Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15290 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15290 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23152/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME , NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura notarile per AVV_NOTAIO, nonché di procura speciale depositata con la comparsa di costituzione di nuovo difensore del 12 marzo 2024;
-ricorrenti-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE , in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro tempore ; r appresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura allegata al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 156/2021 della CORTE d’APPELLO di LECCE, depositata il giorno 8 febbraio 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Lecce, in sede penale, con sentenza n. 1510/2015, in riforma della sentenza n.135/2013 del locale Tribunale, Sezione distaccata di Maglie, assolse NOME e NOME COGNOME dal reato di invasione di terreni (art.633 cod. pen.) per insussistenza del fatto, ex art. 530 cod. proc. pen., e li prosciolse dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (art.392 cod. pen.) perché non punibili per particolare tenuità del fatto, ex art.131bis cod. pen..
Proposto ricorso per cassazione dalla parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE, questa Corte di legittimità, Seconda Sezione Penale, con sentenza n. 21849/2017, lo accolse e rinviò al giudice civile in grado d’appello competente per valore, ex art.622 cod. proc. pen..
Riassunto il giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte d’appello di Lecce in sede civile, questa, con sentenza 8 febbraio 2021, n. 156, ha condannato NOME e NOME COGNOME a risarcire alla RAGIONE_SOCIALE il danno complessivamente subìto in conseguenza della condotta illecita da loro tenuta, liquidando quello patrimoniale in Euro 450,00 e quello non patrimoniale in Euro 900,00, oltre agli interessi legali dalla pronuncia al saldo e alle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
Propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, sulla base di sei motivi.
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
I soli ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata, ex art. 360, nn.3 e 4 cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per « radicale travisamento della prova su un fatto decisivo della controversia », per avere la Corte d’appello « erroneamente dedotto dalla sentenza n. 135/2013 Reg.
Sent. del Tribunale di Lecce -Sezione Distaccata di M aglie … una informazione probatoria insussistente ».
1.a. La Corte d’appello sulla premessa che, sul piano civilistico, la condotta integrativa dell’invasione di terreni od edifici può essere concretata s ia da uno spoglio che da una molestia del possesso, tutelabili, rispettivamente, con l ‘ azione di reintegrazione e con quella di manutenzione (p. 8 della sentenza impugnata) -ha ritenuto provato, sulla base della « documentazione versata in atti » e delle « dichiarazioni testimoniali rese in dibattimento »: che la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato un fondo rustico contenente le particelle 46, 47, 50 e 189 in agro di Otranto nell’anno 2003; che periodicamente aveva conferito a terzi lavori di pulizia del fondo; che nel gennaio 2007 aveva commissionato una scala in conci di tufo per collegare la part. 46 alla parte residua della sua proprietà, dato che tale particella era posta ad un livello più basso dei terreni adiacenti; che, nell’ effettuare detti lavori, si era accorta che i confinanti, proprietari della part. 42 (ovverosia i sig.ri COGNOME), avevano occupato con attrezzature agricole parte della particella 46; che aveva quindi agito in petitorio per rivendicare la sua proprietà; che nelle more di questo giudizio i confinanti avevano distrutto la scala in conci di tufo, avevano impedito l’ ingresso al terreno ad una pala meccanica con cui si intendeva realizzare una strada carrabile di accesso al fondo ed avevano arato la particella; che, in ragione di ciò, la CPO aveva agito anche in possessorio; che, infine, successivamente a tale ulteriore azione, nell’ottobre 2007, i confinanti avevano ripetuto l ‘ aratura dell’appezzamento di terreno coincidente con la part.46.
Sulla base di queste emergenze in fatto, il giudice del merito ha ritenuto in diritto: a) che la RAGIONE_SOCIALE aveva instaurato con la res ( l’appezzamento di terreno coincidente con la part. 46) una relazione di fatto qualificabile come possesso, poiché aveva posto in essere condotte che dimostravano inequivocabilmente la volontà di esercitare in concreto una signoria di fatto sul bene; b) che, per converso, era emersa, se non lo spoglio, la turbativa di tale possesso imputabile ai sigg.ri COGNOME; c) che pertanto si era integrata una fattispecie di « responsabilità di NOME e NOME COGNOME, ex art. art. 622 cpp, ai soli fini civili, in ordine ai fatti ascritti » (p. 9 della sentenza impugnata).
1.b. I ricorrenti censurano questa statuizione perché fondata su « radicale travisamento della sentenza penale di primo grado n. 135/2013 » (p. 15 del ricorso), dalla quale sarebbe stata tratta « una informazione probatoria insussistente » (p. 13 del ricorso); ciò, in quanto dalla motivazione della sentenza penale di primo grado emergerebbero « soltanto i … fatti accaduti la mattina del 27.4.2007 », nonché « l’ulteriore fatto dell’abbattimento della scala in conci di tufo », ma in tale sentenza non si farebbe alcun riferimento « all’impedimento all’acces so del fondo ad una pala meccanica » e « al fatto che il primo ottobre 2007 i confinanti ripetevano l’ aratura della particella » (pp. 14-15 del ricorso).
Sottolineano, inoltre, i ricorrenti che la sentenza penale di primo grado, pur avendo accertato l ‘avvenuto abbattimento della scala, avrebbe escluso che essi ne erano stati gli autori, assolvendoli, con statuizione passata in giudicato, dal reato di danneggiamento, ex art. 530, secondo comma, cod. proc. pen., per essere insufficiente la prova della commissione del fatto da parte loro (p.14 del ricorso).
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.a. Va premesso che, nell’ipotesi di cassazione della sentenza penale di proscioglimento dell’imputato su ricorso della parte civile, il giudizio di ‘rinvio’ ex art. 622 cod. proc. pen. è deputato all’accertamento dell’illecito civile quale fattispecie autonoma da quella penale.
Pertanto, da un lato, sul piano sostanziale, il giudice civile è tenuto a verificare l’integrazione della fattispecie atipica di cui all’art. 2043 cod. civ., senza poter accertare, in via incidentale, la ricorrenza di quella tipica contemplata dalla norma incriminatrice, stante l’ontologica diversità strutturale tra le due forme di illecito e la necessità di conformare l’accertamento giudiziale al rispetto del canone costituzionale della presunzione di non colpevolezza (Corte cost. nn. 182 del 2021 e 173 del 2022; Corte EDU, Terza Sezione, Pasquini c. San Marino, 20 ottobre 2020; Corte EDU; Prima Sezione, Marinoni c. Italia, 18 novembre 2021; Cass. 15/10/2019, n. 25918; Cass. 13/01/2021, n. 457; Cass. 21/03/2022, n. 8997 Cass. 18/10/2022, n. 30496; Cass. 3/02/2023, n. 3368; Cass. 31/01/2024, n. 2879; Cass. 15/03/2024, n. 7094).
Dall’altro lato, sul piano processuale, trovano applicazione, nell’ambito di una definitiva e integrale translatio iudicii , oltre ai criteri di giudizio funzionali all ‘ accertamento della responsabilità civile ( in primis , le regole di funzione dell ‘ accertamento della causalità civilistica: Cass. 12/06/2019, n. 15859; Cass. 18/10/2022, n.30496, cit. ), tutte le regole processuali che presiedono all’esercizio della giurisdizione civile, nonché quelle probatorie, sia con riguardo ai mezzi di prova in senso stretto che con riguardo all ‘ attività di valutazione dei risultati probatori (Cass. 25/06/2019, n. 16916; Cass. 20/01/2022, n. 1754; Cass. 08/03/2022, n. 7474; Cass. 21/03/2022, n. 8997, cit. ; Cass. 19/05/2022, n. 16169).
Ciò, sul presupposto -evidenziato dalle stesse Sezioni Unite Penali di questa Corte (Cass., Sez. Un. Pen., 28/01/2021-04/06/2021, n. 22065) -che il giudizio rescissorio di ‘rinvio’ dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello, previsto dalla citata disposizione processualpenalistica, ha, in realtà, natura di giudizio autonomo rispetto al precedente giudizio rescindente, rispetto al quale non si pone un problema di vincolatività del principio di diritto enunciato in sede penale.
1.1.b. Tanto premesso, nel caso in esame la Corte d’appello ha svolto correttamente la cognizione devolutale nell’osservanza dei detti criteri, in quanto, indipendentemente dal proscioglimento penale, ha proceduto all’accertamento degli elementi (oggettivi e soggettivo) costitutivi dell’illecito civile, che ha ritenuto integrato (nella fattispecie della turbativa del possesso), in applicazione delle regole processuali e probatorie che governano il giudizio civile.
1.1.c. Alla luce di queste regole, il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche , come quelle raccolte in un altro giudizio, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova ( ex aliis , Cass. 20/01/2015, n. 840; Cass. 10/10/2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Sono, dunque, liberamente apprezzabili dal giudice civile, quali prove atipiche, anche le prove assunte del precedente processo penale , se rifluiscono ritualmente, quali prove precostituite, nel giudizio civile risarcitorio, e tra queste, ovviamente, anche le sentenze pronunciate nell’ambito di quel processo, le quali -a prescindere dai limiti entro i quali è attribuita formale efficacia di giudicato nel giudizio civile di danno alle sentenze di condanna e di assoluzione emesse in dibattimento (artt. 651 e 652 cod. proc. pen.) -possono essere dedotte dal danneggiato-attore come mezzi di prova documentale atipici liberamente apprezzabili dal giudice, in funzione della dimostrazione (non già del reato, bensì) dell’illecito civile att ribuito all’ ex imputato, ora convenuto.
La libera valutabilità da parte del giudice civile delle prove assunte nel precedente processo penale è stata riconosciuta da questa Corte anche nell’ipotesi in cui il processo penale si sia svolto tra parti diverse ( ex aliis , Cass. 19/07/2019, n. 19521; Cass. 31/10/2023, n. 30298) e, con riguardo alle sentenze, anche a quella -c.d. sentenza di patteggiamento -di cui una norma espressa ne proclama la formale inefficacia agli effetti civili (art. 445, comma 1bis , cod. proc. pen.), la quale, pur non costituendo prova (atipica) piena, può comunque essere apprezzata come elemento di prova in sede civile (Cass. 7/11/2023, n. 31010; Cass. 31/01/2024, n. 2897); ciò in quanto, da un lato, con riguardo ai poteri del giudice civile, fondati sul principio del libero convincimento, al giudice medesimo non può reputarsi precluso di valutare autonomamente, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria, in ragione dell’assenza di un principio di tipicità della prova nel giudizio civile e della possibilità delle parti di contestare, in detto giudizio, i fatti accertati in sede penale (cfr. Cass. 7/11/2023, n.31010, cit. ) ; dall’altro lato, con riguardo ai diritti delle parti, non viene inficiata la possibilità di esercitare in modo pieno il diritto al contraddittorio sulla formazione della prova nelle forme consentite dal giudizio civile in relazione alle prove documentali precostituite dedotte nello stesso, sia, sul piano sostanziale, contestando, in detto giudizio, i fatti accertati in sede penale, sia, sul piano formale, deducendo l’irritualità o la tardività della produzione (cfr. Cass. 31/01/2024, n. 2897, cit. , in motiv.).
1.1.d. Nel caso in esame, la Corte di merito ha tratto l’accertamento dell’illecito civile dal libero apprezzamento non solo della sentenza penale di primo grado ma anche (e soprattutto) della « documentazione versata in atti » e delle « dichiarazioni testimoniali rese a dibattimento », dunque del corpo complessivo delle prove assunte nel precedente processo penale; pertanto, nessun ‘ travisamento ‘ (viz io, t ra l’altro inammissibilmente dedotto al di fuori del paradigma in cui questa Corte, nel suo massimo consesso, ne ha ammesso la deduzione in sede di legittimità: Cass., Sez. Un., 5/03/2024, n. 5792) è configurabile nella fattispecie, avendo la motivazione della sentenza penale solo contribuito, con le altre risultanze istruttorie, a formare il convincimento del giudice civile in ordine a tutte le circostanze accertate.
Il primo motivo, dunque, deve essere rigettato.
Con il secondo motivo viene denunciata, ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., in primo luogo, la violazione e/o falsa applicazione de ll’art. 633 cod. pen.; in secondo luogo, l’omesso esame d el fatto decisivo e controverso « costituito dalla testimonianza resa nel giudizio penale di primo grado dalla signora COGNOME NOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE »; in terzo luogo, il « vizio di motivazione ».
2.1.a. La prima doglianza è infondata.
Deducono i ricorrenti, sotto un primo profilo, che la Corte territoriale « si è soffermata sui profili civilistici della turbativa del possesso senza osservare nulla in merito all’elemento soggettivo del r e ato di invasione di terreni di cui all’art. 633 c.p. » (p. 17 del ricorso) e, sotto un secondo profilo, che la Corte medesima « ha riconosciuto … l’esistenza di un possesso tutelabile valorizzando quanto già ritenuto dal Tribunale di Lecce, in sede di reclamo avverso il diniego del giudice del possessorio al chiesto provvedimento interdittale », non ostante nessun giudicato sia sceso sul contenzioso civile in materia petitoria e possessoria ancora in corso tra le parti.
Quanto al primo profilo, la stessa formulazione della doglianza conferma la piena legittimità dell’accertamento compiuto dalla Corte di merito, la quale, al contrario, avrebbe oltrepassato i limiti della cognizione devolutale se avesse
affrontato la questione della sussistenza del dolo specifico del delitto di cui all’art. 633 cod. proc. civ..
Infatti, le questioni della sussistenza del reato e della colpevolezza penale degli imputati erano state ormai definitivamente risolte in senso negativo con la pronuncia di proscioglimento, non incisa, sotto tali aspetti, dall’ accoglimento del ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, in seguito al quale era stato devoluto al giudice civile competente in grado d ‘ appello unicamente il compito di accertare la sussistenza dell’illecito aquiliano e dei suoi elementi costitutivi (oggettivi e soggettivo), senza potere indagare, neppure incidentalmente, sui requisiti strutturali del reato, ciò che avrebbe comportato, oltre alla violazione del principio sovranazionale di innocenza e di quello costituzionale di non colpevolezza, l’indebita confu s ione dell’alt erità ontologica tra la fattispecie atipica aquiliana e la fattispecie tipica prevista e punita dalla norma incriminatrice penale (Corte cost. n. 182 del 2021, cit. ).
Pertanto, la circostanza che non sia stato indagato l’elemento subiettivo del reato di invasione di terreni, lungi dal tradursi in un vizio di legittimità della sentenza impugnata, costituisce il risultato del corretto esercizio, da parte del giudice adìto ex art.622 cod. proc. pen., dell’ actio finium regundorum in ordine della cognizione devolutagli e del doveroso restraint rispetto ai limiti di essa.
Quanto al profilo relativo alla circostanza che « l’esistenza di un possesso tutelabile » sarebbe stata accertata in difetto della maturazione del giudicato sui giudizi possessorio e petitorio, va ribadito quanto già si è già osservato ( Supra , Punto 1.1.c. ) circa la libera apprezzabilità delle prove, anche atipiche, tra cui rientrano gli atti di altro giudizio tra le stesse parti.
2.1.b. La seconda doglianza (omesso esame della testimonianza resa nel giudizio penale dalla legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE) è inammissibile.
La denuncia di omesso esame di fatto decisivo e discusso, infatti, può essere formulata in ordine ad un fatto storico, principale o secondario, decisivo e controverso, non già in ordine ad un elemento istruttorio, precostituito o -come nella specie -costituendo (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; tra le successive, ex multis , Cass. 8/09/2016, n. 17761; Cass.29/10/2018, n. 27415).
2.c. Inammissibile, infine, è anche la terza doglianza, con cui viene indebitamente denunciato il vizio motivazionale, senza dedurre alcun elemento idoneo a proiettare la motivazione al disotto del ‘minimo costituzionale’ (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; tra le successive, ex multis , Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
Il secondo motivo, dunque, va complessivamente rigettato.
Con il terzo motivo viene denunciata, ex art. 360, n.3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 392 e 131bis cod. pen..
I ricorrenti osservano che, in sede penale, la Corte d’appello li aveva prosciolti dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, perché non punibili per la particolare tenuità del fatto.
Tale causa di non punibilità era stata applicata in seguito all’assoluzione , per insussistenza del fatto, dal reato di invasione di terreni, che era stata pronunciata dalla Corte d’appello penale sul rilievo che l’invasione era stata posta in essere prima dell’acquisto , da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell ‘appezzamento coincidente con la particella n.46, allorché proprietario del terreno invaso era un altro soggetto, che avrebbe potuto tollerarla.
La pronuncia assolutoria dal reato di cui all’art. 633 cod. pen. aveva costituito il presupposto necessario dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen. al reato di cui all’art. 392 cod. pen., posto che altrimenti sarebbe sussistito il vincolo di continuazione tra i due reati che avrebbe reso inapplicabile l’esimente medesima , in conformità ad un principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
I ricorrenti sostengono, dunque, che presupposto della pronuncia della Corte d’ appello, in sede di ‘ rinvio ‘ ex art. 622 cod. proc. pen., sul reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sarebbe stato proprio il rinnovato accertamento della responsabilità penale per il diverso reato di invasione di terreni, che avrebbe imposto di escludere l ‘ esimente in ragione del vincolo ex art.81, cpv., cod. pen., così aprendo le porte alla declaratoria di responsabilità anche per il reato di cui all’art. 392 cod. pen..
Concludono, pertanto, che, accertata l’erroneità del predetto accerta mento della responsabilità ex art. 633 cod. pen. (in accoglimento del primo motivo di ricorso), dovrebbe cadere necessariamente anche quello della responsabilità ex art.392 cod. pen., venendo meno « il motivo ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 -bis cod. pen. » (p. 23 del ricorso).
3.1. Il motivo è manifestamente infondato, stante quanto si è sopra ampiamente osservato (sia sub 1.1. che sub 2.1. ) sull’oggetto dell’accertamento del giudice civile nel giudizio celebrato ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., che riguarda esclusivamente gli elementi costitut ivi dell’illecito civile e non anche neppure incidentalmente -quelli del reato, in ragione della definitività e intangibilità della decisione precedentemente adottata in ordine alla responsabilità penale del convenuto, che provoca il definitivo ‘ dissolvimento ‘ (così, in termini, Cass., Sez. Un. pen., 28/01/2021-04/06/2021, n. 22065, cit. , Punto 15 della Motivazione ) delle ragioni che avevano originariamente giustificato, a seguito della costituzione di parte civile nel procedimento penale, le deroghe alle modalità di istruzione e di giudizio dell’azione civile, imponendone i condizionamenti del processo penale, funzionali alle esigenze di speditezza del procedimento.
Anche il terzo motivo, dunque, deve essere rigettato.
4. Con il quarto motivo vengono denunciati, ex art. 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in primo luogo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ.; in secondo luogo, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; in terzo luogo, l’ omesso esame di fatto decisivo e controverso « costituito dal giudicato interno formatosi sulla statuizione contenuta nella sentenza n. 113/2013 Reg. Sent. del Tribunale di Lecce -Sezione Distaccata di Maglie di assoluzione di COGNOME NOME e NOME per non avere commesso il fatto contestato del ‘ danneggiamento della scala realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE per collegare i terreni posti su differenti quote ‘ ».
La doglianza, in sintesi, rimprovera alla sentenza impugnata di aver ritenuto provata, tra le altre, la circostanza della distruzione, ad opera degli ex imputati, della scala in conci di tufo fatta costruire dall’ex parte civile, nonché di
aver riconosciuto, in conseguenza di tale accertamento, un danno patrimoniale liquidato in Euro 450,00.
I ricorrenti deducono che tale accertamento sarebbe stato compiuto senza considerare che dal reato di danneggiamento della scala essi erano stati assolti, ex art. 530, secondo comma, cod. proc. pen., per non aver commesso il fatto, già con la sentenza penale di primo grado, emessa dal Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, sotto tale profilo non impugnata e, dunque, passata in giudicato.
Evidenziano che avevano ritualmente sollevato, nel giudizio civile ex art.622 cod. proc. pen., l’ eccezione di giudicato esterno e sostengono che la Corte di merito avrebbe indebitamente omesso di provvedere su tale eccezione.
La sentenza impugnata -concludono -andrebbe dunque annullata per violazione del giudicato esterno di cui alla pronuncia penale di primo grado.
4.1. Il motivo è manifestamente infondato.
L’ efficacia di giudicato, attribuita alla sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito al dibattimento, in ordine alle circostanze che il fatto non sussiste o che l’ imputato non lo ha commesso o che è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, presuppone il positivo «accertamento» (art. 652 cod. proc. pen.) di una di dette circostanze; pertanto, quando l’ assoluzione non si fondi sull’ effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto o della partecipazione ad esso dell’imputato o circa la sussistenza della scriminante, ma sia stata pronunciata, ex art. 530, secondo comma, cod. proc. pen., sulla base della mancanza, dell’ insufficienza o della contraddittorietà della prova di tali circostanze, la sentenza penale non ha alcuna efficacia preclusiva nel successivo giudizio civile in ordine alla verifica delle circostanze medesime, poiché esse non hanno formato oggetto di un ‘accertamento’ , su cui possa essere sceso il giudicato (Cass. 30/10/2007, n. 22883; Cass. 9/03/2010, n. 5676; Cass. 11/02/2011, n. 3376; Cass. 11/03/2016, n. 4764).
Anche il quarto motivo, pertanto, deve essere rigettato.
5. Con il quinto motivo vengono denunciati, ex art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., in primo luogo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,
2059, 2056, 1223, 1226, 2697, 2727 e 2729 in combinato disposto con l’art. 115 cod. proc. civ. e l’art. 185 cod. pen.; in secondo luogo, la violazione del l’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ..
I ricorrenti deducono che la liquidazione equitativa dei danni non patrimoniali sarebbe stata fatta in difetto di prova della loro sussistenza, sul rilievo della accertata « violazione, per un anno e mezzo, dei diritti costituzionalmente garantiti della libertà personale e della proprietà », per essere stato impedito alla RAGIONE_SOCIALE di « accedere liberamente al fondo » (p. 11 della sentenza).
Deducono che il pregiudizio non patrimoniale risarcibile ha la natura di danno-conseguenza che deve essere allegato e provato, non integrando un pregiudizio in re ipsa , sicché il ricorso alla valutazione equitativa sarebbe stato illegittimo in quanto possibile solo in presenza dell’ allegazione e prova dell’ an e della impossibilità o particolare difficoltà di prova del quantum .
5.1. Il motivo è infondato.
L’a llegazione -mediante la dedotta « violazione, per un anno e mezzo, dei diritti costituzionalmente garantiti della libertà personale e della proprietà », e in particolare della facoltà di « accedere liberamente al fondo » -riguardava un evento di danno derivante da una fattispecie di reato che è stata accertata in fatto nel giudizio penale, sebbene con esclusione della punibilità per tenuità -non già per mancanza -della offensività (art. 131bis cod. pen.; Corte cost. n. 173 del 2002).
Ciò posto, la liquidazione delle conseguenze dannose -che costituisce oggetto di apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità – è stata effettuata sulla base di corrette premesse in iure , vertendosi in un’ipotesi in cui la risarcibilità del danno non patrimoniale è prevista dalla legge (arg. ex artt. 185 cod. pen. e 2059 cod. civ.) e in cui la liquidazione deve avvenire necessariamente in via equitativa.
Con il sesto motivo viene denunciata, ex art. 360, n.3, cod. proc. civ., la violazione degli artt.91 e 92 cod. proc. civ. , nonché dell’art. 24 Cost..
Viene censurata la statuizione con cui la Corte territoriale ha posto le spese di tutti i gradi di giudizio a carico solidale dei convenuti, senza considerare che
essi non sarebbero stati soccombenti nel giudizio penale, avendo ottenuto sentenza di proscioglimento, in primo grado, in ordine al reato di danneggiamento e, in secondo grado, in ordine ai reati di invasione di terreni e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
6.1. Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, infatti, non ha provveduto sulle spese sostenute nel processo penale per l’accertamento de i reati, che sono poste a carico dell’imputato solo in caso di condanna (art. 535 cod. proc. pen.) , ma, nel condannare i convenuti soccombenti al rimborso delle spese sostenute dall’attrice vittoriosa in relazione a tutti i gradi di giudizio, ha debitamente provveduto sulle spese concernenti il rapporto processuale tra le parti del giudizio civile (già parti private del processo penale: art. 541 cod. proc. pen.) e ha correttamente ten uto conto dell’esito complessivo della controversia tra loro intercorsa (Cass. 18/03/2014, 6259; Cass. 12/04/2018, n. 9064; Cass. 6/10/2021, n. 27056).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, spese forfetarie e accessori.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente
ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile,