Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24703 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24703 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4965/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 2457/ 2023 depositata il 13/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto: Pubblica ammi- nistrazione
R.G.N. 4965/2024
Ud. 09/07/2025 CC
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2457/2023, pubblicata in data 13 dicembre 2023, la Corte d’appello di Bologna, nella regolare costituzione dell’appellato COMUNE DI FORLÌ, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Forlì n. 647/2020, pubblicata in data 12 agosto 2020.
Il COMUNE DI FORLÌ aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo col quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di € 18.102,97 in favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo della fornitura di energia elettrica.
Nel proporre opposizione, il COMUNE DI FORLÌ aveva dedotto, in primo luogo, che creditore originario era la società RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva ceduto il proprio credito ad RAGIONE_SOCIALE, ma che lo stesso COMUNE aveva espresso diniego ex art. 117 D. Lgs. n. 163/2006 avverso tale cessione e, in secondo luogo, che il presunto atto di cessione da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE non era mai stato comunicato.
Aveva quindi dedotto l’inopponibilità sia della prima sia della seconda cessione.
Il Tribunale, all’esito della costituzione di RAGIONE_SOCIALE – la quale, come riferisce la decisione impugnata, si era costituita ‘allegando di aver agito come mandataria di RAGIONE_SOCIALE (pur essendo cessionaria del credito)’ – aveva dichiarato l’inefficacia del decreto per sua tardiva notificazione e, nel merito, aveva respinto la domanda di RAGIONE_SOCIALE, affermando, da un lato, che la cessione da RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE era comunque inopponibile al COMUNE DI FORLÌ, in virtù del rifiuto da quest’ultimo espresso ex art. 117 D. Lgs. n. 163/2006, e, dall’altro lato,
che lo stesso COMUNE aveva provato di aver già adempiuto il credito azionato in INDIRIZZO.
La Corte d’appello di Bologna ha disatteso i tre motivi di gravame di RAGIONE_SOCIALE osservando:
-quanto al primo motivo – col quale l’appellante contestava che le fosse stato comunicato il diniego ex art. 117, D. Lgs. n. 163/2006 – che vi era invece prova della regolare comunicazione del diniego stesso;
-quanto al secondo motivo – col quale si deduceva che il divieto di cessione dei crediti senza l’adesione della Pubblica Amministrazione era applicabile ai soli crediti derivanti da rapporti di durata e non ad ipotesi, come quella in rilievo, in cui il rapporto era cessato e non vi era alcun effettivo pericolo che la prestazione restasse inadempiuta, in quanto il contratto aveva a oggetto la somministrazione di energia elettrica, e cioè una prestazione per la quale non vi era rischio di inadempimento e che prescinde dall’identità del fornitore – che le deduzioni dell’appellante concernevano profili né provati né, ancor prima, allegati;
-quanto al terzo motivo – col quale l’appellante ribadiva l’esistenza del proprio credito – che l’esame della documentazione veniva ad evidenziare che le fatture azionate in sede monitoria erano state integralmente adempiute.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bologna ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso COMUNE DI FORLÌ.
Con provvedimento datato 25 ottobre 2024, il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c., segnalando la improcedibilità del ricorso.
A detta proposta ha fatto seguito istanza della parte ricorrente per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione della Legge n. 52/1991 e dell’art. 345, secondo comma, c.p.c. ‘per non avere la corte d ‘appello ritenuto applicabili tali disposizioni alla cessione dei crediti richiesti in pagamento da BFF’ .
2.2. Il secondo motivo deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 69-70 RD n. 2440/1923 e dell’art. 117 D. Lgs. n. 163/06 -art 106 comma 13 D. Lgs. n. 50/16 e degli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. o, comunque, in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 5 c .p.c. per avere la Corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia nonché un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, ossia che al momento del rifiuto delle cessioni e dell’avvio dell’azione giudiziaria di recupero dei crediti e comunque al momento dell’emissione della sentenza di primo grado il sottostante rapporto contrattuale tra l’originaria creditrice cedente RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e il Comune era concluso, con conseguente inidoneità della non accettazione della cessione ai sensi degli artt. 69-70 rd n. 240/1923 e del rifiuto a determinarne l’ inopponibilità al Comune’ .
1.3. Il terzo motivo deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 117 D. Lgs. n. 163/06 – art 106 comma 13 D. Lgs. n.
50/16 e degli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. o, comunque, in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 5 c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia nonché un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, ossia che il rifiuto delle cessioni non è stato inviato dal Comune sia alla cedente RAGIONE_SOCIALE che alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 117 D. Lgs. n. 163/06 sostituito dall’art. 106 comma 13 D. Lgs. n. 50/16, in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 3 c.p.c., e degli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. per avere la corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia e avere ritenuto che il rifiuto sia idoneo a determinare l’inopponibilità della cessione al debitore ceduti ancorché ove tale rifiuto sia privo di motivazione’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. o, comunque, in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 5 c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia nonché un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, ossia che il Comune abbia effettivamente pagato alla società originaria creditrice cedente RAGIONE_SOCIALE i crediti oggetto del giudizio’ .
In virtù del suo carattere potenzialmente dirimente, appare opportuno valutare preliminarmente la proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c., procedendo alla riproduzione letterale del suo contenuto.
‘La sentenza impugnata della Corte di appello di Bologna è stata pubblicata il 13.12.2023.
La ricorrente dichiara che il provvedimento impugnato le è stato notificato in data 15.12.2023, ma non è stata depositata la relativa relazione di notificazione, come prescritto dalla legge.
Pertanto, il ricorso appare improcedibile per il mancato deposito, contestualmente al ricorso, nella cancelleria della Corte, di copia autentica della decisione impugnata notificata con la relazione di notificazione ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., neppure prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Sez. U, n. 21349 del 6.7.2022 nonché Cass., Sez. U n. 10648 del 2.5.2017).
La citata giurisprudenza esclude inoltre qualsiasi rilievo a una mera eventuale dichiarazione conforme della controparte, stante il carattere pubblicistico del controllo preliminare che compete alla Corte.
Il ricorso non supera neppure la c.d. «prova di resistenza» perché la notificazione non è avvenuta nei sessanta giorni dalla data della pubblicazione della sentenza, prima della quale la notificazione della sentenza non avrebbe potuto essere eseguita (Sez. 6, n. 15832 del 7.6. 2021; Sez. 6-3, n. 11386 del 30.4.2019; Sez. 6-3, n. 17066 del 10.7. 2013; nonché punto 4.2. della citata SSUUU n. 21349/2022). Tra il 13.12.2023, data di pubblicazione, e il 13.2.2024 (martedì), data di notifica, intercorrono infatti 62 giorni. I 60 giorni scadevano domenica 11.2.2024, con proroga ex lege a lunedì 12.2.2024′ .
3. La proposta di definizione deve trovare piena conferma.
Questa Corte, anche recentemente, ha chiarito che la previsione dell’art. 369, secondo comma, c.p.c. non consente di distinguere tra il
deposito della sentenza impugnata e quello della relazione di notificazione della stessa, con la conseguenza che la mancanza di uno dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso, a meno che ricorra una delle seguenti condizioni: 1) il deposito del documento mancante avvenga entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione; 2) detto documento sia nella disponibilità del giudice, perché prodotto dalla controparte o presente nel fascicolo d’ufficio; 3) il ricorso per cassazione risulti notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28781 del 08/11/2024; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27883 del 29/10/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27313 del 22/ 10/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24023 del 07/08/2023).
Dal momento che il ricorso in esame è stato notificato a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. n. 149/2022, va ulteriormente chiarito che la parte ricorrente era gravata dell’onere di depositare, unitamente al ricorso, la relata di notifica, mediante inserimento nella busta telematica, con la quale l’atto è depositato, del messaggio di posta elettronica certificata in formato .eml o .msg (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14790 del 27/05/2024).
Poiché, da un lato, la relata di notifica della sentenza impugnata non risulta né prodotta assieme al ricorso né prodotta dalla controricorrente né diversamente disponibile nel fascicolo d’ufficio e, dall’altro lato, tra la data di pubblicazione della decisione impugnata (13 dicembre 2023) e la data di notifica del ricorso (13 febbraio 2024) risultano essere decorsi più di sessanta giorni, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Non è inopportuno, al riguardo, rammentare che: I) l’improcedibilità del ricorso è rilevabile anche d’ufficio, senza necessità di stimolare il contraddittorio sul punto, trattandosi di questione di rito relativa ai
requisiti di procedibilità della domanda (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27313 del 22/10/2024); II) la declaratoria di improcedibilità non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU (cfr. Corte EDU, sentenza del 23 maggio 2024, COGNOME e altri c. Italia ) poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 24724 del 16/09/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024).
Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente in memoria ex art. 380bis .1 c.p.c., il vizio di improcedibilità non può ritenersi sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 17014 del 20/06/2024; Cass., Sez. L, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020; Cass., Sez. 6, Ordinanza n. 30918 del 22/12/2017; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009, non superata – su questo specifico punto – da Cass., Sez. U, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, deve trovare applicazione l’art. 380bis , ultimo comma, c.p.c., il quale richiama, in caso di decisione conforme alla proposta, il disposto di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. con la conseguente condanna
ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della Cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
6. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’Amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass., Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di c assazione, che liquida in € 2.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, della somma equitativamente determinata in € 2.500,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 2.500,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima