Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19767 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19767 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
DISTANZE
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/06/2025
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere R.G.N. 11773/2020
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11773/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale-
COMUNE DI COGNOME LECCESE
– intimato –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE n. 27/2020 depositata il 10/01/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del terzo di quello incidentale e per il rigetto dei restanti.
uditi gli avvocati NOME COGNOME per i ricorrenti e NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Lecce il Comune di Muro Leccese e la s.RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME di COGNOME Daniele RAGIONE_SOCIALE, esponendo che la società aveva adibito l’immobile adiacente quello di loro proprietà a ristorante/osteria e aveva realizzato interventi edilizi che, anche se assentiti dal Comune, erano illegittimi perché adottati in evidente contrasto con la disciplina urbanistica. Inoltre, chiedevano la condanna al risarcimento del danno derivante dalle immissioni di fumo di una canna fumaria posta a distanza inferiore a quella prescritta di 10 mt. e la demolizione dell’ampliamento abusivo o, in subordine, i rimedi opportuni a ridurre i rumori entro la soglia della tollerabilità.
La società convenuta si costituiva, chiedendo il rigetto delle domande avversarie. Il Comune, invece, restava contumace.
In corso di causa gli attori proponevano anche ricorso ex articolo 700 c.p.c. e, disposta CTU, il Tribunale accoglieva solo parzialmente il cautelare nella parte relativa alla realizzazione a cura e spese della società resistente del rimedio suggerito dal consulente. Tale provvedimento veniva confermato anche dal Tribunale a seguito del reclamo.
3.1 Nel merito, il Tribunale rigettava la domanda attorea richiamando il contenuto dell’ordinanza cautelare.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello verso la suddetta sentenza.
La società NOME COGNOME di COGNOME RAGIONE_SOCIALE. resisteva al gravame.
La Corte d’appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame, condannava la società NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 5.000 ciascuno in favore degli originari attori.
In particolare, la Corte d’Appello riteneva infondati i motivi inerenti al danno derivante dall’emissione di odori sgradevoli perché gli stessi appellanti avevano rinunciato allo svolgimento della verifica tecnica relativa all’esistenza di tale tipo di immissioni, essendosi invece limitati a quelle acustiche. Pertanto, sulle immissioni da odori sgradevoli, non essendovi alcuna prova doveva rigettarsi la relativa domanda risarcitoria. Erano invece fondati i motivi di impugnazione che avevano riguardo le immissioni di rumore legate al funzionamento della canna fumaria. Per la Corte, l’assunto del consulente secondo cui il criterio differenziale non era applicabile al caso di specie non avendo il Comune di Muro Leccese adottato il piano di zonizzazione, non era condivisibile. L’accertamento compiuto secondo il detto criterio differenziale
rivelava un superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose. Pertanto, la domanda di risarcimento del danno doveva essere accolta ma non essendovi elementi per ritenere che il superamento della soglia di tollerabilità avesse avuto come conseguenza una lesione dell’integrità fisica degli appellanti tale da produrre postumi permanenti criticamente apprezzabili e tali da promettere o comunque limitare le loro attività vitali la Corte riteneva, in via equitativa, congruo un risarcimento pari ad euro 5000 per ciascuno degli appellanti.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la suddetta sentenza .
La società NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE Chieri RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso ha proposto ricorso in via incidentale.
Parte ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell’udienza , ha insistito nelle richieste di accoglimento del ricorso principale e di rigetto di quello incidentale.
10 . Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del terzo di quello incidentale e per il rigetto dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: error in procedend o; violazione art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza chiesto-pronunciato; omessa pronuncia parziale: il giudice d’appello avrebbe omesso di decidere su altra ed autonoma domanda pur dedotta in giudizio, conosciuta, oggetto di discussione tra le parti.
La Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sui motivi di impugnazione riguardanti l’autonoma domanda relativa alla richiesta di accertamento della illegittimità dell’esercizio dell’attività commerciale assentita in contrasto con gli strumenti urbanistici. Peraltro, sul punto vi era stata discussione tra le parti in relazione agli interventi edilizi consistiti nel cambio di destinazione d’uso, previo ampliamento dell’immobile in centro storico zona uno con l’aumento di volumetria e incameramento del muro di proprietà dei ricorrenti. Vi sarebbe pertanto una omessa pronuncia.
1.1 Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il collegio condivide le conclusioni del PG di fondatezza del motivo in quanto risulta dalla sentenza impugnata che parte attrice innanzi al giudice di primo grado aveva dedotto la realizzazione di interventi edilizi in evidente contrasto con la disciplina urbanistica e aveva chiesto che la società fosse condannata alla demolizione dell’ampliamento abusivo, oltre che all’eliminazione di fumi e dei rumori immessi oltre la soglia di tollerabilità.
La sentenza impugnata dà atto della proposizione come motivo di gravame della violazione della corrispondenza fra chiesto e pronunciato con riferimento alla ritenuta legittimità dell’intervento edilizio concretatosi in un ampliamento dell’immobile in contrasto con precedenti pronunce di codesta Corte e della Corte territoriale leccese. In particolare, a pag. 4 si legge che gli odierni ricorrenti avevano impugnato la sentenza di primo grado per error in iudicando ; violazione di giudicato; errata interpretazione e applicazione dell’art. 6 NTA del PdF vigente e T.U. 380/01; carenza assoluta di motivazione; violazione del principio chiestopronunciato . In sostanza, gli appellanti (oggi ricorrenti)
sostenevano che l a ritenuta legittimità dell’intervento edilizio concretatosi in un ampliamento dell’immobile, era in contrasto con il giudicato di cui alle sentenze della Corte di cassazione e della Corte di appello di Lecce prodotte in giudizio (rispettivamente sent.n.6593/12 e sent.n.296/11) e frutto, comunque, di una errata interpretazione della normativa urbanistico-edilizia.
Peraltro, trattandosi di un error in procedendo il giudice di legittimità è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, in quanto il vizio dedotto di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. richiama un fatto processuale, qual è il difetto di attività del giudice, che refluisce nella nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6, 12/03/2018, n. 5971, Rv. 647366 – 01).
D alla lettura dell’atto di appello, trova conferma il fatto che gli allora appellanti avevano lamentato la decisione del giudice che aveva ritenuto infondata l’ulteriore doglianza relativa agli abusi edilizi di cui al capo E pag.19 delle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, commessi dalla soc. convenuta in loro danno. In particolare, si legge che ‘ Il GOT rileva semplicisticamente la legittimità dell’intervento edilizio concretatosi in un ampliamento dell’immobile e ciò a mente dell’art. 6 delle NTA accluse al PdF che reca prescrizioni per le zone A1 (centro storico)’.
Gli appellanti, dunque, avevano domandato di accertare l’illegittimità degli interventi edilizi consistiti nel cambio di destinazione d’uso previo ampliamento dell’immobile in Centro Storico- Zona A1, con aumento di volumetria e incameramento del muro di proprietà dei ricorrenti
La Corte d’Appello, dunque, ha del tutto omesso di esaminare il suddetto motivo di appello.
Come evidenziato dal P.G., non può trovare qui seguito la deduzione di cui al controricorso (cfr. pg. 3) per cui non vi sarebbe stata la riproposizione in appello della doglianza giacché tale deduzione si presenta del tutto contraria all’assetto difensivo svolto dalla parte appellante siccome riportato nella sentenza impugnata oltre che nel l’atto introduttivo. Né può farsi applicazione di quell’insegnamento (Cass., Sez. Un., 2 febbraio 2017, n. 2731) per cui la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. È infatti evidente, anche alla luce del tenore delle argomentazioni difensive, svolte nel controricorso alle pg. 33 che la delibazione della censura svolta richiede approfondimenti fattuali in questa sede non consentiti. Né, infine, coglie nel segno la deduzione circa un assunto difetto di giurisdizione (pg. 31 del controricorso), che, invero, avrebbe dovuto essere dedotto nei precedenti gradi di merito come motivo di impugnazione incidentale, pena la formazione, così come avvenuto, di un giudicato interno sul punto in coerenza con la declinazione giurisprudenziale del disposto di cui all’art. 37 c.p.c.
Dunque, l’accoglimento del primo motivo discende dal rilievo per cui nel caso di specie è stato completamente omessa la pronuncia, in quanto non si rileva neanche una statuizione implicita di rigetto. Infatti, la pretesa avanzata col capo di domanda non
espressamente esaminato non risulta incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: error in judicando ; omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo; violazione e falsa applicazione dell ‘ art 196 c.p.c.: si censura l’assenza, nella decisione impugnata, di qualsiasi cenno in ordine all ‘ istanza di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, sollevata tempestivamente, fondata su una pluralità di rilievi articolati in base al quesito sottoposto all’esperto.
Nella sentenza è omesso qualsiasi cenno in ordine all’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica formulata tempestivamente fondata su una pluralità di rilievi articolati circa l’illegittimità dell’esercizio dell’attività commerciale che invece sarebbe stata in contrasto con gli strumenti urbanistici.
La Corte avrebbe erroneamente ritenuto di non chiamare a chiarimenti il consulente né tantomeno di rinnovare le indagini peritali senza alcuna motivazione sul tale istanza di rinnovazione.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il collegio concorda con le conclusioni del P.G. secondo cui La decisione di procedere o meno alla rinnovazione della CTU rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, non sindacabili in sede di legittimità ( Sez. 2, Ord. n. 21525 del 201, Rv. 655207; Sez. 6-L, Ord. n. 2103 del 2019, Rv. 652615; conf. S ez. 3, Sent. n. 7622 del 2010 Rv. 612238).
Ricorso incidentale
Il primo motivo del ricorso incidentale è così rubricato: Violazione di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Violazione di cui all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.: nullità del procedimento per violazione del principio ” revisio prioris instantiae ” del giudizio di appello. Violazione di cui all’art. 360, co. 1, lett. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 345 c.p.c. e all’art. 6 l. n. 26.10.1995 n. 447. Irrilevanza dell’adozione del criterio differenziale.
La decisione della Corte – anche tramite l’ausilio di CTU -avrebbe omesso di considerare che il manufatto della 2^ CTU era diverso da quello rispetto al quale i ricorrenti avevano sollevato le proprie doglianze in primo grado e formulato le conseguenti domande. Il che si porrebbe anche in violazione del principio c.d. di revisio prioris instantiae tipico del giudizio di appello e del doppio grado di giurisdizione.
La Corte d’appello avrebbe , inoltre, omesso di considerare che le misurazioni del CTU sono rilevate da ambiente non abitativo dei ricorrenti e non abitativo tout court . Dunque, aver basato la decisione della controversia sul superamento o meno del limite differenziale avrebbe costituito un evidente fuor d’opera, con conseguente falsa applicazione della normativa in materia acustica.
4. Il secondo motivo del ricorso incidentale è così rubricato: Violazione di cui all’art. 360, co. 1, lett. 3, c.p.c.: falsa applicazione dell’art. 2, comma 3, lett. b), della legge 26.10.1995, n. 447, in relazione al D.P.C.M. dell’1.03.1991 art. 6 co. 1 e all’art. 8 del D.M. 14.11.1997. Violazione di legge per contraddittorietà.
La Corte territoriale avrebbe fondato la propria decisione su elementi contraddittori ed errati allo stesso tempo. I presupposti del ragionamento sono: a) che il primo CTU non abbia applicato il criterio differenziale; b) che anche il primo CTU – al pari del 2°
nominato in appello – abbia accertato il superamento dei limiti di legge applicando criterio differenziale; c) che l’applicazione di detto criterio sia sufficiente a dirimere la controversia. Sennonché, i presupposti sub a) e b) sono in aperta contraddizione tra loro giacché l’uno esclude l’altro.
Il ragionamento della Corte sarebbe anche errato. Il primo CTU ha in effetti applicato anche il criterio differenziale ma non ha riscontrato il superamento dei limiti, circostanza frutto di un errore di percezione della Corte. Il CTU nominato in primo grado ha invece spiegato – numeri alla mano – come il livello di immissioni non avesse raggiunto la soglia del “rumore” onde l’applicazione del suddetto criterio, pure applicato, non poteva produrre alcun effetto pratico. Ragionamento che rende giustizia anche del presupposto indicato sub lettera c), viziato, in ogni caso, anche a causa di una omessa e/o corretta valutazione delle risultanze peritali in relazione alla normativa di riferimento.
4.1 I primi due motivi del ricorso incidentale, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Come ben evidenziato dal P.G. il fatto che la canna fumaria oggetto della prima consulenza fosse diversa da quella di cui alla seconda svolta in appello non assume alcuna rilevanza posto che ciò che doveva accertarsi era il superamento o meno della soglia di rumore consentita ex art. 844 c.c.
Il ricorrente, in altri termini, non tiene conto che ciò che rileva è la medesimezza della sorgente di rumore, che non è contraddetta nel ricorso incidentale ed è confermata dalle immagini riportate alla pg. 9 del controricorso.
Quanto al c.d. criterio differenziale è costante nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto secondo cui: Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata. (Cass. Sez. 2, 05/11/2018, n. 28201, Rv. 651181 -01). Inoltre, si è ripetutamente affermato che: In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione – Nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE ha ritenuto non censurabile la valutazione di intollerabilità delle immissioni sonore derivanti dalla circolazione di autoveicoli su un’autostrada, effettuata sulla base del criterio del c.d. “differenziale”, di cui all’art. 4, comma 1, del d.p.c.m. 14 novembre
1997, piuttosto che di quelli previsti dalla normativa pubblicistica di cui al d.P.R. n. 142 del 2004 – (Cass. Sez. 3, 10/01/2025, n. 631, Rv. 673378 – 01).
In altri termini, in materia di immissioni, mentre è senz’altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell’interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 cod. civ., tenendo presente, fra l’altro, la vicinanza dei luoghi ed i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni ( ex plurimis Sez. 2, Ord. n. 35856 del 2021 (non massimata); Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011 Rv. 615959; Sez. 3, Sentenza n. 8474 del 27/04/2015 Rv. 635208).
Nella specie, la Corte d’Appello ha correttamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte circa il possibile ricorso al c.d. criterio differenziale anche in assenza del piano di zonizzazione acustica e ha poi evidenziato che: l ‘accertamento compiuto secondo il detto criterio differenziale sia dal primo c.t.u. arch. COGNOME sia dal secondo c.t.u. ing. COGNOME, ha rivelato un superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose.
In conclusione, ribadito che l ‘art. 844 c.c. detta delle limitazioni legali della proprietà in ragione di rapporti di vicinato e la valutazione diretta a stabilire se i rumori restano compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio, e, dall’altro lato, alla situazione locale anche basandosi anche su nozioni di comune esperienza, il
superamento dei limiti è rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito e nel giudizio di legittimità non è censurabile il rilievo dell’intollerabilità delle immissioni rumorose .
Il terzo motivo del ricorso incidentale è così rubricato: Violazione di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione art. 1226 c.c. Contraddittorietà. Violazione di cui all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.: vizio di ultrapetizione.
L’art. 1226 c.c., intitolato “Valutazione equitativa del danno”, dispone che “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”. La norma condiziona, quindi, il ricorso a tale criterio alla “impossibilità di prova del quantum ” e giammai ad una carenza probatoria circa il nesso di causa-effetto delle immissioni sulla integrità psico-fisica. Nel caso di specie, la Corte salentina, dopo aver ha affermato che non vi era prova della lesione all’integrità fisica delle controparti ha nondimeno liquidato il danno in via equitativa. La Corte, inoltre, ha proceduto d’ufficio, non avendo i ricorrenti, neanche in via subordinata, chiesto di supplire alla prova del quantum attraverso criteri equitativi.
5.1 Il terzo motivo del ricorso incidentale è infondato.
L a Corte d’Appello non ha ritenuto il danno da immissioni in re ipsa ma ha valutato le allegazioni della parte danneggiata dalle immissioni rumorose e gli elementi di prova forniti. Nella specie, infatti, era stata allegata documentazione sanitaria secondo cui sia il Cretì che la Facile erano affetti, rispettivamente, da ‘disturbo depressivo reattivo’ e da ‘sindrome ansioso depressiva’ e gli attori avevano lamentato anche danni morali da reato (vi era stata condanna ex 674 c.p. Cass. Pen. 19958/2017 allegata). La Corte
pur escludendo il nesso diretto tra tali patologie e il superamento dei limiti di rumore consentiti ha ritenuto comunque provato un danno derivante dal superamento dei suddetti limiti e lo ha liquidato in via equitativa quantificandolo in € 5000 per ciascuno .
La sentenza è conforme al seguente principio di diritto: In tema di responsabilità civile, la lesione del diritto alla “serenità personale e familiare” conseguente a immissioni illecite può generare un danno risarcibile, che, tuttavia, non è in re ipsa , ma deve essere, innanzitutto, allegato in maniera circostanziata, con riferimento a fatti specifici, concreti e indicativi del lamentato peggioramento qualitativo della vita (attraverso il raffronto tra la situazione precedente e quella successiva alle immissioni), e, poi, provato, anche mediante presunzioni (Cass. Sez. 3, 22/01/2024, n. 2203, Rv. 670016 – 02).
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo così come rigetta i tre motivi del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
7 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si d7 atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo, rigetta i tre motivi del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione