanto all’anatocismo, « ha disposto una consulenza tecnica che ha accertato che il piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo non comporta alcun anatocismo. A seguito delle osservazioni critiche del consulente di parte il CTU ha confermato che nei piani di ammortamento alla francese nessun interesse è calcolato sugli interessi maturati nel periodo precedenti quindi non sussiste alcun anatocismo »; inoltre ha ritenuto, quanto al tasso effettivo del rapporto (T.A.E.G.. tasso annuo effettivo globale o ISC, indice sintetico di costo) che esso non è un tasso propriamente inteso ma la rappresentazione sintetica del costo complessivo del finanziamento la cui erronea indicazione (tranne che per il credito al consumo ex art. 125 bis T.U.B.) non comporta un aumento surrettizio del tasso di interesse applicato ma può solo comportare conseguenze risarcitorie, dovendo però in questo caso il cliente fornire la prova che – ove esso fosse stato correttamente rappresentato – non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento (per esempio perché lo avrebbe stipulato con un altro intermediario
le cui indicazioni relativamente all’ISC/TAEG fossero state veritiere ma apparentemente superiori).
– La banca resiste con controricorso.
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso contiene i seguenti motivi.
1.1- Primo motivo. Vizio di omessa motivazione della sentenza, in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., dedotta a norma dell’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. in quanto la Corte d’appello come già il giudice di prime cure, si sarebbe limitata a richiamare la CTU contabile assunta anche in secondo grado.
1.2- Secondo motivo. Vizio di omessa pronuncia. Violazione dell’art. 112 c.p.c dedotta a norma dell’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. in quanto la Corte non si sarebbe pronunciata sulla contestazione relativa all’asserita applicazione di un regime di interessi (composto in un luogo di quello semplice) che avrebbe comportato un innalzamento del tasso effettivo annuo rispetto a quello nominale annuo indicato in contratto, determinando una sorta di indeterminatezza delle condizioni economiche applicate al rapporto.
1.3- Terzo motivo. In subordine. Vizio di omessa motivazione della Sentenza in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., dedotto laddove si volesse intendere che la risoluzione della contestazione dell’indeterminatezza dei tassi, di cui al secondo motivo di ricorso, venga assorbita dalla risoluzione della questione relativa l’anatocismo insito nel piano di ammortamento alla francese di cui al primo motivo di ricorso.
1.4- Quarto motivo. In ulteriore subordine. Violazione di legge (art. 1128 1346, 1418 e 1419 e art. 117, IV comma del T.U.B.),
dedotta e a norma dell’art. 360 comma1, n. 3, c.p.c., laddove si volesse intendere risolta la contestazione circa l’indeterminatezza dei tassi (di cui al secondo motivo di ricorso) per il tramite della motivazione addotta dalla Corte dell’asserita discrasia tra TAEG pubblicizzato e TAEG applicato.
1.5- Quinto motivo. In ogni caso. Ulteriore violazione di legge (art. 1418 c.c. in relazione agli artt. 101 del Trattato CE e dell’art. 2 legge antitrust ), dedotta a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c con riguardo alla nullità della clausola determinativa del tasso di interesse ancorato al parametro Euribor, in applicazione di un accordo anticoncorrenziale tra banche.
2.- La proposta ha il tenore che segue.
« Il ricorso è palesemente inammissibile, e l’inconsistenza dei motivi, unita alla funzione del procedimento accelerato previsto dall’articolo 380 bis c.p.c. consiglia di ridurre al minimo l’esposizione delle ragioni di inammissibilità.
Il primo ed il terzo mezzo sono spiegati contro l’evidenza, e le denunce di vizio motivazionale ivi contenute possono essere sbrigate in questa sede con poche parole: è vano il tentativo di far rientrare nelle note quattro categorie elencate dalla sentenza n. 8053 del 2014 di questa Corte asserite insufficienze motivazionali che con difficoltà avrebbero potuto essere fatte rientrare entro l’ambito di applicazione del testo previgente del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c. ante riforma del 2012. Nel caso di specie la motivazione c’è, essenzialmente desunta dalla consulenza tecnica esperita nel corso del giudizio.
Il secondo mezzo è anch’esso frutto di un’impostazione giuridica errata, consistente nel richiamo del non pertinente principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, avuto riguardo all’ovvia considerazione che il giudice di merito ha totalmente respinto con doppia conforme la domanda attorea e dunque ha senz’altro pronunciato integralmente su di essa.
Il quarto mezzo è anch’esso evidentemente inammissibile. La censura muove dalla premessa secondo cui sarebbe « pacifico e fuori discussione il fatto che il finanziamento sia strutturato con capitalizzazione composta degli interessi passivi, stante l’applicazione del metodo di ammortamento cd alla francese »: e dunque muove da una premessa che non ha alcun riscontro nella sentenza impugnata, nella quale si afferma l’esatto contrario, e cioè che « nei piani di ammortamento alla francese nessun interesse viene calcolato sugli interessi maturati nel periodo precedente ». Si tratta dunque di una censura totalmente fuori centro rispetto alla ratio decidendi che sostiene la decisione impugnata.
L’ultimo mezzo è inammissibile. Si tratta di una questione nuova proposta per la prima volta in sede di legittimità, il cui scrutinio, lungi dal porre una mera questione di diritto, richiede2un accertamento di fatto evidentemente precluso in questa sede.
3.- Reputa il collegio che abbia rilievo preliminare assorbente la questione della improcedibilità del ricorso per mancato deposito della relazione di notifica della sentenza pubblicata il 19.10.2022 e notificata -si afferma in ricorso- il 14.11.2022 (relata che non risulta prodotta neanche dal controricorrente, né nel ricorso si dà conto del deposito della notifica).
Invero è consolidato il principio per cui « In tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro
cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art.372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art.369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio.» (v. Cass. n. 15832/2021, confermata da Sez. Un. n. 21349/2022 : « La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un “fatto processuale” – la notificazione della sentenza idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugnazione e, quale manifestazione di “autoresponsabilità” della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.p.c.»
Nella specie la notifica del ricorso avvenuta il 13.1.2023 non rispetta la prova di resistenza dei 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza avvenutal’19.10.2022).
-Benchè quanto precede sia assorbente agli effetti del rigetto del ricorso, giova, comunque, aggiungere che il Collegio
condivide pienamente le considerazioni circa l’inammissibilità dei motivi come illustrati nella PDA, alla luce di costanti arresti della cassazione, sia in tema dei limiti entro cui possono essere dedotti in sede di legittimità i vizi motivazionali e quello in procedendo relativo alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sia in tema di deviazione del motivo dalla ratio decidendi della pronuncia gravata
─ Il ricorso va in conclusione dichiarato improcedibile per le ragioni preliminari dette.
– Ciò nondimeno ai fini della regolazione delle spese processuali -che seguono la soccombenza -va comunque considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis cpc ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Consigliere delegato dal Presidente della sezione, e che il Collegio, pur avendo rilevato in via preliminare l’improcedibilità del ricorso, ha, comunque, ritenuto inammissibili i motivi di cassazione proposti, in conformità della proposta. Perciò deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96, come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
Come chiarito dalle Sezoni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
In tal senso, i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c. avuto riguardo alla liquidazione dei compensi dovuti alla parte resistente oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende, ex art, 96 quarto comma c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME condanna i ricorrenti in solido fra loro, al pagamento, in favore della parte controricorrente Unicredit s.p.a., anche quale procuratrice di Unicredit OBG s.r.l., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì parte ricorrente al pagamento della somma di
euro 2.400,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione