Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14291 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14291 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17551/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e società RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Bologna, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato Studio Legale COGNOME e Associati, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, ricorrenti-
contro
Fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Viterbo, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Viterbo n. 3240/2023 depositato il 28/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/3/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 RAGIONE_SOCIALE (alla quale è succeduta nel diritto controverso RAGIONE_SOCIALE spv) con domanda tempestiva chiedeva che fosse ammesso allo stato passivo del Fallimento di Comunità del Bacino del Lago di Bolsena – RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito indicata semplicemente ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) il credito di € 332.700,37 , derivante dalla prestazione di servizi di energia elettrica erogati in regime di salvaguardia presso ‘il Pod’ della società fallita, in prededuzione in quanto credito maturato in costanza di procedura.
2 Il Giudice Delegato escludeva il credito, in ragione della sospensione dei rapporti contrattuali ex art. 72 l.f. e in carenza di subentro della curatela.
3 Il Tribunale di Viterbo, adito da RAGIONE_SOCIALE con decreto del 28/7/2023 accoglieva parzialmente l’opposizione e ammetteva RAGIONE_SOCIALE per la somma di € 80.374 in prededuzione.
3.1 Il Tribunale laziale rilevava che non vi era stata contestazione circa l’erogazione del servizio di energia elettrica alla COBALB in regime di salvaguardia, istituito dalla l.n. 125 del 2007, da parte di RAGIONE_SOCIALE, quale esercente del mercato di salvaguardia per la regione Lazio per il periodo dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 in quanto aggiudicataria del relativo bando.
3.2 Soggiungeva che, pur non essendo stato disposto l’esercizio provvisorio d’impresa, poteva senz’altro ritenersi accertato il subentro da parte del curatore nel contratto di fornitura anche in ragione della natura di pubblica utilità degli impianti e della conseguente necessità del loro perdurante funzionamento (circostanza che era stata rimarcata dal curatore nella corrispondenza intercorsa con il fornitore), sicché il fallimento, che
non aveva mai provveduto alla gestione degli impianti, non poteva che rispondere dei costi di erogazione dell’energia elettrica dal momento dell’apertura della procedura (7/12/2019) sino al 7/5/2020, data del passaggio del servizio, con la consegna degli impianti, a RAGIONE_SOCIALE in virtù del protocollo di intesa fra Regione, Comuni e RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE
3.3 Il credito vantato dall ‘ opponente, limitatamente al lasso temporale dicembre 2019/maggio 2020, pari ad € 84.274, veniva ritenuto provato dalla documentazione prodotta ed era ammesso in prededuzione, trattandosi di prestazioni di erogazione dell’energia elettrica rese in favore del fallimento e di sicura utilità, in ragione della natura stessa di pubblica utilità degli impianti.
4 2RPLUS spv e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per la cassazione del decreto affidato a tre motivi, il Fallimento ha svolto difese mediante controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli 360, comma 1, n. 3, c.p.c., 1321, 1325, 1559 e 1564 c.c., nonché dell’art. 1372, comma 1 c.c., in relazione alle condizioni generali di fornitura ed alla normativa ARERA: si sostiene che il giudice di prime cure abbia erroneamente ritenuto risolto il contratto con il Fallimento in mancanza di alcun evento interruttivo e/o modificativo (risoluzione del contratto, nelle ipotesi tipiche previste dagli artt. 1453 e segg, c.c., scioglimento per mutuo consenso, recesso, volturazione dell’utenza ad altro soggetto) tale da comportare – ai sensi di legge, del contratto, delle condizioni generali di contratto e delle delibere ARERA, richiamate dalle condizioni generali di contratto – la fuoriuscita del fallimento dal rapporto giuridico in essere con RAGIONE_SOCIALE
1.1 La mail del 7/5/2020, trasmessa dalla Curatela, non integrava recesso, né poteva essere ritenuta volturazione, in quanto non proveniva dal cliente finale, requisito essenziale per la normativa ARERA, né conteneva alcuno dei dati necessari alla volturazione.
2 Il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321, 1325 e 1372, 2 comma, c.c.: il Tribunale non ha riconosciuto il credito nella misura richiesta da RAGIONE_SOCIALE in quanto la sottoscrizione del Protocollo di Intesa aveva comportato la perdita in capo al Fallimento della qualità di parte del rapporto di fornitura; questo assunto, a giudizio della ricorrente, muove dall’erroneo presupposto che lo stesso fallimento non avesse mai avuto la gestione degli impianti e ciò nonostante che non fosse stato indicato ad RAGIONE_SOCIALE un nuovo soggetto nei cui confronti proseguire la fornitura mai interrotta, data la natura non disalimentabile del cliente finale, oppure, in alternativa, non gli fosse stato indicato che la fornitura non rivestiva più i caratteri di non disalimentabilità.
Non poteva, inoltre, ritenersi idoneo a risolvere il contratto di fornitura tra RAGIONE_SOCIALE ed il Fallimento l’atto di trasferimento del rapporto a RAGIONE_SOCIALE, che non aveva visto la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE o il Fallimento; ciò in quanto la modifica del contratto è possibile solo con il consenso dei contraenti originari.
Inoltre, mancava la prova della presa in carico da parte di RAGIONE_SOCIALE degli impianti.
Tale erronea statuizione vizierebbe il provvedimento impugnato per violazione degli artt. 1321 e 1325 c.c., non sussistendo la volontà delle parti relativamente alla produzione degli effetti giuridici imposti dal Tribunale, nonché dell’art. 1372, co mma, c.c., stante la violazione del principio di relatività degli effetti del contratto.
3 I due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono infondati.
3.1 Invero il provvedimento impugnato richiama, quale causa di scioglimento degli effetti del contratto di fornitura di energia elettrica in regime di salvaguardia, l’impossibilità sopravvenuta di utilizzazione da parte di uno dei contraenti, a seguito della consegna degli impianti e dei macchinari a RAGIONE_SOCIALE per effetto della sottoscrizione del protocollo d’intesa del 28/4/2020 tra Regione, Comuni e RAGIONE_SOCIALE.p.a..
3.2 È evidente che, con il trasferimento degli impianti de quo nella disponibilità materiale e giuridica di RAGIONE_SOCIALE – accertamento in fatto insindacabile in questa sede se non nei ristretti limiti di cui ai vizi, non dedotti dal ricorrente, di mancanza di motivazione o omesso esame di un fatto decisivo ex 360, comma 1, n. 5 c.p.c. -, la Curatela ha interrotto ogni attività, anche produttiva, relativa agli impianti stessi alimentati dalla corrente elettrica fornita da RAGIONE_SOCIALE con la conseguente risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità, fatta valere dalla curatela mediante la mail del 7 maggio 2020 con cui il curatore aveva comunicato a RAGIONE_SOCIALE l’avvenuto passaggio.
3.3 Questa Corte ha avuto occasione di chiarire, in tema di risoluzione del contratto, che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili l’adempimento della prestazione da parte del debitore o l’utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell’obbligazione (cfr. Cass. 20811/2014).
4 Il terzo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3, c.p.c., perché l’impugnato provvedimento ha violato il principio di correttezza e buona fede nella parte in cui ha imputato alla parte
che si è comportata lealmente (RAGIONE_SOCIALE le conseguenze derivate dal mancato rispetto ad opera altro soggetto (Fallimento RAGIONE_SOCIALE) dei canoni di correttezza e buona fede.
5 La censura è inammissibile.
Essa, infatti, introduce la questione della asserita violazione da parte della procedura fallimentare dei canoni di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto che non risulta essere stata oggetto di trattazione nelle precedenti fasi di giudizio.
Per di più una simile questione è anche estranea alla pretesa creditoria azionata in sede fallimentare, che non consisteva in una richiesta di risarcimento danni, ma era volta ad ottenere il corrispettivo della fornitura effettuata.
6 Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 6.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 14 marzo