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Impossibilità sopravvenuta: quando si risolve un contratto

Una società fornitrice di energia ha richiesto il pagamento per le forniture a un’azienda fallita. La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione del contratto a partire dalla data in cui l’azienda fallita non ha più potuto utilizzare il servizio, a causa del trasferimento dei suoi impianti a terzi. Questo evento ha configurato una impossibilità sopravvenuta di utilizzare la prestazione, giustificando la cessazione dell’obbligo di pagamento da quel momento in poi.

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Impossibilità Sopravvenuta: Come la Cassazione Risolve un Contratto di Fornitura

Quando un’azienda fallisce, la gestione dei contratti in essere diventa complessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo quando un contratto di fornitura si estingue per impossibilità sopravvenuta dell’utilizzo del servizio, anche senza una formale disdetta. Questa decisione offre spunti fondamentali per creditori e curatele fallimentari.

I Fatti del Caso: Fornitura Energetica e Fallimento

Una società fornitrice di energia elettrica aveva chiesto di essere ammessa al passivo di un’azienda cliente, nel frattempo fallita, per un credito significativo maturato per forniture erogate in regime di salvaguardia. Il fornitore sosteneva che il credito dovesse essere pagato in prededuzione, cioè con priorità, in quanto sorto durante la procedura fallimentare.

Il Giudice Delegato inizialmente aveva escluso il credito, ma il Tribunale, in sede di opposizione, lo aveva ammesso solo parzialmente. In particolare, il credito è stato riconosciuto per il periodo intercorrente tra la dichiarazione di fallimento (dicembre 2019) e il maggio 2020.

Perché questa limitazione temporale? Perché nel maggio 2020 la gestione degli impianti dell’azienda fallita era stata trasferita a una terza società, a seguito di un accordo tra Regione, Comuni e la nuova azienda. Secondo il Tribunale, da quel momento l’azienda fallita non aveva più la possibilità di utilizzare l’energia fornita, interrompendo di fatto il rapporto contrattuale.

La Questione Giuridica e il Ricorso in Cassazione

La società fornitrice ha impugnato la decisione del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione. I motivi del ricorso si basavano essenzialmente su un punto: il contratto di fornitura non era mai stato formalmente risolto. Non c’era stata alcuna comunicazione di recesso, né un accordo di scioglimento, né una voltura dell’utenza a nome del nuovo gestore.

Secondo la ricorrente, il semplice trasferimento degli impianti a un terzo soggetto, in un accordo a cui essa non aveva preso parte, non poteva avere l’effetto di terminare il suo rapporto contrattuale con la procedura fallimentare. Pertanto, il fallimento avrebbe dovuto continuare a pagare le forniture.

Le motivazioni della Corte: L’impossibilità sopravvenuta come causa di risoluzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di merito. La chiave di volta della decisione risiede nel concetto di impossibilità sopravvenuta non della prestazione, ma dell’utilizzazione della stessa da parte del creditore (l’azienda fallita).

La Trasmissione degli Impianti e i Suoi Effetti

La Corte ha stabilito che con il trasferimento materiale e giuridico degli impianti alla nuova società, la curatela fallimentare aveva di fatto interrotto ogni attività produttiva collegata a quegli impianti. Di conseguenza, era diventato oggettivamente impossibile per il fallimento utilizzare l’energia elettrica fornita.

Questo evento, comunicato dal curatore al fornitore tramite una mail, è stato considerato sufficiente a determinare la risoluzione del contratto. Non era necessaria una formale disdetta o una voltura, poiché la finalità stessa del contratto – fornire energia a un soggetto che potesse utilizzarla – era venuta meno.

Il Principio di Diritto sulla Risoluzione del Contratto

La Cassazione ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 20811/2014), secondo cui si ha risoluzione per impossibilità sopravvenuta non solo quando il debitore non può più adempiere, ma anche quando il creditore non può più ricevere o utilizzare la prestazione per cause a lui non imputabili. Se l’interesse del creditore a ricevere la prestazione svanisce, il contratto perde la sua causa concreta e l’obbligazione si estingue.

In questo caso, il trasferimento degli impianti ha reso l’erogazione di energia inutile per il fallimento, determinando la fine del rapporto contrattuale.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza è di grande importanza pratica. Essa stabilisce che un contratto di fornitura di servizi continuativi, come quello energetico, può risolversi di fatto quando il fruitore del servizio perde la disponibilità materiale e giuridica dei beni per cui il servizio è erogato.

La comunicazione di tale circostanza da parte della curatela fallimentare al fornitore è sufficiente a sancire la fine del rapporto, senza che siano necessarie le formalità tipiche della risoluzione contrattuale (recesso, mutuo consenso). Per i fornitori, ciò significa che devono prestare attenzione non solo alle comunicazioni formali, ma anche agli eventi sostanziali che possono incidere sulla capacità del cliente (specialmente se in procedura concorsuale) di utilizzare il servizio, poiché da tali eventi può dipendere la cessazione dell’obbligo di pagamento.

Quando un contratto si risolve per impossibilità sopravvenuta dell’utilizzo della prestazione?
Un contratto si risolve quando l’utilizzo della prestazione da parte del creditore diventa impossibile per cause a lui non imputabili, facendo venir meno l’interesse a ricevere la prestazione e, di conseguenza, la causa concreta del contratto.

Il trasferimento della gestione di impianti a un terzo è sufficiente per terminare un contratto di fornitura energetica con il precedente gestore fallito?
Sì, secondo la Corte, il trasferimento degli impianti che rende impossibile per il fallimento utilizzare l’energia è una causa di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, a partire dalla data in cui il fornitore è stato informato del passaggio.

In un fallimento, una semplice email del curatore è sufficiente a comunicare la cessazione di un rapporto contrattuale?
Sì, nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la mail con cui il curatore comunicava l’avvenuto passaggio degli impianti al nuovo gestore fosse un atto idoneo a far valere la risoluzione del contratto per l’impossibilità di utilizzare ulteriormente la fornitura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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