Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
AVV_NOTAIO: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr.29166/2021 proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Foggia alla INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in San Marco in Lamis INDIRIZZO presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ( CODICE_FISCALE) e soc. RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata Bologna INDIRIZZO presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
(CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende come da procura in atti;
– controricorrenti – avverso la sentenza 1818 /2021 della Corte d’Appello di Bari, pronunciata in data 12/10/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di Bari ha respinto il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di dichiarazione di fallimento della reclamante emessa dal Tribunale di Foggia.
1.1 La Corte ha rilevato che la natura commerciale dell’attività della fallita si evinceva non solo dal dato formale, valorizzato dal Tribunale, costituito dall’oggetto sociale dello statuto che prevedeva lo svolgimento dell’attività di acquisto e vendita di terreni, di aziende agricole, del settore turistico e di ogni altro settore industriale e commerciale, ma anche dall’effettiva attività commerciale, per come emersa dall’esame delle fatture e di altri documenti bancari, che attestavano l’acquisto di prodotti agricoli di consumo e non di semina, dalle risultanze dei bilanci, dal contenzioso con RAGIONE_SOCIALE, creditrice istante, e dalle dichiarazioni della reclamante che davano atto della impossibilità di coltivazione dei terreni a seguito delle alluvioni.
2 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a sei motivi RAGIONE_SOCIALE e soc.RAGIONE_SOCIALE hanno svolto difese mediante controricorso. Tutte le parti hanno depositato memorie ex art 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I mezzi di impugnazione possono così sintetizzarsi:
violazione e falsa applicazione dell’art. 2135 c.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 comma 1° nr. 3 e 5 c.p.c.; si sostiene che la Corte territoriale abbia trascurato di esaminare una serie di documenti (partita Iva, contatto di locazione del capannone e di affitto di fondo agricolo, CUD per assunzione di operai agricoli, fatture e documenti fiscali attestanti acquisti di semi di prodotti agricoli, di materiale per irrigazione e di gasolio per usi agricoli e vendite di prodotti agricoli) dai quali si evince che l’attività di RAGIONE_SOCIALE sia consistita nella lavorazione della terra e commercializzazione di prodotti agricoli ricavati dai fondi agricoli;
violazione degli artt. 360 1 comma nr. 5 e 115 cpc; si deduce che l’omessa valutazione dell’iscrizione al registro Iva che riportava, quale codice attività, il numero corrispondente a « coltivazione di ortaggi in piena area » e della copiosa documentazione integra la violazione del principio di disponibilità della prova sancito nella norma processuale della quale è denunciata la violazione;
violazione dell’art. 360 1 comma nr. 3 e 5 e 2135 c.p.c , per avere la Corte affermato che RAGIONE_SOCIALE aveva venduto a RAGIONE_SOCIALE patate da consumo mentre dalla documentazione prodotta in atti si evinceva che in realtà solo quattro fatture si riferivano alla vendita di patate da consumo con la conseguenza che l’attività prevalente rimaneva quella agricola;
violazione dell’art. 360 nr. 4 c.p.c, per essere la sentenza incorsa in un errore e/o travisamento del fatto per aver dato che nel 2019 la RAGIONE_SOCIALE era risultata vittoriosa in un contenzioso con la Regione Puglia per risarcimento dei danni da allagamento dei campi, in quanto proprio da tale contenzioso che aveva visto soccombere l’RAGIONE_SOCIALE regionale per omessa manutenzione
dei canali si potevano trarre elementi circa l’attività agricola esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE, né, secondo la ricorrente tale posta attiva poteva essere contabilizzata in bilancio in quanto l’effettivo pagamento è avvenuto solo nel 2019;
violazione dell’art 360 nr. 3 c.p.c. per aver la Corte omesso di motivare sulla richiesta di ammissione della consulenza tecnica d’ufficio;
violazione dell’art. 360 nr. 4 c.p.c.; la sentenza sarebbe nulla in quanto: i) non riporta nell’intestazione il numero della stessa; ii) indica, sempre nell’intestazione che la sentenza impugnata sarebbe stata la nr. 20/21 resa in data 8.2.2021 dal Tribunale di Bari, sez. fallimentare, mentre in realtà la stessa è la nr. 63 del 14 aprile 2021, emessa dal Tribunale di Foggia sezione fallimentare; iii) nella descrizione del fatto e diritto la sentenza del Tribunale di Foggia dichiarativa del RAGIONE_SOCIALE è indicata con il nr NUMERO_DOCUMENTO invece che con il nr. 63/21.
2 Il primo, il secondo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente stante lo stretto rapporto di connessione, sono inammissibili.
2.1 Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la sottrazione dell’impresa agricola, nella definizione offerta dall’art. 2135 c.c., al fallimento non può essere intesa nel senso che lo svolgimento di un’attività agricola pone al riparo dal fallimento l’impresa che svolga, nel contempo, anche un’attività di carattere commerciale (Cass. nr. 12215/2012, 5342/2019, 1049/2021 e 9351/2022).
2.2 L’art. 2135 c.c ., dopo aver delineato nei primi due commi, i caratteri dell’attività agricola, stabilisce al terzo comma che si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione e richiede che le stesse abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo
2.3 Dunque, in presenza di un’attività connessa di commercializzazione la natura di impresa agricola non consegue di per sè dallo svolgimento di un ciclo biologico di coltivazione collegato con il fondo, ma dal fatto che tale commercializzazione riguardi prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo piuttosto oppure reperiti attraverso forniture di soggetti terzi produttori.
2.4 Ora, l ‘apprezzamento , in concreto , della ricorrenza dei requisiti di connessione tra attività agrituristiche ed attività agricole , nonché della prevalenza delle une rispetto alle altre è rimesso al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art 360 nr. 5 c.p.c.
2.5 La Corte di merito, oltre a valorizzare il dato formale costituito dall’oggetto sociale dello statuto dove era indicato lo svolgimento non solo dell’attività agricola, ma anche di concorrente e distinta attività di acquisto e vendita terreni, aziende agricole, del settore turistico e di ogni altro settore industriale e commerciale, ha ritenuto sussistente la prevalenza dell’attività commerciale, rispetto a quella agricola sulla base di concreti elementi di fatto.
2.6 In particolare è stata utilizzata la dichiarazione di natura confessoria resa dalla RAGIONE_SOCIALE di non aver più potuto coltivare i terreni dal 2005 a causa di una alluvione per la quale la società ha ottenuto dalla Regione un risarcimento danni a seguito di un contenzioso giudiziario.
2.7 Sempre secondo quanto accertato dal giudice di merito, la società ricorrente si era vista costretta a causa di tale calamità ad acquistare, dalla RAGIONE_SOCIALE, una ingente quantitativo di patate da consumo e non da semina, realizzando, quindi, almeno a partire dal 2005, un’attività commerciale prevalente se non esclusiva.
2.8 Ciò premesso, è inammissibile, il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge (nella specie l’art 2135 c.c.) mirando in realtà – come mostra di fare l’odierna ricorrente tentando di accreditare la natura soltanto agricola della propria attività di impresa – alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. 9351/2022, 600/2022 e 22698/2021).
2.9 Con riferimento alla dedotta violazione dei principi dell’onere della prova cristallizzati dall’art 115 c.p.c. va rilevato che la ripartizione dell’onere probatorio ai fini dell’accertamento della fallibilità dell’imprenditore agricolo comporta che compete a chi sollecita la dichiarazione di fallimento di un imprenditore agricolo allegare e dimostrare l’esistenza di un’attività commerciale che si affianchi all’attività agricola, affinché sia possibile constatare il ricorrere del presupposto richiesto dall’art. 1, comma 1, L. fall.; grava, invece, su chi invochi l’esenzione dal fallimento assumendo la sussistenza delle condizioni per ricondurre l’attività commerciale svolta nell’ambito dell’art. 2135 c.c., comma 3, – ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2, ed anche in applicazione del generale principio di vicinanza della prova – il corrispondente onere probatorio Cass. 16614/2016).
2.10 La Corte non è incorsa in alcuna violazione dell’art. 115 c.p.c. avendo posto a fondamento della decisione prove introdotte dalle parti, e non disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli
2.11 Non può neppure ascriversi alla Corte l’asserita omissione di fatti storici risultanti dalla documentazione versata in atti che, a dire della ricorrente, proverebbe l’esercizio dell’attività agricola; invero i giudici pugliesi non hanno escluso che RAGIONE_SOCIALE abbia commercializzato prodotti derivanti dalla coltivazione dei terreni ma hanno accertato che, a partire dal 2005 , a causa dell’inondazione dei fondi che ha reso impraticabile ogni coltivazione, la ricorrente abbia esercitato in forma prevalente se non esclusiva attività commerciale.
3 Il quarto motivo è inammissibile in quanto la censura investe il passaggio argomentativo della sentenza riguardante la mancata appostazione in bilancio degli importi accertati e versati a titolo di risarcimento dei danni in favore della ricorrente dalla Regione Puglia, che non ha alcun autonomo rilievo decisorio circa la natura commerciale dell’attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE
4 Il quinto motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
4.1 Il ricorrente per Cassazione, ove denunci l’esistenza di vizi della sentenza correlati al rifiuto opposto dal giudice di merito di dare ingresso ad una prova, ha l’onere sia di dimostrare la sussistenza di un nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, sia di indicare specificamente, nel ricorso, anche mediante integrale trascrizione, le circostanze concrete che formavano oggetto della prova. Ciò per dar modo al giudice di legittimità di verificare la validità e la decisività delle disattese deduzioni di prova sulla sola base del ricorso per cassazione (Cass. nn. 11501/06 e 2602/01).
4.2 In ogni caso non è censurabile in sede di legittimità il giudizio, anche implicito, espresso dal giudice di merito in ordine alla superfluità di una richiesta di CTU spettando allo stesso giudice, di individuare le fonti del proprio convincimento, ed, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e
scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e di ritenere di avere già raggiunto, in base alla documentazione in atti, sulla scorta delle eccezioni e delle prove fornite dalla controparte oltre che della istruzione probatoria già esperita, la certezza degli elementi necessari per la decisione (cfr. Cass. 17693/2013 e 22799/2017).
5 E’ , infine, infondato il sesto motivo in quanto la nullità di una sentenza può essere riconosciuta nell’ipotesi di omissione dei requisiti previsti dall’art. 132 c.p.c. ossia mancata indicazione: 1) del Giudice che l’ha pronunciata; 2) delle parti e dei loro difensori; 3) delle conclusione del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; 5) del dispositivo, della data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. Nel caso di specie, la sentenza della Corte di Appello di Bari contiene tutte le indicazioni di cui all’art. 132 c.p.c. e, pertanto, non è viziata da nullità. Le anomalie denunciate nel ricorso sono semplici errori materiali emendabili con il procedimento di correzione dinanzi alla stessa Corte territoriale di Bari.
6 In conclusione il ricorso va rigettato.
7 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore ciascuno dei controricorrenti, in € 6.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 25 marzo 2024