Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27579 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27579 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31916/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME .
– Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 594/2020 depositata il 6/03/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2025.
Rilevato che:
NOME COGNOME, consigliere di amministrazione della Banca MPS Spa da aprile 2003 a novembre 2011, proponeva
SANZIONI RAGIONE_SOCIALE
opposizione ex art. 195, d.lgs. n. 58 del 1998 (TUF), avverso la delibera sanzionatoria n. 18885 del 17 aprile 2014 della RAGIONE_SOCIALE, che gli applicava la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25.000 , ai sensi dell’art. 191 comma 2 TUF, per violazione degli artt. 94, commi 2 e 3 e dell’art. 113 comma 1 TUF, avuto riguardo alla mancata segnalazione (cd. disclosure ), nel prospetto informativo relativo all’offerta al pubblico di sottoscrizione e di ammissione alla negoziazione di azioni della banca rinvenienti dall’aumento di capitale deliberato dall’assemblea dei soci del 6 marzo 2008 – nel contesto del piano di finanziamento relativo all’acquisto dal Banco Santander SA del 100% delle azioni di Banca Antonveneta -degli strumenti derivati denominati in sigla TROR, sottoscritti dalla RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE resisteva alla domanda, chiedendo la conferma della sanzione;
l a Corte d’appello di Firenze, con ordinanza in data 15/04/2015, ravvisata la natura sostanzialmente penale della sanzione inflitta, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 195 comma 7 TUF, che non prevedeva la trattazione del procedimento in udienza pubblica, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, e disponeva la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Consulta.
La Corte costituzionale, con ordinanza n. 158 del 7/7/2017, disponeva la restituzione degli atti ai giudici rimettenti (le Corti d’appello di Genova e di Firenze) in quanto, nel frattempo, era entrato in vigore il d.lgs. n. 72 del 2015 che prevedeva la discussione in udienza pubblica dell’opposizione ai provvedimenti sanzionatori (art. 5, comma 15).
L’opponente deposita va il ricorso in riassunzione 18 maggio 2018 e la RAGIONE_SOCIALE eccepiva la tardività della riassunzione ai sensi dell’art.
297 c.p.c. in quanto, ad avviso della RAGIONE_SOCIALE, il termine di riassunzione doveva decorrere dal 25 luglio 2017, data del deposito in PCT, da parte della cancelleria, della decisione della Corte costituzionale (del 7 luglio 2017).
La Corte di Firenze, respinta l’ eccezione di tardività della riassunzione del giudizio, annullava -con la sentenza richiamata in epigrafe – la sanzione sul rilievo della prescrizione della pretesa sanzionatoria della RAGIONE_SOCIALE e condannava la RAGIONE_SOCIALE alle spese del grado, liquidandole in euro 37.877, oltre accessori;
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità della camera di consiglio le parti hanno depositato memorie.
Considerato che:
Con il primo motivo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 297 c.p.c., in relazione all’art. 307 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) , nonché l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: la decisione della Corte di merito sulla tempestività della riassunzione del giudizio da parte dell’opponente, dopo la conclusione del giudizio incidentale di costituzionalità, sarebbe in contrasto con l ‘indicata norma processuale, in quanto basata su un ‘ erronea individuazione del dies a quo per il computo del termine di riassunzione; la sentenza, inoltre, avrebbe omesso di valutare il fatto, decisivo per il giudizio, che il ricorrente era anche parte del giudizio incidentale di costituzionalità. Pertanto, il giudizio di opposizione, in quanto tardivamente riassunto, si sarebbe dovuto ritenere estinto ex art. 307 c.p.c.;
con il secondo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli art. 94, commi 2 e 3, 113, comma 1, e art. 191,
comma 2, d.lgs. n. 58/19 98, dell’art. 28 della legge. n. 689/1981 e dell’ art. 158 c.p. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.): la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale nella sentenza impugnata – secondo cui l’illecito sanzionato dalla RAGIONE_SOCIALE con la delibera n. 18885 del 2014 sarebbe prescritto ai sensi dell’ art. 28 della n. 689/81 – si fonda su una valutazione errata in relazione all’asserita natura ‘istantanea’ e non ‘ permanente ‘ dell’illecito stesso; in subordine, anche ove si ritenga che l’illecito non sia permanente, il suo momento consumativo dovrebbe essere individuato nella data della pubblicazione del prospetto non conforme alle disposizioni del TUF; in entrambi i casi, avendo l’intimato ricevuto la notifica delle contestazioni il 24 aprile 2013, non si sarebbe comunque verificata la prescrizione della sanzione;
con il terzo motivo è prospettata la nullità della sentenza e/o del procedimento per difetto assoluto di motivazione sul momento ‘consumativo’ dell’illecito amministrativo , nonché la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., dell’ art. 118 disp. att. c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.): la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe puramente apparente in quanto del tutto disancorata dalla violazione disciplinata dai commi 2 e 3 dell’art. 94 del TUB;
con il quarto motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 13, comma 6, della legge 247 del 2012 e del d.m. n. 55 del 2014 (art 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), nonché la carenza assoluta di motivazione in relazione alla condanna alle spese a carico della RAGIONE_SOCIALE: la Corte d ‘appello erroneamente e, comunque, senza motivare sul punto, avrebbe condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di spese processuali esorbitanti, per un importo di euro 37.877, a fronte della misura media, connessa al
valore della causa, quantificabile, in base ai parametri del d.m. 55 del 2014, in euro 5.532;
5. il primo motivo è infondato;
la Corte d’appello, come sopra anticipato, ha respinto l’eccezione della RAGIONE_SOCIALE di tardività della riassunzione del processo in seguito al giudizio incidentale di costituzionalità evidenziando che il ricorso in riassunzione è stato tempestivamente depositato, in data 18 maggio 2018, entro il termine di tre mesi, previsto dall’art. 297 c.p.c., dalla comunicazione alle parti, in data 26 febbraio 2018, ad opera della cancelleria della Corte territoriale, del deposito della sentenza della Corte costituzionale.
Il dictum del giudice di merito è in linea con l’orientamento di questa Corte (vedi Cass. n. 2028 del 19/01/2024) – che il Collegio condivide e che intende ribadire -secondo cui, in tema di sospensione del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies a quo del termine per la riassunzione del giudizio deve essere diversamente individuato nelle ipotesi di sospensione necessaria e di sospensione anomala del processo: nel primo caso – relativo (come nella specie) al giudizio da cui è promanato l’incidente di costituzionalità -, esso è rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte costituzionale che ha definito la questione di legittimità costituzionalità ad essa rimessa, mentre, nel secondo caso – di pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice -, esso è rappresentato dal giorno di pubblicazione della predetta pronuncia nella Gazzetta Ufficiale;
6. il secondo e il terzo motivo, esaminabili congiuntamente perché pongono -rispettivamente, il secondo motivo, con riferimento al
parametro dell’ error in iudicando , il terzo motivo, a quella dell’ error in procedendo -la stessa questione giuridica, sono fondati, il che comporta l’assorbimento del quarto motivo, attinente alla regolamentazione delle spese processuali.
Il tema del decidere attiene all’ individuazione del momento di consumazione dell’illecito amministrativo conseguente alla violazione degli artt. 94, commi 2 e 3, e 113, comma 1, TUF, illecito sanzionato dal successivo art. 191, comma 2, TUF, momento dal quale decorre il termine di prescrizione quinquennale ex art. 28 della legge n. 689 del 1981.
Nel caso di specie, infatti, la condotta contestata di omissione di informazioni rilevanti nel prospetto di cui agli art. 94 e 113 TUF, risale all’anno 2008 , in occasione dell’offerta al pubblico di sottoscrizione e di ammissione alle negoziazioni di azioni BMPS a seguito dell’aumento di capitale deliberato dall’assemblea dei soci della banca in data 6 marzo 2008. I momenti salienti del relativo calcolo sono l’approvazione del prospetto da parte della RAGIONE_SOCIALE in data 23 aprile 2008, la pubblicazione del prospetto e la conseguente offerta di opzione dei titoli dal 28 aprile al 19 maggio 2008, data di chiusura dell’offerta, e il 30 maggio 2008, data di collocazione dei titoli in borsa.
Per la Corte distrettuale, sul presupposto della natura istantanea dell’illecito, il momento consumativo dell’illecito dal quale far decorrere il termine di prescrizione quinquennale andrebbe individuato nella data del 23 aprile 2008, quando è avvenuta l’ approvazione del prospetto da parte della RAGIONE_SOCIALE, sicché, alla data di notifica della lettera di contestazione -24 aprile 2013 – era ormai scaduto il termine di cinque anni ex art. 28 della legge n. 689 del 1981.
Ad avviso della RAGIONE_SOCIALE, invece, il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale sarebbe il 19 maggio 2008, data di chiusura dell’offerta al pubblico delle azioni, se non addirittura il 30 maggio 2008, giorno della chiusura definitiva dell’offerta al pubblico, tramite l’ avvio delle negoziazioni sul mercato azionario, ragion per cui non si sarebbe verificata alcuna prescrizione dell’illecito sanzionato dalla delibera n. 18885 del 17 aprile 2014, considerato l’atto interruttivo del termine di prescrizione, pacificamente individuato nella lettera di contestazione degli addebiti, notificata a COGNOME in data 24 aprile 2013.
La medesima questione è stata già esaminata da questa Corte ( vedi l’ ordinanza n. 6295 del 2023), sempre con riferimento all’impugnativa (da parte di altri componenti del cda della banca RAGIONE_SOCIALE) della stessa delibera sanzionatoria n. 18885/2014, conclusasi, nel grado di merito, con sentenza n. 1587 del 2018, con la quale la Corte d’appello di Firenze aveva dichiarato prescritto il diritto della RAGIONE_SOCIALE a riscuotere le sanzioni e, per l’effetto, aveva annullato la delibera opposta.
RAGIONE_SOCIALE, nella richiamata ordinanza, in accoglimento del motivo di ricorso della RAGIONE_SOCIALE, ha enunciato il principio di diritto – al quale il Collegio, che lo condivide, intende uniformarsi – secondo cui, in materia di sanzioni irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, la condotta sanzionata dal combinato disposto degli artt. 94 commi 1, 2 e 3 (nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 184 del 2012), 113 commi 1, 2 e 3, 191 e 192-ter del d.lgs. n. 58 del 1998, consistente nella predisposizione di un prospetto incompleto o non veritiero, idoneo a indurre in errore l’investitore sull’effettiva convenienza dell’offerta al pubblico, integra un illecito di natura permanente, in quanto i suoi effetti si producono oltre il tempo in cui il prospetto sia stato approvato dall’autorità di vigilanza, e si
estendono fino alla chiusura dell’offerta, con la conseguenza che solo da tale ultimo momento inizia a decorrere il termine di prescrizione.
Nella fattispecie in esame, posto che il dies a quo, ai fini del calcolo della prescrizione ex art. 28 della legge n. 689 del 1981, va individuato nella data di chiusura dell’offerta al pubblico delle azioni di nuova emissione (19 maggio 2008), la prescrizione quinquennale non era maturata quando, il 24 aprile 2013, la RAGIONE_SOCIALE ha notificato a COGNOME la lettera di contestazione degli addebiti, quale atto interruttivo del termine di prescrizione;
7. ne consegue che, accolti il secondo e il terzo motivo, rigettato il primo e assorbito il quarto motivo, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice a quo , il quale dovrà riesaminare l’opposizione attenendosi al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 8 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME