Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3145  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
NOME COGNOME;
– intimato –
avverso  la  sentenza  n.  147/2018  della  CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 26/12/2018 R.G.N.
175/2016;
Oggetto
IMPRESA
FAMILIARE
–
APPELLO
–
RITO
LAVORO – OMESSA
NOTIFICA –
IMPROCEDIBILITA’
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 7452-2019 proposto da: NOME, domiciliata in INDIRIZZO presso  LA  CANCELLERIA  DELLA  CORTE  SUPREMA  DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1. l a Corte d’Appello di Cagliari – sez. dist. di Sassari, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME avverso sentenza pronunciata dal Tribunale di Sassari nel contraddittorio con NOME COGNOME, e in parziale riforma della sentenza che per il resto confermava, condannava l’appellante a corrispondere all’appellata la minor somma di € 25.036,78, oltre accessori come riconosciuti nella sentenza gravata; detta somma veniva riconosciuta dalla Corte di merito in luogo di quella di € 54.228, ric onosciuta in primo grado, pari al 50% del prezzo incassato per la vendita di attività economica (bar-caffetteria in Alghero), quantificata in base alla partecipazione (quale coniuge) dell’originaria ricorrente all’impresa familiare, somma ridotta in appello previa detrazione di importi versati per imposte e contributi e ritenuto il contributo fornito all’impresa familiare pari al 30 % degli utili;
2. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso  NOME  con  unico  motivo;  controparte  è rimasta intimata, nonostante rituale notifica del ricorso in cassazione; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. parte  ricorrente  deduce  (art.  360,  n.  3,  c.p.c.) violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  435,  comma  2, c.p.c.,  per  non  avere  la  Corte  territoriale  dichiarato
improcedibile l’appello, non avendo l’appellante notificato il ricorso ed  il decreto  di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti;
2. il motivo è fondato;
costituisce orientamento consolidato di questa Corte, a partire da Cass. S.U. n. 20704/2008, il principio per cui, nel rito del lavoro, l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito -alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata (art. 111, comma 2, Cost.) al giudice di assegnare ex art. 421 c.p.c. all’appellante, previa fissazione di un’altra udienza di discussione, un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c.; alla luce della costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo, infatti, ogni soluzione che si adotti nella risoluzione di questioni attinenti a norme sullo svolgimento del processo deve essere verificata non solo sul piano della sua coerenza logico-concettuale, ma anche per il suo impatto operativo sulla realizzazione di detto obiettivo costituzionale;
in particolare, nelle controversie di lavoro in grado d’appello, la mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza determina l’improcedibilità dell’impugnazione, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi, in quanto tale omissione lede la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso (a differenza di quanto avviene nel processo del lavoro di primo grado,
dove la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire l’instaurazione del contraddittorio -Cass. n. 6159/2018); neppure, ad esempio, rileva la notificazione eseguita nel periodo intermedio fra la prima e la seconda udienza, cui la causa sia stata rinviata ai sensi dell’art. 348 c.p.c. per mancata comparizione delle parti, non potendo la parte ricorrente giovarsi di tale ulteriore inerzia al fine di ottenere in altro modo una rimessione in termini che l’ordinamento, in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cd. ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., non consente di riconnettere ad una notificazione puramente e semplicemente omessa (cfr. Cass. n. 27079/2020);
5. nel caso di specie, non rileva, ai fini di una possibile sanatoria, l’avvenuta precedente regolare notifica del provvedimento di fissazione dell’udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che esaurisce la propria valenza propulsiva nell’ambito della diversa fase cautelare; infatti le due fasi, quella della sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e quella del giudizio di merito, la prima sub-procedimentale avente natura latamente cautelare e provvisoria, la seconda attinente al giudizio a cognizione piena, vanno tenute distinte, perché per entrambe le fasi è prevista una apposita vocatio in ius , e l’appellante è onerato della notifica alla controparte tanto del decreto presidenziale reso in ordine all’istanza di inibitoria quanto del decreto di fissazione dell’udienza di discussione dinanzi al Collegio; in entrambi i casi, dunque, i provvedimenti del giudice di fissazione dell’udienza e le successive notificazioni, pur attenendo alla sola vocatio in ius, costituiscono elementi essenziali delle rispettive
complesse fattispecie introduttive (istanza di inibitoria e gravame) delle suddette fasi la cui materiale omissione e la cui nullità radicale (o inesistenza giuridica)  sono impeditive delle richieste pronunce – cautelare e di merito – e sono passibili di sanatoria soltanto nei casi e con gli effetti  regolati  dalla  legge  (cfr.  Cass.  n.  42003/2021, conforme a Cass n. 20613/2013);
parte ricorrente in questa sede ha documentato di avere eccepito la mancata notifica dell’atto di appello già nel sub-procedimento cautelare in appello, promosso da una specifica istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado distinta e successiva alla proposizione dell’appello, subprocedimento  concluso con ordinanza di rigetto del 16/1/2017, ed è stata (erroneamente) dichiarata contumace in grado di appello;
in  tale  situazione  processuale,  la  Corte  territoriale avrebbe,  invece,  dovuto  definire  il  giudizio  con  una sentenza di mero rito, dichiarando l’improcedibilità dell’appello,  non  potendo più il  processo  proseguire per non essere consentita la fissazione di un nuovo termine per  la  notificazione,  mai  in  precedenza  effettuata,  del ricorso  e  del  decreto  di  fissazione  dell’udienza,  attesa l’inapplicabilità in tale caso degli artt. 291 e 421 c.p.c.;
la sentenza impugnata deve, pertanto essere cassata senza rinvio, rilevandosi in questa sede l’improcedibilità dell’appello proposto da COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Sassari n. 349/2016, con  passaggio  in  giudicato  delle  statuizioni  della  stessa (anche  in  punto  spese);  le  spese  di  lite  del  presente giudizio  sono  regolate  secondo  soccombenza,  e  sono liquidate come da dispositivo; non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado di appello, dove parte ricorrente non
si è costituita nel merito (e quindi non ha svolto attività difensiva in tale sede, quantunque per difetto di regolare contraddittorio,  come  qui  rilevato,  ed  essendo  state  le spese  della  fase  cautelare  rimesse  alla  fase  di  merito, superata dalla presente cassazione);
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa  la  sentenza  impugnata  e  dichiara  improcedibile l’appello proposto da NOME.
Condanna il medesimo al rimborso delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge. Così  deciso  in  Roma  nella  Adunanza  camerale  del  15