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Impossibilità sopravvenuta: quando si applica?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8646/2024, chiarisce la distinzione tra impossibilità sopravvenuta ed eccessiva onerosità. Un’azienda di telecomunicazioni aveva chiesto la risoluzione di un contratto di fornitura di apparati telefonici, divenuti meno redditizi a seguito di una nuova normativa. La Corte ha stabilito che la mera diminuzione di profitto non configura un’impossibilità sopravvenuta, rigettando il ricorso su questo punto. Ha però accolto il motivo relativo alla compensazione delle spese legali, rinviando alla Corte d’Appello per una nuova valutazione motivata.

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Impossibilità Sopravvenuta: Quando un Cattivo Affare Giustifica la Risoluzione del Contratto?

Un cambiamento normativo o tecnologico può trasformare un affare promettente in una perdita economica. Ma questo basta per chiedere lo scioglimento di un contratto? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8646 del 2 aprile 2024, offre un importante chiarimento sulla nozione di impossibilità sopravvenuta, distinguendola dalla semplice difficoltà economica e ribadendo i doveri del giudice nella motivazione sulle spese legali.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni stipulava tre contratti per la fornitura di instradatori di traffico telefonico con un’azienda produttrice tedesca. Successivamente, un provvedimento dell’Autorità per le telecomunicazioni introduceva un nuovo sistema (il cosiddetto “carrier preselect”) che rendeva di fatto gli instradatori acquistati economicamente meno vantaggiosi, se non quasi inutili, per gli utenti finali.

Di fronte a questo cambiamento di scenario, la società acquirente chiedeva al Tribunale di dichiarare la risoluzione dei contratti per impossibilità sopravvenuta della prestazione, sostenendo che l’utilità pratica dei beni era venuta meno. In subordine, chiedeva la risoluzione per inadempimento del venditore, il quale, a suo dire, avrebbe dovuto essere a conoscenza del cambiamento normativo imminente. La società acquirente chiedeva quindi la restituzione delle somme già pagate.

La Decisione nei Gradi di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano la domanda principale. I giudici di merito ritenevano che, sebbene la redditività degli apparecchi fosse drasticamente diminuita, non si fosse verificata una vera e propria impossibilità sopravvenuta. Le apparecchiature erano ancora funzionanti e vendibili, sebbene a condizioni di mercato molto diverse e meno favorevoli. La loro utilizzazione non era diventata impossibile, ma solo economicamente meno conveniente. La Corte d’Appello qualificava la situazione come una potenziale “eccessiva onerosità sopravvenuta”, un rimedio che però la società non aveva richiesto nei modi corretti.

L’analisi della Cassazione sull’impossibilità sopravvenuta

La Suprema Corte, investita della questione, ha confermato la decisione dei giudici di merito sul punto centrale della controversia. Ha ribadito che l’impossibilità sopravvenuta, ai sensi dell’art. 1463 c.c., si configura solo quando la prestazione diventa oggettivamente e assolutamente impossibile da eseguire, o quando viene meno l’interesse del creditore a riceverla per cause a lui non imputabili. Questo non accade quando la prestazione diventa semplicemente più difficile, più costosa o meno profittevole.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che l’introduzione del “carrier preselect” aveva alterato “sensibilmente” le condizioni economiche del contratto, ma non aveva eliso completamente il rapporto sinallagmatico. Gli instradatori non erano diventati del tutto inutili; semplicemente, erano cambiate le condizioni della loro commerciabilità e il prezzo al quale potevano essere rivenduti. Pertanto, la motivazione della Corte d’Appello, che escludeva l’impossibilità, non era né mancante né apparente, ma ben fondata sulla distinzione tra impossibilità oggettiva e difficoltà soggettiva o economica.

La Cassazione sulla Compensazione delle Spese Legali

Se da un lato la Cassazione ha rigettato il motivo principale, ha invece accolto quello relativo alla gestione delle spese legali del primo grado. La società ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse ingiustamente “assorbito” il suo motivo di appello contro la compensazione delle spese decisa dal Tribunale, senza fornire una motivazione adeguata. Il Tribunale, infatti, aveva rigettato sia le domande dell’attore sia le domande riconvenzionali del convenuto, creando una situazione di soccombenza reciproca che avrebbe dovuto essere valutata.

La Suprema Corte ha ritenuto fondata questa censura. Ha affermato che la Corte d’Appello si è sottratta al suo obbligo di fornire un “effettivo e motivato esame” del motivo di appello. Il rigetto nel merito delle domande principali non giustificava, di per sé, l’ignorare la questione della corretta ripartizione delle spese del primo grado alla luce della soccombenza reciproca. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio su questo specifico punto.

le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su una rigorosa interpretazione dei rimedi contrattuali. L’impossibilità sopravvenuta è un rimedio drastico che porta all’estinzione dell’obbligazione e presuppone che lo scopo pratico del contratto sia diventato irrealizzabile in modo definitivo e oggettivo. Una mera variazione delle condizioni di mercato, che incide sulla convenienza economica dell’operazione, rientra nel normale rischio d’impresa e può, al più, essere affrontata con il diverso rimedio dell’eccessiva onerosità, se ne ricorrono i presupposti. Sul piano processuale, la Corte ha ribadito che il giudice d’appello ha il dovere di esaminare e motivare puntualmente tutti i motivi di gravame, incluso quello relativo alla liquidazione delle spese, senza poterlo considerare implicitamente assorbito dal rigetto nel merito della domanda principale.

le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti principi guida. In primo luogo, consolida l’orientamento secondo cui la difficoltà economica e la ridotta redditività di un affare non integrano la fattispecie dell’impossibilità sopravvenuta. Questo tutela la certezza dei rapporti giuridici, evitando che i contratti possano essere sciolti a causa di fluttuazioni di mercato. In secondo luogo, riafferma il diritto delle parti a una decisione esplicitamente motivata su ogni aspetto della controversia, comprese le spese processuali, la cui regolamentazione deve essere il frutto di un’attenta valutazione e non di una sbrigativa dichiarazione di assorbimento.

Una modifica tecnologica o normativa che rende un prodotto meno redditizio costituisce impossibilità sopravvenuta?
No, secondo la Corte di Cassazione, una semplice riduzione della profittabilità o della convenienza economica di un contratto non integra l’impossibilità sopravvenuta. Questa si verifica solo quando la prestazione diventa oggettivamente e assolutamente impossibile da eseguire o quando l’utilità per il creditore viene completamente a mancare.

Qual è la differenza tra impossibilità sopravvenuta ed eccessiva onerosità?
L’impossibilità sopravvenuta estingue l’obbligazione perché la prestazione non può più essere eseguita. L’eccessiva onerosità si verifica quando eventi straordinari e imprevedibili rendono una delle prestazioni eccessivamente costosa, alterando l’equilibrio economico del contratto, ma la prestazione è ancora materialmente possibile.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello sulle spese legali?
La Corte ha annullato la decisione perché la Corte d’Appello non ha fornito una motivazione specifica ed effettiva sul motivo di appello relativo alla compensazione delle spese del primo grado. Aveva semplicemente dichiarato “assorbito” il motivo, venendo meno al suo obbligo di esaminare tutte le censure sollevate dalla parte appellante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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