Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26053 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
R.G.N. 10417/21
C.C. 17/9/2024
ORDINANZA
Vendita -Preliminare -Esecuzione in forma specifica -In subordine, risoluzione per inadempimento sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c. depositata il 28 marzo 2024, dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO;
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1477/2020, pubblicata il 6 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dal ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 16 marzo 2007, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Palermo, NOME COGNOME al fine di sentire pronunciare l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita del terreno sito in Palermo, riportato in catasto al foglio n. 43, particella n. 1301, concluso con scrittura privata del 6 agosto 2004 tra la promittente alienante NOME e il promissario acquirente COGNOME NOME, e -in subordine -al fine di sentire pronunciare la risoluzione di tale contratto per inadempimento della promittente venditrice, con la sua condanna al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio NOME, la quale concludeva per il rigetto delle domande spiegate, contestando la qualificazione giuridica della scrittura privata stipulata tra le parti in termini di contratto preliminare e rilevando che tale scrittura conteneva una
mera puntuazione. Eccepiva, in ogni caso, che le trattative per la cessione del terreno si erano arenate per l’inerzia del promissario acquirente.
Interveniva volontariamente in giudizio COGNOME NOME, quale comproprietario dell’immobile oggetto della promessa, sostenendo che il terreno promesso in vendita non era di proprietà esclusiva di NOME, in quanto rientrava nel regime della comunione legale dei coniugi.
Successivamente il giudizio era interrotto per la dichiarazione di morte della convenuta ed era riassunto nei confronti degli eredi COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la disposizione dell’integrazione del contraddittorio su ordine del giudice nei confronti di COGNOME NOME.
Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 454/2017, depositata il 25 gennaio 2017, dichiarava il difetto di legittimazione passiva di COGNOME COGNOME, dichiarava che, con la scrittura privata del 6 agosto 2004, era stato stipulato un contratto preliminare di vendita sospensivamente condizionato e, in accoglimento della domanda subordinata proposta dall’attore, pronunciava la risoluzione del contratto per grave inadempimento della promittente venditrice, condannando COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento della somma di euro 342.060,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi, a titolo di risarcimento dei danni.
2. -Con separati atti di citazione notificati il 22 febbraio 2017, il 23 febbraio 2017 e il 21 marzo 2017, INDIRIZZO,
COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea qualificazione della scrittura privata del 6 agosto 2004 quale preliminare di vendita; 2) la non corretta qualificazione dell’evento dedotto nella scrittura, rappresentato dalla edificabilità in concreto del terreno, quale condizione sospensiva posta nell’esclusivo interesse del promissario acquirente; 3) l’esatto adempimento del contratto a cura della promittente alienante e il grave inadempimento del promissario acquirente, il quale non si era adoperato per adempiere agli impegni assunti con la suddetta scrittura privata.
Si costituiva nei giudizi di impugnazione COGNOME NOME, il quale chiedeva che gli appelli spiegati fossero dichiarati inammissibili o rigettati nel merito.
Rimaneva contumace COGNOME COGNOME.
All’esito erano riuniti i giudizi di gravame.
Decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza di cui in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava la natura di contratto preliminare non sospensivamente condizionato della scrittura privata del 6 agosto 2004, conclusa tra NOME e COGNOME NOME, e -per l’effetto rigettava le domande di risoluzione del contratto per grave inadempimento della promittente alienante e di risarcimento dei danni, compensando interamente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che doveva darsi atto della qualità di erede con beneficio d’inventario di COGNOME
NOME, senza che tale qualità incidesse in sé sull’esito della lite; b ) che la scrittura privata conclusa tra le parti il 6 agosto 2004 conteneva tutti gli elementi essenziali del contratto preliminare, con l’esatta identificazione del bene promesso in vendita e delle sue caratteristiche giuridicoeconomiche nonché con l’indicazione del prezzo e con la previsione degli elementi accidentali e accessori quanto al termine di esecuzione delle contrapposte prestazioni principali e di costituzione della garanzia fideiussoria, rinviando ad un momento successivo -ossia al rilascio dell’autorizzazione edificatoria la stipula dell’atto preliminare di vendita con la forma dell’atto pubblico , allo scopo di permetterne la trascrizione; c ) che si trattava, dunque, di un contratto preliminare di compravendita immediatamente vincolante tra le parti, sebbene produttivo di alcuni essenziali suoi effetti solo subordinatamente alla scadenza di un termine, il cui verificarsi era rimesso alla diligente cooperazione dei contraenti, secondo le modalità all’uopo stabilite, con la conseguenza che il mancato verificarsi dell’evento assunto a termine iniziale di efficacia, ove causato dal comportamento colpevole di una delle parti, avrebbe reso quest’ultima responsabile dell’omesso compimento del programma negoziale, legittimando la risoluzione del contratto per grave inadempimento, mentre, ove fosse stato determinato o reso comunque inevitabile da un fatto sopravvenuto non imputabile, avrebbe condotto al rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento; d ) che il promissario acquirente aveva assu nto l’obbligo di far redigere, a proprie spese, il progetto della nuova costruzione da realizzare sul terreno oggetto della promessa mentre la promittente venditrice si era obbligata a
sottoscrivere ogni atto utile e necessario al rilascio delle autorizzazioni edificatorie; e ) che NOME aveva richiesto il rilascio della concessione edilizia per il terreno in questione, ma il Comune di Palermo, con atto del 26 ottobre 2005, aveva sospeso il procedimento di rilascio in ragione della sopravvenuta determinazione della RAGIONE_SOCIALE in data 14 ottobre 2005, in ordine all’apposizione sull’area di un vincolo limitativo dell’edificabilità, provvedimento della RAGIONE_SOCIALE annullato dal giudice amministrativo per un vizio procedimentale, dandosi nondimeno atto dei significativi margini di discrezionalità insiti nella valutazione degli elementi volti a confermare il vincolo; f ) che, per l’effetto, nessun inadempimento poteva addebitarsi alla promittente alienante, poiché: – la dichiarazione secondo cui il terreno in questione era edificabile in base alle norme del piano regolatore generale era veritiera; – il progettista incaricato dal promissario acquirente non aveva mai chiesto alla promittente venditrice di sottoscrivere atti necessari o utili al rilascio delle autorizzazioni edificatorie; – una richiesta di rilascio di concessione edilizia era stata presentata dalla promittente venditrice nel 2005, senza esito positivo, stante la ostativa determinazione della RAGIONE_SOCIALE sopravvenuta al contratto (mentre l’annullamento del provvedimento della RAGIONE_SOCIALE non lasciava presagire l’eliminazione del vincolo); – la parziale altruità del bene promesso in vendita non avrebbe mutato i termini della questione, essendo secondaria rispetto alla problematica dell’edificabilità, e seppure tale da supportare una pronuncia di risoluzione del contratto -sarebbe stata inidonea di per sé, stante la mancanza di un titolo abilitante all’edificazione, a
generare danni da lucro cessante per lesione di un interesse positivo.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, da un lato, COGNOME NOME e, dall’altro, COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME.
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio del 23 febbraio 2024, depositata il 26 febbraio 2024, accettata il 1° marzo 2024, comunicata il 4 marzo 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 28 marzo 2024, COGNOME NOME ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
-I controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo articolato il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito, d’ufficio, senza alcuna formulazione nei motivi di appello e senza alcuna impugnazione dell’inadempimento acclarato della NOME -per avere promesso in vendita un bene parzialmente altrui -, riformato la sentenza del Tribunale, affrontando la problematica dell’inedificabilità non imputabile alla promittente alienante e tale da escludere che potesse essere pronunciata la
risoluzione per suo inadempimento per la mancanza di un titolo abilitante all’edificazione e da escludere che potessero generarsi danni da lucro cessante per lesione di un interesse positivo in favore del promissario acquirente.
2. -Con il secondo motivo svolto il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per non avere la Corte territoriale ritenuto coperto da giudicato interno -per difetto di impugnazione sul punto -il capo della sentenza di primo grado che aveva qualificato grave l’inadempimento della convenuta per aver promesso in vendita un bene non di sua esclusiva proprietà.
-I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto connessi -sono infondati.
Si evidenzia che la sentenza impugnata, a fronte del rilievo circa la parziale altruità del bene promesso in vendita e tale da supportare una pronuncia di risoluzione del contratto, ha comunque escluso che essa fosse idonea di per sé a generare danni da lucro cessante per lesione di un interesse positivo, stante la mancanza di un titolo abilitante all’edificazione, e ciò alla luce del rilievo secondo cui, nonostante l’attivazione della promittente alienante, sull’area era sopravvenuto un vincolo limitativo dell’edificabilità, in ragione della determinazione della RAGIONE_SOCIALE, il cui annullamento per ragioni formali non avrebbe scalfito il vincolo manifestato, alla stregua dei significativi margini di discrezionalità riconosciuti alla RAGIONE_SOCIALE dalla legge.
Dunque, tale fatto è stato valutato, in aderenza ai motivi di gravame svolti, quale ragione pregiudiziale e assorbente ai fini di
escludere l’imputazione dell’inadempimento e il conseguente evocato risarcimento (e non già in termini avversativi all’inadempimento ponderato dal Tribunale, in ordine alla promessa di vendita di un immobile parzialmente altrui).
In altri termini, a fronte dell’impegno ad acquistare un immobile ‘edificabile’, l’assorbente circostanza che fosse sopravvenuta (alla stipula del preliminare di vendita) l’inedificabilità escludeva, appunto quale circostanza dirimente, la possibilità di addebitare l’inadempimento alla promittente venditrice per non avere assicurato l’effetto traslativo, a fronte dell’impegno alla vendita di un bene parzialmente di altri (non già perché questa evenienza non si fosse radicata, bensì perché superata da un rilievo preliminare, idoneo ad escludere l’addebito dell’inadempimento a carico della promittente alienante).
Il che non esigeva una specifica contestazione della declaratoria di risoluzione per la promessa di vendita di un bene parzialmente altrui non realizzata.
Peraltro, incidenter tantum , si rileva che, in tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto del preliminare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4164 del 02/03/2015; Sez. 2, Sentenza n. 17923 del 23/08/2007; Sez. U,
Sentenza n. 11624 del 18/05/2006; Sez. 2, Sentenza n. 24782 del 24/11/2005).
Ne discende -in proposito -che, nel caso in cui la prestazione sia divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore ai sensi degli artt. 1256 e 1463 c.c., l’obbligazione si estingue; con la conseguenza che non si può agire con l’azione di risoluzione, allegando l’inadempimento imputabile della parte tenuta ad eseguire la prestazione divenuta impossibile (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23618 del 20/12/2004; Sez. 2, Sentenza n. 119 del 11/01/1982).
Si rileva altresì che, rispetto a questa ricostruzione, i tre atti di appello hanno contestato espressamente che potesse essere ascritto alcun inadempimento di COGNOME NOME ai fini della risoluzione del contratto e del risarcimento dei danni per le ragioni poi accolte dalla Corte distrettuale: A) segnatamente, nell’atto di appello di COGNOME NOME, a pag. 15 -16, si attesta che ‘… la situazione di fatto, ossia la non edificabilità in concreto del terreno, lungi dall’essere stata determinata dal comportamento delle parti (si ribadisce che a prescindere dalla presentazione di un qualsiasi progetto … il terreno sarebbe, egualmente, rimasto non edificabile, a cagione del vincolo) ed, a fortiori , non essendo alle parti medesime ascrivibile, avrebbe potuto determinare a tutto concedere, come unico rimedio, equo e giuridicamente corretto (essendo la situazione di fatto, cioè l’inedificabilità, sopraggiunta) quello della risoluzione, prevista dall’art. 1467 cc’ (e ulteriori sviluppi sulla contestazione dell’inadempim ento della NOME vi sono, da pag. 19 in poi, nello specifico paragrafo intitolato ‘In ordine all’asserito
inadempimento della signora COGNOME‘); B) nell’atto di appello di COGNOME NOME, a pag. 12, si afferma che ‘Dinanzi a tale situazione giuridica particolarmente rilevante, il Tribunale ha ritenuto, di fatto, di trascurare l’assetto temporale risultante dai documenti in atti e che fosse superfluo valutare il comportamento delle parti e l’inutilità in pendenza del vincolo della Sovrintendenza e di un’azione giudiziaria innanzi al TAR, di conferire procure al Sig. COGNOME per la presentazione di un progetto che in pendenza del vincolo poteva solo essere respinto, con ulteriori oneri ed inutili costi’, e poco dopo ‘… la lamentata colpevole inerzia della Sig.ra NOME era infondata essendosi la stessa attivata tempestivamente tanto sottoscrivendo il progetto presentato al Comune di Palermo il 10/8/2005, quanto in sede giudiziaria amministrativa’ (e successivamente, da pag. 17 in poi, è dedicato uno specifico paragrafo alla contestazione del grave inadempimento della promittente alienante); C) nell’atto di appello di AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, da pag. 12 in poi, è sviluppata la tesi circa l’errata imputazione, in capo a NOME, degli inadempimenti connessi al titolo di proprietà del bene oggetto della futura compravendita e, a pag. 14, si dà atto che nessun inadempimento avrebbe potuto essere imputato a NOME ‘NOME connesso al fatto di non essersi procurata l’intera proprietà del bene, sia perché non si è mai giunti alla sottoscrizione di un contratto definitivo di vendita, sia perché stante il vincolo di ine dificabilità e l’azione giudiziaria intrapresa da COGNOME NOME nessuno convocò al tavolo di eventuali trattative per la vendita del bene l’odierno appellante’, sicché, alla luce di quanto esposto, si è richiesto che ‘la sentenza
impugnata venga modificata nel senso di non attribuire a COGNOME NOME alcuna grave responsabilità nel non avere dedotto l’esclusiva disponibilità del bene oggetto di preliminare di vendita, in quanto COGNOME NOME era stato dotato, sin da subito, del titolo di proprietà … dal cui contenuto era facile desumere la comproprietà del bene e, quindi, tale elemento non potrà essere utilizzato quale leva per conclamare una responsabilità aliena’; e successivamente, a pag. 16, si rileva che ‘Già tale evenienza avrebbe dovuto implicitamente rendere nullo ed improduttivo di effetti l’atto sottoscritto il 06.08.2004, i cui esiti erano proprio subordinati all’ottenimento delle concessioni edificatorie, concessioni a quella data non più ottenibili. Con il vincolo imposto dalla Sovrintendenza non era più possibile richiedere alcuna autorizzazione e/o concessione edificatoria e per ciò avveratasi la condizione sospensiva prevista nella scrittura privata la stessa sarebbe dovuta automaticamente dichiararsi risolta’, essendosi la NOME prontamente attivata per ‘frapporre’ ricorso al TAR avverso il provvedimento amministrativo.
Per l’effetto, nessun vizio di ultra -petizione è dato rinvenire, né alcuna violazione del giudicato interno.
4. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore del ricorrente soccombente al
pagamento, in favore di ciascuna delle controparti, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, della somma equitativamente determinata in euro 5.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 3.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 17 settembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME