Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 478 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 478 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Pesaro, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa per procura alle liti allegata al ricorso dall’Avvocat o NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo digitale pec del difensore.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona dei curatori dott. NOME COGNOME e dott. NOME COGNOME, rappresentato e difeso per procura alle liti allegata al controricorso da ll’ Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente
avverso la sentenza n. 759/2020 della Corte di appello di Ancona, depositata il 21. 7. 2020.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 5. 12. 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per delega dell’Avvocato NOME COGNOME per la ricorrente e dall’Avvocato NOME COGNOME per il controricorrente.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione dinanzi al Tribunale avverso il decreto ingiuntivo che le intimava il pagamento della somma di euro 20.953,88 in favore della società RAGIONE_SOCIALE a titolo di saldo dell’esecuzione di lav ori affidati in appalto, lamentando inadempimenti e vizi delle opere.
Costituitasi la società ingiungente, con sentenza n. 186/2015 il Tribunale accolse in parte l’opposizione, riducendo il credito della opposta all’importo di euro 10.802,05, al cui pagamento condannò la società opponente.
Proposto gravame da parte della RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello di Ancon a, con sentenza n. 759 del 21. 7. 2020, dichiarò l’appello improcedibile , rilevando che prima dell’introduzione del giudizio di primo grado la società RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita, sicché essendo l’appello volto ad ottenere la condanna della società fallita al pagamento di somme ulteriori, la relativa domanda avrebbe dovuto essere avanzata in seno alla procedura fallimentare, ai sensi dell’art. 52 legge fallim.
Affermò inoltre la Corte anconetana che l’appello era comunque infondato, non avendo la società fornito la prova che la committente avesse ordinato opere aggiuntive e risultando i lavori quantificati e descritti nel documento di riepilogo finale della contabilità, redatto in contraddittorio con il direttore dei lavori, solo quelli previsti originariamente nel contratto e non altri.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato a mezzo posta con invio in data 22. 2. 2021, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Avviato il ricorso in decisione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 bis cod. proc. civ. ratione temporis vigente, con ordinanza interlocutoria n. 19204 del 15. 6. 2022 ne è stata disposta la discussione in pubblica udienza.
Le parti ed il P.M. hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
Il primo motivo del ricorso, denunziando violazione dell’art. 301 cod. proc. civ., censura il fatto che la Corte di appello abbia proceduto a decidere la causa senza disporre l’interruzione del giudizio, causa l’intervenuto decesso, in data 23. 6. 2020, dell’unico avvocato difensore della controparte.
Il motivo è manifestamente infondato.
Dalla lettura della sentenza e dello stesso ricorso risulta che il decesso dell’avvocato difensore del Fallimento è intervenuto in data 23. 6. 2020, dopo quindi che si era svolta l’udienza di discussione davanti al collegio, tenutasi il 19. 11. 2019, ed erano scaduti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. L’evento non aveva pertanto alcun effetto interruttivo sul processo, disponendo l’art. 300, comma 5, cod. proc. civ., che gli eventi potenzialmente interruttivi del giudizio rimangono senza effetto se si avverano o sono notificati dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, salvo il caso di riapertura dell’istruttoria.
Il secondo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 158 cod. proc. civ., per essere s tato il collegio decidente della Corte di appello composto da un magistrato ausiliario, che aveva anche assunto il ruolo di relatore ed estensore della sentenza.
Anche questo motivo è infondato.
Occorre infatti dare atto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 41 del 2021, ha sì dichiarato incostituzionali gli artt. 62, comma 1, 65, commi 1 e 4, 66, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, e 72, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, conv. con modif. nella legge n. 98 del 2013, nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi delle sezioni della corte d’appello, ma ha altresì stabilito che esse potranno continuare ad avvalersi legittimamente dei giudici ausiliari per ridurre l’arretrato fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della
magistratura onoraria, nel rispetto dei principi costituzionali; fino a quel momento la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili.
Il terzo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 101 cod. proc. civ. nonché degli artt. 52 e 93 legge fallimentare, censurando la decisione per avere dichiarato d’ufficio l’improcedibilità del gravame, per attrazione della domanda proposta nella procedura fallimentare, senza prima sottoporre il relativo tema all’attenzione ed interlocuzione delle parti. Si deduce, inoltre, che la questione non avrebbe comunque potuto essere sollevata, non avendo la curatela fallimentare, che si era costituita nel giudizio di appello, sollevato la relativa eccezione e dovendosi il punto ritenersi ormai coperto da giudicato implicito, formatosi sulla sentenza di primo grado a seguito della mancata proposizione di impugnazione incidentale.
La prima censura, che denuncia la violazione del principio del contraddittorio, non è fondata, alla luce dell’orientamento di questa Corte che esclude la nullità della sentenza che abbia dichiarato d’uffic i o l’improcedibilità del gravame senza sottoporre preventivamente alle parti detta questione, trattandosi di decisione fondata su questione di diritto, in relazione alla quale le parti hanno la facoltà ex ante di esercitare ampiamente il contraddittorio e nei cui confronti l’ordinamento prevede un ampio s pettro di controllo, sino alla possibilità che l’eventuale error in procedendo sia oggetto di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., nel qual caso la Corte di legittimità diviene giudice del fatto processuale ( Cass. n. 12978 del 2020; Cass. n. 24312 del 2017; Cass. n. 3432 del 2016 ).
Parimenti infondata è la seconda censura, considerato che la questione di improcedibilità della domanda per attrazione della stessa nella procedura fallimentare è rilevabile d’ufficio dal giudice ( Cass. n. 9461 del 2020; Cass. n. 24156 del 2018 ) e che su di essa non poteva dirsi venuto in essere alcun giudicato, non essendo stata affrontata e risolta dal giudice di primo grado. Sul
punto il ricorso non formula alcuna deduzione specifica, tralasciando anche allegare che tale tema era stato trattato dalla sentenza del Tribunale e, prima ancora, che esso era stato sollevato in sede di scritti difensionali conclusivi, tenuto conto che, come indicato dalla stessa ricorrente, la causa è stata introitata a sentenza dal Tribunale in data 30. 10. 2014 e che la RAGIONE_SOCIALE è stata dichiarata fallita il 2. 12. 2014.
Né ha fondamento giuridico la tesi del ricorso, secondo cui, essendo stato il fallimento dichiarato prima della pubblicazione della sentenza di primo grado, che ha deciso la causa nel merito, per ciò stesso il Tribunale avrebbe implicitamente affermato la procedibil ità della domanda. L’argomentazione non ha alcun pregio ed è sufficiente al riguardo evidenziare, in disparte ogni altra considerazione, che la formazione anche implicita del giudicato presuppone necessariamente che la questione corrispondente sia stata sollevata nel relativo giudizio, cosa questa che non è avvenuta, ovvero costituisca un presupposto necessario della decisione, condizione quest’ultima che non può certo rinvenirsi a fronte di una situazione non preesistente ma sopravvenuta nel corso del processo e mai rappresentata al giudicante.
Il quarto motivo del ricorso denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., per avere dichiarato infondato nel merito l’appello sulla base di una motivazione apparente e del tutto carente, trascurando di considerare che la domanda di pagamento avanzata dalla società appaltatrice aveva ad oggetto l’esecuzione dei lavori conteggiati nel riepilogo finale di contabilità.
Il motivo è inammissibile.
Il motivo investe la parte della sentenza che ha esaminato e ritenuto infondato nel merito il gravame, seguita alla dichiarazione di improcedibilità dello stesso. Le considerazioni svolte dalla Corte di appello sul punto debbono però ritenersi svolte solo ad abundantiam , per ragioni di ritenuta completezza dell’esame della decisione, e perciò irrilevanti, atteso il principio che il giudice, una volta che abbia dichiarato inammissibile o improcedibile la domanda, perde la potestà di decidere sulla stessa, sicché tale decisione, se emessa, è priva di effetti giuridici ( Cass. n. 29529 del 2022; Cass. n. 11675 del 2020; Cass. n. 30393 del 2017).
In ogni caso si osserva che il motivo difetta di interesse, dal momento che il suo eventuale accoglimento non potrebbe comunque portare alla cassazione della sentenza, il cui fondamento logico e giuridico rimarrebbe comunque ancorato alla statuizione di improcedibilità dell’appello.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 3.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023.